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La mia prima volta con la mia amica Enza


di esperienzanuova7375
01.01.2025    |    109    |    11 9.3
"Se mi avessero chiesto di descrivere cosa stesse succedendo, non avrei saputo rispondere..."
Quel sabato mattina mi svegliai ristorata dalle fatiche del lavoro settimanale. Il ticchettio dell’acqua piovana mi cullò tanto da farmi dormire fino a tardi, molto più tardi del solito e mi sentii incredibilmente riposata. La prospettiva di una giornata chiusa in casa non mi dispiaceva affatto, tutt’altro, preciso che vissi una settimana intensa e il riposo era il giusto compromesso del weekend; per giunta quella mattina non fui martoriata dal trambusto dei miei figli e dal supplizio di mio marito, tanto da rendermi la giornata rilassante. Con calma mi preparai una colazione succulenta e nell’attesa del caffè interpellai “Alexa” per sapere quale genere di musica potesse svegliare il mio torpore iniziale, mentre l’aroma dell’espresso incominciò ad invadere la casa. Per proseguire la giornata in tutta calma preparai una torta di mimose per omaggiare la festa delle donne, dato che quel sabato mattina era l’otto marzo. Il rumore improvviso del citofono mi fece sobbalzare; non mi capitava spesso di ricevere visite e non so come mai pensai al postino. Mi avvicinai all’apparecchio per visionalo e notai una figura velata dalla pioggia. «Chi è?» Lei mi rispose: «Sara ti disturbo? Sono Enza, mi puoi aprire per favore?» La sua voce mi arrivò gracchiante e in qualche modo urgente. «Certo!» risposi. Mi affrettai a schiacciare il pulsante. Mi detti un’occhiata veloce allo specchio dell’ingresso prima di aprire anche la porta di casa: indossavo un paio di pantaloni morbidi e una maglietta che si appendeva un po’ sulle mie forme, i capelli erano raccolti in una coda scomposta, uno sbaffo di latte e caffè mi contornavano le labbra mentre il lungo riposo mi donò una rotondità del viso che in genere non possedevo. Pensai che, nonostante tutto, fossi presentabile e, quando aprii la porta, lo spettacolo che mi si presentò mi lasciò senza parole.

Enza era in piedi sul mio zerbino e sembrò appena uscita dalla doccia tanto da infradiciare anche il mio stuoino. Solo che la doccia sembrava averla fatta con tutti i vestiti addosso. Il giubbotto leggero che indossava e i jeans erano completamente incollati al suo corpo e ne disegnavano le forme sensuali che le avevo sempre ammirato. Il suo capello riccio biondo faceva di lei la donna che tutti gli uomini avrebbero desiderata; avete presente la showgirl, modella e conduttrice televisiva tunisina Afef Jnifen, ecco Enza era quel genere di donna, le somigliava parecchio. Mi rivolse un’occhiata implorante «sono uscita senza ombrello e l’ho presa tutta in pieno. Mi sono ricordata che abitavi in zona e ho pensato…» Non la lasciai finire. «Ma certo, vieni dentro!».

Ci conosciamo da quasi una quindicina d’anni, sin dai tempi in cui i nostri mariti hanno incominciato a lavorare a scuola. La nostra conoscenza si andava ad affinare nel tempo, anno dopo anno, anche se non potevamo ancora definirci grandi amiche, anche se assieme formavamo un duo di gnocche tanto da non passare inosservate agli occhi degli uomini. Ogni qualvolta eravamo ad un bar “X” si avvicinava il maschio di turno, dal ragazzetto all’uomo di mezza età, dall’allupato ciccione al vecchiardo che con la più banale delle scuse tentavano di provarci. Per loro, più delle volte, l’approccio non andava a buon fine mentre noi ci guadagnavamo sempre la consumazione che ci offrivano. In poche parole ci sbavavano. Come detto non potevamo definirci grandi amiche, ma avevamo tante conoscenze in comune e ci vedevamo con una certa regolarità.

Lei fece un vago tentativo di pulirsi le scarpe sullo zerbino e varcò la porta di casa. «Ti posso prestare delle cose.» Dissi, quando lei si fermò subito oltre la porta, timorosa di andare oltre, eppure non era la prima volta che si presentava a casa mia. «Ti puoi fare una doccia…» La esortai, mentre la osservai scollarsi lentamente il giubbotto e appoggiarlo con cura sopra il portaombrelli. Sotto indossava una semplice maglietta bianca, completamente bagnata, che rivelò un reggiseno di pizzo che a sua volta svelò i suoi capezzoli erti. Il mio sguardo cadde lì, su quelle sue forme rotonde che tanto le invidiavo. «Ti porto un asciugamano.» Le dissi in fretta, consapevole che il mio imbarazzo si potesse trasmette anche a lei. Tornai dopo un attimo e la trovai senza maglietta. Ora i suoi capezzoli rosa fecero capolino tra i pizzi del tessuto. Lei mi ringraziò con lo sguardo, si chinò in avanti per slacciarsi le scarpe e il suo seno oscillò insieme ai suoi movimenti. Sgusciò fuori dalle scarpe con un gesto sinuoso e, senza esitare, si slacciò i jeans e iniziò a sfilarseli. L’acqua raggiuse anche la sua biancheria e, esattamente come il reggiseno, anche i suoi slip erano completamente bagnati e quasi trasparenti. Sollevò uno sguardo di scuse su di me e per la prima volta mi sembrò di intravedere una punta di malizia nell’occhiata che mi rivolse. Mi resi conto che ero ferma davanti a lei, con l’asciugamano in mano, e gli occhi incollati su ogni parte del suo corpo, specialmente quelle più intime. Come detto non passavamo in osservate agli uomini e su questa cosa ci scherzavamo sempre, tanto da scimmiottare l’argomento pensando che prima o poi avremmo dovuto scoparci qualcuno di loro, magari un bell’uomo distinto, raffinato e ricco degustandoci un “ménage à trois” ma era solamente un “pour parler”.

Per pettegolezzo seppi che non sdegnava le relazioni extraconiugali; ebbe più amanti contestualmente al suo matrimonio e avvolte non disdegnava provare l’avventura. Non l’ho mai giudicata per questo anche perché “chi è senza peccato scagli la prima pietra”, considerando che anch’io nascondevo gli “scheletri nell’armadio” avendo una vita da scopatrice seriale.

«Ti preparo un caffè?» «Grazie», mi rispose sembrando fosse tornata normale. «Mi farei volentieri una doccia, se posso.» «Certo» mentre la indicai la porta del bagno. Il rumore della doccia si aggiunge a quello dell’acqua che scrosciava fuori. Lo strepito mi indusse a bussare alla porta del bagno, l’idea del suo corpo nudo dentro la mia doccia mi mandava scariche di eccitazione; arrivai fino alla porta ma poi tornai indietro e mi diedi da fare altro per distrarmi. Quando la sentii uscire dal bagno, non riuscii a trattenermi e le andai incontro nel corridoio, la trovai avvolta nell’asciugamano, rendendomi conto che non le avevo ancora dato un cambio e mi affrettai ad andare in camera. Le portai un paio di pantaloni da tuta morbidi e una maglietta, e della biancheria intima, lei me le restituì con quel sorriso enigmatico e decisamente malizioso chiudendomi la porta praticamente in faccia. Poi, finalmente, la sentii uscire dal bagno e mi raggiunse in cucina. «Wooow!» Esclamò alla vista del caffè caldo nella tazzina. Un sorriso giocoso le fece spuntare una fossetta irresistibile sul suo viso. Si avvicinò e mi diede un bacio sulla guancia. «Mi sa che mi è andata bene a infradiciarmi così.» Arrossii violentemente, non tanto per il suo gesto o il suo complimento, quanto per il brivido che il contatto con le sue labbra mi provocò. I suoi capelli si stavano asciugando all’aria calda della casa e stavano riacquistando la consueta morbidezza; la mia maglietta le fasciava il seno che intravidi sotto la stoffa leggera e il pensiero che non indossasse gli slip mi azzerò la fame. Sentivo il desiderio annidarsi dentro di me e mi salì sempre più prepotente.

Durante la nostra chiacchierata mi riferì di qualche pettegolezzo su amiche in comune. Doveva fare l’attrice, pensai dentro di me, mentre sorseggiammo il caffè, dato che “aveva quella capacità innata di calamitare subito l’attenzione e di essere persuasiva”. Quel sabato era la festa della donna e a me non andava di festeggiare un avvenimento consumistico e, questa ricorrenza aveva sminuito la sua importanza; la società dava più spicco a riempire i locali notturni che a preoccuparsi dei reali problemi delle donne. Lei non si preoccupò minimamente di questo aspetto tanto da convincermi ad uscire con lei in un locale notturno, rendendomi partecipe di un rito consumistico che banalizza le donne nell’astrazione generica. E se quella sera, pur non avendo tanta voglia di uscire il pensiero che mi assillò da quando uscì dal bagno con addosso la mia tuta era che sotto quella stoffa morbida non avesse nulla di intimo, per cui mi lasciai ammaliare dalla sua insistenza e feci prevalere il desiderio di passare la serata con lei rendendomi partecipe della Festa modaiola tutta all’insegna del consumismo globalizzato.

Infatti, quella stessa sera mi trovai catapultata in un locale dove tutto era concesso, tanto che incominciai a guardarmi attorno, mentre lei mi sussurrò all’orecchio «dobbiamo trovare il fortunato». Avrei voluto tirargli una gomitata pensando a che tipo di serata avremmo dovuto passare, certamente avevo capito che quella sera avremmo dovuto fare sesso con qualche sconosciuto. «È una bomba questo locale», disse Enza in quel momento; incuriosita, mi guardai davvero attorno, anche se non per i motivi che pensava lei. Quel posto era davvero particolare: sembrava che avessimo appena varcato il confine del mondo della perdizione, della lussuria e del proibito. Le pareti rosso sangue contrastavano con i divanetti neri in pelle. I tavolini rotondi e neri erano disposti attorno agli enormi cubi da ballo, la cui superficie era rivestita dal vetro satinato luminoso, al centro del quale si ergevano i pali in ferro cromato per la lap-dance. Tra non molto tempo gli spogliarellisti si sarebbero dilettati ad eseguire il loro spettacolo. Con lo sguardo circospetto ed esterrefatto, seguii Enza e insieme ci dirigemmo verso il bancone del bar, illuminato da luci che si alternavano in un gioco scenografico di colori, e mi soffermai a guardare il barista, il quale ricambiò lo sguardo con malizia. «Cosa vi porto, ragazze?» il barista posò i palmi sul bancone e notai ancor di più e da vicino la sua bellezza, anche se rivolse la domanda alla mia amica. Poi spostò subito gli occhi su di me non lasciandomi sfuggire l’occhiata che lanciò al mio seno che si intravedeva dal vestitino leggermente aperto.

Proseguimmo la serata a base di alcool, eravamo ormai al limite delle nostre possibilità e rimanere ancora con un barlume di lucidità, mentre il dj della serata accompagnava spesso con la voce il succedersi delle canzoni, tutte da ballo scatenato; sarà stato per l’inevitabile struscio con donne spesso discinte e qualche uomo voglioso che in me si era fatto largo la voglia di evasione. Nel locale si respirava un clima di perdizione e di perversione che mi faceva girare la testa; il dj oltre che a stabilire la musica stabiliva anche quando il locale dovesse rimanere al buio e a intervalli di circa dieci minuti provocava dei black out incentivando a dare sfogo alle affinità elettive; spesso alla riaccensione delle luci si notavano miscugli di corpi che si “scollavano” sconvolti, con lo sguardo indemoniato. In particolare, alla fine di uno dei tanti black-out a fianco a me un ragazzo si staccò da una ragazza, il suo sguardo incrociò il mio, l’occhio lubrico e la bocca bagnata mi provocarono una sensazione simile al vuoto d’aria di un aereo. Mi venne incontro caracollando per invogliarmi a ballare con lui; mi sentivo letteralmente calamitato verso il suo corpo. Ero fasciata da un tubino nero elasticizzato che lasciavano nude le mie spalle e mettevano a seminudo i miei seni. Pian piano incominciai a ballargli davanti girata di spalle muovendomi come un’ossessa per poi strusciargli il culo su di lui. L’odore che esalava la sua carne era di animalesco, per cui sentivo che la sua erezione che era soffocata solo dalla fasciatura degli slip aderenti e dal suo pantalone. Percepivo il cambiamento di dimensione del suo uccello sul mio culo e il fatto che continuasse a non staccarsi minimamente mi faceva bollire il sangue; speravo che il DJ spegnesse le luci, ma l’attesa mi sembrava interminabile; finalmente, dopo un lasso di tempo che non fui in grado di quantificare (mi sembrò di essere in un altro spazio temporale), il buio. Subito rallentai la velocità dei miei movimenti passando ad uno sfregamento più mirato, una specie di massaggio, mentre lui mi cinse da dietro mettendomi una mano sulla pancia all’altezza dell’ombelico e cominciò a massaggiarla lentamente come si farebbe per lenire un mal di stomaco; ad ogni massaggino scendeva verso il basso fino ad arrivare sulla mia figa. Con la mano destra mi spingeva il vestito tra le cosce massaggiandomi il monte di venere e cercando la zona clitoridea e contemporaneamente spingevo verso il suo uccello il mio culo mentre posò le sue labbra sul mio collo scoperto per baciarmelo. Mentre con la sua mano stava risalendo le cosce, un bagliore mi riportò alla realtà: il DJ aveva riacceso le luci e ci ricomponemmo, anche se continuammo a ballare attaccati, mi sentivo una cagna bagnata ma castrata, mi girai verso di lui per scambiarci degli sguardi scabrosi fino a quando decisi di marciare spedita verso i bagni del piano superiore.

Mi intrufolai nel bagno degli uomini mentre arricciai il naso a causa dell’odore nauseante che si avvertiva nell’aria, mi lasciai alle spalle la porta semi aperta con la chiara intenzione di farmi scorgere. Nell’attesa che quel ragazzo mi raggiungesse mi feci trovare chinata a 90° appoggiata con le mani sul bordo del lavandino. Restai in quella posizione in attesa del suo arrivo con l’intento di vivere consapevolmente una situazione assurda ma così intensa, ormai non potevo tornare indietro, era troppo tardi. Entrò spedito e senza pronunciarsi mi tirò su il vestito, scostò il filo degli slip che copriva a malapena il buco del mio ano per infilarmi il dito nella figa bagnatissima. Era freddo e impassibile, incurante di quello che stessi provando e continuò a girarmi il dito nella fessura che lacrimava gli umori del mio piacere. Lo guardai negli occhi e lo sorpresi a fissarmi, riflessivo. «Allora vuoi scoparmi? Avanti. Fatti conoscere» Lo sfidai e lui aggrottò la fronte, era sorpreso da quella richiesta improvvisa, preferivo così pur sapendo che tra tutta quella gente presente il mio corpo avrebbe potuto vivere un amplesso animalesco, non feci altro che aggiungere eccitazione su eccitazione, pur rendendomi conto che ero completamente fuori di senno. Raccolse la mia voglia bramosa con «Non sai quello dici», poi scosse la testa e mi parlò con un tono derisorio. «Immagina cosa penserebbero i tuoi colleghi...rovineresti il buon nome della tua reputazione e appariresti per quella che sei. Una puttana che si è scopata uno sbarbatello» Accostò la bocca al mio orecchio e tirò fuori la lingua leccandone il lobo, poi la guancia. Lo stomaco si strinse in una morsa stretta senza avere ripercussione sul mio stato eccitativo. Le sue parole mi fecero capire che conoscesse bene la mia vita e della mia famiglia, ma rincarai la dose urlandogli delle porcate esagerate consapevole che avrei assaporato l’innocenza del ragazzino alla prime armi, avrei succhiato la sua ninfa, avrei aspirato il suo profumo di cocco e lambito l’arnese del sesso, perché il mio corpo desiderava solo il suo cazzo e nient’altro. «Fallo!» Lo colpii sul braccio e lui sollevò di poco il busto, inarcando la schiena. Quel movimento mosse la sua erezione dentro di me che spinse più a fondo provocando una fitta di dolore e piacere che mi fece serrare i denti. Lo sentivo nella pancia, tra i seni, ovunque. Era così sconvolgente a tal punto da gemere entrambi. «Usami e basta. Stasera sono tuo. Voglio che nei tuoi ricordi questa sia la prima volta che hai sempre desiderato.» Si avvicinò alla mia bocca e mi baciò riprendendo da dove ci eravamo interrotti. Smisi di insistere, di pensare e di preoccuparmi. Mi sarei presa la responsabilità delle mie azioni, ma in quel momento cancellai ogni cosa. Sarei stata egoista per una volta, anche se sapevo che me ne sarei presto pentita. Lo strinsi a me e mi lasciai andare. Ci baciammo, ci toccammo, ci unimmo. Iniziò a muoversi dentro di me con più vigore. Entrava forte e usciva piano facendomi sentire ogni centimetro del suo cazzo. Gli morsi il collo ed emise inaspettatamente un sospiro di puro godimento. Era silenzioso durante il sesso e sentire i suoi gemiti virili era come cogliere una stella cadente in un cielo pieno di nuvole. Sorprendente e magnifico. Mi eccitava il suo respiro che di tanto in tanto accelerava e il suo corpo che si tendeva sotto le mie dita. Lo accarezzavo e gli facevo lo stesso effetto che lui faceva a me. Spesso gli chiedevo di darmi tregua e di farmi incamerare aria. Era troppo possente e il mio corpo minuto veniva sopraffatto da quella montagna di muscoli e testosterone. «Sei così stretta.» Commentò nel mio orecchio dopo un tempo infinito tanto da non essere certa che avesse parlato. Quel timbro baritonale e indecente mi fece arrossire. «E tu sei troppo ingombrante.» Mi lasciai sfuggire e lui mi guardò malizioso. Stavamo respirando a fatica mentre flirtavamo spudoratamente. «Dovresti esserne contenta.» Mi posò un bacio casto e riprese a muoversi. Deciso ma misurato. Capii che non si sarebbe più fermato perché entrambi ci facemmo trasportare dal momento. Io seguii lui e lui seguì me. Eravamo un incastro inspiegabile ma perfetto. Mi dolevano le ossa del bacino e i muscoli delle gambe. La mia intimità bruciava, ma fu passionale e delicato per tutto il tempo.

«Credo che sto per...» Non sapevo riconoscerlo, non ne ero certa, ma supposi che per me la magia stesse per giungere al termine, per godermi ancora di più gli attimi mi girai appoggiando il culo sul lavandino e gli mostrai la figa glabra; i colpi dei suoi fianchi aumentarono e il mio corpo iniziò a tendersi e a volerne sempre di più. Incurvai le dita dei piedi e reclinai il capo. Affondai le unghie nella sua schiena liscia e scese a succhiarmi il seno. Lo fece nel momento giusto per ampliare quelle sensazioni incontrastabili. Sentivo la sua lingua stuzzicarmi, i denti mordermi e le labbra avvolgermi. «Lasciati andare...» Mi parve di aver sentito la sua voce bassa e roca e quella fu un assalto al controllo che persi completamente. Mi mossi sotto di lui, nessuno dei due si preoccupò che qualcuno potesse sentirci. Ero al limite, sull'orlo di un precipizio. Era quello ciò che provavano le altre? Mi girava la testa e il cuore batteva come impazzito. Strinsi le ginocchia attorno ai suoi fianchi e lui dovette apprezzarlo perché si mosse con più enfasi contraendo i glutei. Lo toccai tutto e mi beai di quel corpo da adone, totalizzante e virile sotto ogni punto di vista. Mi sforzai di trovare in lui difetti fisici, ma ne era privo. Mi concentrai sulle sue reazioni. Era magnificamente silenzioso, ma il suo respiro non ingannava. Era al limite anche lui. «Verrai adesso.» Lo ordinò al mio corpo, sussurrandolo al mio orecchio e fu assurdo il modo in cui i miei muscoli reagirono al suo timbro maschile e categorico. Mi baciò per attutire il mio urlo e gli graffiai la schiena quando il desiderio dipinto sul suo viso perfetto fu l'ultima splendida visione che ebbi prima di chiudere le palpebre. Il piacere mi invase completamente, ogni mio senso era ormai all'apice di una dimensione che potevo definire quasi surreale. Non ebbi la forza di ricambiare a dovere quel bacio, non avevo più ossigeno nei polmoni e sentii il cuore battere nelle tempie. Fu in quel momento che scoprii il divino in forma umana: era l’estasi dell’orgasmo. Il mio corpo era sudato e bollente, percosso da brividi e contrazioni inarrestabili. Non potei controllare gli spasmi, potenti e travolgenti che mi resero schiava di una condizione fisica e mentale del tutto nuova.

Un attimo dopo varcarono la porta d’ingresso due uomini sulla quarantina ritrovandosi nell’antibagno con la scena imprevista; alla loro vista assunsi la tipica espressione colpevole che non sfuggì ai loro occhi inquisitori. Smisero di parlare e fissarono la scena diventando due statue di cera, forse erano anche impalliditi ma non smisero di guardarmi. Io tirai fuori la parte selvaggia di me e priva di morale diedi sfogo alle mie voglie represse con lui. Ero anche attratta dalla presenza di quei due che fissavano acutamente, per cui mi avventai sulla sua bocca con violenza, con le mani impazienti gli toccai il corpo… era così duro e freddo come il marmo che mi sentii completamente inebriata. Non riuscivo più a sopportare l’attesa di essere scopata, per cui dissi a voce alta «dai…scopami», così mi sollevò adagiandomi sul lavandino e mi spalancò le cosce e mi penetrò con impeto. Ero così bagnata che mi invase senza alcuna difficoltà. Ci guardammo a vicenda e riuscii a vedere il mio riflesso nelle sue iridi brillanti. Era sudato e affannato, ma aveva ancora il pieno controllo di sé, a differenza mia che avevo perfino dimenticato dove mi trovassi. Non mi concesse il tempo di familiarizzare con lo stato psicologico post-orgasmo in cui ero, che riprese a muoversi dentro di me con coercizione e ciò mi fece temere di poter rivivere un secondo momento di estasi come quello precedente. Sarebbe stato imbarazzante venire due volte. Tuttavia ero così bagnata da sentirlo scivolare facilmente dentro di me, quasi fino in fondo e provai ulteriore piacere. Lo assecondai perché volevo che stesse bene anche lui e che si prendesse ciò che mi aveva appena donato. Emisi un urlo; lui si fermò nel suo calore avvolgente, chiudendo gli occhi. Mi leccai il labbro inferiore e, come una bestia affamata rimase impalato dentro di me, assaporando l’attimo in cui fu’ circuito dalle mie pareti bollenti e strette. Sentii le pulsazioni del suo cuore mentre l’unica cosa che pulsava in me era la mia fregna. Trascorsero altri dieci minuti di colpi interminabili, sembrava davvero instancabile ed io ero esausta.

Uno dei due uomini era sgraziato e approfittò del mio stato di “trance” per venirmi vicino ed imboccare la strada che lo avrebbe condotto dritto alla mia “isola che non c’è”. Le sue labbra accarezzavano ogni centimetro della mia pelle profumata, mi infilò i pollici nelle fossette di Venere e disse: «quanto mi sarebbe piaciuto fotterti il culo», lo guardai senza proferire parola ma avrei voluto dirgli: “è già tanto che mi stai leccando” che sentii mordermi una natica e quasi contemporaneamente mi schiaffeggiò subito dopo, facendomi sobbalzare in avanti. Volevo continuasse quella pratica, era perfetto quel gioco misto tra trash e sadomaso; provvide ad allargarmi le natiche e avvicinò il suo viso nel solco centrale per leccarla. Sobbalzai quando sentì la sua lingua calda scorrere dallo sfintere fino alle labbra morbide e bagnate. Affondò nella mia fica e sussultai ancora a causa dell’improvvisa intrusione. Gemetti trascinando subito dopo un urlo di piacere perché conoscevo bene le tecniche da adottare per far impazzire una donna. Ero già appagata e sfinita per dargli la possibilità di finire quello che aveva già iniziato; soltanto quando il mio eccitamento diminuì a poco a poco fui invasa da una sensazione di torpore e da un'improvvisa sonnolenza che mi fece precipitare nella realtà.

Lo spettacolo a cui diedi vita ebbe una durata di circa venti minuti. Assaporai un piacere intenso che mi stordì; nella mia mente si annidò la visione del corpo splendido di Enza e della maniera con la quale riusciva a sfoggiarlo elegantemente.

Tutto ciò precedette il raggiungimento del picco erotico. Infatti, mentre la sera scivolò lentamente pensai tanto a lei e, nel momento in cui smisi di farlo mi sentii afferrare la mia mano e mi trascinò con se verso la vettura lussuosa che con ogni probabilità doveva appartenere a suo padre e strinsi gli occhi per cercare di captare le sue intenzioni. Ogni passo che mi conduceva lentamente verso quell'auto diventava sempre più incerto, come se stessi andando su una ghigliottina e stessi per inalare il mio ultimo respiro mentre si strinse nel cappotto per ripararsi dall’aria fredda di quella sera. Ogni mio dubbio venne meno però quando la portiera si aprì. Avvertii il calore del nostro contatto disperdersi nell’aria gelida, mi sentii come una neonata che, per la prima volta aveva stretto nella piccola mano quella del suo papà. Le emozioni di quell’istante erano incontenibili e in lotta contro la mia razionalità tanto da sfuggire al mio controllo e uno strano calore provenne dal mio basso ventre, il mio corpo desiderava solo il contatto delle sue curve, il suo oceano cristallino, il suo profumo, le sue mani che si affusolavano sulle mie curve, le sue labbra piene dei miei baci. Lei diventò la mia ossessione e, nonostante fino a quel momento fossi andata avanti con la mia vita, dentro di me, dentro i miei occhi, ci sarebbe sempre stata qualcosa di lei, anche se tra noi non successe nulla fino a quella sera.

Sfilammo via in macchina con la consapevolezza che la serata era al capolinea e durante il percorso non raccontai nulla di quello che mi accadde, per qualche inspiegabile motivo, sentii dentro di me la necessità di proteggermi e di custodire i momenti che gustai in quel bagno con degli sconosciuti, perciò mi limitai a chiederle cosa avesse fatto di bello durante la serata dal momento in cui ci perdemmo di vista. Scosse la testa e mi sorrise lasciandomi cullare dalla sua voce «Sei bellissima.» Le mie guance e il mio collo si arrossirono e la mia figa emanò un liquido pre-eiaculatorio.

Non prese la direzione che conduceva alla mia dimora ma imboccò una stradina buia e senza via d’uscita; in me si annidò la consapevolezza che quello che stava per accadere fosse la mia liberazione, l’inizio e non la fine di una serata eccezionale. Bloccò subito la sua BMW i3 di colore blu non proseguendo fino alla fine la strada, come se sentisse un desiderio irrefrenabile per cui mi infilò una mano tra i miei capelli avvicinandosi con la sua bocca. L’assecondai con la lingua inseguendo con passione la mia impedendomi di respirare. Era carnale e delicata con i baci e, a me piacevano esattamente così, le labbra carnose erano bollenti e tumide, e d’istinto gliele morsi perché erano semplicemente fantastiche. Quel momento fu uno di quelli che non avrei mai potuto misurare con l’orologio, ma solo con i battiti del nostro cuore, con le bocche unite, le gambe intrecciate e l’onda di piacere che la indusse a spingere il bacino contro la mia mano. Poi mi baciò con rudezza, con padronanza e dominanza. Mi baciò senza consentirmi di respirare, muoveva la lingua così veloce e così in profondità da rendermi impossibile stargli dietro. Era il primo bacio per me con una donna e lei se ne accorse al punto di chiedermi quanta esperienza avessi; le risposi che era la mia prima volta e questa cosa la spinse a dirmi «ora ti sblocco io, comunque sei stata brava.» La sentii emettere un sospiro di piacere e quello esaltò il mio orgoglio femminile. Con la mano scese a palparmi un seno e poi più giù, l'addome, fino ad arrivare al mio pube. Si intrufolò al di sotto delle mutandine che sentii umide contro la pelle e iniziò a toccarmi. Arrossii violentemente quando mi accorsi di essere bagnata, lei l’avrebbe notato e questa consapevolezza mi imbarazzava. Tuttavia scacciai via quei pensieri perché faticavo a baciarla mentre le sue dita concedevano attenzioni al clitoride che avvertivo sensibile a contatto con i suoi polpastrelli. Respirai a fatica e cercai di incamerare aria mentre Enza mi baciava ovunque. Era chiaro che fosse abituata a tutta quella situazione, era sicura di sé e riusciva a concedermi piacere in più punti del corpo con la stessa intensità, io invece non riuscivo a stargli dietro, temevo di morire d’infarto ancor prima di iniziare. «Piano...» Sussurrai ancora, proprio quando sentii le sue dita accarezzarmi le grandi labbra. Non mi stava facendo alcun male, ma la mia mente immaginava un dolore fittizio solo perché avevo paura di provarlo. Ero psicologicamente intimidita benché fisicamente il mio corpo si stesse abituando a quelle sensazioni. «Non ti farò male. Te lo prometto.» Sussurrò sulle mie labbra ed un dito scivolò dentro di me, poi un altro. Le accolsi come se le sue dita fossero state create solo per me. Le mosse seguendo un ritmo calcolato per provocare il giusto piacere. Mi sentivo accaldata, liquefatta e sovreccitata. Gli morsi il labbro e la baciai con tutta me stessa. Lei si staccò da me, intravidi che i suoi capezzoli si fecero turgidi e non resistetti più. La invitai a sedersi su di me e le infilai le mani sotto la maglietta. La sua pelle era di una morbidezza che mi sconvolse, scivolai sulle sue curve, mentre sentivo le sue mani accarezzarmi il viso, le sue dita infilarsi nel nostro bacio. Lo spazio che ci offriva l’auto era angusto, così decisi di giocare con i suoi capezzoli, poi le sollevai la maglietta e gliela tolsi. I suoi capelli, elettrizzati da quel gesto, crearono un’aureola improvvisa che le conferì un’aria buffa. Scoppiamo a ridere tutte e due anche se prese dall’eccitamento, era sensuale anche quando rideva. Presi nuovamente i suoi capezzoli in bocca mentre la liberai dai suoi indumenti, per toccarle la sua carne calda del sedere. Mi sdraiai sul sedile con un’espressione di indicibile lussuria negli occhi, la visione del suo corpo era troppo eccitante, mi abbandonai ai miei sensi più istintivi, presi le cose con calma e le dissi: «sono tua.» Appoggiò la bocca alla pelle del mio ventre, riconoscendo l’odore del mio bagnoschiuma; disegnò una scia di baci leggerissimi, che seguì scendendo lentamente ma inesorabilmente verso il basso mentre sentivo la mia pelle cambiare consistenza. Avevo la pelle d’oca dall’eccitazione. Arrivò fino ad appoggiare le labbra sul mio sesso, mentre mi lasciai sfuggire un gemito di piacere, per un istante si allontanò da me. Aprii gli occhi per capire le sue intenzioni e la vedi farsi spazio nella piccola auto, nuda sopra la mia testa: come una pietanza sopraffina, un banchetto che si offrì al mio palato e alla mia vista. Le accarezzai le cosce portandomi uno dei suoi piedi per leccarle le dita, la iniziai a stuzzicarla lentamente e leggermente. A quel punto la esortai ad essere parte attiva, volevo essere io la preda e non la cacciatrice.

Accolse con piacere il mio invito penetrandomi con due dita ed io gemetti, contraendo ogni mio muscolo anche il più impercettibile. Le mosse in modo esperto, accarezzando le mie pareti ancora strette ma cedevoli. Le piegò ad uncino e arrivò in quel punto che per lei sembrava tanto facile raggiungere, risultato di un lungo elenco di esperienze nella sua vita. Strinsi le labbra per non gemere ancora, per non dargliela vinta, per non cedere, per non mostrargli il potere che aveva su di me, ma l’aveva intuito perché il mio corpo non faceva altro che tradirmi. «Sei una troia.» Dissi mentre si portò le dita, con le quali mi aveva toccata, alla bocca e le succhiò, mugolando con lascivia. Leccò via le mie secrezioni e inchiodò quelle gemme dorate nei miei occhi. Mi sorrise maliziosa mentre io arrossii violentemente, non ero per niente abituata ai suoi gesti sfrontati. Mi accarezzò le natiche con una mano e con l’altra iniziò a toccarsi anche lei; si rituffò sulla mia passera umida, alternava leccatine delicate a vere e proprio succhiate, all’inizio mi limitai a sospirare profondamente. Quello struggersi di piacere la indusse a continuare imperterrita con lo stesso tocco leggero. Mi lasciai sfuggire un primo gemito, poi un altro, poi iniziai a gemere regolarmente, a respirare pesante. La pregai, con voce supplichevole, di farmi godere e lei continuò come cominciò. Ogni tanto interrompeva le leccate, il mio corpo sussultava, ogni volta che si staccava da me, per dirmi quanto fosse stata oculata a presentarsi a casa mia, tutta bagnata e ad indossare i miei vestiti senza biancheria…, ogni qualvolta riappoggiava le sue labbra su di me, sussultavo ancora più violentemente e le imploravo di più. Il mio corpo iniziò a tremare sotto le sue labbra, continuò con i suoi baci leggeri finché non arrivarono le convulsioni del piacere a scuotermi tutta, a strozzarmi la voce in gola. Alla fine arrivò un orgasmo che sembrò non finire mai. Ne sentivo gli spasmi, la sua faccia immersa nel mio grembo mi provocò un tremito più forte, che mi fece ansimare. Non riuscivo più a resistere, la tensione divenne insopportabile. Inclinai la testa all’indietro, strinsi qualcosa tra le mani, mentre Enza continuò a dominarmi. D’un tratto, il mio cervello andò in cortocircuito e il respiro divenne corto. Feci ondeggiare il bacino e accolsi dentro di me le sue dita, fino in fondo. In quell’istante, avvertii l’ondata di calore che risaliva dal basso. «Fai la brava. Non ti farò finire così…» sussurrò perversa, poi sfilò le dita dalla mia intimità e le avvicinò alle labbra per succhiarle. Mi morse la spalla infilandomi contemporaneamente tre dita portandole fuori e dentro, fuori e dentro. Una furia. Se mi avessero chiesto di descrivere cosa stesse succedendo, non avrei saputo rispondere. Era qualcosa di immenso, selvaggio, ma unico, dannatamente unico, e con mia sorpresa scoprii che mi piaceva. Era estasi. Godimento. Vita. Mi infilò una mano tra i capelli umidi, sconvolti come me, e con vigore me li tirò facendomi stringere i denti per il piacere e per il dolore «Mi stai facendo male, stronza», gli sussurrai all’orecchio, sentendola sorridere nell’incavo del mio collo come se non aspettasse altro che quelle parole mentre iniziai a ondeggiare anch’io, ad accogliere davvero tutto, a sentirla oltre ogni limite mentre con le sue quattro dita, ad eccezione del pollice, andava dentro e fuori. All’improvviso inarcai la schiena e cacciai un urlo incontrollato. Poi tremai tutta e mi abbandonai a un potente orgasmo, inaspettato. Ma lei continuò a muoversi ancora. Non si fermò neanche per un istante, dopo un po’ si riscosse e si sollevò: aveva gli occhi pieni di desiderio. Mi prese il viso e lo portò all’altezza del suo. «E’ il mio turno, adesso» disse, con un sorriso, mentre mi baciò le labbra salate.

Voleva che facessi esattamente le stesse cose che lei fece a me, per cui incominciai a sbaciucchiarle il “Monte di Venere” gli infilai l’indice della mia mano sinistra nel buchetto del suo bellissimo e profumatissimo sederino. Cominciai a sentire il piacere diffondersi tra le sue gambe. Lei mosse il bacino avanti e indietro. Fissai il suo sguardo mentre con le mani si accarezzò prima il suo sesso e poi il suo seno; avevo i polpastrelli un po’ bagnati e il luccichio del bagnato mi fece eccitare un po’ di più. Lei si stava toccando più forte ed io mossi la mia mano più veloce. I finestrini dell’auto trasudavano vapore e incominciai a sentire caldo ma ciò non mi impedì di toccargli i suoi seni madidi. Erano sodi a forma di coppa di champagne e si sollevavano ogni volta che inspirava. Aveva due capezzoli piccolini e dritti e un’areola scurissima. Per un istante immaginai di passarci la lingua sopra ma mi spostai sulla sua faccia, aveva la bocca aperta e cominciò ad ansimare più forte. Chiuse gli occhi e mosse il bacino più forte. A tratti chiusi gli occhi anch’io. Il suo viso pulito e perfetto in quella posizione naturale, le donavano un’espressione riflessiva e tenebrosa, tanto da risultare più bella del solito e ciò aumentò il desiderio di baciarla nuovamente. Mi saziai della sua bocca e quando rividi il suo pube glabro, sul quale indugiai lussuriosa, mi avvicinai al suo clitoride con atteggiamento delicato e in modo leggero incominciai ad assaporarla usando la lingua calda. Poi accelerai i movimenti sulla sua fica man mano che mi eccitavo; sentii il suo respiro farsi sempre più pesante e anche io continuai a sentirmi invasa dal piacere. Era come una guerra, uno scontro all’ultimo sangue. Le baciai il collo, glielo succhiai poi glielo leccai per lenire quel lembo di pelle. Strinsi gli occhi e cercai di controllare i gemiti che mi stavano squassando il petto. Continuai a muovere la lingua per farla cedere, per proclamare la sua sconfitta, ma lei era determinata a vincere, a dominare, a sopraffarmi. «Se continui così avrò l’orgasmo più potente di sempre.» Mormorò, respirando in maniera accelerata. Con la mano destra incominciai a stuzzicarle il clitoride, con la sinistra le affondai due dita nell’ingresso posteriore facendola ansimare. Stava cedendo, si sentiva liquefatta e stordita. Ora sapevo quello che stavo facendo e sapevo anche come farlo. La battaglia la stavo dominando ma contemporaneamente emettemmo un gridolino sommesso, fu’ il preludio di qualcosa di più intenso che di lì a poco stava per scoppiare all’interno di una piccola e scomoda auto. Lei arrossì, nonostante le avessi già fatto qualsiasi cosa e conoscessi a memoria ogni sua curva. Allora le sorrisi maliarda, pronta a divorarla. Ripresi a baciarla e intensificò il nostro bacio, muovendo la lingua con più audacia. Era eccitata esattamente quanto me… Lei ansimò e più mi muovevo con le dita dentro di lei e più si eccitava al punto di iniziare un bel 69 per farle gustare i miei umori. Cominciò a sentire il piacere diffondersi tra la sua e la mia bocca. Le nostre lingue si muovono con insistenza sui nostri clitoridi, andavano su e giù tra le nostre fessure senza fermarsi; l’orgasmo incominciò a salire dentro le nostre sorche dando una sensazione di esplosione di piacere che durò parecchi secondi. Ci lasciarono ansimare forte, deflagrammo in un orgasmo violento che ci svuotò i polmoni, oltre che ad inondarci per aver liberato i nostri umori con lo squirting. Terminato l’amplesso ci lasciammo andare: rilassammo i muscoli e rimanemmo ad occhi stretti per un paio di minuti. L’ultimo atto fu’ il bacio saffico che sancì il desiderio di aver voluto provare qualcosa di nuovo.
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