Lui & Lei
Perdersi senza ritrovarsi più
di Alchimista980
11.06.2024 |
3.390 |
9
"È proprio in questo preciso istante che ho pensato a quanto la desiderassi..."
Non mi aspettavo che lei si staccasse dalla presa delle mie mani sui suoi fianchi e che, dandomi un colpetto sul pube con il sedere, mi facesse uscire da dentro di lei.La sto facendo mia in piedi, da dietro, mentre lei è piegata con il busto sul mio tavolo riunioni, il seno e l’addome che sentono il freddo di quel cristallo così fragile.
Rimango per un attimo perplesso col cazzo gocciolante dei suoi umori, mentre lei si gira e, con un gesto delicato delle mani, mi spinge fino a farmi sprofondare sul divano alle mie spalle.
Mi sorride con la bocca e con gli occhi. Ah, quante cose dicono i suoi occhi!
Intuisco le sue intenzioni e attendo: si avvicina lentamente, alza prima la gamba sinistra e, poi, quella destra e si siede sopra di me, piegando le ginocchia sul divano. I nostri visi sono vicinissimi, percepisco il suo alito sul viso, le bocche si uniscono.
Con una mano riaccoglie il mio cazzo dentro di sé. Come una spada rientra nel fodero. Facendosi forza con i muscoli delle gambe, e tenendosi con le mani sulle mie spalle, inizia una cavalcata leggera: le mie dita le stringono i glutei e assecondano il ritmo, la mia bocca assaggia alternativamente i suoi capezzoli. Lei ansima, le sue mani mi scompigliano i capelli.
Avvicino la mia bocca al suo orecchio destro: “Ti ho desiderata dal primo momento che ti ho vista poco fa. Quando venivi verso di me sul marciapiede!”, sussurro.
Per un attimo la cavalcata sembra interrompersi ma, invece, riprende con maggior ritmo.
“Dimmelo ancora, ti prego!”, mi sussurra di rimando, implorante. Non mi aspettavo di ascoltare queste sue parole, pregne di stupore ma anche di gioia e di godimento.
“Ti ho desiderata dal primo momento che ti ho vista!”, ripeto, dolcemente, mentre lei aumenta la velocità della cavalcata e le mie unghie affondano nella pelle dei suoi glutei.
Lo giuro: quel pensiero mi è passato veramente nel cervello circa un’ora prima, mentre la attendevo sul marciapiede davanti al bar dove le avevo dato appuntamento.
Era a circa 30 metri da me quando l’ho notata. Da quella distanza i suoi occhi azzurri emanavano una luce particolare che, insieme al suo passo sciolto e agile, mi infondevano allegria e spensieratezza. Era il simbolo della normalità. Ma di normale non aveva nulla. Svolazzava leggera sui sandali e nei suoi pantaloni neri a palazzo, mentre il suo piccolo seno era contenuto in un top bianco. Feci in tempo ad accorgermi che non indossava il reggiseno. È proprio in questo preciso istante che ho pensato a quanto la desiderassi.
Ho alzato un braccio per salutarla e lei mi ha sorriso.
I primi appuntamenti sono sempre un’incognita: è vero, le fotografie possono dare un’impressione ma, solo dal vivo, l’uno davanti all’altra, si possono cogliere i dettagli, le espressioni, i profumi. E in lei c’era tutto ciò che volevo.
Qualche secondo dopo eravamo seduti ad un tavolino appartato, in una sala deserta al piano inferiore del bar. Solo noi due, a parlare come se ci conoscessimo da sempre, a scrutarci negli occhi, a leggere reciprocamente le rispettive anime.
“Lo sai che sei bello?!”, ha esclamato mentre tornavo al tavolo dopo essere andato alla ricerca del cameriere. Non mi aspettavo questo complimento. Ma non ero imbarazzato perché, prima di dirlo con la voce, l’aveva già detto con i suoi occhi, quegli splendidi occhi azzurri così profondi come l’oceano, ma così nitidi da poter scorgere il fondale.
Non avevo mai provato questa sensazione, riuscivo a leggere dentro di lei: i suoi occhi erano davvero lo specchio della sua anima. Un’anima bella, gentile, sincera, birichina, ma anche sofferente, con una punta di tristezza che riuscivo a cogliere.
“Anche tu sei bella!”, risposi di rimando, sorridendo.
Abbiamo continuato a parlare nella nostra bolla. Tutto ciò che ci circondava, persone, oggetti, suoni non esistevano.
La sua mano ha toccato la mia, leggera.
La volevo, cazzo quanto la volevo.
“Mi accompagni in studio? Così finalmente mi posso fumare una sigaretta, visto che sono uscito senza accendino!”, le chiedo appena noto che i nostri spritz ormai si stanno annacquando. Ovviamente non me ne importava nulla di fumare. La volevo.
I suoi occhi rispondono ancor prima della sua voce.
Ci alziamo e, prima di prendere le scale per tornare al piano superiore, la bacio, stringendola a me. Assaporo la sua bocca, antipasto di ciò che sarebbe accaduto da lì a breve. La sua lingua mi accoglie gentile e generosa. Mi stacco e sorridiamo, un po’ imbarazzati.
Nei pochi metri che ci separano dal mio studio camminiamo affiancati, senza far trasparire la voglia che ci sta assalendo.
Ora siamo nella mia sala riunioni. È un tardo pomeriggio di inizio giugno e dalle tapparelle filtra poca luce, ma sufficiente per poter guardarci.
Ci ritroviamo avvinghiati, le mie braccia la cingono a me, i nostri corpi sono aderenti.
La spingo per farla sedere sul divano: è ora di scoprirla, di esplorare ogni centimetro del suo corpo. Mi inginocchio e, alzandole le gambe, le sfilo facilmente i pantaloni. Indossa un perizoma di un colore che non riesco a individuare nella penombra della stanza. Ma al diavolo il colore del perizoma! Anzi, al diavolo anche il perizoma! Con un gesto rapido e forte sfilo via anche quello. Le stringo le mani sulle caviglie e le allargo le gambe. Ora la sua fica è al mio cospetto. Per un secondo l’annuso, poi con la lingua inizio a percorrerne l’esterno con movimenti secchi e decisi. Il suo addome inizia a vibrare. Affondo la lingua dentro di lei, mentre le mie mani le piegano ancora di più le gambe. Ha un sapore meraviglioso, un sapore di femmina. La mia barba sfrega sulla sua pelle delicata e liscia. La assaggio ancora per un po’, poi mi alzo e mi sbottono i pantaloni. Lei richiude le gambe, si siede comoda e subito accoglie il mio cazzo, già eretto, nella sua bocca. Sento la sua lingua calda che percorre lentamente il perimetro del glande, per poi scendere lungo l’asta. Cerco il suo sguardo e i nostri occhi si ritrovano, mentre lei continua a leccare. Ora ci vedo solo voglia.
Non posso aspettare oltre, la voglio.
Le sfilo il cazzo dalla bocca e la faccio alzare: lei asseconda tutti i miei movimenti. La giro di spalle e con una mano la costringo a piegarsi col busto sul tavolo riunioni. Sento che geme, forse non si aspetta il freddo del cristallo sui seni, sull’addome.
Mi inginocchio, le allargo con le mani i glutei e lecco ancora un po’ la fica, concentrandomi sul perineo e sfiorando l’ano. Poi mi alzo, poso le mani sui suoi fianchi e la penetro. Il cazzo entra facilmente, la fica è gonfia, accogliente e pervasa dalla mia saliva e dai suoi umori. Un calore rassicurante avvolge il mio membro.
Dall’alto della mia posizione posso ammirare i suoi vari tatuaggi sulle spalle, sulle braccia e sul coccige. La scopo all’inizio piano, voglio gustarmi ogni singola penetrazione, voglio ascoltare ogni suo singolo gemito di piacere. D’un tratto mi fermo, con la mano sinistra le stringo il collo e la costringo ad arcuare la schiena e ad avvicinare la testa alla mia. La bacio dolcemente sulla bocca, mentre continuo a restare dentro di lei. Poi lei riprende la posizione supina, abbandonandosi completamente sotto i miei colpi che si fanno più veloci mentre continuo a stringerle i fianchi.
E, ora, caro lettore, torniamo all’inizio del nostro racconto, quando lei sale sopra di me e io le sussurro all’orecchio.
Sono dentro di lei, ma stavolta è lei a dirigere. Le mie parole l’hanno infuocata, salta sopra di me, il cazzo entra ed esce ad una velocità assurda, mentre io la stringo sempre più forte con le braccia.
Sento che sta arrivando all’orgasmo, ansima a voce alta, mi tira i capelli. Vorrei trattenermi ma, cosa c’è di più bello e appagante del raggiungere l’orgasmo insieme alla tua donna? E allora mi lascio andare, come mi sono lasciato andare nell’azzurro infinito dei suoi occhi, dove è facile perdersi senza ritrovarsi più.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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