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Il destino nelle tue mani - 2


di adad
23.09.2022    |    6.308    |    12 9.7
"” E prese a baciarlo sulle guance, bagnandosi le labbra con le lacrime, che sentì amare, quando se le leccò con la punta della lingua..."
Quella sera, Solimano si ritirò presto nei suoi appartamenti; i servi che lo avevano accudito si erano ritirati, quando il Gran Cerimoniere grattò all’uscio segreto e lo socchiuse, restando in attesa.
Solimano sollevò la testa dal documento che stava leggendo alla luce di una lampada:
“Vieni”, disse.
Il Gran Cerimoniere si affacciò alla porta, celata dalla tappezzeria, e:
“E’ qui, mio signore.”, annunciò piano.
“Fallo entrare e vai. Fino a domattina, non avrò bisogno di te.”
L’eunuco si fece di lato e introdusse Nikol, poi si inchinò e si ritirò. Dopo un paio di passi il giovane si fermò. Si tormentava le mani, aveva il cuore in tumulto: sapeva quello che sarebbe successo, ma lo rifiutava con tutto se stesso. Il caftano di seta che indossava, i balsami profumati con cui era stato massaggiato, dopo il bagno, i lussi da cui era circondato, nulla importava di fronte all’oltraggio che avrebbe subito. Questo era il prezzo per la sua vita… ma il prezzo per il suo onore? Solimano lo fissava ammaliato: con quell’angoscia dipinta sul volto, Nikol gli appariva ancora più affascinante. L’eccitazione, che era andata montando in lui fin dal primo incontro, adesso urgeva nei suoi lombi, cosa incomprensibile anche per lui. Finora aveva accolto nel suo letto qualche eunuco, e ne aveva tratto soddisfazione, ma era la prima volta che aveva a che fare con un giovane integro, alieno oltretutto ai piaceri maschili, e la cosa lo euforizzava ancora di più: sarebbe stato lui a cogliere quel fiore… era fra le sue braccia che avrebbe palpitato di dolore e di piacere.
“Vieni avanti, - gli disse, tendendogli la mano – non aver paura.”
E Nikol avanzò, un passo dopo l’altro, come una vittima verso il suo martirio.
Giuntogli davanti, Solimano allungò la mano per dargli una carezza, ma appena si sentì sfiorare la guancia, Nikol si irrigidì e fece involontariamente un passo indietro; al che, l’eccitazione del sultano ruppe ogni freno:
“Fermo! – disse con voce dura – Capisci che non hai scampo? Ti voglio… puoi ribellarti finché vuoi, ma ti domerò, cristiano… sarai mio, perché così voglio!” e con queste parole, lo rovesciò col busto sulla sponda del letto e gli sollevò freneticamente il caftano sul retro, mettendone a nudo il magnifico culo. A quella vista, come invasato, il sultano gli si inginocchiò dietro e cominciò a mordere e sbavare di baci le chiappe levigate; finché, non reggendo più l’urgenza del desiderio, gliele allargò con entrambe le mani, fissando il buchetto inviolato… Poi, ci sputò sopra, spinse dentro la saliva con un dito e, senza indugiare oltre, ci puntò sopra il glande sbavato e spinse dentro.
Nikol urlò, aggrappandosi alle coltri, e cercò di scrollarselo di dosso, ma l’altro lo tenne saldamente e proseguì l’avanzata, fino a schiacciargli le palle contro il bacino. Il dolore era insopportabile per Nikol, tutto dentro di lui urlava contro quell’abominio, ogni sua molecola si dibatteva in quel mare di sofferenza fisica e morale. Ma proprio nel momento in cui stava per esplodere, in cui stava per ribellarsi, l’istinto di conservazione prevalse e lui riuscì a ritrovare il controllo: strinse i denti e lasciò che la sofferenza lo invadesse in ogni fibra del corpo, aspettando che arrivasse la fine. E la fine non tardò molto: Solimano era troppo eccitato per durare a lungo e infatti bastò qualche minuto di martellamento, perché l’orgasmo montasse e tutto fu finito.
Dopo aver goduto, il sultano uscì dal culo di Nikol col cazzo sporco di sperma e si alzò in piedi. Cercò una pezzuola per pulirsi e intanto guardava lo schiavo, riverso sulla sponda del letto, immobile col culo tuttora scoperto. Avrebbe dovuto essere soddisfatto, Solimano, per aver domato quel puledro riottoso, ma si accorse che in realtà quello che stava provando, se non rimorso, era una pena profonda. Non era così che voleva che andasse: quel ragazzo gli piaceva davvero e in tutt’altro modo si era prefissato quel loro primo incontro.
Allora, gli andò vicino, si chinò e prima gli coprì il sedere devastato con i lembi del caftano, poi gli prese una mano ancora contratta e lo fece alzare. Lo vide piangere e gli si spezzò il cuore. Lo tirò a sé e lo abbracciò, lasciando che si sfogasse.
“Mi dispiace, - gli disse, quando lo vide più calmo – mi sono fatto prendere dalla furia e non ho pensato che trauma poteva essere per te. Avrei voluto che la tua prima volta fosse diversa… lo avrei tanto voluto...”
E prese a baciarlo sulle guance, bagnandosi le labbra con le lacrime, che sentì amare, quando se le leccò con la punta della lingua. Nikol subiva passivamente quelle effusioni; l’unica reazione l’ebbe quando il sultano cercò di baciarlo: allora si irrigidì di nuovo e cercò di scansarsi; ma l’istinto del predatore selvaggio prevalse nuovamente nel sultano, che gli tenne ferma la testa, con le mani ai lati della faccia, e insistette finché la sua lingua riuscì ad aprirsi un varco e il povero Nikol subì il secondo stupro della serata. Ma questo fu diverso: passato l’attimo di repulsione, nel sentirsi rovistare la bocca da una lingua estranea, una lingua che avvolgeva la sua, la stimolava al gioco, Nikol sembrò rendersi conto che c’era pure qualcosa di bello… anche piacevole in questa nuova esperienza Bisogna dire che anche questa era una sua prima volta: nella vita precedente era un monaco guerriero: gli erano interdetti contatti con le donne e quelli con i suoi confratelli non erano neanche presi in considerazione.
Era il primo bacio che Nikol riceveva e dopo un po’ non fece fatica ad accettarlo e subito dopo a ricambiarlo. Un ponte era stato gettato fra loro due e Solimano capì che questa era la via da perseguire, se voleva tacitare le paure di Nikol e soprattutto fargli dimenticare la violenza subita.
Così, lo portò a sdraiarsi sul letto e, sempre tenendolo stretto a sé, continuò a baciarlo per un tempo infinito… finché non lo sentì non solo calmo e rilassato, ma soprattutto appassionato.
Allora, infilandogli la mano sotto il caftano prese a carezzarlo sulla schiena, beandosi nel sentire sotto le dita la pelle levigata e la consistenza soda dei muscoli: era ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Nikol si irrigidì, nel sentire la mano del sultano scorrergli lungo la schiena, ma a poco a poco cedette a quel nuovo piacere e d’impulso cominciò pure lui a toccarlo con incerte carezze, entrambi però evitando, come per un mutuo accordo, di sfiorarsi le natiche: l’uno per pudore, l’altro per il timore di un nuovo irrigidimento, ricordando lo stupro appena subito. Ma intanto il piacere dei baci e delle carezze non poteva non avere le logiche conseguenze, non solo in Solimano, il cui cazzo tornò a scalpitare più voglioso che mai, ma anche in Nikol, che ad un tratto percepì un netto formicolio in certe zone finora ignorate: era il sangue che tornava a circolargli nel cazzo e nelle palle, svegliando piaceri e languori finora mai provati.
Ben presto, il turgore del suo organo raggiunse il culmine; allora, con un grugnito apprezzamento, Solimano lo impugnò e cominciò a masturbarlo, vieppiù eccitandosi nel sentire i fremiti che percorrevano Nikol, i suoi sospiri, il suo progressivo abbandono al piacere.
Ma era una novità anche per lui, considerando che finora aveva sporadicamente accolto nel suo letto solo qualche giovane eunuco: era la prima volta, quindi, che impugnava il cazzo di un altro uomo, la prima volta che gli dava piacere… e lo trovava affascinante!
Non una sola parola veniva nel frattempo scambiata fra i due: erano le lingue e le mani a parlare per loro, tramite i baci e le carezze. Poi, mentre il piacere invadeva ogni suo fibra, Nikol allungò la mano e afferrò l’uccello del sultano, prendendo a masturbarlo a sua volta, fino a ritrovarsi con le mani fradicie l’uno del seme dell’altro, appagati, certo, ma anche increduli entrambi e stupefatti per il piacere che ne avevano tratto, sia nel darlo che nel riceverlo.
Le sere successive tornarono ad incontrarsi, sempre con lo stesso copione, tranne che fin dalla seconda volta tutti e due si spogliarono, unendo al piacere dei baci e delle carezze, anche quello della vista dei loro corpi giovani e perfetti.
Poi, una sera, avvenne qualcosa che il sultano non si aspettava: Nikol non si irrigidì, quando nella foga delle carezze arrivò a sfiorargli le natiche, anzi sembrò quasi che lo invitasse a continuare l’esplorazione; cosa che non si fece certo ripetere, ma scivolò con la mano nello spacco, gli carezzò il perineo, a lungo, prima di raccogliere tutto il proprio coraggio e vellicargli il forellino con la punta delle dita. Nikol si irrigidì, ma fu un istante solo, tornò subito a rilassarsi, con grande gioia di Solimano, che prese allora ad affondargli il dito nel forame. Non era ancora giunto alla terza nocca, quando Nikol lo strinse spasimando e:
“Prendimi”, gli disse in un soffio.
“Ne sei sicuro?”
“Sì… ma non farmi male…”
“Non te ne farò… tranquillo…”
E con queste parole, Solimano lo mise a pancia in giù, si sputò sulla mano e cominciò a spalmare il grumo di saliva sul pertugio palpitante; poi se ne unse per bene anche l’uccello e, chinatosi sopra di lui, glielo fece scivolare nel solco, finché trovò l’apertura e spinse leggermente. Il glande circonciso forzò facilmente la strettoia dell’anello con un sospiro di entrambi. Per fortuna, Solimano ricordava bene la volta che aveva provato a inculare una delle concubine, così adesso sapeva bene come agire. Attese un momento per permettere allo sfintere di abituarsi alla forzatura, quindi riprese a spingere dentro, incurante dei gemiti che sfuggivano dalla gola contratta dello schiavo. Ci volle un po’ per arrivare fino in fondo, ma finalmente i peli pubici del sultano arrivare a sfregare contro l’orlo stirato del buco di Nikol, che diede allora un cozzo all’indietro, quasi volesse farsene entrare ancora di più. Solimano lo strinse a sé, passandogli le braccia attorno al petto, e rimase fermo finché non sentì allentarsi la morsa e allora capì che Nikol era pronto.
Muovendosi piano, per evitare di fargli male e lasciandosi guidare dai suoi lamenti, fossero essi di disagio o di goduria, Solimano cominciò a muoversi avanti e indietro, accelerando leggermente ogni tanto, via via che sentiva sciogliersi le resistenze, finché si ritrovò a zangolare in un canale anelante con tutta la gagliardia che la frenesia di godere gli suggeriva.
E Nikol? Nikol subì, inutile negarlo, quella penetrazione che aveva accettato più che altro nella convinzione che inevitabilmente una volta o l’altra gli sarebbe toccata; il dolore fu atroce, non appena il cazzo iniziò la sua avanzata, ma poi piano piano e quasi con sua sorpresa, il disagio prese ad attenuarsi, sostituito dapprima da una sensazione di gradevole pienezza e subito dopo da un piacere sempre più languoroso, che gli si irradiava dalle palle in cerchi concentrici per tutto il basso ventre.
Poi fu la fine, con un grugnito profondo e un cozzo violento, il sultano gli si abbatté contro tremando e ansimando, mentre il suo cazzo pulsava selvaggiamente nella morsa dello sfintere, procurando ad entrambi un’esplosione di piacere che non credevano potesse esistere, in quanto le pesanti pulsazioni sulla prostata scatenarono di riflesso in Nikol uno sconvolgente orgasmo anale, come spesso succede, ma stranamente senza nessuna emissione di sperma.
Quella notte, il rapporto fra i due divenne completo e per il mese successivo tornarono a incontrarsi quasi tutte le notti, per lo meno in quelle, in cui i doveri dell’harem non reclamavano l’attenzione del sultano.
***
Una mattina, il sultano si era appena alzato e stava provvedendo alla sua toeletta, quando il Gran Cerimoniere entrò e avvicinandosi all’orecchio gli comunicò che la validé chiedeva di vederlo. Subito, Solimano allontanò gli schiavi che lo stavano accudendo e quando la donna entrò:
“Madre, - le disse – è una gioia vedervi, ma cosa vi porta fuori dall’harem a quest’ora del mattino?”
La donna si sedette su uno sgabello lì vicino e:
“Sono preoccupata per voi, figlio mio.”, esordì.
“Per quale motivo, madre?”
“Nell’harem girano voci strane… “
“Voci?”, si stupì il sultano.
“Non voglio girarci attorno, figlio mio, - continuò la validé – si mormora che vi siate preso un amante… un uomo… Certo, voi siete il nostro padrone e avete il diritto di fare quello che volete… ma si dice che si tratti di un cristiano… un infedele! E non è stato nemmeno… reso eunuco!”
Il sultano avvampò, un po’ per l’ira, un po’ per l’imbarazzo.
“Madre, - disse con voce dura – l’harem non dovrebbe impicciarsi di quello che succede fuori dalle sue mura. Tanto più che a nessuna ho mai fatto mancare
qualcosa, in gioielli o… altro. Voi mi capite.”
“Vi capisco, figlio mio, ma voi sapete quanto possa essere pericoloso, se l’harem vi si rivolta contro.”
“Me ne rendo conto, madre, e vi ringrazio.”, disse Solimano, alzandosi per indicare che l’udienza era terminata.
Rimasto da solo, il sultano richiamò gli schiavi, perché finissero di accudirlo. Ma intanto rifletteva su quanto aveva saputo. Inutile chiedersi come avessero fatto nell’harem a venire a conoscenza della cosa: Nikol non aveva interesse a parlarne con qualcuno e sulla discrezione del Gran Cerimoniere non aveva alcun dubbio. Ma era anche vero che le orecchie e gli occhi delle concubine riuscivano a penetrare anche i muri più spessi… Che fare? da un lato, era propenso a mandarle al diavolo e a proseguire su quella strada; ma dall’altro, sapeva benissimo quanto pericolose potevano diventare le chiacchiere, quando cominciavano a girare incontrollate all’interno dell’harem. Rinunciare a Nikol o rischiare una crisi che poteva diventare grave chissà quanto.
Solimano si sentì raggelare il cuore: sentiva di non avere scelta.
Quella notte, fecero l’amore con un fuoco e una dolcezza, come non l’avevano mai fatto. Fu questo a insospettire Nikol, a fargli capire che qualcosa non andava? È proprio vero che una persona innamorata riesce a cogliere anche le percezioni più leggere dell’animo umano. Erano stesi fianco a fianco a guardare il soffitto.
“Cosa vi turba, mio signore?”, chiese Nikol ad un tratto.
Solimano non rispose.
“Dev’essere qualcosa di grave, se esitate a parlarmene. Siete forse stanco di me… vi ho offeso in qualcosa?”
Solimano si voltò a dargli un bacio.
“Questo dovrebbe tacitare ogni tuo dubbio, - gli disse con un sorriso – ma qualcosa è successo… Nell’harem si chiacchiera di noi.”
“E’ una cosa seria?”
“Potrebbe diventarlo, se le chiacchiere arrivano alle orecchie sbagliate.”
“Liberatevi di me, allora! – disse Nikol d’impulso - Uccidetemi… o vendetemi il più lontano possibile.”
“Non dire sciocchezze, Nikol… non ho intenzione né venderti né ucciderti.
Ma sarà necessario separarci e questo mi spezza il cuore.”
“Anche a me, ma non importa, se è per la vostra sicurezza.”
“Ascoltami bene. - disse allora il sultano – Ho deciso che tornerai a Rodi e ne sarai governatore in mio nome.”
“Ma come è possibile? Io sono uno schiavo…”
“Sei il mio schiavo io posso disporre di te come voglio, lo hai dimenticato?”
“Ma cosa diranno?...”
“Cosa diranno, chi? – fece Solimano con un lampo feroce negli occhi – Se mai qualcuno avrà da ridire, non potrà che riconoscere la nostra saggezza nell’aver messo la persona giusta nel posto giusto… Una persona sulla cui fedeltà non nutrirò mai il minimo dubbio.”
“Signore…”, balbettò Nikol, incredulo e nello stesso tempo disperato.
“Basta così. Alzati, Nikol pascià, governatore di Rodi, il Gran Cerimoniere ti sta aspettando.”.
Nikol si alzò imbambolato e si diresse alla porta segreta.
“Nikol!”, lo richiamò Solimano.
Il giovane si volse e tornò indietro.
“Un ultimo bacio…”, mormorò il sultano, abbracciandolo.

FINE
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