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Gay & Bisex

Un palo in riva al mare 3


di Megaciccio
19.07.2015    |    10.424    |    2 8.6
"Così dicendo arrivammo alla macchina, sistemammo le nostre cose e ripartimmo..."
Continuava a segarsi il cazzo sotto il mio naso, riempiendo le mie narici dell’odore del suo sperma, schiaffeggiandomi a tratti con il suo manganello di carne che, poco a poco, perdeva vigore.
Davide mi strattonò destandomi dal mio stato di alienazione
“dai, muoviti, ti sei divertito abbastanza”.
Mi voltai verso di lui, dovevo avere un aspetto degno della peggior puntata, con le mandibole indolenzite e pieno di sperma.
Qualcuno si era fermato a guardarmi dare sfoggio delle mie capacità orali e un tizio si stava anche sfacciatamente masturbando.
Solo allora mi resi conto di quanto avevo fatto, con il mio bel sconosciuto che mi faceva i complimenti per quanto l’avevo fatto godere.
Mi voltai senza neanche salutarlo, un po’ per la vergogna e un po’ per togliermi dal centro dell’attenzione, mi sciacquai la faccia con l’acqua del mare, ripresi le mie cose e andai via a passo svelto.
“Sei uno stronzo” mi apostrofava Davide “ti rendi conto di quello che hai fatto?”
“Sì, scusa, hai ragione, non so cosa mi sia preso” cercavo balbettando di scusarmi
“Lo so io cosa ti è preso, sei una putanella!!! Metterti a succhiare cazzi così, e lasciarmi lì a guardare per giunta “.
“Beh, se volevi potevi unirti…” dissi con fare ingenuo mentre cercavo di allontanarmi dal luogo del misfatto.
“Ma che dici!!!! E poi qualcuno doveva controllare che non si avvicinasse qualcun altro per abusare di te”.
“Hai ragione, scusa, ma non ho capito più nulla. Quando ho visto quella fava enorme ho desiderato solo di succhiarla. Era troppo bella, così larga e venosa!!!! A te non è venuta l’acquolina in bocca”
“No, veramente a me fremeva il culo e mi sarei fatto inculare volentieri, ma so tenere a bada i miei basi istinti, io”
“Certo!! E poi la puttanella sarei io!!!! Dai, mi farò perdonare, lo giuro “.
Così dicendo arrivammo alla macchina, sistemammo le nostre cose e ripartimmo.
Durante il viaggio di ritorno lo stuzzicavo toccandogli il pacco. Gli dissi di togliersi il costume e lui lo fece quasi subito, e la mia mano iniziò ad alternarsi tra la leva del cambio e la sua leva del piacere. Quando decisi che era arrivato alla consistenza giusta accostai e gli dissi “ è ora di farmi perdonare“.
Mi avventai sul suo cazzo duro ed inizia a pomparlo.
Davide aveva un bellissimo uccello, della grandezza giusta per essere lavorato nella mia gola profonda.
Riuscivo ad ingoiarlo fino alla base e lo tenevo dentro stimolandolo con movimenti corti, fino a che non dovevo riprendere fiato. Mi diceva sempre che sentiva il mio esofago stringergli la cappella, come fosse un ano che si schiudeva, e la cosa lo faceva impazzire.
Complice la mia saliva, iniziai a stimolargli anche il culo, prima da fuori con movimenti delicati, poi con più decisione, penetrandolo con uno e due dita.
Il mio Davide stava godendo. Adoravo sentire i suoi gemiti di piacere, mentre con una mano guidava i movimenti della mia testa e con l’altra cercava il mio uccello per segarmi un po’.
Raggiunse l’orgasmo mentre era piantato profondamente nella mia bocca, bloccandomi la testa con entrambe le mani e scopando forsennatamente la mia gola. Schizzo tutto direttamente nel mio esofago, negandomi, se non per poche gocce, del piacere del sapore del suo sperma che sapeva adoravo. La sua piccola vendetta per quanto sopportato poco prima.
Rimasi attaccato alla sua fava per godere delle ultime gocce, poi mi rialzi assaporando il suo seme.
“Sei proprio un gran pompinaro” mi canzonò.
“Non è per questo che ti piaccio?” risposi io beffardo.
Ci ricomponemmo e ripartimmo, verso la fine di quella giornata così fuori dall’ordinario.


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