Prime Esperienze
La signora Alice

07.06.2024 |
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"Era sera, e le luci calde della casa creavano riflessi morbidi sui mobili..."
Avevo diciotto anni e un’estate vuota davanti. Mio padre mi disse che la signora Alice cercava qualcuno per sistemare il giardino. La conoscevo solo di vista: capelli scuri raccolti con eleganza, vestiti leggeri ma sempre raffinati, uno sguardo misterioso che sembrava sapere tutto di te prima ancora che parlassi.Accettai subito.
Il suo giardino era un caos affascinante, un angolo di natura selvaggia. Io ci mettevo impegno, ma era difficile restare concentrato con lei che mi osservava dalla veranda, un calice di vino tra le dita sottili, le gambe accavallate con noncuranza, un sorriso indecifrabile sulle labbra.
Dopo il lavoro, mi offriva qualcosa da bere. All’inizio solo acqua, poi tè freddo. Poi vino. Ogni giorno, un po’ più vicini. Le sue domande diventavano più personali. I suoi occhi non si fermavano più sul giardino.
Un pomeriggio d’agosto, il caldo era insopportabile. Togliersi la maglietta era inevitabile. Quando rientrai per lavarmi le mani, lei mi fissò a lungo.
“Ti sei fatto proprio interessante, Joseph,” sussurrò, porgendomi l’asciugamano con un sorriso lento.
Cominciai a notare i dettagli: il modo in cui si mordeva il labbro mentre mi guardava, come lasciava che la spallina della camicetta scivolasse appena dalla spalla, il tocco leggero quando mi passava qualcosa, le dita che si attardavano un secondo di troppo sulla mia pelle.
La tensione tra noi cresceva, giorno dopo giorno.
Poi, quel giorno di pioggia. Lavoravamo in soffitta. Il suono della pioggia sui vetri, il profumo di polvere e legno vecchio, e il suo corpo caldo dietro di me. Mi girai e lei era lì, vicina, troppo vicina per resistere.
Mi baciò lentamente, profondamente, e quel bacio aprì qualcosa in me che non sapevo nemmeno esistesse.
Il tempo si fermò. Le sue mani esplorarono il mio corpo con una sicurezza che mi fece vibrare. La sua voce era un sussurro caldo all’orecchio, ogni parola una carezza che scivolava sotto pelle. Non c’era fretta. Solo pelle, desiderio e respiri intrecciati.
Quando ci fermammo, era come se il mondo fuori non esistesse più. Lei mi accarezzò il viso, poi sorrise.
“Questa... è solo l’inizio, Joseph.”
Poi si voltò e scese lentamente le scale, lasciando dietro di sé una scia di profumo e promessa.
E io rimasi lì, ancora scosso, ancora in attesa.
Perché capii, in quel momento, che con la signora Alice, l’estate era appena cominciata.
Nei giorni seguenti, ogni attimo con Alice sembrava carico di elettricità. I suoi sguardi erano più lunghi, le sue parole più lente, i suoi movimenti... studiati, quasi come una danza. Ma non fece nessun passo avanti. Come se stesse aspettando. O provocando.
Fui io, quella volta, a cercarla.
Era sera, e le luci calde della casa creavano riflessi morbidi sui mobili. Lei era in cucina, in vestaglia, i capelli sciolti, una goccia di vino che le brillava sulle labbra.
Non dissi nulla. Le presi il bicchiere dalle mani, lo posai sul tavolo e la baciai. Un bacio profondo, deciso. Lei non si tirò indietro, ma si lasciò guidare, il corpo che si arrendeva lentamente sotto le mie mani.
Mi condusse in salotto, dove il tempo sembrava sospeso. Le tende mosse da un vento leggero, la luce soffusa che accarezzava la sua pelle nuda sotto la seta della vestaglia.
“Vuoi davvero questo, Joseph?” mi sussurrò.
Non risposi. La presi tra le braccia e la adagiai sul divano. Le sue gambe si aprirono lentamente, il suo corpo mi accolse con una dolcezza potente, come se mi stesse aspettando da sempre. Ogni movimento era perfetto, sincronizzato, come se il nostro desiderio si fosse già scritto molto prima di quel momento.
I suoi gemiti erano discreti, ma profondi. La sua pelle calda, i suoi occhi chiusi, la sua voce roca che mi chiedeva di continuare. Di non fermarmi.
Ci muovevamo insieme come se sapessimo esattamente cosa ci faceva impazzire, esplorandoci con una fame lenta ma inarrestabile.
E poi il silenzio. I corpi abbandonati l’uno all’altro, le mani intrecciate, il fiato corto. Lei poggiò il capo sul mio petto e sorrise.
“Mi piace quando prendi l’iniziativa,” disse piano.
“E ora?” chiesi, già bramando il prossimo incontro.
Lei si sollevò su un gomito, mi baciò sul collo e sussurrò:
“Domani, non lavorerai in giardino. Porta solo te stesso… e lascia che ti insegni qualcosa di nuovo.”
Poi si alzò, nuda, sensuale, con la sicurezza di chi sa esattamente quanto può dare – e quanto ancora può farsi desiderare.
La mattina dopo, arrivai come mi aveva detto: solo, curioso, desideroso. Alice mi accolse con un sorriso indecifrabile e un foulard in mano.
“Chiudi gli occhi,” sussurrò, legandomi dolcemente. “Ora tocca a me guidare.”
E in quel buio profumato di lei, sentii il piacere diventare scoperta.
Ma quello… era solo l’inizio.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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