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Black Story Cap 7. Air California.


di Easytolove
31.05.2024    |    5.658    |    2 7.5
"E’ in uno degli ultimi piani, e dalla vetrata scura che occupa tutta la parete, si vede il panorama della città fino all’oceano, una lingua scura che..."
Il ronzio del Dc9 mi accompagna ormai da un paio di ore, dopo aver superato il vuoto allo stomaco e la paura del decollo, mi sono mezza assopita, rannicchiata sullo stretto sedile.
Nascosta sotto alla coperta che una delle hostess mi ha gentilmente offerto, ho infilato una mano sotto alla stretta gonna, di uno dei vestiti appena comprati, e ho esplorato sotto alle mutandine, fino a quando sotto al palmo ho trovato la mia fica depilata.
Ieri non c’è stato verso, Rosmary ha dovuto mettere in atto quello che si era messa in testa, mi ha spalmata con una crema puzzolente, e dopo qualche minuto, mentre un notevole calore, quasi prossimo al bruciore me l’avvolgeva, con una specie di spatola di plastica, me l’ha ripulita, e con la crema sono venuti via anche i miei peli biondi, lasciandomela come me la ricordavo da bambina.
Mi è rimasta una sensazione di freddo, sento il bisogno di doverla riscaldare, e lentamente il calore della mano mi rilassa, una leggera onda di piacere mi avvolge, inizio a meditare.
Con un occhio semiaperto le vedo, sono sedute un po’ più avanti in una fila dove ci sono solo due sedili, dalla postura intuisco che Minnie le sta palpando una coscia, e Rosmary le ha quasi appoggiato la testa su di una spalla.
Conversano lentamente, sembra ormai che tra qualche istante, il passo successivo sarà quello di vederle con le bocche incollate, Minnie ogni tanto con il naso le sfiora una guancia, non si riguardano neppure di sembrare due donne che stanno amoreggiando.
Stranamente non sono più gelosa, in fondo Rosmary ha fatto parte di un bel momento della mia vita, ma ho deciso che per affrontare questo nuovo capito dell’avventura, voglio essere libera da ogni schema.
Sento l’umido che aumenta sotto alla mia mano, mi viene voglia di iniziare a sfregare con decisione, ma ho voglia di fantasticare.
Mi concentro su quella che sarà il mio prossimo obiettivo.
Si chiama "Candy" Merrell, è la regista e produttrice, che dovremo agganciare.
E’ una ex prostituta newyorchese, che bazzicava le stradine intorno a Times Square, e ad un certo punto della carriera, ha iniziato a recitare in piccole parti, in quei filmini porno da dieci minuti.
Ed è lì che ha scoperto di avere un vero talento per la regia, ha iniziato a suggerire nuove situazioni, ambientazioni più accattivanti, tecniche di ripresa più fantasiose.
Un tizio che frequentava i set, un produttore californiano in cerca di nuovi personaggi e talenti emergenti l’ha notata, e l’ha portata a Los Angeles, dove dopo un breve apprendistato, prima come attrice, si è impossessata della macchina da presa, ed ha iniziato la sua sfolgorante carriera.
Prendo dalla tasca un paio di fotografie, che Minnie aveva nella sua valigia nera, che la ritraggono.
Sono state fatte ad una cerimonia di premiazione, sembra che abbiano istituito una specie di premio Oscar per il cinema porno, e lei era una delle vincitrici.
E’ una bella donna sulla quarantina, con un lungo vestito rosso con due lunghi spacchi inguinali,su delle scarpe sempre rosse dai tacchi vertiginosi, e due scollature che sul dietro lasciano scoperta la schiena fino al culo, e sul davanti,quasi in bella vista due tette grandi e sode.
L’investigatore da cui Big Mama ha avuto tutto questo materiale,dice che da quando ha smesso di recitare, non è mai più andata con un uomo, e che di tanto in tanto si concede delle brevi scappatelle con qualche attricetta, cose di poco conto, per dare sfogo alle voglie che durante le lunghe sedute di registrazione, sicuramente non riesce del tutto a tenere a freno.
Mentre il calore sotto alla coperta inizia a diventare una specie di vampata, osservo quelle due, che ormai danno spettacolo, come sospettavo hanno iniziato a baciarsi, incuranti di quelli che siedono vicino.
Improvvisamente mi assale la voglia di cazzo.
Vicino a me nel sedile contro al finestrino, c’è un giovane nero, atletico e muscoloso, quando siamo saliti mi ha detto che si trasferisce in California per giocare a basket in una franchigia della città, i Los Angeles Stars.
Apparentemente sembra mezzo addormentato, ma ho notato che ogni tanto apre gli occhi, sembra quasi essersi accorto dei miei strani movimenti sotto alla coperta, che si sono fatti sempre più spregiudicati.
Con la mano libera gli tocco la coscia, che sento muscolosa e soda, nel terzo sedile, quello vicino al corridoio non c’è nessuno, l’unico passeggero seduto dietro russa beato, quelli davanti non possono vedere.
Lui resta fermo, mi lascia fare.
Gli sbottono i jeans e quando glieli apro a sufficienza, da sotto alle mutande colorate salta fuori un grosso cazzo nero, già bello duro, pronto all’uso.
Mi chino su di lui e lo faccio sparire tutto nella gola, mentre con la mano inizio a sfregarmi forte la fica.
Mi basta poco per godere, e mentre lo faccio lui con un sussulto inizia a sborrare, bevo avida, voglio sentire fino in fondo quel sapore che da troppo tempo non assaggiavo.
Ci ricomponiamo alla svelta, nessuno sembra essersi accorto di nulla, lui mi sorride, e poi mi chiede se mi sarebbe piaciuto vederlo giocare.
Da una piccola borsa che tiene vicino ai piedi estrae un libretto, è il calendario delle partite.
Con una penna scrive il suo nome e un numero di telefono sulla prima pagina, poi il mio sulla penultima che strappa e la tiene come promemoria.
“ difficilmente dimenticherò questo pompino”.
Ridiamo, mi accorgo di non essere più interessata alle evoluzioni di quelle due, che hanno smesso di baciarsi, e si tengono per mano come due piccole fidanzate.
L’aereo è atterrato con un colpo secco sulla pista, e ha effettuato una lunga frenata, poi lentamente è tornato indietro, e si è fermato in mezzo ad un grosso spiazzo asfaltato.
Scendiamo dalla scala che hanno avvicinato al portello sul retro, e una vampata di calore mi avvolge, mi rendo subito conto del clima californiano, qualcosa di torrido che ancora non conoscevo. Percorriamo il breve tratto che ci divide da una grossa vetrata, che al nostro arrivo si spalanca, scorrendo su di un binario, e ci accoglie il fresco di un grande androne, in mezzo al quale i primi passeggeri arrivati, sono già in attesa delle loro valigie.
Un rullo nero, ha iniziato a muoversi, e i primi bagagli appaiono da un buco rettangolare, i passeggeri si affrettano a recuperarli, e poi sfollano veloci spingendo dei carrelli di acciaio cromato.
Quelle due si sono messe in prima fila, e recuperano tutte le nostre numerose valigie, riempiendo all’inverosimile i due carrelli che ci siamo procurate.
Spingo lentamente quello apparentemente meno pesante, fino all’uscita, quando la vampata di caldo afoso, fuori dalla frescura dell’aria condizionata dell’androne,nuovamente mi assale.
Un tipo grassoccio e pelato, vestito con una camicia a fiori e dei bermuda colorati, con in mano un cartello con scritto Mrs. Minnie, si avvicina veloce.
Si tratta di Phil Marlone, il nostro contatto a Los Angeles, l’investigatore che Big Mama ha assoldato per organizzare la nostra missione.
“Sei tu Phil, piacere, sono Minnie, e loro sono Eileen e Rosmary”.
“Accidenti piacere mio, siete uno schianto, vedrete che non faremo fatica a ottenere quello per cui siete venute”.
Minnie ridacchia e lo osserva con sguardo sornione,
“vedrai con che trio di diavolette avrai a che fare” sembrano dire i suoi occhi cattivi.
“Spero che sia tutto pronto e che le nostre richieste siano andate tutto in porto Phil”.
“Certo seguitemi che andiamo in quella che sarà la vostra nuova casa, ma prima andremo a ritirare la Mustang che avete voluto, da un rivenditore qui vicino all’aereo porto”.
Saliamo sulla grossa Impala di Phil, i nostri bagagli formano un mucchio sul retro, mi sono seduta sul comodo sedile di velluto anteriore, mentre quelle due dietro, si strofinano e si slinguazzano, faccio finta di non vedere, mentre Phil lancia occhiate morbose alle mie cosce, e allo specchietto retrovisore.
Stiamo percorrendo una specie di autostrada trafficata, costeggiata da alte palme, con ai lati capannoni, centri commerciali e parcheggi recintati, pieni di automobili parcheggiate.
Improvvisamente svoltiamo, fino ad una costruzione di legno bassa, con sopra un enorme cartello “Jimmy’s Cars For Sale”.
“Ecco siamo arrivati, quella rossa decappottabile è la nostra Mustang, chi è di voi tre l’autista?”
Lo guardo di traverso agli occhiali da sole e rispondo,
“sono io”.
“Bene qui è già stato tutto fatto, le chiavi sono nel cruscotto, la puoi prendere e mi puoi seguire, ora andremo a vedere la vostra nuova casa”.
Naturalmente vado sola, lascio quelle due ai loro approcci, ho proprio voglia di provare questo gioiellino nuovo fiammante.
Salgo e mi siedo, sembra comoda, al primo approccio non proprio sportiva e cattiva come la Camaro.
Metto in moto, il v8 borbotta in modo rassicurante, i sedili sono di pelle nera, il volante di legno,
osservo i pulsanti sul cruscotto e vedo quello con scritto “Roof”, lo premo e la capotte nera lentamente si solleva e si va a posizionare sul retro, sotto alla cappelliera.
La luce del sole si fa accecante, rimetto i miei occhiali neri, intanto osservo l’Impala che si è incamminata verso l’uscita, posiziono la leva del cambio automatico su Drive, pigio a fondo l’acceleratore, e schizzo in avanti, la Mustang sembra solo tranquilla, ma di cavalli sotto al cofano ne deve avere sicuramente qualche centinaio.
Procediamo su di una specie di autostrada, che diventa sempre più trafficata, lasciamo sulla nostra destra quello che dovrebbe essere il centro, un piccolo gruppo di grattacieli, per dirigerci verso l’oceano, che inizia ad apparire sulla nostra sinistra.
La nostra meta è un quartiere residenziale lungo una grande spiaggia, chiamata Venice, come la famosa città italiana.
La spiaggia è davvero enorme, forse larga un centinaio di metri, e le onde dell’oceano sono molto più inquiete di quelle del lago, a cui mi ero abituata.
Ormai sono tre mattine che mi alzo presto, e mi faccio una bella camminata, prima lungo una grande passeggiata che costeggia la spiaggia, e poi tornando calpestando la sabbia vicino al mare.
La casa che abbiamo occupato è proprio sulla strada adiacente alla spiaggia, con al piano terra un grande porticato, e le stanze al primo piano, con le finestre che affacciano sull’oceano.
Il posto sembra essere popolato solo da giovani, tipi palestrati che fanno esercizi su degli attrezzi fissi, ragazze in bikini che si aggirano a gruppetti di due o tre, camminando sculettanti, tipi strani vestiti da hippie, bande di ragazzi di colore che giocano a basket.
Questa sera andrò a vedere la partita,ho telefonato al ragazzo nero,si chiama Mack, mi ha lasciato un numero da chiamare per avere il pass per entrare al Memorial Sport Arena, dove giocheranno contro una squadra di Denver.
Minnie e Rosmary ormai sono fidanzate, la notte mi giungono i rumori delle loro evoluzioni amatorie, di nascosto le ho spiate, mi ero alzata per andare in bagno e non ho resistito.
Minnie stava scopando Rosmary, con un grosso fallo di gomma, attaccato ad una mutanda nera.
Lo devono aver comprato in un negozio qui dietro, con un insegna al neon con sopra scritto “Sexy Shop”.
Aprono alle otto di sera e restano aperti tutta la notte, di fianco c’è uno di quei cinema che chiamano a “Luci rosse”, dove proiettano quei film a cui ci siamo così interessate.
Raggiungo il Memorial con la Mustang, dopo essermi districata tra vialoni a quattro corsie contornati da alte palme, e lunghe vie diritte tra casette basse e centri commerciali.
Questa città è davvero strana, sembra non finire mai, finalmente scorgo la grande costruzione ovale a forma di cupola, ed entro nel grande parcheggio che la circonda.
Trovo l’ingresso dedicato agli ospiti, l’impiegata con cui ho parlato al telefono è stata molto efficiente e precisa, un inserviente mi accompagna al posto che mi hanno assegnato, una zona vicinissima al campo, in posizione centrale.
Mi rendo conto di essere in mezzo a mogli, figlioletti, parenti e amici dei giocatori,
che sono già in campo, e si stanno riscaldando, Mack mi vede e per un attimo i nostri sguardi si incrociano, mi fa un breve cenno di saluto, e poi durante una breve pausa si avvicina.
“Allora sei davvero venuta”?
“Volevo vedere come giochi”.
“Dopo aspettami all’uscita dei giocatori, se vinceremo andremo a festeggiare”.
Gli avversari sono forti, e la partita è abbastanza combattuta, Mack entra nel secondo tempo, e mi è sembrato uno dei più bravi, grazie ad alcune sue giocate, alla fine la sua compagine esce vittoriosa.
I suoi compagni lo festeggiano alla fine, e anche i miei vicini di posto applaudono soddisfatti.
Una ragazzona di colore, con due piccoli diavoletti al seguito mi si avvicina, e si presenta come la moglie di Alvin uno dei compagni.
“Sei la ragazza di Mack, è davvero forte, nel suo ruolo, è il rinforzo che aspettavamo”.
“Spero di rivederti alla prossima partita”.
Le sorrido e le faccio cenno di si con il capo.
Sono un pochino imbarazzata, non sapevo dove sarei finita, e ho messo un microvestito che ho comprato nel pomeriggio in un grande magazzino vicino casa, mi copre a malapena le mutande, volevo essere provocante per Mack, spero non pensino che frequenta una piccola puttana.
Ho guidato la Mustang fino al suo appartamento, in uno dei grattacieli del centro.
E’ in uno degli ultimi piani, e dalla vetrata scura che occupa tutta la parete, si vede il panorama della città fino all’oceano, una lingua scura che riflette le luci della costa.
Entrambi abbiamo voglia di scopare, lui è ancora carico di adrenalina, lo spoglio e lo faccio sdraiare sulla schiena, faccio presto a sfilarmi il corto vestito, e tolte le piccole mutandine nere, resto anche io nuda.
Il suo grosso cazzo nero è già duro, gli ordino di stare fermo, gli passo una mano tra i riccioli neri ancora umidi, e poi gli salgo sopra, appoggio i palmi delle mani sul suo petto liscio, muscoloso, e con la fica cerco il suo cazzo, quando lo sento premere contro la fessura, con un colpo deciso me lo spingo tutto dentro, finalmente mi sento riempita, inizio a muovermi piano,prima un movimento circolare, poi avanti e indietro, quando inizio a godere, lo cavalco con forza, sempre più veloce,
mi afferra le tette con le mani e me le stringe, urlo,
“fammi male, fammi godere”.
Dopo la prima venuta, siamo andati avanti tutta la notte, cambiando tutte le posizioni presenti nel nostro piccolo kamasutra, quello di due che scopavano per la prima volta insieme.
Rimane per qualche istante sorpreso, quando la mattina facendo colazione, in una moderna caffetteria sotto al suo grattacielo,gli confesso che sto per intraprendere il tentativo di iniziare una carriera come porno attrice e,verso le dieci ho appuntamento con Minnie, che ha contattato la famosa regista, Candy Merrel, o come cavolo si chiama, per ottenere una parte nel suo prossimo film. Se pensava di aver trovato la fidanzatina fedele, per allentare la carica di adrenalina accumulata durante le partite di basket, dovrà rivedere i suoi piani.
Ora faranno un lungo giro di una settimana, in cui giocheranno sempre fuori casa, per poi tornare a Los Angeles, con una serie di partite casalinghe.
Mi ha lasciato il pass, con cui entrare,e gli ho promesso che mi farò trovare pronta per la prossima partita.
Guido spedita e rilassata, quelle due mi aspettano ad un indirizzo dove abbiamo appuntamento con la regista famosa.
Finalmente entro in scena, sarò una star del cinema porno, e Minnie sarà la mia presunta manager, titolare di un agenzia cinematografica di Chicago, che sta sondando il terreno, per lanciarsi nella produzione del cinema a luci rosse.

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