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La vendetta di Daniela


di pinkoepallina
21.10.2017    |    28.361    |    21 8.7
"La controversia aziendale si ricompose nella stessa giornata con l’impegno da parte della direzione di allestire immediatamente il tavolo delle trattative e la..."
Daniela Sanvitale era sempre stata una lavoratrice modello, a trentaquattro anni si trovava, come quadro intermedio, a dirigere l’ufficio dove era entrata a ventidue in qualità di impiegata d’ordine: un motivo di grande soddisfazione.
Una persona estremamente positiva, Daniela: nemmeno la più pignola delle colleghe riusciva a trovarle un difetto, né caratteriale né fisico.
Lunghi capelli corvini incorniciavano un viso dai lineamenti vagamente mediorientali. I suoi seni naturali, una terza perfetta, erano praticamente scolpiti ed inseriti in un busto ben proporzionato che scivolava verso un punto-vita da fotomodella, per poi tornare ad allargarsi in due fianchi rotondi ed armoniosi. Sotto, due gambe da urlo, lunghe e affusolate.
Come se non bastasse, implementava il fascino della sua figura con quella “maledetta” mania che aveva per le calzature di prestigio. Quei pochi eletti che, sempre per motivi di lavoro, avevano avuto la fortuna di transitare per qualche minuto in casa sua, riferivano di una enorme scarpiera piena, quantificando le paia in un centinaio, paio più, paio meno.
Aveva tuttavia raggiunto la sua posizione non in virtù dell’indubbia avvenenza, ma di ottime doti organizzative e di capacità non comuni, sebbene osteggiata sin dall’inizio dal suo dirigente, il Dott. Elio Gandolfini, al quale non aveva mai voluto concedersi durante i dodici anni di permanenza in azienda. Ne aveva sempre rifiutato con sdegno le avances, ultimamente sempre più frequenti: dei veri e propri atti di stalking.
Il dottore era sgradevole sotto ogni aspetto: cinquantaquattro anni, basso, grasso, pelato, di un’arroganza e di un’antipatia ai massimi livelli. Fece carriera più per la naturale predisposizione alla figura di yes-man che per effettive attitudini manageriali.
Un uomo veramente rivoltante, mediocre sul lavoro e privo di sensibilità. Ciononostante, non si sa come, era riuscito a sposare la signora Emma, una delle donne più belle ed ambite della città, per giunta molto più giovane di lui.
Oltretutto, tre anni prima si era sposata anche Daniela, e suo marito Vincenzo, istruttore di karate e titolare di una palestra, avrebbe sicuramente spaccato la faccia al “vecchio porco” se lei, così lo chiamava, gli avesse raccontato delle pressioni che subiva quasi giornalmente.

Quel giorno, uno come tanti, la signora Sanvitale trovò i cancelli della fabbrica incatenati e chiusi con dei lucchetti.
Già da un pezzo gli operai reclamavano l’adeguamento del contratto, maggiore sicurezza sul lavoro ma soprattutto l’impegno che la proprietà non avrebbe chiuso l’impianto per trasferirlo in Polonia, come da tempo si vociferava. Rivendicazioni che venivano sistematicamente ignorate, di lì la decisione che si paventava da tempo: sciopero ed occupazione.
“Va bene” pensò, dopo aver compreso che la questione sarebbe andata per le lunghe: “Me ne torno a casa e sistemo come si deve la sala hobby, è tempo che ce l’ho in testa. Prima, però, passo al supermercato, voglio cucinare qualcosa di speciale. Vincenzo se lo merita, dopo un sacco di tempo che non pranziamo insieme”.
Suo marito avrebbe invece meritato altro, perché una volta rientrata in casa e raggiunta la camera da letto, lo trovò supino con una superba rossa dalle forme generose intenta a cavalcarlo.
Il primo impulso fu di togliersi le décolleté tacco 12 di Jimmy Choo e di darne una in testa a lui e l’altra a lei, anche a costo di rovinarle, ma si fermò un attimo a riflettere. Nel frattempo la donna si girò e le due si guardarono in viso, rimanendo attonite.
Mentre il fedifrago stava per proferire il classico ed immancabile “tesoro, non è come credi”, Daniela, meravigliando per prima sé stessa, fece la mossa più inaspettata che un marito colto in flagrante adulterio potesse aspettarsi: si alzò la gonna, tolse gli slip, gli si mise a cavalcioni sul collo ed intimò: “Continua pure, ma intanto leccamela!”
Per quanto perplesso Vincenzo ottemperò, ricominciando a portare colpi sincronizzati ai movimenti dell’amante la quale, stupita ed eccitata, riprese a mugolare come una gatta in calore.
Le arrivò, forse per un senso di colpa fin lì represso, anche una bella sculacciata, che accolse con un: “Ohh, sì, sì, dai Vincè, si vede che è il giorno delle sorprese, oggi!” Naturale che lui ne aggiunse altre, anche abbastanza violente, non essendo, per forza di cose, particolarmente lucido.
Quelle belle natiche, ormai paonazze, erano già una bella soddisfazione, seppure ancora parziale, per Daniela, la quale ad un certo punto si alzò dicendo: “Prendo il dildo delle grandi occasioni, quello che tiriamo fuori ogni tanto e che chiamiamo ‘compagno di doppie’. Io mi masturberò guardandovi… e ricordate: ora sono io che comando, chiaro?”
I due annuirono, lei prese l’oggetto da un cassetto, si mise a sedere sul bordo del letto, lo leccò tutto in modo plateale e se lo infilò nella vagina, ordinando: “Su, zoccola, voglio vedere come glielo prendi in bocca, adesso”.
L’altra obbedì come un soldato e scivolò immediatamente verso il basso, fino a che la sua bocca non incontrò il pene di Vincenzo: cominciò così a circondarlo di baci, a massaggiare i testicoli, a sfiorare con la punta della lingua il prepuzio.
Ad ogni tocco corrispondeva un sussulto, finché il membro, di proporzioni ragguardevoli, entrò interamente dentro la bocca di lei, per poi riapparire e scomparire più volte.
Da parte di lui abbandono estatico, da parte di Daniela un quesito a sé stessa: “Ma fin dove se lo fa arrivare? Devo ammettere che è proprio abile, ‘sta mignottona!”
Intanto continuava a masturbarsi con il dildo, ormai grondante dei suoi umori. Per portare l’eccitazione al parossismo, decise di continuare per parecchio ed alla fine comandò: “Adesso te la trombi in posizione tradizionale, forza!”.
La tipa, già un po’ provata, si allungò sul letto e lui si posizionò sopra in tutta la sua lunghezza muovendosi sinuosamente, baciandola dietro al collo e ponendole le mani sotto le natiche.
Voleva trasmetterle quegli insoliti ed indecifrabili brividi di piacere da cui era pervaso e dei quali lei era consapevole di essere soltanto una concausa, vista la situazione.
Subito dopo, la prese per le caviglie e gliele spinse in avanti fino a farle arrivare le ginocchia all’altezza del mento, gliele divaricò al massimo dell’apertura possibile e glielo introdusse fino alla radice, con una determinazione tale da risultare quasi violenta.
Daniela osservava soddisfatta con espressione lasciva. Ad un tratto ebbe un lampo sinistro e disse: “Ora fatemi un po’ di posto, mi tolgo questo cazzo finto e passo alle cose serie: vi sistemo tutti e due”. Loro acconsentirono immediatamente e lei si posizionò dietro, con lui ancora sopra e dentro l’amante.
Iniziò così a leccare il buco dell’ano del marito e poi il suo pene che entrava ed usciva dalla vagina dell’ospite, bagnata all’inverosimile. Sentiva in contemporanea il contatto ed il sapore di un uomo e di una donna e questo la eccitava da morire, anche perché fino a mezzora prima una cosa simile non l’aveva mai nemmeno pensata, figuriamoci messa in atto.
Ormai priva di freni inibitori ed in preda ad un raptus, indirizzò con frenesia due dita ad indugiare sul clitoride, per prolungarsi quegli intensissimi –e veramente inattesi- momenti di piacere misto a dolore. Stranezze della vita.
All’improvviso, quando era tutto ben umettato a dovere, riprese il dildo e con mossa fulminea lo infilò senza troppi complimenti fra le natiche del marito, che cacciò un urlo spaventoso.
“Zitto e godi, figlio di puttana, il peggio è passato: è entrato tutto. Vedrai, da adesso in poi, sentirai solo piacere, te lo dico per esperienza”.
In effetti Vincenzo proseguì con una foga sconosciuta persino a sé stesso, dando oltretutto dei poderosi colpi all’indietro: gradiva, sembrava appena caduto un tabù.
Era davvero un contesto inebriante e perverso… e forse avrebbe aperto la strada a piaceri futuri.
“L’estranea” ebbe degli orgasmi in sequenza ed era ormai esausta, lui era prossimo alla meta:
Daniela pensò così di utilizzare quell’ultimo scampolo di tempo a suo favore.
Scansò senza troppi complimenti la “rivale” e, salendo in ginocchio sopra di lui, tornato di nuovo supino, si introdusse il pene, quello vero stavolta, nella vagina.
Praticamente un cambio della guardia, perché invitò l’altra a prendere posto sopra la faccia dell’uomo, ma rivolta verso di lei, in maniera che lui potesse leccargliela da sotto, soddisfacendo contemporaneamente entrambe.
Voleva anche assaggiarla, quell’intrusa che la guardava negli occhi, quasi implorante: sembrava porgerle quelle belle labbra rosse e carnose, come a farsi perdonare.
Così, mentre cavalcava furiosamente il suo uomo, protrasse le braccia in avanti e la attirò a sé, palpandola ovunque fosse possibile ed infilandole successivamente la lingua in bocca con grande voluttà, ricambiata con altrettanto trasporto misto a timore.
Non soltanto perché era la prima volta che entrambe baciavano una donna, trovandolo elettrizzante, ma anche per come si era sviluppata l’intera vicenda.
Dopo altri lunghi minuti, per “l’estranea” arrivò l’ennesimo orgasmo tramite la lingua di lui e le dita di lei, e nello stesso istante i coniugi esplodevano insieme in modo lungo, trascinante ed intenso come mai in precedenza.
Placati i sensi, Daniela se ne uscì così: “Ora si rivesta e se ne vada. Ma prima, giacché siamo ancora sconvolti, celebriamo questo evento assolutamente non preventivato e fuori dagli schemi con un selfie, lo voglio ricordare con un’immagine”. Non essendoci opposizioni, prese il telefonino, si abbracciarono tutti e tre, completamente nudi sul letto e… click.
La controversia aziendale si ricompose nella stessa giornata con l’impegno da parte della direzione di allestire immediatamente il tavolo delle trattative e la mattina dopo la fabbrica riaprì.
Il dottor Gandolfini si presentò nell’ufficio di Daniela per fare il punto della situazione: “Signora Sanvitale, sotto l’aspetto lavorativo, vorrei da lei un rapporto dettagliato sull’efficienza dei suoi sottoposti, per quello che è successo ieri e per quello che si dovrà affrontare.
Sotto l’aspetto personale, ma sempre in relazione all’accaduto, le consiglio di accettare il mio invito a cena per stasera, ci sarà una riduzione a tutti i livelli dell’organigramma aziendale e vorrei trovare il modo di salvaguardare lei e la sua posizione”.
“Dottor Gandolfini, sotto l’aspetto lavorativo lei avrà quanto desidera in tempi rapidissimi.
Sotto l’aspetto personale, vecchio porco, voglio dirti che tua moglie Emma è molto più in gamba di te, riguardo a certe avances… e sa come arrivare alla meta. Ora togliti di torno, grandissimo pallone gonfiato, che devo lavorare. E non riprovarci mai più" rispose Daniela, dopo avergli mostrato una certa foto dal cellulare.
FINE
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