Lui & Lei
Don't touch me!
di Alchimista980
26.09.2024 |
1.464 |
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"I nostri sguardi si incontrarono per lunghi istanti: lei mi scrutava seriosa, mentre io, sempre più incuriosito, attendevo pazientemente le sue mosse..."
Si può provare piacere senza la penetrazione, senza toccare e baciare il corpo della propria partner?! Si è in grado di domare il proprio istinto animalesco, finalizzato al mero accoppiamento e al proprio appagamento personale, asservendolo agli altrui desideri?!Coloro che si reputano “carnali” probabilmente risponderanno negativamente.
Ma chi, come me, è intrigato da tutto ciò che gravita attorno al sesso piuttosto che dal mero atto, vi risponderà in modo positivo.
È vero, il sesso è un’esperienza sensoriale che, se fatto bene e con la persona giusta, coinvolge tutti i sensi.
Tuttavia, la storia che vi sto per narrare è priva di un immancabile e imprescindibile protagonista: il tatto.
Tutto ebbe inizio quando Elisa, dopo aver accettato l’invito nel mio studio, mi espose in modo chiaro e perentorio la regola che avrei dovuto seguire durante l’incontro: non avrei mai, e poi mai, dovuto toccarla.
Ancora oggi, a distanza di molto tempo, ignoro le motivazioni che la indussero a stabilire tale regola. Accettai di buon grado, incuriosito dal voler provare un’esperienza mai vissuta prima.
Erano i primi giorni di agosto, un pomeriggio afoso, e Roma sonnecchiava nella propria solitudine, oppressa da un’aria ferma e silenziosa.
La mia sala riunioni era in penombra: avevo lasciato la finestra aperta nella speranza che potesse entrare qualche refolo, e avevo abbassato le tapparelle alla giusta altezza affinché nella stanza ci fosse una luce sufficiente a garantire una buona visibilità.
Elisa era in piedi, il sedere appoggiato al grande tavolo di vetro, le braccia conserte all’altezza dell’addome.
Io ero seduto sul divano, a circa due metri da lei.
I nostri sguardi si incontrarono per lunghi istanti: lei mi scrutava seriosa, mentre io, sempre più incuriosito, attendevo pazientemente le sue mosse.
Liberò le braccia e, con lentezza, portò le mani dietro la nuca per raccogliere i biondi capelli in una coda improvvisata.
Poi, con altrettanta lentezza, quasi seguendo il ritmo di quel pomeriggio d’agosto, abbassò le bretelle del top bianco trascinandolo verso il basso, fermandolo all’altezza dell’ombelico, e restò col solo reggiseno, anch’esso di colore bianco.
Nella sala riunioni c’era assoluto silenzio, a parte il frinire delle cicale proveniente dall’esterno.
Si girò, dandomi le spalle, si piegò leggermente in avanti e si sfilò, con un colpo secco, sia il top che la gonnellina, mostrandomi il culo impreziosito da un perizoma quasi invisibile.
Sprofondato nel divano mi gustavo i movimenti sinuosi del suo corpo per far scivolare, prima da una gamba e, poi, dall’altra, gli indumenti, i quali caddero sul pavimento ai suoi piedi.
Si voltò nuovamente verso di me e potei ammirarla, finalmente, nella sua seminudità: aveva un fisico asciutto e allenato, il ventre era piatto, le gambe magre e ben tornite.
I nostri occhi si incrociarono di nuovo e colsi nel suo sguardo le prime avvisaglie di eccitazione.
Ripetendo lo stesso gesto di qualche minuto prima, abbassò le bretelle del reggiseno: i capezzoli fecero la propria apparizione e rimasero appollaiati sulla parte superiore delle coppe.
Ero compiaciuto della sua idea di non togliere del tutto il reggiseno. Ammisi dentro di me che era davvero sexy e che sapeva come irretire chi la guardava.
Improvvisamente dalla sua bocca uscì un sospiro, mentre la mano sinistra si avvicinò all’inguine.
Con due dita scansò il perizoma, consentendomi di notare che aveva la vagina depilata, tranne uno sparuto ciuffo biondo sul monte di Venere, e iniziò a toccarsi: con il medio e l’anulare, impreziosito dalla fede nuziale, allargava delicatamente le grandi labbra, mentre con l’indice si carezzava il clitoride, turgido.
Nella penombra potevo vedere che il suo frutto proibito era gonfio, imperlato di sudore e dei primi umori.
A quella vista non potei resistere, avevo il cazzo duro costretto nei boxer e, considerato che le regole prevedevano che non potessi toccare lei, mi sentii libero di usare le mani almeno su di me.
Quel giorno indossavo dei pantaloncini e, con un movimento fulmineo, me li sfilai assieme ai boxer, lanciando il tutto sul pavimento, restando seduto col cazzo eretto.
Lei sorrise, evidentemente compiaciuta dalla mia improvvisa nudità. Percepivo i suoi occhi sul mio membro, mentre con le dita continuava a titillare la fica e a stuzzicare il clitoride con un ritmo sempre più frenetico. Sentivo distintamente il suono paradisiaco proveniente dalla sua fica, provocato dalle dita che entravano e uscivano e amplificato dalla lubrificazione.
Iniziai ad accarezzarmi il cazzo con la mano destra, molto lentamente, mentre percepivo che il mio respiro si faceva più lungo e profondo.
Lei si portò la mano libera verso il volto e infilò due dita in bocca, succhiandole avidamente, mentre con l’altra mano continuava la masturbazione.
Il suo sguardo era sempre fisso sul mio cazzo e sulla mano che aveva iniziato a segarlo con più decisione: lo stringevo forte e con colpi secchi e lenti scoprivo il glande, ormai già imperlato delle prime gocce di eccitazione.
Lei chiuse gli occhi e dalla sua gola uscì un mugolio: chissà, forse immaginava che al posto delle dita ci fosse il mio cazzo!
Questa masturbazione silenziosa e a distanza continuò ancora per qualche minuto.
In cuor mio speravo che lei derogasse alla regola ma, rispettoso del patto, non feci nulla per farle capire il mio desiderio.
Eravamo entrambi sudati e i nostri respiri ormai erano affannati.
Avevo voglia di toccarla, di baciarla, di assaporarla, di scoparla. Ma non erano questi gli accordi.
Tuttavia, presi l’iniziativa e ruppi il silenzio che riempiva la sala: “Me la fai annusare? Giuro che non ti tocco!”, chiesi, a bassa voce, quasi implorante.
Lei fermò le dita, appoggiò le mani al bordo del tavolo e allargò leggermente le gambe: capii che mi stava dando il consenso.
Mi alzai velocemente e mi inginocchiai sotto di lei, portando il viso, e il naso, a non più di 5 centimetri dal suo fiore, aperto e madido. Posizionai le mani dietro la mia schiena, come un condannato a morte, per impedirmi di poterla minimamente toccare.
Le mie narici sentivano l’odore della fica, un odore che mi mandava in estasi: feci qualche profondo respiro per gustarmi quell’afrore.
Avevo la sua fica praticamente sul viso e potevo ammirarla, notando le irregolarità delle grandi labbra, il buchino dilatato, il clitoride turgido e arrossato. Un’opera d’arte.
Mi allontanai, tornando sul divano, perché sentivo che la mia resistenza per non toccarla stava venendo meno.
Riprendemmo, allora, a masturbarci entrambi con grande frenesia.
La mia mano ormai procedeva scollegata dal cervello, mentre lei si martoriava la fica con due dita, infilandole più che poteva.
Ci guardammo nuovamente e, dandoci un silenzioso assenso, cedemmo ai rispettivi piaceri.
Il suo ventre iniziò a vibrare, reclinò la testa all’indietro e lanciò un urlo che squassò il silenzio, mentre un rivolo di umori le colava lungo l’interno coscia.
Contemporaneamente mi portai all’apice del godimento e, senza alcun ritegno e lanciando dei grugniti, esplosi in copiosi e ripetuti fiotti che atterrarono sul pavimento.
Eravamo entrambi stremati e restammo immobili e silenziosi ancora per un po’, guardandoci negli occhi, mentre il frinire delle cicale tornava a riempire la sala.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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