Gay & Bisex
De labore ossia "Ops, ti ho trapanato!"
di Ptro
19.05.2021 |
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"Non avrebbe mai finito tutto, sarebbe finito schiacciato dalla corsa del tempo, e accolse con nervosismo la notizia..."
Osservò, soppesandoli con lo sguardo, i libri impilati sul campo di battaglia: saranno state, suppergiù, duemila pagine. Esalò un sospiro sconfortato, lasciandosi nuovamente cadere sul letto, riprendendo in mano svogliato il testo. Non avrebbe mai finito tutto, sarebbe finito schiacciato dalla corsa del tempo, e accolse con nervosismo la notizia. Non che prima fosse calmo, tutt’altro. Il caos che proveniva dal bagno e costantemente lo distoglieva dalle pagine causava in lui un’agitazione perenne, e un sottile senso di odio nei confronti della geniale madre che aveva organizzato la ristrutturazione l’unico mese della sua vita liceale nel quale avrebbe dovuto veramente studiare. Mantieni la calma. Mantieni la calma. Mantieni la calma. C’era quasi riuscito, quando dal muro uno sbuffo d’intonaco segnalò allegramente che il trapano aveva vinto la sua corsa, tanto perfettamente da avergli aperto uno spioncino in camera. Suppose, non erratamente, che in effetti potesse essere il momento corretto per rilasciare tutta la sua tensione con un urlo belluino a cui fece seguito un rapido bussare sulla porta. La aprì di scatto, e, come una texana cinquantenne a Walmart, iniziò una sequenza di insulti conditi da volontà di denuncia che fu uccisa rapidamente dall’uomo entrato nella stanza – Oh, che palle, come se dovessi pagare tu! – Il che, in effetti, era vero. Tacque. Bolliva di rabbia, ma l’idea di far spendere ulteriori soldi ai “borghesi inutili e oppressivi” che lo allevavano rendeva il disastro più sopportabile. O, quanto meno, ironico. – Comunque mi dispiace, non volevo disturbarti… - Mormorò l’altro mentre perlustrava con le mani esperte il buco, grattandone via fine polvere bianca. – Però, è proprio un bel buco! – Non poteva crederci. Non voleva crederci. Stava davvero avvenendo? No, impossibile. Quale essere umano dotato di intelletto poteva, dopo avergli sfondato la parete, arrampicarsi con i suoi pantaloni coperti di calce sopra le sue morbide coperte per congratularsi con sé stesso per il lavoro fatto? – Mi scusi, sta per caso descrivendo con l’aggettivo bello questo disastro? – Ma certo! Guardi un po’, com’è perfetto. Voglio dire, consideriamo arte le tele di Fontana, non vedo perché non dovrebbero espormi al MOMA. Confesso che al suo posto non chiederei mai un rimborso, ma anzi darei una gratifica all’autore di tale opera! – Gio provò con tutta la sua forza d’animo a mantenersi serio, ma la missione fu più fallimentare della campagna di Russia. L’uomo, evidentemente soddisfatto del risultato ottenuto, gli porse la mano – Amici come prima, allora? Niente denuncia? – No, niente denuncia, credo. Se si rimuove dal letto prima di trasformarlo in cantiere, però. – Diamoci pure del tu, che ne dici? Tanto, dopo che ti ho bucato la parete, siamo intimi, no? – Torna a lavorare, che è meglio. – Rispose disilluso circa le sue possibilità di avvicinare anche solo lontanamente l’obiettivo di studio per il giorno, mentre tornava a distendersi sulle coperte un tempo immacolate, e l’altro lasciava la stanza. Perse nuovamente la testa nelle pagine, quando la voce dell’uomo tuonò dal pertugio – E comunque, ci tengo a dire che è utile, questo buco. Puoi continuare le discussioni con i tuoi ospiti anche se devi andare in bagno, senza lasciarli a disagio nel silenzio! – Alzò gli occhi al cielo. Ma sul serio? – Beh certo, immagino sia il desiderio di tutti, avere l’interfono al cesso… – Oh, tu sottovaluti l’importanza di una buona comunicazione, sai? – Disse l’altro ridendo. Era simpatico, in fondo. E poi, dal nulla, dal buco uscì una chiave inglese. – Oh, guarda che figata, puoi passarci la roba. Che ne so, la carta igienica quando la dimentichi! – Ma per carità di Dio, ti ho detto che non ti denuncio, però ora, mi sembra esagerato… Sarebbe da allargare e no, non provare a farlo, che già ti vedo con il trapano in mano. – Disse il ragazzino incrociando lo sguardo dell’altro al di là del foro. – Oh, certo, ho sempre il trapano in mano, purtroppo – bofonchiò l’uomo. I doppi sensi, come un bimbo delle elementari, che delusione. E, ovviamente, Gio rincarò la dose – In effetti, una funzione forse ce l’ha sto buco, è all’altezza giusta per un gloryhole. – L’altro si fece una grassa risata, e poi sentì il rumore di attrezzi. Aveva ripreso il lavoro, e Gio riprese la sua lettura tanto bistrattata dagli eventi. Fu circa dopo un’ora, che dal buco spuntò un cacciavite. – Ehilà, va che c’è un cliente al gloryhole! – Ma magari. – Si lasciò sfuggire il ragazzino a mezza voce. – Ti ho sentito, sai? – Sentito? E dire che cosa, di preciso, che stavo leggendo? – Mormorò avvampando e ringraziando il muro per la sua presenza, protettore inesorabile della sua privacy e delle sue figure di merda epocali e vera Lady Cocca della sua vita. – Dire che vuoi questo, se non sbaglio. – La voce dell’uomo accompagnò l’entrata in scena, dal pertugio, di un cazzo dolcemente curvato verso il cielo, a cui pareva ambire come la torre di Babele. – Allora, lo vuoi o no? Pensa in fretta, che tra poco temo che i legittimi proprietari tornino e il tuo gloryhole sarà finito, insieme alla mia carriera professionale. – Disse l’uomo, strappandogli un sorriso. Un sorriso che, all’istante, si poggiò sulla morbida cappella. – Ah, sì, esattamente così dovevi rispondere! Ora succhia, da bravo. – Un ultimo lampo di lucidità colse il fanciullo: era davvero il caso? E se fossero tornati i suoi? Era così banale farsi il muratore, troppo già visto in tanti racconti erotici? Scelse di non curarsene e di inghiottire banalmente il cazzo. Provò a prenderne quanto più possibile in gola, nonostante l’intralcio del muro, e l’altro provò ad assecondarlo, con deboli spinte grazie a cui riusciva ad accarezzargli l’ugola con la cappella lucida. Lo tirò fuori osservandolo, gli piaceva quando colavano con la sua saliva. Baciò con delicatezza tutta l’asta, risalendo verso il rosso bocciolo che iniziò a leccare, circondandolo con abili tocchi di lingua, sempre più spesso indirizzati verso il sensibile filetto. L’uomo iniziò ad ansimare, e quale segno di riconoscimento migliore per un pompinaro perso come Gio? Si lanciò sulla verga godendo della pienezza della sua bocca, massaggiandolo con una dolce suzione. – Sei proprio una troia navigata…. Aspetta, posso chiamarti troia vero? Non è che ti offendi? In fin dei conti mi pagano i tuoi. – Mormorò l’altro ironico. – Devi chiamarmi troietta! – Rispose Gio, in estasi, mentre ancora un filo di scintillante saliva collegava la sua boccuccia rossa alla gonfia mazza. Si avvicinò di nuovo, e si passò sul volto il cazzo, desideroso di impregnarsi di quello splendido odore di uomo. Lo inebriava, lo amava. Si poteva capire facilmente da come era ritto il suo cazzo mentre ridiscendeva sul membro, lo ingoiava, accompagnato dai gemiti dell’operaio. – Senti, troietta, ti va di prenderlo un po’ in culo? E non è una domanda. – La voce lo riempì di gioia: in fondo, non aspettava altro. Si girò a carponi sul letto, accompagnando con una mano quell’asta umida per la sua passione verso l’anelante buchetto, che già timido si allargava per il desiderio. Il solo sentire la cappella bagnata premere sul suo sfintere lo fece mugolare. – Su troia, dentro dentro, che non abbiamo tempo! – Obbedì entusiasta, e si impalò sul cazzo pulsante. Spinse indietro fino ad aderire alla parete, e a sentire ogni minima parte di quel meraviglioso bastone nelle sue carni. Si lasciò sfuggire un lungo gemito. – Ecco, fermo così che ti fotto. – Gli ordinò l’uomo, che prese a dare colpi sempre più forti al culetto disarmato del ragazzo. Gio non capiva più nulla, la testa vorticava per il piacere di quella scopata così inattesa, ma forse così necessaria. Ora, guardare la pila di libri sul tavolo non lo angosciava più di tanto, pensò, mentre la sua prostata veniva accarezzata con violenza dal cazzo che lo allargava, riempiendo quel desiderio che aveva trascurato per del banale studio. Al diavolo i libri – Fottimi! – urlò. L’altro non si fece attendere, e aumentò ancora di più il ritmo, tirandolo quasi del tutto fuori e martoriando quel buco che già cercava di richiudersi sulla cappella, quando rientrava prepotente nel caldo pertugio. Gio, però, non poteva desiderare trattamento migliore. Amava sentirsi allargare, sentirsi colpire dentro e, con un getto bianco che andò a mescolarsi alla polvere sul letto ormai sfatto, espresse tutto il suo piacere. Le contrazioni del suo culo avvertirono l’operaio che il suo cazzo aveva, come al solito, offerto un ottimo servizio, e che aveva ristrutturato ben bene quel buchetto: era il momento di imbiancarlo. Poche spinte profonde, e un urlo accompagnò grossi schizzi dentro l’ano caldo di Gio, che cadde sfatto sul letto. Proprio mentre suonava il campanello. Si ricompose alla meno peggio, cullato dalle urla di sua madre alla vista del foro, e riprese a leggere, come se nulla fosse successo, mentre l’operaio andava via promettendo – Stia tranquilla signora, domani torno certamente a riempire il buco! -
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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