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Il Tuttopelle. (quando A69 sa regalare l'inaspettato)


di Membro VIP di Annunci69.it Arturo72
29.01.2019    |    7.669    |    2 8.6
"Il marito, pur rimanendo al suo posto, si eclissa..."
Tutto è partito da A69. Saranno passati circa 10 anni, forse 15.

Altra vita, altro nick, altro tutto.

Quel giorno mi ero trattenuto a Padova per la notte, non riuscendo a rientrare a Firenze. Rientro in Hotel dopo una cena tanti piacevole quanto solitaria e - forse complice anche il vino - ma molto probabilmente solo una mia naturale tendenza all’ormonalità, mi ritrovo in camera, sul letto, a cazzo duro.

Apro il laptop e mi dirigo dritto su Youporn, o roba simile, per "agevolare" la voglia. Stranamente non trovo niente di particolarmente intrigante e mi viene in mente di dare un’occhiata ai video di A69. Anche li, nulla di particolare. Apro gli annunci, seleziono il Veneto, e scorro per individuare una quanto mai improbabile e potenziale botta di culo. Un paio di messaggi tra le dieci o dodici singole online, senza ovviamente nessun esito. Provo le coppie ma, come si sa, non sono molte quelle aperte ai singles. Mi salta invece agli occhi una coppia con un last, del quale ricordo a malapena i dettagli: ricordo però che in maniera molto schietta cercavano un single, più o meno le mie caratteristiche, e invitavano a mandare un messaggio indicando una email o il numero di telefono. Laddove interessati, si sarebbero fatti vivi. Mando entrambi, ma comunque piuttosto pronto per proseguire su Youporn. Tempo 3 minuti ricevo una email : è “lui” e mi dice che la sua signora è interessata ma vorrebbe vedere una foto del viso. Se passerò anche quello step mi chiameranno per concordare. (gli esami, nella vita, non finiscono davvero mai)

Carico un paio di foto mie, le spedisco e tempo pochi minuti ricevo la telefonata: il numero è in chiaro. E’ ancora lui che con il classico accento veneto mi dice che la sua Signora è interessata all’incontro. Sento che lei è accanto, qualche mormorio, qualche suggerimento tradisce la sua presenza, rincuorandomi. Il tizio mi porge poche domande: esperienze con coppie, idee, disponibilità ad aspettare fin verso le una. Erano circa le 23, e dunque non avevo problemi ad aspettare un paio d’ore. Mi indica il posto in cui avrei dovuto raggiungerli, dove fermarmi esattamente. “Quando sei li, in quel parcheggio”, mi dice il tizio, “noi ti vediamo dalla finestra e ti diciamo come raggiungerci”. Ok, per me si fa.

Lascio trascorrere un’oretta, tempo per una doccia, ed esco in netto anticipo. Loro sono a circa 20 km da Padova e, dopo aver perso un po’ di tempo a prendermi un paio di caffè, il navigatore mi porta esattamente nel posto indicato. Aspetto le una, poco prima, e li chiamo. Cerco di osservare attentamente all’esterno ma non ho idea da dove mi stiano osservando di preciso. Mi sento un po’ sotto il mirino del cecchino. Comunque, mi dice come raggiungerli. Metto in moto e parcheggio dove mi ha indicato. Il posto, senza entrare in dettagli, è un locale pubblico, diciamo così. Entro, ad attendermi alla porta c’è lui, un tipo assolutamente anonimo, poco piacente, poco in forma. Un 45 enne come ce ne sono fin troppi. Senza mancare di rispetto a nessuno, e a nessun ruolo, ma era uno di quei cuckold che riconosci a chilometri di distanza.

Ci accomodiamo seduti ad uno dei tavoli: lui che faceva lo smaliziato ma con scarso successo era in realtà molto, fin troppo nervoso. Aveva gli occhi lucidi e le pupille ballerine, e non mi piaceva l’idea di aver a che fare con uno che con molta probabilità si era appena pippato un paio di strisce.. Non che ne temessi le reazioni fisiche, affatto: ho sempre saputo come usare le parole o, se necessario, le mani. Non ero però a mio agio: la Lei non c’era al momento, nonostante lui mi avesse detto che era al piano di sopra per cambiarsi. Gli occhi ballerini non mi piacevano e per di più mi aveva offerto un prosecco attingendo da una bottiglia avanzata dalla serata. Parlavamo del più e del meno, mi raccontava delle loro esperienze, mi parlava della bellissima moglie, gran femmina, insaziabile, ecc..
Si rende conto pure lui che è passata mezz’ora e noi siamo sempre li a cazzeggiare con il prosecco svanito. Si alza, sale una rampa di scale li accanto e ne ridiscende dopo un attimo. Mi strizza l’occhio, con una complicità forse fin troppo eccessiva. Sapeva, il porco, l’effetto che mi avrebbe fatto la sua Signora: eccola, che scende le scale. Sento i tacchi.

A distanza di anni la ricordo perfettamente: un abito elegantissimo, al ginocchio, color rosso. Mora, bellissima, giovanissima. Sono strabiliato, giuro. Una di quelle coppie di cui non riesci a mettere a fuoco il motivo del loro essere insieme. Mi rendo conto di essere giudicante, troppo, e del tutto fuori luogo coi miei mille pensieri. Mi alzo, le vado incontro, e lei fa altrettanto, avvicinandosi a me con un bellissimo sorriso stampato sulle labbra. Rossetto rosso. Ci salutiamo, una stretta di mano, un bacio. La invito a sedersi al tavolo e le verso da bere. Non beve, mi dice, e mi fa cenno con la mano di non versarle il vino.

Le chiedo qualcosa, parliamo del più e del meno. Mi racconta di lei, abbiamo alcune cose in comune. In un attimo si crea quella sintonia che raramente si crea. Il marito, pur rimanendo al suo posto, si eclissa. Giuro che quella è stata una delle rare volte in cui io, ospite di una coppia, avrei voluto veramente rimanere da solo con la lei. Feeling a mille reciproco con lei, e feeling zero con lui, forse reciproco anche in questo caso. Ad un certo momento mi rendo conto che di li a poco avrebbe prevalso la gelosia di lui, estromesso dalla conversazione, dal gioco, dal tutto. Avrebbe prevalso nel senso che di li a poco mi aspettavo che lui mi avrebbe chiesto, e forse pure carinamente, di levarmi dal cazzo. Ero ingombrante, mi rendo conto col senno di poi. Non facevo volutamente niente che potesse includerlo nella chiacchiera. E lei, per giunta, anche meno di me. Stavamo ballando, io e lei, e lui era a bordo pista a guardarci.

Lei mi guarda, ad un certo punto, mi sorride, mi prende la mano e mi ammicca con gli occhi di seguirla, indicando la solita rampa di scale. In una frazione di secondo guardo lui, prima di alzarmi, cercando la sua approvazione. Non fa una piega, lui, a dire il vero: si alza. Mi alzo anch’io, e così pure fa lei. Si alza, si avvicina a me, avvicina la sua bocca alla mia e mi sussurra davvero impercettibilmente qualcosa come “So che mi farai godere come una vera femmina merita di godere”.

La camera è piccola, angusta, illuminata malissimo. Lui ci segue e, appena entrato in camera, si spoglia. E’ uno di quei tipi che ripiegano camicia e pantaloni. Mette le scarpe perfettamente allineate ai piedi dell’armadio. Lo guardo, gli guardo il cazzo. Esistono cazzi di varia forma e natura. Lui ne ha uno di quelli “tutta pelle”. E’ già duro. Io e Lei stiamo ancora ballando, pur senza muoverci. Abbiamo il solito modo di baciare, e mi piace. Sa farlo, e lo fa con la passione che spero contraddistingua anche tutto il resto. Si stacca, mi chiede di rimanere li e va verso il marito, già sul letto, arrapato e nervoso. La vedo spogliarsi, da sola, un offesa alla sua bellezza. Ad un corpo del genere non dovrebbe mai esser permesso di spogliarsi senza aiuto. La vedo nuda, per la prima volta. Un seno perfetto e naturale, pieno, alto. Capezzoli scuri, grandi e turgidi. Ha perso la luce degli occhi, però. Lo vedo, è evidente. Tiene addosso solo le scarpe e delle autoreggenti rosse, a rete larga. Si inginocchia sul letto e comincia a succhiare il “tuttapelle”. E’ rivolta col culo verso di me. Uno dei culi più belli mai visti, da non credere. Un culo piuttosto piccolo, ma comunque perfettamente disegnato. Uno di quei culi in cui le chiappe sono naturalmente già divaricate, a scoprire fica e buco del culo. Il pompino dura un attimo, forse più scena che sostanza. Lui si divincola, d’improvviso, e lei lascia uscire dalle labbra il tuttapelle. Con fare sorprendentemente molto autoritario la mette di forza sdraiata sulla schiena e comincia a scoparla alla missionaria, con veemenza, come se non ci fosse un domani. Colpi ritmati e forti, senza fantasia. Io li in piedi, li guardo piuttosto sorpreso. Soprattutto guardo lui, e la sua totale mancanza di eleganza. E il cazzo mi si smoscia. E poi guardo lei, che a sua volta mi guarda come a dire “e vabbè, lascia fare, che dopo ci divertiamo come sappiamo divertirci noi”. E lo dice con quella complicità come se ci conoscessimo da anni.
La mette a pecora, in un attimo. E’ un copione, secondo me. Le sputa sul culo, si sputa sulla mano, si bagna il tuttopelle e la incula. Forte. Senza senso, mi viene da pensare. La incula a farle male. Lei ha un sussulto di dolore, infatti, ed io, che ancora sono li in piedi dall’altra parte del letto, per istinto quasi protettivo mi avvicino a lui che, incredibilmente, mi fa cenno di starmene li in piedi. Sembra incattivito. Rispetto la richiesta, e mi fermo. Continua a scoparle il culo in quel modo che, sul momento, ritengo davvero spregevole. La sola voglia di aprirla, nessuna passione. Mi avvicino a lei, aspettando un cenno di approvazione. Ho voglia di sentire le sue labbra che si stringono intorno al mio cazzo. Ho voglia di sentire il mio cazzo saponoso della sua saliva tra le sue labbra e le sua mani. E in effetti le aspettative sono confermate. Me lo godo li, in ginocchio sul letto, quel pompino. C’è solo un particolare che rovina il tutto: il pompino è scandito dai colpi di lui. Mi sta sulle palle il tizio. E mi ci sta sempre di più. E non azzarda a mollare. E dura, dura quel tuttopelle, dura per delle decine di minuti. Io me lo immaginavo che a quella velocità e che con quella foga il tutto sarebbe durato 5 nanosecondi, e invece mi ritrovo li non so per quanto tempo a guardare la scenetta patetica. Nemmeno riesco a godermi quanto voglio la grazie di lei, quella sua naturale predisposizione al sesso.

Ho voglia di schizzare e togliermi dalle palle. E’ una situazione Kafkiana. Schizzare, togliermi dalle palle e aspettare una telefonata da lei, prima o poi.

Una telefonata in cui mi avrebbe detto sorridendo, le seguenti testuali parole “Tu, caro Arturo, quella sera non c’hai capito una sega, vero? Click”.

Oppure, come è avvenuto dopo un paio di giorni, una telefonata in cui mi ha detto, dopo un preambolo di poche chiacchiere di circostanza, le seguenti testuali parole “Vorrei rivederti, Arturo, e vorrei rivederti da sola. Io sono libera tutte le mattine dalle nove a mezzogiorno. Ce la fai?”.

Ecco, quelle mattine, più o meno scadenzate nell’ordine di tre o quattro al mese, si sono susseguite per poco meno di due anni. Finché un bel giorno, uscendo dalla doccia di quell’ Hotel a Padova est, la bella ragazza mi ha detto che quella sarebbe stata l’ultima volta perché da li a poco se ne sarebbe andata via dal paesello a 20 Km da Padova.
E così davvero è stato. Mai più vista, mai più sentita.

A.

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