Lui & Lei
“Ultima sigaretta?"
di Arturo72
08.02.2023 |
232 |
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"E me l’hai rinfacciato a lungo, dopo..."
Ti trovo come sapevo ti avrei trovata: una benda sugli occhi, un tubino nero, un paio di bei tacchi. Un iphone che suona una playlist di Spotify.Sei bella, mammamia. Sei di una bellezza sconfinata.
Seduta su quella poltroncina con la schiena drittissima e le gambe elegantemente accavallate. Una ballerina classica, avrei detto, se non avessi saputo che non sei mai stata una bambina sulle punte.
La benda non sta su, dobbiamo risolvere. “Ho una pashmina in auto", dico. "Esco, la prendo e sono di nuovo qui in 15 secondi”.
Il posto di fronte alla porta di ingresso l’hai preso tu, col tuo Suvvone da bimbaricca. E hai pure tirato giù il tendone. Che poi, a pensarci, tuo marito lo sa che sei con me, stasera. Mah.
“Non è mio marito, è il mio compagno”, puntualizzi ancora una volta. Ok, cambia poco.
Dopo mesi abbiamo trovato il tempo di ricordare quel tempo. Io in ginocchio davanti a te, seduta su quella sedia, e davanti alle tue cosce aperte. Aperte, si, ma non ancora abbastanza.
Io che ti chiedo di accompagnarmi in bagno, perché una doccia me la faccio - anche se vorrei subito entrarti dentro-. Tu che ti lasci prendere per la mano e mi segui attenta ad ogni movimento. Ti siedi sulla tazza, e pensi, e parli, e sorridi da dietro quella pashmina che ti copre gli occhi. E io da sotto lo scroscio d’acqua calda penso a quanto sei bella, e quanto sei bionda, e quanto sei uragano.
Dopo mesi, sottovoce, mi ricordi il modo con cui ti toccai il culo la prima volta. Io no, non lo ricordo “il modo”, perché è il mio modo. Ma ricordo perfettamente quel culo da campionato del mondo, quel culo liscio, tondo, bello, duro. E ricordo perfettamente il momento in cui, divaricate le chiappe, scelsi di metterti la lingua sul buco del culo ancor prima che non sulla fica.
Il patto era chiaro, e lo ricordo bene. Il patto era qualcosa tipo “Voglio che tu mi faccia implorare di esser scopata. Fammi di tutto, prima, ma non scoparmi. Voglio del tempo”.
Il patto era chiaro, si, ma io non sapevo cosa mi sarebbe successo quella sera. Non sapevo niente di quella sera. E me l’hai rinfacciato a lungo, dopo. E me l’hai rinfacciato anche subito, sdraiati su quel letto.
“Massiccio”, mi dicesti con quel tuo tono a mezzo tra il sorridente e il perentorio.
“Così non vale. Il patto era chiaro e tu l’hai disatteso”.
Siamo rimasti per dei giorni, dei mesi li sdraiati su quel letto a chiacchierare. E scoparci. E poi siamo rimasti ancora qualche anno a scambiarci confidenze, carezze, baci, sapori e dita intrecciate.
Siamo rimasti li, su quel letto, o seduti in auto, la tua, quel Suvvone da bimbaricca.
Siamo rimasti sul bordo del fiume o in mezzo alla gente di una città sconosciuta.
Siamo rimasti seduti al tavolo di un ristorante, a non sapere se eravamo amici, amanti, fratelli.
Siamo rimasti per quanto era possibile rimanere.
Poi d’improvviso ti sei alzata.
T’ho vista infilarti un paio di jeans e delle sneakers, mettendo in un borsone il tubino ed i tacchi. E ti ho osservata, forse non visto, durante quel rito. E mentre ti guardavo sentivo tra le mani quei tuoi seni perfetti. E pensavo a quelle labbra morbide e a quegli occhi bellissimi che avrei visto solo - e forse - dopo del tempo. E ricercavo tra le mie labbra il sapore di quella tua fica perfetta, disegnata da un artista.
“Ultima sigaretta?”, hai chiesto.
“Facciamo ultime cento stecche”, avrei voluto rispondere.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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