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Anno nuovo, vita nuova
di Robybo
03.01.2025 |
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"I posti a tavola erano assegnati e così mi ritrovai a fianco di Antonella, con l’iniziale timido approccio ormai superato e con la voglia incontenibile di..."
Per chi, come me, ha già attraversato un tragitto considerevole della propria vita, l’ultimo giorno dell’anno risulta quasi sempre un rito abitudinario, da consumare secondo i soliti cliché ormai triti, da ripercorrere come una liturgia sempre uguale, con poche deroghe. E’ una consuetudine che trova eccezioni allorquando si decide di cambiare ambiente, modalità in cui viverlo e persone vicine che suscitano interesse e attrazione.A me è successo quando, in un momento della vita che potevo considerare libero da vincoli di ogni genere, sono stato invitato alla festa di Capodanno di un caro amico nella sua dimora. Sapendo che il padrone di casa e gli invitati al cenone erano tutti accompagnati da partner, trovai una scusa per declinare inizialmente l’invito, ma Marco, l’amico di lunga data che gentilmente mi aveva coinvolto, mi rassicurò che avrei avuto una dama di compagnia nella persona di una sua cugina che era salita dalla natia Calabria proprio per riabbracciare il familiare che non vedeva da molti anni.
Alla mia domanda se riteneva la cosa opportuna, Marco mi rassicurò, dicendomi: “non la vedo da molto tempo e, non solo per questo, sono certo che non la riconoscerei se la incontrassi casualmente per strada” Aggiunse: “ma ci siamo scritti in questi anni di lontananza e si è confidata con me, raccontandomi che la sua esistenza è radicalmente cambiata e avverte il bisogno di percorrere una strada che non sarà rose e fiori”.
Questa frase mi risultò criptica, ma ritenendo inopportuno porgere altre domande e pregustando il momento della conoscenza con la persona in questione, accettai l’invito, certo che avrei svelato il mistero che aleggiava intorno alla misteriosa cugina. Arrivato l’ultimo giorno dell’anno, abbigliato in modo elegante ma non troppo, mi presentai alla festa, salutando chi conoscevo e presentandomi alle facce nuove, che risultarono tutte di gradevole presenza e di incoraggiante simpatia.
Marco mi anticipò: “Antonella non è ancora arrivata, anche se, per telefono, mi ha rassicurato che ci tiene moltissimo ad essere presente e mi ha ringraziato per averle procurato un cavaliere.” Neanche finita la frase, il campanello dell’appartamento squillò, annunciando l’ingresso della cugina.
Ci sono immagini che rimangono indelebili per sempre e quell’apparire di Antonella nella sala dove si svolgeva la festa, fu, per me, una di quelle. Prima ancora di mettere a fuoco i dettagli, realizzai subito che l’abito che la fasciava come una seconda pelle, non era una semplice elegante e sensuale mise di una donna che desiderava attirare su di sé lo sguardo dei presenti, ma era un’autoespressione che celebrava l’identità che racchiudeva, l’autoaffermazione di una femminilità che esaltava la propria libertà individuale, proclamava un comfort personale assolutamente privo di ogni senso estetico immaginabile.
La sua comparsa provocò quel sommesso vociare che subentra quando l’eccentricità esprime un concetto di libera espressione della propria individualità pura e autentica. L’imbarazzo di quel momento fu brillantemente risolto da Marco che, dopo averla baciata, le porse la mano come per aprire le danze e rivolse la frase: “signore e signori vi presento la Regina della festa, per la gioia degli occhi di tutti noi”. Non riuscivo a staccarle lo sguardo di dosso e quando l’ebbi davanti fui colpito dai suoi occhi, uragani di dolcezza, che mi sembrarono mani che spogliano, avvolgono, possiedono e fagocitano.
Quando le nostre guance si sfiorarono nel gesto amichevole del saluto, avvertii l’insopprimibile fioritura di una peluria che non può che essere geneticamente maschile, ma il profumo inebriante di agrumi e vaniglia che generosamente emanava la sua pelle incuneò un sospetto che non aveva alcun senso di essere svelato. I posti a tavola erano assegnati e così mi ritrovai a fianco di Antonella, con l’iniziale timido approccio ormai superato e con la voglia incontenibile di stringere una complicità che ci isolasse dal resto della compagnia.
Sbirciai nel suo decolleté e intravvidi due piccoli, infantili promontori. MI parvero perfettamente il simbolo dell’identità femminile e non potei fare a meno di immaginare il contatto della punta della mia lingua sui capezzoli che raffigurai invitanti e appetitosi come le amarene in liquore. La sua voce era insinuante, ammiccante e il tono poteva risultare l’affinamento di esercizi tesi a una femminilizzazione non nativa.
Fu allora che mi venne istintivamente di posare lo sguardo sul collo nel quale appariva accennato, in modo seppur morbido e delicato, il pomo d’Adamo. Rimproverai dentro di me quell’indagine così inopportuna, insignificante, sentendomi colpevole di non essermi saputo esimere completamente da una valutazione che finiva per esaltare una bellezza femminea che, con coraggio e senza vergogna, brillava di una incomparabile bellezza senza appartenenza di genere.
Ora i miei occhi erano ammirati dall’orgoglio di Antonella per la libertà personale che celebrava uno stile unico di fascino sensuale da donna vera. La serata proseguì con la proverbiale allegria che regna sempre quando si tratta di congedare un anno buono o cattivo che sia stato per augurarci un nuovo anno all’insegna di tante cose belle.
Era arrivato il momento del commiato dalla festa, ma non da Antonella che desideravo trattenere in mia esclusiva compagnia per respirare ancora l’irresistibile fragranza della sua pelle. L’accompagnai alla sua autovettura e lei molto carinamente mi invitò a salire. Pregavo fortemente perché quel gesto fosse il segno che la mia presenza non le era stata indifferente perché, da parte mia, sentivo che quell’incontro poteva rappresentare molto di più di un flirt senza futuro.
Ne ebbi conferma positiva quando lei incominciò a raccontare spontaneamente come era nata Antonella, un emozionante viaggio personale alla scoperta di sé e mirata alla espressione della propria identità, cosa che aveva richiesto tempo, esplorazione, accettazione.
Accennò, con malcelato disappunto, ai contrasti, alle oltraggiose iniquità che aveva dovuto sopportare nell’ambiente da cui proveniva nel momento in cui aveva messo al primo posto il diritto di essere sé stessa, con coraggio, rafforzando la necessaria autostima.
Si impara sempre dall’esempio di chi non si è lasciato scoraggiare da passi falsi ed errori e questo fu il motivo principale che mi indusse a desiderarla, non solo per quel corpo che mi stordiva, da tanto emanava sensualità, ma per quella sua capacità di affermare il vero io, non più ingabbiato, ma irradiato nella luce della verità.
MI baciò teneramente e mi disse: “stasera non ti darò il mio corpo, perché ti ho concesso qualcosa di ancora più sacro. Se comprendi appieno le mie parole e ci riuscirai perché stasera mi hai fatto sentire una donna radiosa, delizierò il tuo corpo come nessuna altra è mai riuscita a farlo”.
Scesi dalla macchina e incominciò per me un anno indimenticabile, come succede solo nei sogni.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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