Gay & Bisex
Fuori dall'autogrill
di Megaciccio
04.04.2021 |
21.003 |
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"Cercai di staccarmi ma la sua presa era forte e finchè non ebbe terminato il suo godimento non smise di agitarsi nella mia bocca..."
Nei pomeriggi della mia adolescenza ero solito prendere la mia bici e fuggire in cerca di avventure.Abitavo in un piccolo paese di provincia dove con poche pedalate si era già fuori dal centro abitato e vivevo mille peripezie. A volte riuscivo a coinvolgere qualche amico ma anche in caso contrario non mi scoraggiavo e partivo per le mie scorribande.
Cercavo di trovare sempre nuove sterrate, sentieri o rigagnoli da seguire e più di una volta ho rischiato di rompermi l’osso del collo. Altre volte invece ero costretto a correre a rotta di collo per fuggire da qualche contadino che mi aveva colto mentre smangiucchiavo i suoi frutti dagli alberi nelle campagne o terrorizzato dai cani da guardia lasciati liberi di girare per i campi.
Quella che vi voglio raccontare però è l’avventura che più di tutte ha lasciato il segno.
Non fisico, ma mentale.
La volta che ho scoperto il sesso. Il mio stesso sesso per giunta!
Vi starete domandando cosa c’entra un autogrill se il ragazzino al massimo può andare in bicicletta o su uno skateboard. Beh’, è presto detto:
Pedalavo stancamente per una stradina secondaria che avevo già fatto qualche volta. Costeggiava un tratto di autostrada molto lungo, da un casello all’altro servendo come via di servizio per campi e case di campagna, ma anche come accesso ad un autogrill.
Quel pomeriggio di un giorno come tanti non c’era molto movimento in giro, sia per le strade normali che su quelle ad alto scorrimento.
Mentre procedevo pensando che ero stanco e forse per quel giorno avevo esagerato con i km, osservavo auto e tir sfrecciare sull’asfalto poco distante dalla stradina sulla quale mi trovavo io.
Presto le due parallele iniziarono a separarsi: mentre l’autostrada proseguiva imperiosa per il suo percorso, la piccola strada di vicinato curvava leggermente per seguire il perimetro di una recinzione, quella dell’autogrill, appunto.
Anche sul piazzale della stazione di sosta c’era poco movimento. Un camion in partenza ed uno in arrivo, qualcuno fermo qua e là, uomini d’affari al telefono e famigliole a sgranchirsi le gambe.
Guardavo la recinzione, mentre procedevo, come fosse una barriera che separava due mondi: uno lento, il mio, ed uno accelerato, dall’altra parte.
Mentre continuavo nel mio circumnavigare il distributore, sullo spiazzo arriva rallentando un tir che mi supera e si ferma poco oltre.
Scende un tizio in zoccoli, con una grossa pancia, una camicia sostanzialmente aperta ed un paio di pantaloni da tuta. Classico abbigliamento da camionista, massima comodità e minimo stile, per uomini abituati a passare il proprio tempo da soli e che poco badano alle buone maniere.
Il tipo si gratta una chiappa poi si abbassa i pantaloni e si mette a pisciare contro uno siepe senza badare a me o a nessun altro che sarebbe potuto essere a portata d’occhio.
Rallento, incuriosito dalla scena e da quell’omone.
Ok, lo ammetto, già al tempo gli uomini non mi lasciavano indifferente.
Non pensavo di essere gay, ma ero comunque interessato al corpo maschile, alle sue forme, alle lunghezze dei membri e alla forma dei testicoli.
Quando con qualche amico ci capitava di avere per le mani un giornaletto porno, oltre alle tette e alle fiche spanate, che comunque guardavo con interesse, mi soffermavo volentieri anche sui cazzi, ammirandone le dimensioni e immaginandone la consistenza.
Capirete quindi che in quella prima occasione che avevo di guardare il pisello di un uomo adulto fossi quantomeno interessato.
Non volevo apparire troppo sfacciato quindi, ma avevo la tranquillità di trovarmi abbastanza lontano da casa da non essere riconosciuto e la barriera di ferro che ci separava mi dava un senso si sicurezza e di non venire acchiappato.
Rallentai guardando quello che stava succedendo, sperando di poter avere una vista migliore man mano che l’angolo di visione cambiava. Il tizio iniziò a pisciare con aria rilassata ma nel mezzo della sua attività si accorse di me e del mio sbirciare. E io mi accorsi che lui se ne era accorto!
Probabilmente diventai rosso e cercai di distogliere lo sguardo, ma la curiosità era troppa e di tanto in tanto tornavo a voltarmi.
Lui, per tutta risposta, invece di voltarsi per coprirsi meglio, si girò ulteriormente a mio favore, quasi volesse dare spettacolo.
Non potevo crederci. Vedevo chiaramente un getto che risplendeva dorato sotto i raggi del sole che usciva dalla cappella dell’uomo.Una cappella decisamente grande e attaccata ad un cilindro di carne lungo e largo.
L’uomo doveva essere ben conscio delle generose dimensioni della sua dotazione e non si vergognava ad esibirla mentre svuotava la vescica.
Finito quello che doveva fare sgrullo energicamente il suo attrezzo per liberarsi delle ultime gocce ma, diversamente da quanto mi aspettavo, non rimise il cazzo nei pantaloni.
“Ragazzo” disse ad alta voce con un accento che non conoscevo, “mi sai dire che ore sono?”
Mi si gelò il sangue. La sua voce richiamò la mia attenzione sul suo viso e sul resto del suo corpo.
Una faccia tonda con due baffoni folti e la barba incolta. il petto irsuto che si intravedeva sotto la camicia aperta quasi fino all’ombelico, che lasciava fuoriuscire ciuffi di pelo.
“Ohi, dico a te. Sai che ore sono” ripetè. E nel ripeterlo si avvicinò verso la recinzione.
La barriera che mi faceva sentire al sicuro di botto non mi sembrava più così solida, mentre la sua stazza si avvicinava a me.
Notai subito che aveva lasciato tutta l’attrezzatura di fuori. Oscillava come un pendolo sballottolato tra le sue gambe mentre avanzava.
“No. Non lo so di preciso” dissi timidamente e frettolosamente.
“Sai almeno dove siamo di preciso?” Ormai era arrivato alla rete alla quale si era appoggiato con una mano. Con l’altra si trastullava il pisello scappellandolo appena. Il suo cazzo mi sembrava sempre più lungo e grande, ma forse era solo più vicino, pensai.
“Si, siamo a metà tra i due caselli di…”
Mi guardava spavaldo con il suo sorriso incorniciato dalla baffi.
“Eee...senti, mi sembravi interessato poco fa”
Mi sentii avvampare. La salivazione azzerata. “Co...co...cosa” risposi facendo finta di nulla.
“Quello che c’è quì sotto” ribattè subito lui con sicurezza, “questo qui” aggiunse subito dopo infilando il suo cazzo, che si stava irrigidendo, tra le maglie della recinzione.
Come me ne accorsi non potei più smettere di fissarlo continuando a balbettare.
“N...no… è solo che non mi era mai capitato. Non volevo disturbarla. È la prima volta che mi capita una cosa del genere. Sa, passavo di qui per caso. Non avevo mai visto un uomo nudo, ero solo curioso...” dicevo cose a caso cercando di uscire dall’imbarazzo.
“Ah, capisco. Va bene, non è un problema. Se sei curioso puoi anche toglierti la curiosità. Sono un uomo, sono mezzo nudo. Il mio cazzo è lì, dalla tua parte della rete. Fa quello che vuoi. Guardalo. Anche meglio o da più vicino se vuoi”
Le sue parole non servivano. Avevo già gli occhi fissi su quella cappella scura che continuava a crescere e puntava sempre di più verso di me.
Tutto il suo apparato era così più grande del mio. In lunghezza, il larghezza, come quantità di peli. Il camionista porco, per facilitarmi l’esplorazione tirò fuori dall’elastico dei pantaloni della tuta anche le palle. Due coglioni pelosi e sodi, ben raccolti sotto la mazza, e iniziò a massaggiarseli per stimolarsi l’erezione.
“Allora, ti sembra abbastanza interessante? È come te lo aspettavi?”
Annuii con la testa, incapace di proferire parola per l’emozione. Un cazzo e per di pìù enorme, lì davanti a me che vibrava nell’aria.
“E non ti piacerebbe toccarlo un po’? Per sentire com’è?”
Guardai il camionista negli occhi incerto su cosa fare.
“Dai, non preoccuparti, non succede niente. Togliti tutti i dubbi. Non vuoi sentire com’è al tatto? Dai, sono a tua disposizione” continuò facendomi l’occhiolino.
Incerto mossi la mano lentamente verso il suo membro.
Prima strusciai il dorso sul frenulo, scorrendo in basso per tutta l’asta. Poi mi feci coraggio e afferrai nel mio palmo tutta la cappella.
Era calda, bollente. Mi accorsi subito che era umida, forse un po’ di piscio e un po’ di denso liquido prespermatico, ma continuai a tenerla serrata. La sentivo pulsare nel mio pugno stretto mentre il suo padrone cercava di oscillare leggermente con il bacino. Capii subito cosa voleva ed iniziai ad afferrarlo sull’asta, iniziando una lenta sega.
Scoprii che la consistenza del cazzo, di un cazzo altrui, era meravigliosa. Era caldo, rigido ma morbido, inerte ma dotato di vita. Era fantastico.
Lui sembrava apprezzare e si schiacciò contro la rete per darmi più cazzo possibile da potergli masturbare. Iniziai a massaggiargli i coglioni con l’altra mano e il suo sorriso si fece sempre più largo mentre con una mano si scoprì il petto per strizzarsi un capezzolo. Erano a punta e rossi. Sporgevano sui suoi pettorali facendosi spazio tra i peli neri.
“Sei grande. Seghi proprio bene. Se continui così arriviamo al gran finale. Io sono in viaggio da giorni e sono decisamente carico”
Ero troppo imbarazzato per rispondergli, ma non smettevo di smanettarlo. Vederlo provare piacere per il mio lavoro di mano mi appagava. Il suo precum lasciava filamenti ogni volta che passavo la mano sulla pelle vellutata della sua cappella.
“Senti, ma non vorresti provare qualcos’altro?” mi chiese ad un tratto.
“Scusi? Cosa?” ero ancora troppo educato per dare del tu ad un adulto sconosciuto, anche se gli stringevo il cazzo.
“Dai, si vede che ti piace. Non vorresti provare qualcosa di più. Prova a baciarlo”
Rimasi di sasso. “Ma... non so. Non l’ho mai fatto.”
“Beh, mi sembra che anche il resto non lo avevi mai fatto, ma ti sta venendo molto bene. E poi mi sembra ti stia anche piacendo.”
“E poi è sporco” ribattei.
“No, non è sporco. Non hai visto come mi sono sgrullato bene. Al massimo è più saporito. Ma con due leccate di lingua resta solo il sapore del cazzo.
Dai, prova. Se non ti piace smetti. Senti come è caldo? Immagina in bocca che effetto può fare. Avvicinati un po’ di più e poi decidi”
Poco convinto mi chinai verso quella verga bollente.
Il cazzo, dritto e duro, visto da vicino era ancora più invitante. Il buco dell’uretra sembrava un occhio che mi fissava e mi ipnotizzava.
Aveva un odore forte, è vero, ma anche avvolgente ed invitante. Mi eccitava e faceva ribollire gli ormoni nel mio sangue.
Decisi di provare. Aprii la bocca e tirai fuori la lingua appoggiandoci sopra il glande.
Un sapore sconosciuto pervase le mie papille gustative. Era salato e aspro, ma il contatto con quella pelle calda e morbida mi invitava ad assaggiarne di più.
Iniziai a leccarlo piano, prima come se dovessi ricoprire quella cappella rossa di saliva, poi presi ad avvolgerla con tutta la lingua, come se volessi succhiarla via.
“Oh! Si! Si che sei bravo, cazzo!” iniziò a gemere il camionista aggrappandosi alla rete.
Effettivamente leccare il cazzo non era affatto male. Il sapore acre pian piano svanì, risucchiato nella mia gola, lasciando il dolce sapore del suo succo. Il calore sprigionato contro il mio palato mi invitava ad ingoiarne sempre di più ed iniziai presto un andirivieni con la testa per riceverne il più possibile.
Era buono, succoso e caldo. Lo leccavo per tutta la lunghezza e poi lo rinfilavo in bocca. Mi sorpresi di come il mio primo pompino mi stesse venendo così naturale, istintivo.
Presi a leccargli anche le palle. Il pelo crespo mi solleticava il viso, mentre con la bocca accoglievo i suoi testicoli da succhiare. L’odore del suo pube, che mi riempiva le narici mi faceva girare la testa e mi spingeva ad impegnarmi ancora di più nel mio lavoro.
Ora anche io ero aggrappato alla recinzione, seppure più in basso, speravo che tirandola a me potessi riuscire a possedere quello scettro della lussuria ancora di più.
“Si piccolo, dai. Sei veramente bravo. hai un istinto naturale per fare i pompini. Diventerai un maestro.”
Il camionista porco mi incitava mentre anche lui spingeva contro la rete cercando di infilare ancora più a fondo il suo cazzo nella mia gola.
“Guarda, abbiamo anche un pubblico. La tua bravura ha colto l’attenzione”
Mi bloccai terrorizzato guardandomi attorno. Nonostante la copertura offertaci dal tir, qualcuno aveva fermato la sua auto poco oltre, all’interno dello spiazzo, e ci osserva interessato. Mi rassicurai del fatto che si tratti sempre di qualcuno dall’altra parte della mia barriera di protezione e ripresi il mio lavoro. Anzi, sapere che qualcuno mi stava osservando mentre svolgevo il mio lavoro mi eccitava ancora di più. Eta come soddisfare due uomini insieme ed essere apprezzato per il mio impegno.
“Forza succhiacazzi, lecca, ingoialo di più. Mi fai impazzire. Ti riempirò di sborra!”
Il camionista ormai sfregava la pancia ed il pelo contro il ferro della recinzione.
Era riuscito a far passare alcune dita dall’altra parte e mi accarezzava il viso per incitarmi a succhiare di più.
Io alternavo pompate a leccate e mi sbattevo quella enorme asta sul viso per sentirne la consistenza ed il tepore.
“Dai, ingoialo tutto che ti faccio assaggiare la mia sborra calda.”
Avevo saliva che mi bagnava tutto il mento e sentivo che il gusto del suo precum stava cambiando sapore.
Ad un certo punto, non so come, sento una mano che mi afferra la testa e mi spinge verso il cazzo del camionista.
Apro gli occhi e vedo che il mio rude amante aveva trovato una maglia più grande nella rete ed era riuscito ad infilarci la mano fino al polso.
Ora mi teneva la testa bloccata contro la recinzione mentre lui come una furia agitava il bacino scopandomi la bocca.
Era selvaggio, rude e irruento. Mi sentivo un oggetto nelle sue mani, usato per il suo puro piacere.
“Si, puttanella. Ora ti sborro in bocca! Si, godo!! Godo!!!!! Ingoia tutto puttana, ingoia tutto!!!!”
Il suo cazzo mi sfondava la gola senza pietà. Lo sentivo pulsare e irrigidirsi ancora di più.
Poi una esplosione mi riempì la bocca. Il suo seme caldo mi inondava e non riuscivo a contenerlo. Fui costretto ad ingoiarlo mentre schizzo dopo schizzo si riversava sulla mia lingua.
Era qualcosa di nuovo, mai provato. Viscido e caldo, un po’ acido e salato. Il suo odore mi risaliva nel naso mentre lo deglutivo. Mi sentivo usato, sfruttato. Ma tutto questo al contempo mi inebriava, mi arrapava, mi mandava in estasi ed esaltava la mia eccitazione.
Cercai di staccarmi ma la sua presa era forte e finchè non ebbe terminato il suo godimento non smise di agitarsi nella mia bocca.
Poi finalmente mi lasciò e cadi all’indietro. Lessi l’appagamento nel suo sguardo mentre gli ultimi filamenti di sborra gli fuoriuscivano dal cazzo.
Si girò verso il nostro osservatore, fiero del suo cazzo e del suo orgasmo. Si afferrò l’uccello ancora duro per far uscire le ultime gocce e per rendere partecipe l’uomo nell’auto del lavoro svolto dalla mia bocca.
Poi tornò a guardarmi e mi disse “prima di tornare a casa datti una sistemata, sei tutto sporco di sborra. Se dai un bacio a tua madre lo capisce subito che sei stato a fare la troia.”
Mi tocco la bocca e sentii sulle labbra il suo seme. Istintivamente, senza volere, lo raccolsi con la lingua e lo ingoiai.
Il camionista rise sguaiatamente, “si, diventerai un grande succhiacazzi, ragazzino”
“Spero di averti tolto tutte le curiosità che avevi. Ahahah.
Ora devo andare, chissà che un giorno non ci rincontriamo. Ciao”
Rimise la sua attrezzatura nei pantaloni mentre gli davo un ultimo sguardo e si voltò verso il camion.
Io mi rialzai e recuperai la bicicletta. Nel lungo tragitto verso casa mi dovetti fermare per farmi una sega assaporando i sapori che ancora mi riempivano i sensi e quel giorno capii che la passione della mia vita sarebbe stato il cazzo
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