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Il marito della mia amica


di Zibibbo2
23.09.2015    |    28.495    |    8 9.6
"Mi staccai, con le mani cercai la sua patta e la aprii..."
"Ho bisogno di parlarti".
Nicola mi aveva preso da parte un pomeriggio, mentre stavamo facendo quattro passi. Eravamo un bel gruppetto di persone, tra cui sua moglie, una delle mie più care amiche. Non sapevo a cosa fosse dovuta tanta solennità, immaginai per una sorpresa da fare a Giulia. Mi sbagliavo.
"Dimmi", risposi.
Lui non mi guardava mentre continuavamo a camminare. "Non... beh ecco, devo chiederti una cosa."
La sua reticenza mi faceva anche un po' ridere. "Ti ho detto che puoi dirmi! Riguarda Giulia?"
"No. Non proprio. In un certo senso la riguarda, ma... no. Riguarda più me. Ecco io... insomma, è da un po' che non sono più sicuro."
Mi fermai, e lui mi imitò. Lo costrinsi a guardarmi. "Non sei più sicuro di amarla? Ma siete sposati!"
"No, non è questo. Oddio quanto è difficile. Io la amo, però... sto facendo dei pensieri. Mi sto chiedendo, ecco, mi sto chiedendo come sarebbe andare con un uomo."
Riprendemmo a camminare. Forse Nicola stava scherzando, come gli capitava a volte di fare. Invece no, dalla sua espressione capii che era serio. "E perchè me lo stai dicendo?"
Lui si tormentava le mani. "Tu potresti... ecco, tu potresti farmi provare?"

Non gli risposi quel giorno. Lo lasciai lì dov'era e raggiunsi a grandi passi il mio gruppo di amici. La sua domanda mi aveva scioccato, e mi piaceva pensare di essere indispettito. In realtà, c'era qualcos'altro: Nicola mi era sempre un po' piaciuto. Aveva trentacinque anni. Non era bellissimo, però era alto, un paio di centimetri più di me, con le spalle larghe, i capelli scuri e mossi. A me piaceva. Gli occhi erano espressivi e dolci, le labbra sottili. Era peloso, l'avevo visto al mare, ma questo non mi disturbava. Tornato a casa, continuai a pensare a quello che mi aveva chiesto: mi sembrava un'assurdità. Eppure dentro di me qualcosa si stava muovendo, e si chiamava voglia. Per questo decisi di prendere il telefono e scrivergli semplicemente: "sì".
Mi rispose immediatamente: "Sì a quello che penso?"
"Sì."
"Quando?"
"Quando puoi."
"Stasera Giulia ha il corso di pilates... potremmo?"
Feci mente locale. Ovviamente dovevamo fare a casa mia. Il tempo di riordinare e di prepararmi. "Sì."

Nicola si presentò puntuale a casa mia, con una bottiglia di vino in mano. Era imbarazzato, entrando mi salutò con un bacio sulle guance, come facevamo di solito. Lo feci accomodare sul divano e gli dissi che avrei aperto subito la bottiglia per sbloccare la tensione; lui era abbastanza rigido e fece un semplice cenno di assenso. Dopo aver aperto la bottiglia, mi sedetti accanto a lui e gli passai il bicchiere. Esitò, poi lo bevve tutto d'un fiato; io invece lo sorseggiai. Nel frattempo cominciò a dire: "Forse dovrei, ehm, spiegarti cosa mi succede?"
"No", risposi, "non mi interessa."
Gli posai una mano sulla gamba e iniziai a risalire lungo la stoffa. Sentivo la sua tensione, ma mi lasciava fare, ovviamente. Decisi di non toccare subito il pacco, ma di risalire lungo la camicia. Lui mi lasciò fare. Risalii ancora, arrivai al colletto: iniziai a sbottonare la camicia. E poi mi misi a cavalcioni sopra di lui. Appoggiai entrambe le mani al petto e sentii il pelo sotto le mie mani, ispido. Presi entrambi i pettorali, poi sfiorai i capezzoli; lui sospirò.
E lo baciai. Le sue labbra sottili erano morbide e inesperte, la lingua non voleva uscire; provai a forzare la sua bocca con la mia, e finalmente si lasciò andare. Mi prese con le mani la schiena, io mi avvinghiai ancora di più. Avevo già una bella erezione e sentii che anche là sotto qualcosa si muoveva... mi staccai, con le mani cercai la sua patta e la aprii. Ormai non volevo più aspettare: lui non diceva niente, ma si capiva che lo desiderava. Entra con la mano nelle mutande, strinsi le sue dita attorno al cazzo e lo feci uscire. Era piuttosto lungo, non grosso ma un bel cazzo, come piaceva a me. Gli abbassai i pantaloni, mentre lui si toglieva la camicia; e poi mi spogliai. Mi inginocchiai di fronte a lui e cominciai a passargli la lingua sul cazzo, succhiando bene la cappella. cercavo di tenerlo tutto in bocca, ma era troppo lungo... allora mi concentrai di più sulla cappella, grossa e vogliosa. Quando incontrai il suo sguardo, mentre lo spompinavo, disse: "Ti prego.. fammi scopare."
Il porco voleva chiavare, e subito. Mi sedetti accanto a lui sul divano, appoggiai bene i piedi sul sedile divaricando le gambe. "Prego, accomodati", gli disse.
Ora era davanti a me. Il cazzo svettava in mezzo al pelo, e mi eccitava da morire. Mi inumidii due dita con la saliva e me le passai nel buchetto; lui mi guardava, impaziente, senza capire cosa stessi facendo.
"Scopami", gli dissi.
Appoggiò la cappella sul mio buco, cercando di capire la nuova anatomia che aveva di fronte. E poi spinse.
Mi era già capitato di farmi scopare da un etero: te lo cacciano dentro come un missile, e lui non fu da meno. Me lo sentivo in gola, e mi piaceva. Lo strinsi a me e lo incitai a montarmi... e lui iniziò a stantuffare, prima meccanicamente, poi cercando di farmi godere. E ci riusciva benissimo, oh sì, sentivo le palle che mi sbattevano contro il culo, e il suo cazzo lungo e dritto che mi faceva godere.
Venne. Immediatamente, senza neppure il tempo di cambiare posizione. Sentii gli schizzi di sborra che mi riempivano il culo, lo vidi provare l'orgasmo silenziosamente. Uscì, immediatamente, e mi guardò come per capire che cosa doveva fare.
"Fammi un pompino", gli ordinai, e lui obbedì. Mi aveva sborrato dentro e adesso era lì in ginocchio a leccarmi il cazzo, prima con timidezza e poi prendendoci sempre più gusto. Quando c'ero quasi, gli dissi che stavo per venire. Lui continuò a succhiare e io non me lo feci ripetere: gli sborrai direttamente in bocca. Se voleva provare con un uomo, era meglio che si abituasse sin da subito. Dall'espressione del viso, il gusto probabilmente non gli piaceva, quindi lo feci sputare nel lavandino.
Ma questa non è stata l'unica volta...
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