lesbo
Qualcosa di più
di pinkoepallina
28.12.2018 |
21.913 |
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"Talmente ‘di più’ che poco tempo dopo la sua partenza per gli Stati Uniti, causa un dottorato di ricerca al Massachussetts Institute of Technology, noi..."
Francesco, Simona, Valerio e Luigi li conobbi sui banchi del quarto ginnasio: le affinità che ci caratterizzavano furono subito evidenti ad ognuno di noi. Un’attrazione istintiva, quella sensazione che solitamente si descrive associandoci l’espressione ‘a pelle’: la nostra inesperienza di giovani vite non poteva consentire qualcosa di concettualmente più elaborato.
Non ci sbagliavamo però, tant’è che facemmo subito gruppo, formando un quintetto perfettamente integrato nella realtà della classe che comunque notava -senza indispettirsi, grazie alla nostra giovialità con tutti i compagni- che fra noi c’era ‘un qualcosa di più’.
Talmente ‘di più’ che passati quattro anni, dopo diversi filarini senza importanza, nel cortile durante la ricreazione, Francesco mi sorprese così: “Sai cosa ti dico, Giulia? A me questo tipo di rapporto non basta più, io ti voglio per me: voglio toccarti, baciarti, possederti. Sognarti no, perché ti sogno già da un pezzo, quindi ora vorrei concretizzare”.
Accettai, durante quel periodo era diventato un giovane molto affascinante, inoltre quelle parole fecero comprendere anche a me che una certa forma d’amore per lui, in definitiva, la provavo da sempre.
Non so se fu questo avvenimento ad accelerare lo stesso tipo di richiesta che avanzò Luigi a Simona, oppure fu una semplice coincidenza e magari covavano reciprocamente lo stesso sentimento da tempo. Fatto sta che pochi giorni dopo anche loro divennero coppia.
Con l’avvicinarsi degli esami di maturità, pertanto, Valerio si ritrovò solo, ma soltanto nel senso di single, perché in quegli anni era diventato talmente bello (bruno, alto, magro, occhi azzurri e spalle larghe) da portarsi a letto almeno la metà delle ragazze dell’istituto con le quali si accompagnava, una alla volta, nelle uscite insieme noi, ormai fidanzati ufficialmente.
Talmente ‘di più’ che conclusa l’Università e già tutti incredibilmente operativi in ambito lavorativo, ci sposammo a distanza di un mese. Sia Luigi e Simona che Francesco ed io scegliemmo Valerio, ormai sciupafemmine incallito e singolo super-conteso, come testimone.
Talmente ‘di più’ che poco tempo dopo la sua partenza per gli Stati Uniti, causa un dottorato di ricerca al Massachussetts Institute of Technology, noi quattro, complice una cena galeotta, finimmo nello stesso letto, dando così il via alla nostra ‘carriera’ trasgressiva e scambista.
Simona non conosceva limiti. Accumulò in breve tempo tanta di quell’esperienza da far impallidire una pornostar, anche se spesso mi rivolgeva queste parole: “Oltre che la mia migliore amica da sempre, sei tu la persona che mi erotizza di più, Luigi a parte” accompagnate dalla frase-tipo: “Quanto tempo abbiamo perso a suo tempo, tesorina!” e da un abbraccio.
Io ero un po’ più calma in generale, ma ricambiavo i suoi sentimenti sinceramente ed appassionatamente.
Anche in senso fisico, anche nei nostri incontri erotici da sole, che avvenivano sempre con il beneplacito dei rispettivi mariti i quali, naturalmente, volevano in seguito dei resoconti dettagliatissimi.
Con il passare degli anni perdemmo di vista Valerio, ormai professore affermato, a causa della sua decisione di restare negli USA anche se, di tanto in tanto, ci contattava via Skype. Restavano però molti periodi di ‘buco’, durante i quali si rendeva irreperibile girando il mondo e dimenticandosi di noi.
A proposito di girare il mondo, avevo da sempre desiderato vedere Puerto Vallarta, forse ispirata da ‘Love Boat’, dei telefilm che seguivo ogni tanto da adolescente, quando mi prendevano ‘attacchi di romanticismo’.
Per questo motivo riuscii a convincere, oltre mio marito, Simona e Luigi a prendersi una vacanza -era tempo- per recarci insieme in Messico.
Detto fatto, un paio di settimane per organizzare e partimmo. I bambini dai rispettivi nonni, neanche a dirlo.
Pochi giorni dopo, in spiaggia, Simona ed io ci spalmavamo l’un l’altra, come da abitudine, la crema solare con fare volutamente provocatorio, ma non troppo, per non esagerare.
L’esibizionismo è sempre stato un nostro pallino ed anche in quel frangente riuscimmo a formare un discreto gruppo di aficionados, i quali ci aspettavano per godersi lo spettacolo. Singolare il fatto che spesso intorno a noi prendessero posto anche delle belle ragazze, all’apparenza molto interessate.
Queste circostanze eccitavano parecchio specialmente Simona, perennemente sul chi-va-là porcello. Era in vacanza lei, ma non le sue voglie saffiche (e non) sempre pronte a captare qualsiasi segnale.
Mi aveva confidato alla partenza che non disperava di trovare una bella sudamericana, magari dalla pelle scura da iniziare, da sola o insieme a me, a ‘determinati’ piaceri.
“Non potevate essere che voi…” esclamò all’improvviso, da pochi metri, una superlativa figura di maschio che stava facendo footing sulla battigia “…a polarizzare tanto interesse!”
“Valerio! Ma che ci fai qui?” pronunciammo sorprese, all’unisono.
Mentre lei scansionava in tacita contemplazione quel corpo alla Roberto Bolle, io aggiunsi: “Che piacere vederti in carne ed ossa, dopo quasi un anno che non ti fai nemmeno sentire e sei irraggiungibile ovunque!”
“Sono qui in vacanza, ragazze… come voi, suppongo. Dai, lo sapete come sono fatto. Siete sempre nel mio cuore ed io sono sicuro di essere sempre nel vostro. Piuttosto, dove sono i maschietti?”
“Dormono ancora, i pigroni, scendono più tardi”.
“Ah… ok, io però ora devo scappare, sto imparando a fare surf ed ho lezione fra cinque minuti, fino alle tredici e dopo pranzo devo sbrigare delle commissioni in centro. Ci vediamo stasera e stiamo a cena insieme, come una volta?”
“E ce lo chiedi? Noi alloggiamo qui, al Sunset Plaza” replicai girandomi ed indicando l’hotel: “Sei nostro ospite, a che ora arrivi?”
“Nove in punto, ciao belle!”
Fuggì via di corsa. Simona, ancora silente in un’espressione languida, lo seguì a lungo con lo sguardo mentre si allontanava.
Improvvisamente si girò e mi fissò per alcuni secondi con una luce sinistra, sempre senza parlare. Non ce n’era bisogno, ci capivamo al volo.
Quella sera eravamo tutti molto curati. I nostri mariti in giacca scura e camicia, lei in uno splendido vestito longuette smeraldo, in pendant con i suoi occhi, e sandali stringati dello stesso colore.
Io indossavo uno dei miei vestiti preferiti: profondamente scollato sul davanti, nero, molto aderente, una spanna sopra al ginocchio. Qualche gioiello discreto e sandali tacco 12 anche per me.
Valerio si presentò con un completo gessato grigio chiaro, molto leggero. Non l’avevo mai visto così attraente ed elegante, nei tanti anni della nostra amicizia.
Parecchie paia di occhi femminili lo accompagnarono, interessate a vedere dove sarebbe andato ad accomodarsi, cioè al nostro tavolo. All’arrivo, commenti stizziti da parte di tutte.
Premurosi camerieri cominciarono a porgerci in sequenza pietanze a base di pesce e crostacei, assolutamente all’altezza di ciò che si definisce una ‘gran cena’: prelibate e ricercatissime.
Per la verità nessuno di noi mangiò molto, ma tutti, noi donne in particolare, non lesinammo nel bere, complice anche l’ottimo Franciacorta DOCG Alma Cuvée Brut Bellavista che Valerio, molto signorilmente, insistette per offrire extra menù.
Non sono una sommelier, ma seppi apprezzare pienamente la bontà di quel prosecco, consapevole che, oltre al godimento per il palato, una bella allentata ai freni inibitori, come solo l’alcol sa dare, era praticamente d’obbligo.
La serata proseguì con cocktail, balli, strusciatine ed ammiccamenti vari in discoteca, alcuni dei quali anche abbastanza spinti, tra me ed una Simona che già cominciava a dare segni di eccitazione, contagiando anche i nostri mariti, come se avessero già fiutato qualcosa di peccaminoso nell’aria.
Valerio invece, ignaro di certi propositi, peraltro mai esplicitati nemmeno fra noi donne, appariva un po’ perplesso di fronte a quel livello di sfrontatezza, ma si godeva beatamente la serata considerando che un po’ pazzerelle, in fondo, lo eravamo sempre state.
Ad un certo momento, quando mi sembrò che avessimo tutti carburato a dovere, esclamai: “Ragazzi, che ne direste di trasferirci nella nostra suite per un brindisi? Ho un paio di bottiglie di champagne in frigo e... non vorrei che si invecchiassero”.
Valerio rimase leggermente sorpreso perché non capiva il senso di quell’invito, pensava che si potesse brindare tranquillamente anche lì, volendo. Ad ogni modo annuì, insieme ai nostri mariti.
Un paio di alzate di flûte, una manciata di ricordi dei ‘vecchi tempi’, qualche fragorosa risata, dopodiché mi avvicinai a Simona con nonchalance.
Dopo averle chiesto: “Ma a che punto eravamo rimaste in discoteca?” cominciai ad accarezzarla con sensualità, iniziando da quei seni rigogliosi e turgidi che tanto mi colpirono sin dal nostro primo, ormai lontano, incontro ‘ravvicinato’.
Lei non aspettava altro e, anche per via dei vari tipi di alcolici assunti nell’arco della serata, mi attirò a sé, tirando platealmente fuori la lingua e facendola ondeggiare lentamente nell’aria.
Poi, abbassandosi appena sulle ginocchia e partendo dal vertice basso della mia scollatura quasi inguinale, attraversò lentamente, con una leggera ‘S’, il centro del seno, percorse verticalmente il collo, circumnavigò il mento passando per una guancia e un attimo dopo me la infilò in bocca, con un leggero tremore.
Un bacio sconvolgente per tutti, interpreti comprese, ma soprattutto per Valerio, grande amatore ma evidentemente poco avvezzo a certe frequentazioni, o a certi ambienti.
Le sue ex compagne di scuola preferite, le sue grandi amiche di sempre, che si baciavano in quel modo davanti ai rispettivi mariti… ed a lui!
Rimase in piedi sul posto, inebetito. Aveva gli occhi sgranati ed il bicchiere, obliquo, attaccato alle labbra ma non beveva, sembrava pietrificato. Anche e soprattutto in ‘quella’ parte anatomica, pensai divertita.
Ci lasciammo cadere sul letto abbracciate. Avevamo un certo affiatamento, quindi venne tutto ancora più naturale. I nostri capi di abbigliamento, compreso l’intimo, cominciarono a dissolversi uno ad uno, finché non lasciarono completamente nude, anzi soltanto con i sandali, due quarantenni, una bionda ed una mora, a detta di molti ancora notevolissime ‘gnocche’.
Francesco e Luigi erano rimasti fermi, seduti ai bordi del letto e Valerio ancora in piedi come lo avevamo lasciato, cioè con il bicchiere sempre appiccicato alla bocca e lo sguardo allucinato.
Andando avanti notai che i nostri mariti cominciavano a riprendersi dalla sorpresa e a far volar via anche loro qualche indumento.
A quel punto invitai Valerio ad unirsi a noi, ancora avvinghiate nel letto.
Lui, finalmente ripresosi -anche perché aveva notato che i ragazzi stavano incassando il colpo senza traumi particolari, segno evidente che quella non fosse la prima volta- dopo averli guardati come in cerca di assenso, si liberò dagli abiti con la velocità di Flash Gordon e si tuffò. Già ‘pronto’, neanche a dirlo.
Pochi minuti di giravolte a tre e lo lasciai da solo con la Simo, per due motivi.
Primo, perché lei lo desiderava ardentemente ‘in esclusiva’, lo compresi sin dalla mattina, da quel lampo assassino nei suoi occhi, quello che mi fece concepire l’intero progetto.
Secondo, perché in quel modo mi sarebbe stato possibile avere a disposizione i membri degli altri due, uno in bocca e l’altro nella fica, la mia passione.
Simona si sfogò abbondantemente ed io anche, poi convocammo l’intera squadra di nuovo sul materasso. Lei ed io quasi affiancate carponi a formare una ‘V’, con le teste praticamente attaccate.
La posizione permetteva a Francesco di scoparmi a pecorina e a Luigi di fare lo stesso con sua moglie. Valerio, davanti a noi, al vertice della ‘V’, si deliziava con il suo sesso in mezzo a due bocche femminili che si slinguazzavano freneticamente, impegnate nello stesso tempo in un pompino stereo: attimi di vera libidine.
Fu un susseguirsi incessante di: “Sìì dai, ahh, ancora, mmh” da parte di tutti, ormai non più perfettamente padroni di noi stessi, in quel groviglio di corpi che continuò a svilupparsi, così complesso e mutevole da non poterne ricostruire l’esatta dinamica.
Si era creata un’atmosfera erotica che raramente si raggiunge e che condusse tutti e cinque ad orgasmi galattici.
Dopo l’obbligatoria pausa-sigaretta, qualche risata compiaciuta per quegli attimi di follia ed un altro brindisi, all’improvviso un’ispirazione: decisi che mi sarei fatta un altro regalo.
Mi avvicinai a mio marito e gli sussurrai all’orecchio: “Attaccati a Simona e scopala a dovere, che ti faccio vedere, nel frattempo, una cosina”.
Neanche il tempo di finire la frase che lui, non prima di avermi apostrofato sorridendo con un: “Che zoccola sei, amore!”, armò in pochi minuti una ‘missionaria’ da vero mestierante, oltretutto in posizione strategica per non perdersi nemmeno un attimo di me.
A quel punto ordinai a Luigi e Valerio di mettersi vicini sul lettone, in modo che potessi tenerglielo in mano contemporaneamente, lasciando che ricominciassero ad accarezzarmi ovunque, così da riportare l’eccitazione all’apice.
Come furono di nuovo in modalità ‘on’ feci sdraiare il primo, sensibilmente più robusto dell’altro, ‘dotazione’ compresa, a pancia in su. Mi sedetti sopra di lui, accogliendo il suo cannone, un extra large di notevolissimo calibro, in una fica di nuovo intrisa di umori.
Dopo qualche pompata di assestamento, abbassai il busto ed invitai il secondo, più ‘umano’ nelle dimensioni, ad infilarlo ben umettato in quel culetto che rappresentava -non ne aveva mai fatto mistero, nemmeno da ragazzi- la sua passione da sempre.
Altrettanto da sempre considerato sacro, però, sia per l’amicizia che lo legava a me, prima, sia per quella verso Francesco, dopo. Pertanto, off limits.
Praticamente, un sogno che gli si stava materializzando.
La ‘doppia’: se ci sincronizza bene, e noi lo facemmo, è una pratica travolgente, sconvolgente, inebriante, ma sono solo parole, non rendono bene l’idea.
So soltanto che non mi sentivo più in me, che ero al top del piacere, che giravo continuamente la testa a destra e a sinistra e che godevo da impazzire, lanciando occhiate cariche di eros al mio amore.
Lui frattanto aveva cambiato posizione mettendo Simona, che ululava come un licantropo alla luna, alla pecorina sul divanetto e la possedeva furiosamente in piedi, fissandomi a sua volta con un misto di fierezza e complicità.
Andammo avanti ancora per molto poi, ritenendo prossimo da vari segnali l’epilogo della partouze, volli di nuovo tutti sul letto e mi attaccai a Simona in un bacio che non aveva nulla da invidiare a quello che ci scambiammo ad inizio situazione, quindi mi rivolsi ai ragazzi con dei segni eloquenti.
Loro compresero immediatamente e si inginocchiarono intorno a noi per inondare in contemporanea, dopo qualche colpo di mano, i nostri visi e i nostri seni di sperma copioso e caldo.
Una vera e propria doccia che non interruppe il bacio, anzi, quelle tre esplosioni a più riprese lo fecero diventare più lungo e lascivo.
Lasciammo che i loro corpi, ormai stremati, scivolando si adagiassero pian piano sui nostri e ci addormentammo con un’espressione estremamente soddisfatta, come gli adolescenti di molti anni prima.
Ebbi solo il tempo di pensare: “Proprio vero, l’ho sempre pensato che fra noi cinque ci fosse ‘un qualcosa di più’…”
FINE
*Chiediamo scusa ai lettori, ma l’inserimento nella categoria “Orge”, senz’altro più consono al tipo di racconto, avrebbe parzialmente rovinato la sorpresa sulla quale i nostri racconti spesso si basano.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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