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Professione seduttore - 2


di adad
16.02.2022    |    5.134    |    11 9.6
"E non è per il pompino… è…”, e scosse la testa, incapace di trovare le parole..."
La mezzanotte era passata da un pezzo. Il silenzio regnava sull’intera area del resort, appena turbato da uno sporadico stormire di foglie e dal lontano brusio della risacca oceanica sulla spiaggia. Le luci nei giardini e attorno alla piscina erano in modalità notturna, creando vaste zone d’ombra negli angoli più appartati. Era una notte senza luna, tutto era immerso nel sonno, uomini e cose.
Beh, quasi tutto, perché nulla può riuscire a dare requie ad un’anima turbata.
E l’anima di Marzio quella notte era molto turbata.
Dal momento in cui Fulvio si era inspiegabilmente allontanato, lui non faceva che chiedersi cosa poteva aver fatto o detto da provocare una reazione del genere. Ma per quanto ci pensasse, per quanto si ripetesse ogni parola, rivisitasse ogni suo gesto, non riusciva a trovare niente che giustificasse tale uscita di scena: era stata una conversazione allegra, lui stesso aveva reagito scherzosamente agli approcci di Fulvio… Ma c’erano stati veramente degli approcci? Certo, gli aveva sfiorato il braccio con la punta delle dita… ma dirlo approccio era un po’ eccessivo.
Fulvio era stato correttissimo, a parte gli apprezzamenti, era stato al suo posto, aveva riso con lui, divertito alle sue battute. Cosa poteva averlo urtato? Forse quel suo gesto alla fine, quella palpata che si era data in mezzo alle gambe…
Ma… a cosa mirava, allora, Fulvio, se non a infilargli le mani dentro il costume? Cos’altro poteva volere? Sì, lui forse aveva esagerato… Ma cos’altro vuole quella gente lì? Non era certo il primo gay che aveva cercato di allungare le mani… Fulvio, però, non aveva allungato le mani, non ci aveva neanche provato. Doveva essersi sentito offeso da quella allusione, da quel suo gesto così plateale.
Marzio si sentì uno stronzo e questa sensazione lo tormentò per tutta la serata.
Tornati in camera dopo la cena e una breve passeggiata, avevano fatto l’amore, lui e Katia, ma senza particolare entusiasmo né calore da parte sua; poi era rimasto a crucciarsi nel letto, senza riuscire a prendere sonno, finché si era alzato zitto zitto ed era uscito a fare due passi per scaricare la tensione.
Raggiunse la zona della piscina, deserta a quell’ora, poi si inoltrò in uno dei vialetti che si diramavano per il vasto parco. Qui, il buio era pressoché totale: le luci soffuse delle colonnine raso terra avevano più lo scopo di segnalare il percorso, che non di illuminarlo. Ma la cosa gli stava bene, aveva bisogno di estraniarsi nell’oscurità, di nascondersi… quasi a se stesso.
Camminava perso nei suoi pensieri, quando si avvide di un puntino rosso, a tratti più vivo, a tratti più spento. Non gli ci volle molto a capire che si trattava di una sigaretta: qualcuno era seduto più avanti e stava fumando.
Pensò di tornare indietro o di prendere un altro vialetto: non aveva nessuna voglia di incontrare gente. Ma alla fine, vinse la curiosità e proseguì. Decise di passargli davanti, facendo finta di niente, lanciando appena un’occhiata per cercare di capire chi fosse.
Arrivato all’altezza del puntino rosso, rallentò impercettibilmente il passo e lanciò un’occhiata di soppiatto alla sagoma indistinta, ma il buio in quell’angolo era troppo fondo. Stava per passare oltre, quando:
“Neanche tu riesci a dormire, dolce Marzio?”, si sentì dire da una voce calda, che riconobbe all’istante.
Si bloccò con un sussulto, poi si avvicinò alla panchina su cui l’altro era seduto.
“Fulvio? Cosa ci fa qui?”, disse, sedendogli al fianco.
“Vengo spesso la notte a fumare e a riflettere. Mi piace questa pace, questo silenzio… - e data un’ultima tirata alla sigaretta, si chinò a schiacciare il mozzicone con la punta della scarpa – E tu?”
“Non riuscivo a dormire… L’unica era fare due passi, così sono uscito.”
“Spero che non sia colpa mia, per quello che ti ho detto oggi… Se è così, non farci caso, dico sempre un sacco di cazzate quando mi prende la mattana.”
Inspiegabilmente, Marzio sentì una punta di delusione.
“Allora… non era vero niente, - disse dopo un po’ – non era vero niente che mi trovi bello, che ho un fisico perfetto…”
“Quello, purtroppo, era tutto vero, amico mio: sei un uomo incantevole, la tua bellezza riesce ad affascinami pure adesso, al buio più pesto…”
“Perché dici ‘purtroppo’?”, chiese Marzio con un filo di voce.
“Lasciamo stare…”
Marzio rimase in silenzio: non capiva quel ‘lasciamo stare’ con cui l’altro troncava sempre, quando il discorso arrivava a toccare certi punti sensibili.
“Perché sei andato via così all’improvviso oggi? – gli chiese poi - Ho fatto qualcosa che ti ha offeso?”
“Tu? No… sei stato fin troppo carino a startene ad ascoltare i miei sproloqui, senza mollarmi uno sganassone sul muso. Non dev’essere facile per un ragazzo etero, come te, sentirsi dire certe cosa da…”
“Da…? E non dirmi ancora ‘lasciamo stare’, per favore.”
“Da uno sconosciuto che arriva e si mette a farti delle moine… che ti dice…”
“Che stavi cercando di sedurmi… Hai ragione, uno sganassone no, ma come minimo ti avrei preso per uno fuori di testa.”, disse Marzio, sentendosi inspiegabilmente sollevato.
Fulvio non rispose, ma l’altro ebbe la sensazione che lo stesse guardando fissamente.
“Allora, mi spieghi perché sei andato via di punto in bianco?”
“Sinceramente?”
“Sinceramente, sì.”
“Perché mi ero reso conto d’aver raggiunto il limite e bisognava finirla lì.”
“Cosa intendi? Spiegati meglio, non capisco.”
“Intendo che in quel momento desideravo veramente toglierti quel maledetto costume, scoprire come… come eri messo sotto… e non solo scoprire… Ma non era possibile e non c’era più spazio per il gioco.”
“Capisco… Non c’era più spazio per il gioco…”
Seguì un lungo silenzio, ognuno dei due assorto nei propri pensieri. Fulvio era inebriato dalla presenza di Marzio, dal profumo di colonia che il suo corpo
emanava… Sentiva di non farcela oltre. Cos’era diventato quel corteggiamento nato quasi per gioco? Doveva andarsene, in qualsiasi altro posto, ma andarsene, prima che diventasse un incubo. Stava per alzarsi, quando:
“Com’è baciare un uomo?”, chiese inaspettatamente Marzio.
Fulvio rimase un momento trasecolato.
“Come baciare una donna… credo. – rispose – In realtà, non importa il sesso di chi baci, ma il desiderio che ti spinge a farlo.”
“E tu desideri baciarmi, vero?”
Fulvio si alzò di scatto.
“Devo andare.”
Ma Marzio lo prese per un braccio e si alzò a sua volta; poi, del tutto inaspettatamente, gli passò le mani dietro la nuca, lo attirò a sé e lo baciò sulle labbra. Fu un bacio rapido, frettoloso, quasi maldestro. Fulvio si ritrasse:
“Che fai?”
“Me ne è venuta voglia…”, mormorò Marzio e aveva un tono strano nella voce.
Poi tornò ad attirarlo a sé e a poggiare le labbra su quelle di Fulvio. Per un po’ fu soltanto un contatto labbra su labbra, mentre il respiro di entrambi si faceva più affrettato, poi una lingua si fece strada e scivolò nella bocca dell’altro.
Di chi era? Cosa importa? importante è che non trovò resistenza e ben presto lo scambio fu completo.
“Accidenti! – disse Marzio, quando si staccarono per riprendere fiato – Non è mica vero che è come baciare una donna… Wow! E chi l’avrebbe detto che stanotte baciavo un uomo e mi sarebbe piaciuto? Dai, facciamolo ancora… Hai un sapore buonissimo e mi piace giocare con la tua lingua.”
Per quanto rimasero in piedi accanto alla panchina, le lingue ad avvinghiarsi e rincorrersi l’una nella bocca dell’altro? E chi può dirlo? Non c’era nemmeno la luna a dare con il suo percorso qualche segno del tempo che passava, allorché:
“Basta, basta… - gemette Fulvio – Non capisco più niente…”
“Vieni”, disse allora Marzio e tornarono a sedersi sulla panchina.
Si baciarono ancora, sembrava che nessuno dei due avesse più voglia di smettere.
“Ma che sta succedendo?”, fece ad un tratto Fulvio.
“E lo chiedi a me? Sei tu il seduttore…”, rispose Marzio col fiato leggermente grosso.
“Dobbiamo fermarci…”
“Già non ti piaccio più?”
“Mi piaci troppo, è questo il problema. Se non ci fermiamo adesso…”
Ma Marzio sembrava non ascoltarlo. Gli prese la mano:
“Non avevi detto che desideravi scoprire come sono fatto?”, disse e se la poggiò sull’inguine.
Fulvio gemette: l’erezione che si trovò a stringere era inequivocabile, il cazzo di Marzio si allungava di traverso sotto i pantaloni rigido e pulsante. La testa prese a girargli vorticosamente: le cose stavano prendendo una piega che mai si sarebbe immaginato.
“Puoi tirarlo fuori, se vuoi…”, gli giunse la voce di Marzio calda e suadente, quasi
divertita.
Se vuoi? E cos’altro poteva volere il povero Fulvio? Con le mani tremanti, sganciò la cintura e tirò giù la zip. Allargò le falde della patta e il biancore dei boxer di tela fu l’unica cosa visibile nel buio della notte. Un tepore caldo e profumato emanava dalla patta aperta e Fulvio si chinò a premerci sopra le labbra, inspirando con voluttà quell’aroma indescrivibile.
“Perché lo fai?”, ebbe ancora la lucidità di chiedere, prima di tirar fuori il randellone turgido dai boxer umidicci, chiudere gli occhi e avvolgere le labbra attorno al pomello scappellato.
Già, perché lo faceva? Non era ubriaco, Marzio, non era fatto di anfetamine o chissà cosa, non era neanche in astinenza: da dove derivava questa frenesia erotica di cui si ritrovava improvvisamente preda? Non aveva lati nascosti, né desideri inespressi: la sua vita era stata finora limpidamente etero, lui stesso innamorato della moglie, la bella Katia, al punto da non concepire neanche l’idea di poter guardare un’altra donna: e adesso era lì, con l’uccello nella bocca di un uomo… e per sua iniziativa! Cosa lo aveva portato a trasformarsi da sedotto in seduttore?
Questi sono interrogativi che ci poniamo noi, naturalmente, come è nostro dovere, perché lui, il bel Marzio, non faceva altro che sdilinquirsi nel vortice di quella nuova estasi, di quei nuovi piaceri.
Fulvio succhiava, leccava, slurpava, gustando i mille sapori di quel cazzo inebriante, accompagnato dai gemiti di Marzio, che certo non era aduso a tanta foga… piacevole foga… travolgente foga…
“Oh, Cazzo… - singultò, infatti, ben presto – Oh, cazzo, Fulvio… vengo… ohhhh…”, e afferrandogli la testa con le mani, si lasciò andare all’orgasmo, riempiendogli la bocca di caldo sperma.
Fulvio aspettò che il flusso si esaurisse, poi, senza toglierselo dalla bocca, deglutì a poco a poco quel seme denso e gustoso, ma tenne in bocca il cazzo di Marzio, finché non fu molle del tutto, poi lo leccò, ripulendolo accuratamente, e infine glielo ripose nelle mutande.
“Grazie”, mormorò raddrizzandosi e leccandosi le labbra.
“Grazie a te, - sorrise Marzio – non immaginavo che ti piacesse così tanto.”
“Che tu mi piacessi così tanto, - lo corresse Fulvio – non lo faccio con tutti, credimi.”
“Non so cosa pensare…”
“Non pensare niente: ti è piaciuto e tanto basta.”
“Senti, devi capire che io…”, cominciò Marzio in tono esitante.
“Lo capisco, non preoccuparti. – lo interruppe Fulvio, quasi volesse rendere meno doloroso quanto sapeva che l’altro avrebbe detto - Hai già fatto molto, concedendomi questo. Quello che è successo stanotte, non uscirà dal buio di questo giardino…E se vuoi, ci resterò pure io in questo buio…”
“Adesso non esagerare. – disse allegramente Marzio, richiudendosi i pantaloni – Certo, nessuno dei due se lo aspettava e capisco che siamo entrambi un po’ scombussolati, ma non occorre essere così melodrammatici. Apprezzo la tua discrezione, era quello che stavo per chiderti, e so che non appenderai le mie mutande fra i tuoi trofei….”
“Anche perché non te le sei tolte…- lo interruppe Fulvio – scusa, scherzavo.”
“Cretino! - ridacchiò Marzio, passandogli un braccio sulle spalle – Hai capito cosa intendevo. Davvero, è successo qualcosa di bello stanotte… per me. E non è per il pompino… è…”, e scosse la testa, incapace di trovare le parole.
“Sono contento di averti conosciuto, - riprese dopo un po’ – di averti trovato…”
“Finisce qui?”, chiese Fulvio, incapace di nascondere il rammarico.
“Secondo te?”
“Non lo so…”
“Potrei… Mi sono reso conto che è piacevole passeggiare nel parco di notte… Non trovi anche tu?”
“Per me sono i momenti più belli della giornata.”
“Soprattutto dopo stanotte, immagino…”
“Già, soprattutto dopo stanotte.”
Rimasero a lungo in silenzio, assorti ognuno nei propri pensieri. Marzio non tolse il braccio dalle spalle di Fulvio, né allontanò la mano che Fulvio gli aveva poggiato indolentemente sulla coscia.
“Devo andare, adesso.”, disse Marzio alla fine.
“Sì, anch’io…”
Si alzarono, ritrovandosi all’improvviso sulle spine, come presi da un senso di imbarazzo.
Fu Marzio a rompere il ghiaccio:
“Beh, allora… ciao.”,
“Ciao e… buona notte.”, rispose Fulvio, resistendo a fatica all’impulso di…
“Oh, al diavolo! - sbottò allora Marzio – Che razza di seduttore sei, se devo fare tutto io? Vieni qui.”, e tiratolo a sé, lo strinse in un forte abbraccio.

FINE
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