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Prime Esperienze

IO, TERESA - Quando Misi La Testa A Posto - Cap. 6


di whynot007
29.05.2022    |    189    |    1 6.0
"Poco dopo che tutti gli altri impiegati erano andati via, arrivò Giovanna che, con aria molto amichevole, esclamò: - «Ciao Teresa!» E guardandomi con..."
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L'indomani, martedì, Enrico mi chiese se la mia giornata terribile fosse passata. Forse sperava che il mio stato d'animo fosse ancora quello della sera precedente e che, magari, si potessero ripetere gli stessi avvenimenti. Forse interpretando le sue parole in maniera più negativa di quello che effettivamente fossero, gli lanciai una occhiataccia seguita da:
- «Enrico, scusa, so che ti è difficile capire ma quello che è successo ieri sera è stato qualcosa che non doveva succedere e che sicuramente non succederà mai più»
poi aggiunsi per rendere più convincente le mia parole
- «Non ti illudere, non mi interessi e non voglio che tu possa pensare a me come una tua possibile compagna»
mi girai e mi allontanai senza dargli il tempo e l'opportunità di rispondere. Lo lasciai nella sua solitudine a rimuginare sulle mie parole.
Sapevo di essere stata dura più di quanto il povero Enrico meritasse, ma assolutamente non volevo che Carlo potesse solo lontanamente intuire cosa fosse accaduto la sera precedente.

Anche con Carlo fui abbastanza fredda e scontrosa per tutta la settimana. Ogni sera sulla via del ritorno verso casa rispondevo sempre con astio ad ogni suo tentativo di instaurare un qualsiasi discorso. Credo che anche lui si rese conto della cosa, tanto che alla fine evitò ogni discussione. Nel mio intimo ero profondamente combattuta: volevo fargli pagare l'affronto che mi aveva fatto il lunedì abbandonandomi e, nello stesso tempo, avrei voluto da lui parole dolci e un comportamento più affettuoso.
Giovedì sera, riaccompagnandomi a casa, arrivati all'altezza del portone della mia abitazione, stavo quasi per suggerirgli di proseguire. Avrei voluto portarlo nello stesso posto dove ero stata con Enrico e ripetere con Carlo tutte quelle esperienze. Invece lui fermò l'auto e, senza troppi complimenti, disse freddamente:
- «Ciao»
Rimasi un po' disorientata, senza rispondere scesi dall'auto e mi diressi verso casa.

Venerdì mattina la musica cambiò radicalmente. Avevo notato che Carlo aveva ripreso a guardarmi con interesse e curiosità. A metà mattinata si avvicinò al mio banco di lavoro e disse quasi sussurrando:
- «Bello il tuo nuovo camice, ti rende molto sexy. Ho notato che le altre ragazze ti guardano con invidia e i tecnici, specialmente Enrico, ti vorrebbe spogliare con lo sguardo!»
poi aggiunse
- «Beh, anche io sono affascinato da tanta bellezza !».
"Finalmente si è accorto anche lui del mio nuovo camice!", pensai e senza rispondere parola gli lancia un sorriso in senso di ringraziamento per il complimento. Poco dopo mi invitò anche a prendere un caffè che però rifiutai.
Si, il suo comportamento e le sue attenzioni nei miei confronti erano completamente cambiate rispetto a quelle dell'intera settimana appena trascorsa. Oggi era venerdì e, forse, stava preparando l'atmosfera per passare la serata con le sue distrazioni sessuali, così come avevo intuito facesse tutti i venerdì. Questo pensiero stuzzicò la mia immaginazione e le mie fantasie, aspettai con ansia l'orario di chiusura per verificare cosa sarebbe accaduto.
Infatti, verso sera si avvicinò di nuovo e, poggiandomi una mano sulla spalla in un misto fra carezza e abbraccio, mi disse:
- «Questa sera verrà Giovanna e ci tratterremo un poco per sbrigare del lavoro, per favore avverti i tuoi genitori del ritardo».
"Giovanna, sempre lei in mezzo" pensai fra me e me.
- «Se vuoi posso farmi accompagnare da Enrico, credo che a lui farebbe anche piacere…»
dissi con tono di sfida e lasciando volutamente la frase in sospeso.
- «No, no, ti riaccompagnerò io come al solito. Meglio non coinvolgere altre persone»
fu la sua rapida risposta.
Avevo intuito che la mia proposta lo aveva spiazzato, chiaramente non si aspettava una soluzione alternativa, tanto che si allontanò subito per evitare ulteriori discussioni. In cuor mio fui felice di questo suo comportamento che io interpretai come una dimostrazione di gelosia.

Poco dopo che tutti gli altri impiegati erano andati via, arrivò Giovanna che, con aria molto amichevole, esclamò:
- «Ciao Teresa!»
E guardandomi con aria critica da capo a piedi aggiunse:
- «Wahoo! sei bellissima con questo tuo nuovo camice, Carlo me ne aveva parlato, ma sei molto più sexy di quanto potessi immaginare!»
E così dicendo si diresse direttamente verso l'ufficio di Carlo e ne socchiuse parzialmente la porta. Sentii che si salutavano calorosamente con qualche piccolo sospiro e gridolino.
"Carlo me ne aveva parlato?" chiesi a me stessa rimuginando le parole di Giovanna. Quindi, sebbene per tutta la settimana Carlo non avesse fatto la minima osservazione sul mio indumento, viceversa ne aveva parlato con Giovanna e, anzi, ne aveva parlato in maniera estremamente positiva.

Poco dopo dall'ufficio di Carlo sopraggiunsero rumori di mobili spostati e loro commenti sulla nuova disposizione, intanto, come al solito, io mi accomodai per vedere la tv ma subito Carlo chiamò:
- «Teresa, puoi venire un attimo per favore!»
Entrai nell'ufficio e con mia sorpresa osservai che il magnifico divano, di cui ne ero rimasta affascinata fin dalla prima volta che lo avevo visto e che con la sua morbida pelle nera ispirava una sensazione di voluttuosa comodità, era stato spostato in una posizione innaturale. Era stato posto di lato alla scrivania di Carlo e non di fronte come ci si aspetterebbe in un ufficio. Per di più l'ospite, sedendosi, avrebbe osservato se stesso riflesso nel grande specchio che occupava gran parte della parete antistante. Mi sembrò veramente una disposizione contraria a tutti i canoni dell'arredamento.
Giovanna era semi sdraiata su un lato del divano con il bracciolo che le fungeva da cuscino. I sui meravigliosi occhi azzurri contornati dai lucenti capelli biondi, risaltando sullo sfondo del nero cuoio, riportarono alla mia mente un quadro del Botticelli. La leggera gonna estiva che indossava era salita e generosamente mostrava le belle gambe e gli affusolati piedi che calzavano dei graziosi sandali a tacco alto mettendo in risalto il rosso smalto delle unghie.
Dovetti convenire con me stessa che, sebbene considerassi Giovanna come una concorrente in amore, ciononostante dovevo riconoscere che era veramente una bella donna e, tutto ciò, giustificava anche il comportamento di Carlo.
Fu Giovanna, e non Carlo che mi aveva chiamato, a rivolgermi le sue attenzioni.
Ancora distesa sul divano mi tese una mano in segno di richiamo. Mi avvicinai, lei si alzo ponendosi di fronte a me a breve distanza, potevo sentire il delicato profumo che emanava il suo corpo. Con i suoi tacchi mi sovrastava in altezza, fissandomi sussurrò:
- «Sei molto bella, hai degli splendidi occhi verdi da gatta, per tutta la settimana non ho fatta altro che pensare a te»
e così dicendo intrufolò le lunghe e sottili dita fra i miei capelli. Il contatto delle sue mani sulla mia nuca mi riportò alla mente le sensazioni sperimentate il venerdì precedente, un brivido di piacere percorse la mia schiena.
Con delicatezza mi attrasse a se e avvicinandosi mi baciò sulle guance, quindi sentii le sue mani che dalla testa scendevano verso il mio collo e ancora più giù. Sentii che apriva il primo bottone in alto, poi il secondo, poi il terzo. Si soffermò un attimo per mettere allo scoperto e accarezzare i miei seni, quindi riprese la discesa verso il quarto e quinto bottone. Non ebbi la forza ne la volontà di fermarla in questa sua impresa. Lentamente fece scivolare il camice sulle mie spalle, rimasi così praticamente nuda alla sua mercé e in balia della cascata di ormoni che stava invadendo il mio corpo: non avevo nessuna possibilità di oppormi a tutto ciò che andava facendo, anche la tenue timidezza per la presenza di Carlo era passata in secondo piano.
Giovanna si sedette di nuovo sul divano e accostò il suo volto al mio pube, lentamente e con maestria fece scivolare verso terra i miei slip, ultimo baluardo che separava la mia vulva dalle sue labbra.
Cominciò a baciarmi percorrendo con la lingua la linea di congiunzione fra le anche e il bacino, quindi giù verso l'interno delle cosce.
Tenendomi una mano, quasi a dimostrazione del timore che io scappassi, si distese nuovamente sul divano e con sapienti suggerimenti manuali mi invitò a dispormi su di lei. Ero a cavallo del suo volto, le mie ginocchia toccavano le sue spalle e tutta la mia vagina, aperta e gonfia, era a disposizione della sua lingua. Istintivamente mi resi conto che la sua posizione era speculare alla mia, infatti il movimento per distendersi sul divano aveva fatto salire la sua gonna oltre la vita, mostrando il suo biondo gioiello già denudato. Avvicinai la guancia a quel ciuffo di peli d'oro accarezzandolo lentamente, il soave profumo del suo sesso pervase le mie narici.
Mi volsi verso lo specchio e compresi perché il 69 non è solo un numero.
Giovanna, da esperta maestra quale è, aveva cominciato a esplorare con la punta della lingua tutte le recondite pieghe della mia vulva, sentii premere e stuzzicare il mio clitoride e poi premere e cercare di introdursi nella vagina, ma il muro del mio imene ancora integro le negò il piacere di ulteriori e più penetranti indagini. Intanto con le mani andava stuzzicando i miei capezzoli che erano diventati duri e rigidi, divaricò leggermente le sue gambe tanto che anch'io potessi gustarmi il suo nettare. Non riuscii a fare tutto ciò che lei stava facendo a me però non potei fare a meno di baciare quel delizioso gioiello biondo.
Ad un tratto si fermò, non sentivo più il dolce scorrere avanti e indietro della sua lingua. "Perché ti fermi proprio adesso, avanti fammi godere" pensai.
Mi volsi verso lo specchio e fu chiaro il motivo di questa interruzione: Carlo, di cui io avevo perso cognizione della sua presenza, tutto nudo stava dietro di me e sul volto di Giovanna, teneva il suo cazzo nella bocca di lei che, in quella posizione, riusciva praticamente a ingoiarlo quasi tutto.
L'operazione proseguì per qualche minuto, io nel frattempo mi dedicai a inebriarmi del sesso di lei. Dopo un po sentii la lingua di Giovanna nuovamente tintillare il mio clitoride e con le mani si aiutava per tenere aperta la mia vagina: credevo volesse maggior spazio per premere sul mio clitoride.

Fu un attimo.
Sentii come una leggera puntura di mille aghi nel basso ventre e poi una sensazione di qualcosa che scivolava dentro di me e andava invadendo il mio sesso. Il mio respiro si interruppe e il cuore si fermo per un attimo, volsi lo sguardo verso lo specchio e capii: Carlo, da dietro, era entrato in me. Cominciò a muoversi molto lentamente, lo specchio mi rimandava l'immagine del suo membro che si comportava come uno stantuffo: avanti e indietro, avanti e indietro, lentamente mi stava scopando. Giovanna intanto con la sua lingua stuzzicava il clitoride e, quando Carlo usciva da me, inumidiva il suo membro con la saliva.
La cosa andò avanti per alcuni minuti poi sentii un caldo liquido che invadeva l'ingresso della mia vagina e che si spandeva lungo le mie cosce. Volgendomi verso lo specchio vidi Giovanna intenta a raccogliere il tutto con la lingua avendo cura di non tralasciare nessuna goccia di quel liquido rosa. Dopo alcuni minuti di questa operazione caddi in un torpore profondo, sfinita e stremata per l'emozione e la tensione.

Nel momento dei saluti, Giovanna mi disse con aria amichevole:
- «Ti ringrazio, è stato meraviglioso. Ho sempre desiderato gustare lo sperma di un uomo frammisto al sangue verginale della ragazza che ha appena deflorato. Mi hai fatto un gran regalo»
Poi baciandomi su ambedue le guance sussurrò:
- «Ora sei una vera donna!»

Nelle settimane successive Carlo e Giovanna riuscirono a prendersi di me tutto ciò che passava loro per la testa, con il fare delicato e seducente di Giovanna e quello autoritario e prepotente di Carlo, riuscivano sempre a smontare una qualsiasi mia resistenza, alla fine li assecondai in tutte le loro richieste perché, dovetti confessare a me stessa, mi piaceva e adoravo il loro modo di fare sesso:

loro mi avevano messo la testa a posto, anzi, mettevano sempre la mia testa al giusto posto... fra i loro genitali!




FINE

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