Prime Esperienze
IO, TERESA - Quando misi la testa a posto - Cap. 1
di whynot007
29.05.2022 |
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"Nella via del ritorno verso casa non parlammo mai, solo nel momento del commiato mi disse
- «è stato molto bello»
- «anche per me» risposi..."
Didascalia in seconda di copertina « Gli vedevo nelle mani un lungo dardo d'oro, che sulla punta di ferro mi sembrava avere un po' di fuoco. Pareva che me lo configgesse a più riprese nel cuore, così profondamente che mi giungeva fino alle viscere, e quando lo estraeva sembrava portarselo via lasciandomi tutta infiammata di grande amore di Dio. Il dolore della ferita era cosi vivo che mi faceva emettere dei gemiti, ma era cosi grande la dolcezza che mi infondeva questo enorme dolore, che non c'era da desiderarne la fine, né l'anima poteva appagarsi che di Dio.
Non è un dolore fisico, ma spirituale, anche se il corpo non tralascia di parteciparvi un po', anzi molto. È un idillio cosi soave quello che si svolge tra l'anima e Dio, che io supplico la divina bontà di farlo provare a chi pensasse che io mento. »
(Santa Teresa d'Avila, Autobiografia, XXIX, 13)
Prefazione (fatto vero)
Era una bella e calda serata di fine luglio, mi ero deciso a fare un po’ di footing lungo il sentiero, attrezzato a questo scopo, che costeggia il ruscello che scorre alle spalle della mia casa. Dopo circa mezza ora di corsa ad andatura sostenuta cominciai a sentire la fatica dovuta al mancato esercizio e allenamento.
Fortunatamente la panchina, in vista a poca distanza, era libera, avrei potuto distendermi e riprendere fiato. Cosi’ feci.
Ero sul punto di riprendere la mia corsa quando mi accorsi del volume adagiato nell’angolo in fondo al sedile, evidentemente qualcuno prima di me lo aveva dimenticato li’. In un primo momento, considerata la copertina e la rilegatura, pensai fosse un libro, lo aprii per vedere di cosa trattasse. Con sorpresa scoprii invece che era una sorta di quaderno o diario, scritto con buona calligrafia, sicuramente femminile, in lingua francese. Sfogliando le sue pagine cercai indicazioni sulla presunta proprietaria sperando di trovare un indirizzo o un numero di telefono che mi permettessero di rintracciarla per riconsegnarlo. Non potei fare a meno di leggere il contenuto di alcune pagine, ne rimasi affascinato.
Non trovando nessuna indicazione su come contattare la proprietaria non potei fare altro che completare la lettura e conservarlo. Sono rimasto indeciso per parecchi mesi se pubblicare tale racconto o se distruggerlo.
Beh! Ecco il risultato della mia decisione.
Nota:
Questa e’ una mia traduzione che lascia, per quanto possibile, inalterato il contenuto del diario. I nomi dei personaggi sono da me stati cambiati con la sola eccezione del nome della protagonista, Teresa, che non conoscendone il cognome l’ho chiamata “Incognito Teresa”.
La didascalia, in italiano, di “Santa Teresa d'Avila” era riportata su un foglio stampato e incollato nella seconda di copertina del diario, io la ripropongo nella stessa forma e contenuto.
Ultima considerazione, dato il contenuto dello scritto, non ho mai risolto il mio dubbio: questo diario e’ stato lasciato su quella panchina per dimenticanza o invece era destinato a qualcuno di preciso o, più semplicemente, l’autrice voleva salvare il suo scritto dall’oblio sperando che qualcuno lo leggesse e magari lo pubblicasse !?
A me stessa
nel ricordo
di questi verdi anni
IO, TERESA
Quando misi la testa a posto
1
- «Basta non ne posso piu’ dei tuoi capricci e della tua disubbidienza. Passerai tutta l’estate a lavorare cosi’ imparerai cosa significa la fatica e metterai la testa a posto!»
Si chiudeva cosi’, con queste parole di mio padre, l’ennesima discussione dovuta alla mia vivacità e voglia di libertà dalle costrizioni familiari.
Avevo da poco compiuto 16 anni ed ero una ragazzina inquieta e difficile. Sebbene la mia carta di identità dicesse che ero una sedicenne, il mio corpo mi faceva apparire almeno come una ventenne, soprattutto quando, all'insaputa dei miei genitori, riuscivo a truccarmi di nascosto.
Era l'inizio dell'estate e la scuola era terminata da pochi giorni, dopo quest’ultima violenta discussione, mio padre decise che avrei passato tutta l'estate lavorando, così, come diceva lui, avrei messo la testa a posto.
Non sapeva l'ingenuo, quanto sarebbe stata vera questa sua frase!
Carlo, un amico di famiglia, aveva una piccola industria di costruzione di apparati elettronici che lavorava per conto terzi. Dodici impiegate erano impegnate nell'assemblaggio di grandi piastre di circuiti stampati per televisioni e due tecnici si occupavano dei test degli elementi prodotti. Da buon amico Carlo accettò volentieri la richiesta di mio padre di includermi nel personale con il minimo del salario, "tanto per farle provare il duro lavoro". Anzi, da amico, Carlo si offerse anche di riaccompagnarmi in auto la sera dopo la chiusura della ditta che distava parecchi chilometri da casa.
Fu così che passò la prima settimana in cui imparai i pochi trucchi del mestiere e cominciai la produzione dei circuiti stampati di mia pertinenza.
Avevo notato che uno dei tecnici, Enrico il più giovane, mi aveva adocchiato fin da quando avevo fatto il mio primo ingresso. Anche Carlo, da quando ero entrata a far parte dell'organico, mi guardava in maniera diversa da come mi aveva sempre guardata in presenza dei miei genitori. Forse erano i capelli raccolti a coda di cavallo o le scarpe con tacco o il filo di trucco che, dopo lunghe battaglie, mio padre mi aveva permesso di mettere, che destava questo interesse nello sguardo degli uomini?
Un venerdì sera, dopo che tutti gli altri impiegati erano già andati via ed anche noi eravamo in procinto di chiudere, si presento' una magnifica ragazza bionda con fare molto risoluto. Solo a posteriori venni a sapere che era la commercialista che teneva in ordine la contabilità dell'azienda. Appena Carlo la vide gli si illuminarono gli occhi, viceversa lei mi congelò con un'occhiataccia. Carlo la fece accomodare precipitosamente nel suo ufficio e mi pregò di avvertire la mia famiglia che quella sera avremmo fatto un pochino più tardi perchè lui era impegnato alla chiusura del bilancio mensile. Io avrei potuto aspettare leggendo o vedendo una delle televisioni pronte per il collaudo. Diceva queste cose mentre chiudeva la porta del suo ufficio a cui seguì il rumore del chiavistello. Strano bilancio mensile pensai. Accesi una TV per ingannare il tempo, regolai il volume abbastanza basso per non disturbarli nel loro lavoro.
Era passato circa un quarto d'ora che cominciai ad avere problemi nel seguire il programma: il sonoro che udivo non corrispondeva alle immagini che vedevo. In un primo momento pensai ad un pessimo doppiaggio del film in proiezione, poi compresi che i rumori che sentivo provenivano dall'ufficio di Carlo.
Rumori? strani rumori!
Non ebbi la minima difficoltà a decifrare quei sospiri e quei gridolini come suoni di chi stava facendo sesso. Mi colse una vampata di calore in faccia, trattenni un attimo il respiro non sapendo cosa fare, poi decisi di origliare alla porta e verificare se attraverso la serratura era possibile vedere l'interno della stanza. Solo il volto della ragazza, con i suoi capelli biondi scompigliati, si vedeva attraverso la serratura, era riversa a pancia in giù sulla scrivania di Carlo e si notavano ritmici movimenti del suo capo che sbatteva contro una lampada da tavolo e, ad ogni colpo, emetteva un sommesso gridolino. Carlo non era visibile ma si intuiva che era dietro di lei e che era l'artefice di quei movimenti ritmici.
Rimasi così, quasi in ginocchio e a gambe aperte, incollata al mio punto di osservazione mentre sentivo salire in me il desiderio. Mi accorsi che stavo bagnandomi, la mano passata sul mio sesso diete conferma della mia sensazione.
Fu evidente quando i due raggiunsero l'orgasmo: lui emise una specie di rantolo e, subito dopo, lei un lungo sospiro. La bionda rivolse i suoi grandi occhi azzurri che esprimevano una completa soddisfazione verso la porta, in quell'istante ebbi un attimo di terrore: forse aveva intuito che stavo spiandoli? Mi allontanai e tornai rapidamente davanti la TV. Dopo circa trenta minuti ricomparvero ambedue simulando di completare un discorso di lavoro. Uscimmo tutti insieme, la ragazza andò verso la sua auto e mi salutò con un "ciao piccolina", avrei voluto strozzarla!
Durante il tragitto verso casa rimanemmo muti nei nostri pensieri, Carlo, probabilmente ripensando agli eccitanti momenti appena trascorsi ed io a ripensare a quelle immagini e a quei suoni che avevo appena sperimentato.
Per tutta la settimana successiva notai che Carlo aveva accentuato quel suo strano modo di osservarmi, percorreva con lo sguardo tutto il mio corpo soffermandosi a volte sul mio seno che, sebbene fosse acerbo come quello di una sedicenne era però grosso e pieno da obbligarmi a usare una terza misura, oppure si soffermava sulle mie lunghe gambe abbronzate. I suoi sguardi, come pure quelli del tecnico, erano un motivo di vanto per me che facevo di tutto per stuzzicare la loro immaginazione. Avevo preso anche l'abitudine di levare il reggiseno quando arrivavo la mattina e rimetterlo la sera prima di tornare a casa, con evidente disappunto delle altre ragazze, ma certo la cosa non era passata inosservata agli uomini della ditta.
La mattina del venerdì successivo Carlo mi consigliò di nuovo di avvertire la mia famiglia che avremmo tardato il rientro. "Si, ancora i bilanci mensili con la bionda" pensai. In realtà quel venerdì, che era il vero ultimo venerdì del mese, la ragazza non si presento ma Carlo rimase a lavorare nel suo ufficio dopo l'orario di chiusura. Io accesi una delle TV per ingannare il tempo come al solito. Poco dopo mi sentii chiamare
- «Teresa potresti venire ad aiutarmi per favore?».
Lasciai molto volentieri lo stupido programma in TV pensando di fare qualcosa di più utile, entrai nell'ufficio e Carlo, percorrendo con lo sguardo tutto il mio corpo, disse con voce risoluta:
- «Non riesco a trovare la pratica della Voxon, potresti aiutarmi a cercarla?»
Cominciai a rovistare un po' ovunque e soprattutto nel grande mobile a scaffali alle sue spalle mentre lui, facendo ordine sulla scrivania, osservava i miei movimenti. Infine il mio sguardo si posò sulla cartella gialla, dove appariva la scritta VOXON in bella evidenza, nel-l'angolo della scrivania opposto rispetto a quello dove ero io. Dissi:
- «Eccola li!»
e, ingenuamente, mi allungai tutta per raggiungere la cartella con una mano. Era la mossa che lui stava aspettando: ero completamente distesa sulla scrivania a pancia in giù toccando il suolo solo con la punta dei piedi, in una posizione simile a quella della bionda che avevo spiato il venerdì precedente. Lui non si fece scappare l'occasione. Prima accarezzo la mia schiena con una mano, poi con tutto l'avambraccio e infine con l'altra mano e una guancia. Iniziò a baciarmi sul collo con il respiro interrotto, sentii il suo ventre avvicinarsi e il suo sesso turgido poggiarsi sulla mia coscia e cominciare un movimento ritmico. Quasi colta di sorpresa, lo lasciai fare. Sentivo un senso di smarrimento e mi rivennero in mente le immagini della bionda della settimana precedente, cominciai a bagnarmi e rilassai i muscoli. Lui sentì che stavo cedendo, spostò una mano sotto la gonna che, in quella posizione, doveva coprire ormai ben poco. Sentii che frugava fra le mie gambe, con la mano mi invitò con decisione ad allargarle in modo di poter indagare in tutte le mie parti intime, acconsentii.
Continuammo così per qualche minuto, lui rovistando con la mano i più reconditi segreti delle mie intimità e io incapace di oppormi a quel diluvio di ormoni che stava invadendo il mio corpo. Prese la mia mano e la spostò lateralmente, mi lasciai guidare senza guardare, sentii il calore del suo membro turgido, che adesso era libero dai pantaloni, e che lui mi invitava ad avvolgere con la mano. Sentivo i suoi movimenti ritmici di andirivieni e il suo sesso che entrava ed usciva dal mio palmo chiuso. Improvvisamente si fermo. Con mosse studiate si sollevo dalla sua posizione e poggiando le mani sulle mie spalle mi fece scivolare sulla scrivania fino a toccare con la pianta dei piedi il suolo, poi mi sollevò il busto rimettendomi in posizione eretta. Pensai che il momento magico fosse finito, rimasi stupita e delusa, avrei voluto che continuasse ancora... non avevo capito quanto era sbagliata la mia supposizione! Infatti, adesso eravamo l'uno di fronte all'altra e lui aveva ripreso a baciarmi il collo mentre con la mano accarezzava i miei seni. Continuò per alcuni minuti questa manipolazione mentre i miei capezzoli avrebbero voluto schizzare dalla mia camicetta estiva. Alla fine capii che mi invitava a scendere giù: voleva che mi inginocchiassi. Il cuore prese a battermi forte forte, lui si sedette sulla sedia di fronte a me a gambe larghe, il suo pene eretto era libero, grosso e turgido. Era proprio davanti i miei occhi, potevo vederne tutte le nervature, il glande lucido e a tratti pulsante. Era la prima volta che vedevo così da vicino un membro maschile, rimasi affascinata dal senso di potenza che incuteva, la saliva cominciò a riempire la mia bocca e un calore riempì le mie gambe. Lui discostò i pochi capelli che oscuravano il mio volto e poi, con fare delicato ma deciso, prese la mia testa fra le sue mani e l'avvicinò al suo pene. Era fin troppo evidente cosa desiderasse! Ancora una volta non opposi resistenza, dapprima lenta-mente, poi sempre più e più cercai di assecondarlo fin dove le dimensioni della mia bocca e la profondità della mia gola mi permisero.
Credevo volesse concludere la sua performance in questa maniera, la cosa mi stava atterrendo: non volevo sentire il suo liquido nella mia bocca! Forse lui intuì il mio disagio, mi sollevò dalla posizione di inginocchiata e mi invito a riassumere la posizione precedente distesa sulla scrivania.
Questa volta ebbi la forza di oppormi ed esclamai:
- «No, sono ancora vergine! »
per tutta risposta ottenni solo un
- «Si lo so, non ti preoccupare»
e così dicendo mi forzava ad assumere la posizione da lui voluta. Parzialmente tranquillizzata lo assecondai una volta ancora, lui comincio di nuovo ad accarezzarmi fra le gambe e nelle mie parti intime, che ormai erano gia state denudate dei miei slip. Andava con due dita della mano avanti ed indietro, accarezzava il mio clitoride e poi si muoveva indietro come per raccogliere il nettare che la mia vagina produceva e quindi lo usava per inumidire il mio ano. Continuò questo andirivieni per qualche minuto mentre aveva ripreso a baciarmi il collo, sentii tutte le mie membra rilassarsi, stavo per godere. Sentii un liquido caldo proprio all'imbocco del mio ano, pensai che anche lui stesse godendo schizzando il suo seme fra le mie natiche. Invece, guardandolo, capii che non era così, infatti stava massaggiandosi il pene con una mano mentre l'altra la sentivo soffermarsi sul mio sfintere anale.
Capii all'istante che quel liquido era la sua saliva che adesso stava distribuendo con cura, rimasi atterrita, avevo capito cosa volesse fare.
- «Nooo!!» gridai.
per tutta risposta, senza parlare, lui con una mano mi costrinse con forza a rimanere nella posizione mentre con l'altra mano si aiutava per portare a compimento la sua impresa. Mi penetrò in maniera violenta e dolorosa, lanciai un grido di sofferenza, lacrime cominciarono a sgorgarmi dagli occhi. Lui cominciò il suo tipico movimento ritmico. Lentamente le fitte di dolore cominciarono a diminuire, rimaneva un torpore nella parte ma era sopportabile, decisi quindi ancora una volta di assecondarlo. Procedeva con ritmo ed ogni tanto dava un affondo più penetrante del solito, aveva anche cominciato un movimento rotatorio come se volesse allargarmi più di quanto il suo membro fosse capace di fare da solo. Sentii il mio respiro affannoso, le fitte erano passate e il torpore cominciava a lasciare il posto ad un senso di piacere, inumidii una mano con la saliva e cominciai a masturbare il mio clitoride, ah! quanto avrei voluto potermi infilare due dita nella vagina e sentire l'operato del suo membro nell'altro canale!
Lo sentii esplodere dentro di me, anche io ormai avevo raggiunto il culmine e godetti insieme a lui, si trattenne ancora un poco dentro di me poi uscendo dalle mie viscere si asciugo con dei fazzoletti di carta che porse anche a me.
Nella via del ritorno verso casa non parlammo mai, solo nel momento del commiato mi disse
- «è stato molto bello»
- «anche per me» risposi.
Quel fatidico venerdì avevo imparato un sacco di cose ma in compenso ero ancora vergine! La cosa non rimase vera a lungo, come ebbi a sperimentare nei venerdì successivi, così come non durarono a lungo le mie inibizioni di questa prima volta.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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