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Per colpa delle autoreggenti...


di escobar77
25.10.2021    |    1.308    |    1 9.8
"Gli occhiali da vista ampi, dalla montatura chiara di un modello vintage le avvolgevano il viso, risaltandone gli occhi neri caffè..."
Aveva deciso di aprire una filiale della sua agenzia immobiliare nella città limitrofa che dista una trentina di chilometri dal nostro paese di origine. Città in cui vivo anche io che, appartenendo in un certo senso allo stesso ramo lavorativo fui contattato perchè voleva parlarmi di un progetto. Ci conoscevamo da anni con Francesca. Sin da quando, single entrambi, facevamo parte di un gruppo allargato di amici con cui trascorrevamo i sabato sera, le feste, le uscite in genere. I vari matrimoni, l'invito al suo lei al mio, la nascita del suo bimbo, la vita, l' esigenze che cambiano avevano contribuito a vederci di meno, e mentre chiudevo quella telefonata, mi accorsi che anche a causa del covid era passato più di un anno e mezzo dall'ultima volta. Mesi prima di quella chiamata, tramite amici in comune, avevo scoperto che Francesca, in crisi col marito stava portando avanti le pratiche del divorzio. Quella notizia mi dispiacque ma non mi stupì più di tanto. Le differenze tra loro erano abbastanza evidenti da subito. Non tanto per via dell'età, visto che lui era di un paio di anni più piccolo, bensì proprio caratteriali, modi di vivere. Era ed è un bravo ragazzo, ma forse troppo pantofolaio, bambinone per certi versi rispetto a lei, una tipa seria ma intraprendente specie nell'ambito lavorativo. Diversa dalle altre ragazze del gruppo e di buona parte delle ragazze di paese. Obbiettivi ben precisi. L'università, il master a Milano per poi scendere giù e prendere in mano l'agenzia del padre facendola crescere con buoni risultati.
Quando mi aprì il portoncino dell'appartamento sito al primo piano di un grande palazzo che ospitava altri uffici, forse, anche a causa del tempo passato mi parve diversa da come la ricordavo. I capelli lunghi neri erano diventati un caschetto corto poco sotto le orecchie con una frangetta sul davanti. Gli occhiali da vista ampi, dalla montatura chiara di un modello vintage le avvolgevano il viso, risaltandone gli occhi neri caffè. Mi accolse con un caloroso sorriso e ci abbracciammo come fanno due buoni amici. Io, come nel mio solito fare quando di fronte ho il gentil sesso, lasciai per qualche secondo oltre la mano poggiata tra la schiena e il sedere. Una malizia che faccio quasi istintivamente, come a tastare e testare un eventuale reazione da leggere negli occhi di chi la riceve. Reazione a volte ben accetta, altre di fastidio, altre d'indifferenza, altre magari inesistente. Mentre mi precedeva per farmi da cicerone nel breve tour di quell'appartamento non persi occasione per squadrarla in toto. Di certo non era mai stata una brutta ragazza, anzi. Forse qualche anno prima il suo modo di vestire, il suo look la faceva apparire più grande dell'età che aveva, ma oggi a 41 anni, con un figlio di quattro, era decisamente più consono allo status di milf a cui apparteneva. Un classico fisico da donna mediterranea del sud. Pelle olivastra, con le curve al posto giusto e quei chiletti non tanto in eccesso dovuti alla buona cucina. Indossava delle zeppe ai piedi che la facevano alta quasi quanto me. Una gonna abbastanza corta, con uno spacco dietro ne esaltava un culo importante, largo ai fianchi che rispetto alla vita più stretta ne donava il così detto aspetto ad anfora. Le calze velate nere fasciavano le gambe tornite, sopra, una casta camicia simil seta, chiusa al collo da un fiocco di nastro nero aveva quella leggera trasparenza per lasciare intravedere il reggiseno di pizzo nero che sosteneva una buona terza di seno ancora ben soda.
Posai la mia borsa su una delle due sedie che sostavano davanti alla scrivania. Dietro essa uno scaffale con qualche raccoglitore. Poggiato nella parete di fronte un divano. Nell'aria ancora si sentiva l'odore del ducotone con cui era stato tinteggiato il tutto. I convenevoli sul tempo che era passato, sul come ci trovavamo, poi le chiesi del bimbo e fingendo di non sapere nulla anche di suo marito. Alla prima domanda Francesca rispose con entusiasmo, alla seconda, senza mezzi termini, con tono più serio, mi disse quello che già sapevo. Ovvero che si era separata e che ormai vivevano in due case diverse che l'avvocato aveva avviato il tutto per un divorzio consensuale. Dispiaciuto lo ero. Stupito mi finsi, vuoi per non apparire pettegolo, vuoi perchè in quelle situazioni non sai mai cosa dire. Mi rifugiai così nella banalità di pensare al bene del bimbo evitando il più possibile problemi e che se quella era la decisione presa, per la loro felicità era giusto così.
-Del resto sei ancora giovane è c'è sempre tempo di ricominciare.- Le dissi.
-Già...- Rispose lei con tono pensieroso, prima di riprendere entusiasmo, prima di avermi offerto un caffè che accettai volentieri, mentre cominciò a trafficare con le cialde e la macchinetta. La sigaretta che ne seguì la fumammo fuori spostandoci in balcone, continuando a parlare di noi, del più e del meno. Mi chiese di me, della mia vita di mia moglie e inevitabilmente il discorso ricadde sulla sua situazione. Francesca ne parlava tranquillamente senza eccessiva apparente arrabbiatura elencandomi i vari difetti che rimproverava al suo ormai ex marito. Tradì insofferenza, infervoramento solo quando parlò di quell'esigenza di sentirsi donna che le mancava più di ogni altra cosa. Io, se in un primo momento ascoltavo per educazione cominciai via via ad essere più incuriosito, anche perchè, Francesca dal vago andava sempre più in una confidenza più intima. Ammise che le colpe in questo caso, come nella maggior parte delle volte, sono di entrambi, e non si era sottratta nel prendersi le sue di responsabilità. Ammise che la nascita di un bimbo era un esperienza totalizzante, che sie era distratta forse, ma con la stessa sincerità disse che per lui, tolto il cibo, l'essere mamma, lo stirargli le camicie era diventata invisibile in quanto DONNA. Io ascoltavo, e forse essendo sposato con una psicologa, ho imparato qualche tecnica di ascolto e a dire, centellinandole, qualche frase che serve all'interlocutore a raccontarsi sempre più.
-Non è mai stato un grande amante...- disse sorridendo in modo sarcastica. -...ma per lo meno ogni tanto, anche se solo io sotto lui sopra, lo si faceva.-
Quelle confessioni mi stranirono un poco. Eravamo buoni amici ma non a tal punto di essere così confidenziali. Mentre parlava, mentre mi perdevo nei suoi occhi neri, pensavo alla sua voglia repressa di una sana e semplice scopata a quanto essa, sempre secondo il mio pensiero le avrebbe fatto bene. Quei pensieri mi procurarono un filo di eccitazione, ma non mi feci tanti grilli per la testa, mi limitai ad assecondarla sempre più nel suo sfogo non lesinandole qualche complimento.
-Sono arrivata al punto di capire che avevo perso interesse nei suoi confronti. Che non provavo più nulla per lui...ed eccoci qui.- continuò.
Le poggiai una mano sul gomito quasi a sostenerla. Nel suo viso, quel contatto le procurò un filo di rossore. Feci l'ultimo tiro alla sigaretta prima di spegnerla e le dissi che mai avrei voluto sentire quelle frasi nei miei confronti da mia moglie aggiungendo:
-Di sicuro...c'è chi con una come te la passione non la perderebbe-
sorridemmo entrambi a quella battuta che poi tanto battuta non era. Poi mentre la precedevo nel rientrare nella stanza, sentivo le sue parole arrivarmi da dietro le spalle dire:
-Certo che è strana la vita...ci siamo ritrovati a distanza di anni con me che mi sto separando e tu, che nel nostro gruppo eri quello più farfallone, che hai messo la testa a posto-
-E chi ha mai detto questo...-
Dissi, sempre sorridendo, mentre mi accomodai sul divano.
-Scemo...- ripose Francesca sedendosi di fianco a me.
Nel farlo la gonna le era salita quel tanto che bastò per lasciare intravedere che, quelle calze velate, in realtà erano delle autoreggenti. Me ne accorsi dalla fascia elastica in pizzo che le stringeva la gamba. Quella visione, essendo un indumento per cui nutro un debole, fece si che quel brivido di eccitazione diventasse erezione. La sagoma del mio pene, nel modo in cui ero seduto, si vedeva chiaramente nel tessuto dei pantaloni. Anche Francesca se ne accorse, la vidi con lo sguardo sulla mia patta e poi risalire cercando il mio sguardo.
-Che c'è?- mi domandò stupita forse dal sorriso malizioso che mi era comparso. Fu a quel punto che mi feci più audace. Con la mano destra le spostai una piccola ciocca dietro l'orecchio accarezzandolo.
-Niente...- le risposi. -...Pensavo al perchè tra noi non ci sia mai stato niente-
Francesca non disse nulla. Abbassò lo sguardo intimidita, e nel farlo si accorse della gonna e delle autoreggenti che si vedevano. Provò a sistemarsi ma io, con l'altra mano delicatamente la fermai bloccandole la sua.
-Non farlo...- le dissi. Continuando ad accarezzarle la mano e l'orecchio con i miei polpastrelli, delicatamente, senza mai forzare. Ci guardammo in silenzio a pochi centimetri l'uno dall'altra. Il tempo sembrò fermarsi e la stanza si era riempita soltanto di silenzio.
Le baciai il collo gentilmente, con le labbra, senza lingua: Francesca rimase immobile; non potevo più tirarmi indietro; così con la mano sinistra le accarezzo il seno, stringendola sempre più. Oppone una piccola ma dignitosa resistenza…
Inizio a palparle le cosce adesso del tutto scoperte velate da quel paio di autoreggenti, senza mollare l’orecchio.
Francesca inizia a gemere. Sfila via gli occhiali. Mi fissa negli occhi mentre io vado su per le cosce e arrivo alla figa; sotto le mutandine sento un monte di Venere molto pronunciato, ed inizio ad accarezzarglielo. E fu a quel punto che le nostre bocche con un po’ di contorsioni si trovano e ci baciamo furiosamente. Attraverso le mutandine trovo il solco delle grandi labbra : è caldo e profondo, lo percorro e poi inizio un lento affondo con il dito medio che trascina con se anche il pizzo umido.
Francesca ansima sempre più lasciandosi andare, ma improvvisamente si divincola e si alza in piedi: rimane immobile a guardarmi per alcuni secondi con la camicetta semiaperta e la gonna ridotta ad una cintura. Le autoreggenti le danno un’aria da troia e come tale si mette a cavalcioni su di me, ficcandomi la lingua in bocca e strofinandosi il pube contro il bozzo formato dal mio cazzo durissimo che scalpita sotto i pantaloni.
Apro del tutto la camicetta, lei senza smettere di baciarmi la toglie del tutto. Lecco e succhio i capezzoli scuri e duri come punte di limoni tirandole fuori dal reggiseno che subito dopo toglie. Le stringo con forza le chiappe tonde e morbide e grandi; scendo con le mani verso la figa e con la sinistra scosto di lato le mutandine ormai inzuppate mentre con il medio della destra ripercorro il solco fradicio.
Francesca nel frattempo, sempre più in estasi, sembra ubriaca di voglia. Non dice nulla ma si è lasciata andare del tutto. Si accarezza e si stringe con gusto le tette, offrendole alla mia bocca famelica; le labbra della figa , gonfie e bagnate, sono adesso aperte ed affondo medio ed anulare nel buco allagato dal forte desiderio.
Le dita vengono come risucchiate, le pareti della vagina sono aderenti ma molto elastiche e apro-chiudo velocemente le prime falangi delle due dita tenendole però ben piantate a fondo corsa; lei allarga le gambe al massimo e con poche ma decise spinte arrivo perfino a solleticarle il collo dell’utero.
Capisco che a Francesca arde di passione, forse assetata dalla voglia repressa di essere scopata mi pare che nutra voglia di modi forti.
Così continuo questo selvaggio ditalino per parecchi minuti, durante i quali, godendo con trasporto, mi dà simpaticamente del porco, che detto con gli occhi chiusi, mentre ansima mi fa davvero diventare tale. Il cazzo intanto stretto nei pantaloni mi fa soffrire. Lo sento in gabbia quasi a farmi male mentre lei si dimena su di me mimando uno smorza candela con le mi dita dentro la sua vagina.
-Facciamo un bel giochino? –
Mi guarda con aria interrogativa
-Cosa mi vuoi fare? –
Rispondo tirando fuori le dita e mettendole davanti alle tette arrossate: sono lucide e vischiose e un buon odore di figa si spande nell’aria.
Sotto il suo sguardo incredulo ma divertito, le spennello con le dita bagnate i capezzoli, lordandoli di succo profumato, per poi succhiargliele avidamente.
Francesca apprezza molto la novità e si scatena quando, senza smettere di ciucciare quelle tette sozze, le pianto nella figa sempre più bagnata un terzo e poi un quarto dito, spingendole su con un pizzico di violenza.
Sporco le tette e affondo dita per un bel po’, fino a quando l’affanno crescente di Francesca mi fa capire che l’orgasmo è prossimo. Aggiungo in figa il medio della mano sinistra, ma solo per bagnarlo e prepararmi al colpo di grazia: lo estraggo, le bagno i bordi del buchetto, infilo con facilità una prima falange e inizio un corto movimento rotatorio che rilassa subito il suo sfintere. E' sorpresa, incredula ma le piace ed infatti viene subito, respirando e gemendo a bocca aperta mentre le spingo sempre di più il dito vigliacco nelle umide profondità del buco del culo.
Il suo orgasmo sembra non finire mai, le mie dita ficcate per intero nella figa e nel culo la fottono e non le danno tregua fino a quando con un sommesso ‘basta-bastà mi invita a liberarle gli orifizi; gentilmente ma con decisione mi prende la mano destra e guardandomi fisso negli occhi inizia a pulirmi con la bocca le dita invischiate dalla sua sborra, ripulendole tutte. Mi ha sorpeso. E' una porcellina penso. Poi la bacio in bocca in un tripudio di sapori quando fra le nostre lingue intrecciate, Francesca aggiunge quel dito che poco fa le rovistava il buco del culo e lasciandomi guidare dalla sua mano lecchiamo insieme il mio dito che emana un lontanissimo sentore di feci che però mi esalta. Sono estasiato nel vederla totalmente trasformata.
Provo a divincolarmi, alzandomi in piedi e mi tolgo i pantaloni e i boxer,rimango con la camicia sbottonata e un cazzo pietrificato.
Francesca, seduta sul divano, guarda prima il mio uccello poi mi fissa. L'aria frastornata lo sguardo che dava la sensazione di chi si sente in colpa e nello stesso tempo avvampava di desiderio. Si sfila la gonna e le mutande rimanendo nuda solo con addosso le autoreggenti.
-Le calze tienile...- le dico fermo ma rassicurandola
Lei si alza; mi fissa a pochi centimetri dalla mia bocca ma non mi disse nulla. Si girò inginocchiandosi sul divano mantenendo sempre il contatto visivo porgendomi le terga. Per tutta risposta le metto i due pollici nella figa e, allargandole il buco, appoggio la cappella alle labbra gonfie e bagnate che finalmente vedo .
Inizio una lenta e inesorabile spinta. La sua figa lo mangia tutto e sento i muscoli vaginali che si contraggono ritmicamente; rimango fermo, con il cazzo completamente dentro e aspetto sadicamente, gustandomi le contrazioni sempre più spasmodiche, la sua supplica che non tarda ad arrivare:
-Dai… dai… muovilo… – ed io obbedisco.
Voglio che si senta donna. Voglio farle capire che le stesso desiderio che avvampa in lei è all'unisono col mio. Voglio che senta quanto sia uomo io, in una sorta di competizione col suo ormai ex marito che a quanto mi aveva detto neanche la sfiorava. Voglio che senta la differenza tra me e lui. Voglio che goda.
La branco per i fianchi ed inizio a scoparla con forza, menandole colpi così violenti da farle ogni tanto perdere l’equilibrio. Piaceva a Francesca evidentemente essere trattata così quasi da puttana. Forse era da tanto che lo desiderava, e dimenav il culo per farselo piantare nella figa sempre di più.
La chiavo furiosamente per parecchi minuti, sento che la sborrata è vicina ma voglio farla venire prima di me: tiro fuori l’uccello e lo faccio scivolare lungo il solco fra le chiappe, sporcandolo bene, e lo rificco tutto dentro nella figa.
Lei ha già capito…
-Non mettermelo dietro, è troppo grosso! –
-E questo va bene? – le chiedo puntandole un pollice all’ingresso del buco del culo.
Francesca risponde muovendo con troiaggine i fianchi: spingo lentamente il dito nell’orifizio stretto ma scivoloso, sentendo il mio cazzo che lavora forte dall’altra parte.
Come speravo, la maialina viene dopo pochi minuti, ed io ne approfitto per allargarle il culo roteando il pollice in profondità: gode come una vacca mentre sento le palle che mi scoppiano, gonfie di sperma, ma non oso venirle dentro, non si sa mai… !
Fortunatamente Francesca, sconvolta dall’orgasmo, cade sdraiata sul divano lasciandomi in piedi col cazzo ritto odoroso di succo vaginale .
-Wow che scopata… – dice un po’ stupita ancor di più dalla mia resistenza dal fatto che non ero ancora venuto.
Ma io sto per esplodere così metto il cazzo ancora vischioso di fronte al suo viso.
Voglio la mia parte. Lei guardandomi negli occhi comincia con labbra e lingua a ripulirmi il cazzo. Io resisto pochi secondi: con un grugnito le sparo uno schizzo di sborra bianco e pesante che si appoggia mollemente sulla guancia per poi scivolare subito via sul pavimento; Francesca alza il mento e menandomi forte l’uccello dirige i miei spruzzi violenti e disordinati sulle tette, accogliendoli con gridolini di gioia ed esprimendo meraviglia per l’abbondanza; raccoglie poi amorevolmente le ultime gocce dalla cappella congestionata con la lingua, mentre la forza di gravità allunga i goccioloni biancastri verso il suo ventre.
Con un profondo sospiro si butta all’indietro sul divano con le braccia allargate: ha il petto glassato di sborra e le calze chiazzate; sono svuotato.
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