Lui & Lei
Degustazione
di smudanderos
11.02.2022 |
1.666 |
74
"Vogliamo degustare quell’eccitazione che ci ha procurato quella marachella..."
È piacevole alla vista e ha un buonissimo profumo, che è decisamente invitante. Lei ed io apriamo le labbra quasi nello stesso istante, per gustare quell’ottimo sapore. Le nostre lingue, i nostri sensi, apprezzano non poco l’incontro del palato con il primo boccone di quel buon piatto.Il ristorante è quasi pieno, l’atmosfera e gradevole, luci soffuse, colori allegri, non elegantissimo, ma si sta bene. È un tipico ristorante pizzeria, a conduzione familiare. Brave persone venute dal sud, portando con sé la conoscenza culinaria della loro terra. È strano sentirli parlare in veneto con cadenza napoletana, cosa che li rende ancora più simpatici. Un esempio fra tutti: «C’è tante belle putelle a Vicenza, ciò!». Anche il personale viene da giù. Rigorosamente vestiti in camicia bianca e pantaloni neri, gli uomini; le donne uguali colori, ma in gonna.
Osservandoli sembrano in pista, impegnati in una gara di corsa a staffetta, a passarsi olio, posate e quant’altro, mentre gli avventori recitano in un altro film, ma questo al rallentatore. Il chiacchiericcio delle persone e i piatti che si toccano quando i camerieri li raccolgono uno sull’altro, sono i rumori preponderanti nella sala. Di tanto in tanto un campanello segnala che una portata è pronta.
Non è la prima volta che veniamo qui, Camilla ed io. Ci siamo trovati molto bene ed è diventata una nostra tappa fissa per qualche pranzo infrasettimanale.
Agli inizi della frequentazione, lo scambio di battute con i proprietari e addetti, riguardava prevalentemente il cibo, rispondendo positivamente alla domanda se tutto fosse andato bene, quando alla cassa ci si apprestava a pagare.
Poi, via via, si è cominciato a parlare di Napoli, di Vicenza, di famiglia. Anche i sorrisi, prima professionali, sono divenuti più spontanei. Anche i camerieri, entrarono in confidenza e, assieme ai sorrisi, si intensificarono anche gli sguardi, specialmente verso Camilla e le sue forme, che generosamente non ha mai nascosto più del minimo per non incappare in un arresto. Parliamo di scollature abbondanti e di gonne corte, non al livello di quelle che indossa in un club privé, ma la sua sensualità è sempre ben visibile. Anche dai tavoli vicini arrivano occhiate interessate, ma oltre a qualche sorriso e cenno di saluto con il capo, tutto finisce sempre lì. Poi si va a casa è la volta successiva gli avventori non sono più le stesse persone.
Ma i camerieri sì. Ce n’è uno, in particolare, che rimane volentieri a parlare con noi più degli altri. Alto, moro, capello corto, ben sbarbato e abbronzato, fisico longilineo, dal tipico fascino meridionale.
Arguto, dalla battuta pronta e dal sorriso abbagliante e talvolta impertinente, quando associato a un’occhiatina maliziosa sul decolté della Camy, inizia a piacerci. Così, pensando a quello che potremmo fargli provare, abbiamo alzato un po’ la posta, con abiti più succinti, trasparenze più audaci e tacchi più alti.
Oggi è mercoledì: nel sederci al tavolo, scegliamo quello più lontano dalle altre persone, attenti che alle nostre spalle ci fossero solo tavoli vuoti. Si respira un’aria strana, siamo inebriati senza ancora avere toccato vino. Camilla, alla mia sinistra, sistema un fazzoletto sulla seduta, alza la gonna e si siede lasciando in bella vista il culo, dietro e il pube, davanti. Io mi siedo dalla parte degli altri avventori in maniera che con il mio corpo e la tovaglia, quella scena sconcia sia a loro preclusa.
Ma non lo è per Vincenzo, che avvicinandosi al tavolo, dietro il mio invito con un cenno degli occhi indicanti la mia sinistra, si sporge oltre il bordo della tavola e rimane di stucco. Mette le mani tra i capelli, la vista della figa nuda di Camilla gli fa uscire un sonoro: «maronna!», girandosi su se stesso, sta esagerando con la sua gestualità, tanto che devo richiamarlo: «Ehi, fermo... calmati, altrimenti se ne accorgono tutti». Si rende conto e si ricompone subito. Si scusa sussurrando che è stato preso alla sprovvista, ma che ora sarà più controllato.
Tornato tranquillo, gli suggerisco di fare un giro per i tavoli dietro di noi. Non se lo fa ripetere e si gusta anche il sedere di Camilla, libero in tutta la sua nudità, ben visibile sotto allo schienale, contenuto soltanto dai larghi quadroni dei collant a rete. Naturalmente Camilla sorride tantissimo e si gusta ogni istante di quella botta di vita, che sta vivendo il cameriere e anche noi.
La scena non è sfuggita a un altro cameriere, che arriva per vedere cosa ci sia di tanto interessante, ma Camy tira giù tutto e, facendo finta di niente, gli dice che sta andando: «tutto bene, grazie». Lui se ne va riluttante, sicuramente ha capito che c’è un «tramàcio» e non è molto contento di esserne escluso.
Però Camilla non vuole dare spettacolo ulteriormente e ha anche una cosetta in mente e me la sussurra all’orecchio: «Certo, le dico ammiccando e sorridendo». Sto per ordinare i caffè, ma Camilla si alza dicendo: «Permetti, caro, cha vada alla toilette?». «Certamente, prego».
Mi alzo a mia volta per darle spazio, e lei s’incammina sugli alti tacchi verso un arco di mattoni, lo oltrepassa, e percorre un corridoio che conduce ai bagni. Io intanto faccio segno a Vincenzo che venga da me, per ordinargli i caffè. Arriva velocemente e gli dico a voce alta: «Cortesemente, due caffè... » e poi, a voce più bassa: «Credo che mia moglie abbia bisogno di una mano in bagno... ».
Non va nemmeno verso il bancone per ordinare i caffè, ma si fionda immediatamente ai bagni. Io resto lì un po’, per osservare se qualcuno si sia accorto dei movimenti, ma tutto appare tranquillo, perciò, con nonchalance, mi alzo anch’io e con calma, ma con il respiro in gola, seguo le orme di mia moglie. I bagni appaiono belli e puliti, tre lavandini invitano a lavarsi le mani di fronte a due porte, una con un cappello nero da uomo, intagliato nel metallo e l’altra, con lo stesso stile raffigurante una scarpa con tacco alto. Una terza porta in fondo, indica la presenza dell’ampio bagno per disabili.
Di mia moglie nessuna traccia e nemmeno di Vincenzo. Ma ecco, che ora li odo ansimare. Sento le loro voci provenire da quell’ultima stanza e, con l’adrenalina a mille, decido di rimanere lì un altro po,’ per controllare che non arrivi nessuno che, nel caso, farei del rumore con l’acqua e canticchierei, per coprire quello che con tutta evidenza sta accadendo di nascosto, proprio lì a un paio di metri.
Ora il gemito maschile si è fatto più intenso, capisco che sono giunti al traguardo. Mi asciugo in fretta le mani e torno rapido al tavolo. Dopo alcuni interminabili minuti, arriva Camilla, che sorridendo si tocca le labbra e le liscia con la lingua. Si siede e mi strizza l’occhio: «Gli ho fatto un pompino... poi ha schizzato sul muro... vedessi che getto!». Io, curioso: «E lui a te cos’ha fatto?». «Purtroppo non c’è stato tempo, ma finché lo succhiavo, mi toccava le tette, ma prima che mi inginocchiassi ci siamo ben baciati, mentre mi ha ravanava per bene la figa». «Ottimo, dai! Che figata!». CI sentiamo emozionati come adolescenti alle prime esperienze».
Ecco che arrivano anche i caffè, sorretti da un felice Vincenzo che, con espressione estasiata, ci dice: «È stato il più bell’extra della mia vita!». «Ne siamo felici!».
Usciti dal ristorante, dopo aver risposto: «tutto perfetto!», alla solita domanda, cerchiamo subito un luogo appartato dove rifugiarci. Vogliamo degustare quell’eccitazione che ci ha procurato quella marachella. Godiamo con il racconto e le reciproche impressioni.
Assaporiamo i particolari e con la sua bocca provo su di me quello che ha appena regalato al buon Vincenzo, mentre io le faccio sentire quello che in una prossima occasione lui le potrebbe fare.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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