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innamorarsi di una donna con il cazzo


di alexankarl2
11.01.2025    |    6.385    |    9 9.7
"Adesso questo tira e molla cominciava a infastidirmi, soprattutto perché credetti che il suo silenzio fosse un modo sbrigativo di mandarmi a fanculo..."
La sbandata ( Mai innamorarsi di una donna con il cazzo)

Ci eravamo conosciuti su Facebook.
Era venerdì sera, io ero solo come un cane e l’unica cosa che potevo fare era giocare un po’ col cellulare, sdraiato sul divano del soggiorno. Ignorando per quali variabili misteriose dell’algoritmo mi fosse stata proposta come possibile amica, trovai subito quella ragazza arrapante. La prima cosa a intrigarmi fu il nome: Minnie Malvagia.
Poi rimasi come un ebete a fissare la foto del profilo, che mostrava una splendida ragazza dai lunghi capelli bruni e dal viso ovale nel quale risaltavano dei magnifici occhi intensi.
Nella foto si stava rimirando allo specchio, compiaciuta, con indosso un vestito da sera che rivelava un gran paio di gambe affusolate.
Non ci avevo pensato un secondo per chiederle l’amicizia e, pochi minuti dopo averlo fatto, lei me l’aveva subito concessa.
Accorgendomi da messenger che era online, cercai immediatamente di attaccare bottone.
“Grazie per l’amicizia. Allora non è vero che sei così malvagia…”, scrissi aggiungendo l’emoticon che fa l’occhiolino.
Lei mi fece aspettare due minuti.
“In realtà sono buona, soprattutto con i ragazzi carini”.
La mia risposta fu immediata.
“E tu mi trovi carino?”
“Secondo te?”
Bastò questo scambio di battute per attizzarmi alla grande, e la buttai sul classico complimento che può andare a segno come rovinare tutto.
“E allora io cosa dovrei dire di te che sei bellissima? – le scrissi – Non trovo neanche le parole…”
L’attesa fu solo di un minuto.
“Thanks, dear. Come mai sei in casa di venerdì sera? Mi hai beccato per un pelo…”
Mentii spudoratamente.
“Veramente stavo per uscire anch’io, ma quei bastardi dei miei amici mi hanno dato buca e adesso devo decidere cosa fare. Sono solo, mi sa che me ne vado al cinema”.
Ecco fatto: io avevo lanciato l’amo e adesso stava a lei abboccare. Incrociai le dita.
I secondi di attesa furono solo trenta.
“Io sto andando al Kursall. Perché non mi raggiungi così mi offri da bere?”, scrisse, aggiungendo anche lei l’emoticon che fa l’occhiolino.
Alzai il pugno in un gesto di vittoria.
“Molto volentieri. Ci vediamo là tra mezz’ora? Anche se ci sarà una calca pazzesca, prometto che ti trovo…”
La risposta di lei fu quasi in tempo reale.
“Lo so che ti sembro pazza, ma prima posso chiederti due cose?”
“Certo”.
“Dunque… la prima…”
Cominciò così una febbrile attività di scrittura che mi parve non volesse finire mai.
Dal messenger vedevo che era impegnata a scrivere, a scrivere, a scrivere, ma non finiva mai.
Scrisse incessantemente per non so quanto tempo e quando alla fine mi mandò il messaggio ci restai malissimo.
“No, dai non fa niente”, si limitò a dirmi.
Ecco tutto.
Credo di conoscere abbastanza bene le donne da sapere che questa ritrosia in realtà non è altro che pura tattica e la curiosità di scoprire cosa ci fosse dietro a questo mistero mise di nuovo in fiamme la mia eccitazione. Così stetti al gioco, recitando la parte del cretino.
“Dai, chiedi pure! Ormai devi dirmelo!”, le scrissi.
“Va beh, a costo di sembrarti pazza e di mandarmi a fare in culo…”, scrisse e poi niente: nessun movimento, nessun cenno di vita, tutto finito di colpo in una frase troncata a metà.
Adesso questo tira e molla cominciava a infastidirmi, soprattutto perché credetti che il suo silenzio fosse un modo sbrigativo di mandarmi a fanculo.
“Allora??????? – le scrissi – Mi ricredo: sei davvero malvagia sul serio”.
Il messenger si rianimò, ma tutto non durò neanche dieci secondi.
“… mi mandi una foto del tuo cazzo?”, mi scrisse.
Per qualche secondo restai di pietra, del tutto incredulo.
Era la prima volta che mi succedeva una cosa del genere, ma per uno scopatore libertino come me una situazione simile era un invito a nozze. Se questa tipa era pazza da legare, io non l’avrei di certo fermata.
Così con movimenti febbrili mi alzai dal divano, mi calai pantaloni e slip e col cellulare feci tre scatti al mio cazzo in tiro, da angolazioni diverse. Poi senza pensarci un attimo gliele girai.
Riguardai le foto e mi dissi che non mi facevano fare brutta figura: in una avevo ripreso in primo piano la cappella, lasciando che il cazzo si vedesse dall’alto, in un’altra avevo ripreso il cazzo per intero, a proporzioni naturali, e nell’ultima lo tenevo stretto nella mano, bello grosso, come se fosse una spada.
“Come vedi ho assecondato il tuo volere senza battere ciglio – le scrissi – Però adesso mi devi una spiegazione, tesoro”. E, per fare capire che mi stavo deliziando, aggiunsi l’emoticon che sorrideva con la bocca aperta a spicchio.
Quando lei riprese a digitare, con la mano libera dal cellulare ne approfittai per segarmi un po’.
“Non so perché l’ho fatto – mi scrisse – La verità è che sono pazza. Forse volevo vedere se anche il tuo cazzo era carino”.
La frase era seguita da una decina di emoticon che ridevano fino alle lacrime.
Bloccai la sega per non rischiare di venire.
“Hai ragione: non so se sei malvagia, ma di certo sei fusa di testa – scrissi, replicando la fila dell’emoticon sghignazzante – Ebbene, qual è il verdetto dopo la visione delle foto?”
Ormai non aveva più senso fare il damerino, tanto valeva forzare la mano.
“Ho il cazzo carino abbastanza? – le chiesi – Ho passato l’esame?”
Lei rispose in un attimo.
“A pieni voti”.
“Wow! – scrissi – E il secondo piacere che vuoi che faccia qual è? A questo punto mi aspetto di tutto…”
L’attesa fu breve.
“Niente di folle. Se mi garantisci che vieni davvero al Kursall, posso chiederti un passaggio a casa quando andiamo via?”
Da quando avevamo a chattare ritenni che questo fosse il messaggio più importante tra tutti quelli che ci eravamo mandato.
“Ma scherzi? Sarà un piacere.
Allora io esco adesso e ci troviamo dentro al locale, va bene?”
“Va bene, grazie. Sei molto gentile”.
Ci scambiammo per precauzione i cellulari.
“Ciao, matta da legare. A tra poco”.
“A tra poco, caro”.
Il Kursall uno dei locali più divertenti della città, frequentato da un pubblico eterogeneo, ha una dichiarata vena trasgressiva che le conferisce un fascino unico e particolare.
Ci trovi di tutto: dai ragazzi dai travestiti in abiti tutti lustrini e paillettes agli amanti del sadomaso a torso nudo e gilet di pelle nera.
Quella sera ebbi la fortuna di trovare quasi subito parcheggio e non dovetti fare nessuna fila per entrare dal momento che, il buttafuori di colore, era un mio buon amico.
Entrato dentro, cominciò l’esplorazione alla caccia di Minnie, cosa non facile perché la gente era tantissima.
Dopo l’ingresso c’era la prima sala col bancone dove si beveva e si chiacchierava. Ma bastavano pochi passi per passare a quella dove si ballava, che era davvero una bolgia disumana. Stavo per rassegnarmi a buttarmi nella mischia quando qualcuno gli batté sulla spalla. Mi voltai e la vidi.
“Ciao, tesoro – mi disse – Allora non mi hai dato buca…”
“Perché? C’è qualche pazzo al mondo che lo ha mai fatto?”
Lei rise e mi diede due baci sulle guance. Guardandola così da vicino, pensai che dal vivo era anche meglio che in foto. I capelli erano meravigliosi, vaporosi e lunghi a coprire la schiena. La bocca era sensuale, ma non eccessivamente carnosa, e il naso regolare. Poi c’erano gli occhi, scuri e intensi, nei quali sentii di potermi perdermici dentro. Indossava un vestito rosso molto corto, che partiva da sotto le spalle per fermarsi appena dopo il bacino.
“Sei di una bellezza che toglie il fiato”, le dissi.
Lei mi carezzò i capelli.
“Anche tu sei molto carino – gli disse – E poi mi piace come ti comporti”.
“Che intendi?”
“Ora te lo posso confessare. Quella richiesta delle foto era un test che faccio a tutti quelli che conosco online”.
Non capii.
“Un test?”, le chiesi.
“Se fossi stato un qualsiasi stronzo come ne incontro a centinaia, dopo avermi mandato quelle foto me le avresti chieste subito anche a me, mentre tu non l’hai fatto”.
“E a questo che significato dai?”
“Che sei uno che sa stare al gioco”, mi rispose.
“E se invece ti avessi chiesto le foto?”
“Avrei bloccato il tuo contatto in un secondo”.
Pensai che avesse ragione. Dopo averle mandato le foto, mi ero chiesto per un istante se fosse il caso di domandarle di fare altrettanto, ma alla fine avevo rinunciato proprio per non fare la parte del tipico coatto che sbava per la figa.
“Mi hai chiesto un piacere e te l’ho fatto – le dissi – Tutto qua. Non era scritto da nessuna parte che tu dovessi ricambiare”.
Lei rise.
“Dimmi la verità: cosa hai pensato?”
“La verità? Mi hai intrigato in un modo pazzesco. Per prima cosa mi sono messo a ridere pensando a quanto tu fossi fuori di testa.
Ma visto che lo sono anche io, ho voluto vedere dove volessi andare a parare.
E comunque devi sapere che per un uomo è molto seducente rapportarsi da subito in modo così intrigante con una ragazza stupenda come te, a prescindere dal fare sesso con lei oppure no”.
Malgrado il buio che permeava quella parte del locale, ebbi la strana impressione che lo sguardo di lei si corrucciasse di colpo.
Ma fu una sensazione che durò lo spazio di un secondo, perché tutta pimpante mi propose di andare a ballare.
Io non ne aveva nessuna voglia, ma non potevo certo rifiutarmi, così la presi per mano e cominciai a farmi largo tra i ragazzi che ci saltavano intorno come indemoniati.
Trovammo un angolo appena meno affollato e cominciammo a ballare. Io più che a tenere il ritmo non sono capace, ma lei invece si muoveva in modo assolutamente sensuale, sfiorandomi e girandomi intorno, senza staccare mai quei suoi occhi diabolici da me.
Era la ragazza più bella del locale, non c’era alcun dubbio, e glielo dissi. Dovetti usare un tono convincente perché lei, per tutta risposta, mi diede un bacio leggero sulla bocca.
“Sei davvero troppo carino – mi disse – Che bella serata! Adesso, però, riposati e stammi a vedere”
Fece per allontanarsi, ma si fermò e avvicinò la sua bocca al mio orecchio.
“E sappi che tutto questo lo faccio solo per te”, sussurrò.
Allora la vidi dirigersi verso un punto della sala dove il pavimento si rialzava grazie a un grande scalone che occupava tutto l’angolo di una parete.
Era la zona del locale riservata alle ragazze che vogliono mettersi in mostra e da lontano la vidi salire e prendere il suo spazio.
Ci cercammo subito con lo sguardo e, quando lei mi vide, mi mandò un bacio e cominciò a ballare.
Come prima di fronte a me anche adesso si muoveva in modo terribilmente sensuale, sempre tenendomi inchiodato con i suoi occhi magnetici.
Ma a differenza di prima adesso tutti i maschi del locale sapevano che lei era mia, che quello era un regalo che mi stava facendo, e io godevo al pensiero di quanto dovessero rosicare.
Pensai che un venerdì sera all’inizio insulso era diventato un’avventura in compagnia di una ragazza dalla bellezza spettacolare, intelligente e sexy e in quel momento mi sentii davvero in estasi e le risposi guardandola serio, con occhi da duro, facendole capire che il tempo di scherzare per noi si era esaurito.
Lei sembrò cogliere al volo ciò che le stavo dicendo e dopo pochi minuti scese dal gradone e si mosse per raggiungermi.
Io feci la stessa cosa, muovendomi verso di lei tra la folla che si dimenava.
Ci dirigemmo l’uno verso l’altro e quando alla fine fummo a un centimetro di distanza ci baciammo.
Le nostre lingue si perdevano l’una nell’altra, senza staccarsi, mai sazie del loro reciproco contatto e trovavo fantastico che tutto questo succedesse mentre la gente saltava e si dimenava intorno a noi. Quando il bacio alla fine si interruppe lei mi si strusciò addosso, come una gatta in calore, e con la mano mi sfiorò il cazzo sotto i pantaloni.
“Portami a casa”, mi disse.
Usciti dal locale, ci dirigemmo con passo rapido verso la mia macchina e durante il tragitto non scambiammo una parola, salvo le indicazioni stradali che ogni tanto mi dava. Abitava in una casetta singola fuori città un posto all’apparenza carino che nel lato dell’ingresso aveva un piccolo prato molto ben curato e un posto auto occupato da una Smart.
“In realtà potevo benissimo venire con la mia macchina – mi disse lei, mentre apriva la porta – ma volevo che mi riaccompagnassi”.
L’interno della casa era un unico vano, appena un poco più grande di un normale monolocale, diviso tra la zona living e un angolo cottura. Malgrado l’oscurità, distinsi un letto matrimoniale e, di fronte, un grande armadio. Notai anche una porta chiusa, che conduceva quasi senz’altro al bagno. Lei non accese la luce, preferendo che a creare l’atmosfera ci pensasse la luna che inondava ogni punto grazie a una porta finestra a lato dei fornelli. Ricominciammo a baciarsi, in piedi, abbracciati stretti, fino a quando lei mi forzò leggermente a cadere sul letto, per poi gettarmisi accanto.
“Posso spogliarti?”, le chiesi.
“Prima tu”, rispose lei.
Allora, cercando di tenere a bada la frenesia, mi tolsi la giacca, mi sfilai scarpe e calze, e poi a strattoni mi liberai della camicia bianca e dei jeans, rimanendo solo in boxer.
“Adesso posso spogliarti?”, le chiesi di nuovo.
Lei, annuì, vogliosa e si fece sfilare via il vestito da sera e si tolse le scarpe, rimanendo con solo le mutandine addosso.
Non portando reggiseno, le vidi le tette piccole, quasi piatte ma appetitose, e mi avvicinai per dare una sola leccata a ciascun capezzolo. Al contatto con la mia bocca lei sospirò.
Poi scese dal letto, si inginocchiò per terra davanti a me e mi tolse i boxer.
Mentre la guardavo estasiato, ebbi di nuovo l’impressione che però ci fosse qualcosa a turbarla.
“Che bel cazzo che hai – mi disse – Molto più bello che nelle foto”.
Allora, sempre inginocchiata per terra, me lo prese in bocca e cominciò a farmi un bocchino.
Bastarono pochi attimi perché capissi quanto lei fosse brava e ci fu un particolare che mi sconvolse particolarmente……. Continua

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