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Lui & Lei

Tra i due sfidanti il terzo gode_Parte 2


di Membro VIP di Annunci69.it xbearlucx
08.04.2025    |    14    |    0 8.0
"Da una parte lei, che gli esponeva quanto fosse ridicola una relazione tra due persone con quella differenza d’età..."
Passarono quattro giorni interi prima che lei tornasse a scrivergli.
Confusa e amareggiata per l’accaduto, si incolpava di quel pomeriggio libertino al parco. Luca ribatté alle sue argomentazioni e le fece capire che erano finiti lì dove lui avrebbe voluto arrivare: non c’era nulla di male, l’attrazione era reciproca, erano entrambi adulti single e consenzienti, quindi non ci vedeva nulla di strano in quel rapporto.
Passò un'altra settimana, durante la quale Mary prese la decisione di cancellarsi dalla chat. Una sera gli disse:
– “Ho deciso di cancellarmi. Questo mondo non fa per me.”
Lui era assai deluso: erano bastate le battute di quattro idioti a cancellare mesi di duro lavoro e a farla ripiombare nell’insicurezza.
Nella speranza che non tutto fosse perduto, Luca decise di lasciarle il suo numero di cellulare.
Per una settimana fu silenzio totale.
Poi, la breve vibrazione del cellulare: un WhatsApp da un numero sconosciuto.
– “Scusami! Tu non c’entri, sono io che sono confusa in questo periodo. Tu sei stato molto dolce. Se ti fa piacere, questo è il mio numero.”
Luca sorrise: era fatta. Si salvò il numero ed evitò di risponderle fino alla sera successiva.
Dopo qualche momento di riflessione, premette invio.
– “Scusami! Ma io sono fatto così, la vita va vissuta, senza rimpianti. Se una cosa fa star bene entrambi, non vedo il motivo per il quale evitarla.”
La discussione tra i due proseguì per tutta la sera. Da una parte lei, che gli esponeva quanto fosse ridicola una relazione tra due persone con quella differenza d’età. Dall’altra, lui che continuava a dirle che non la doveva mica sposare: si sarebbe trattata di una frequentazione atta al divertimento ludico tra due persone adulte e consenzienti, un’amicizia con privilegi, una trombamicizia.
A metà luglio, lei scrisse che le sarebbe piaciuto uscire nuovamente un pomeriggio, così organizzarono un nuovo appuntamento.
Luca, superbamente, pensò che fosse cosa fatta. Ma a un’ora dall’appuntamento, lei scrisse che proprio non se la sentiva: erano successe diverse cose in quei due giorni dall’ultimo messaggio ed il mondo le era crollato nuovamente addosso.
Lui ormai non sapeva più dove sbattere la testa. Cosa fare? Fregarsene e mandarla a stendere o rincuorarla nuovamente?
– “Cara Mary, io non sono uno psicologo, sono fatto di carne, ossa e sentimenti proprio come te! Ormai sono arrivato a Torino, quindi vedi tu: scegli se uscire a far due passi, altrimenti amici come prima. È stato un piacere, ma da oggi non cercarmi più!”
La risposta si fece attendere quasi mezz’ora. Lei ribadì che proprio non se la sentiva di uscire, ma allo stesso tempo non aveva voglia di troncare lì la conoscenza, rimproverandolo, dicendo che non poteva essere così tranchant.
Luca le disse:
– “Ok, non vuoi uscire? Vengo io da te e non usciamo, ma almeno mi guardi negli occhi e mi dici che cosa ti aspetti dal sottoscritto.”
LEI: – “Non so se sia il caso di far venire a casa mia qualcuno… non ho mai portato nessuno a casa.”
LUI: – “Vedi tu, non ti obbligo di certo. Ma ti ho detto come stanno le cose.”
Quindici minuti dopo, Luca era diretto a casa di Mary. La richiamò arrivato davanti al portone d’ingresso, all’indirizzo che lei gli aveva lasciato. Erano le 14:30 passate da poco. Lei gli disse di entrare e prendere subito l’ascensore sulla destra fino al quarto piano, senza farsi vedere da nessuno. La porta d’ingresso del palazzo si aprì. Luca eseguì alla lettera le indicazioni, facendo attenzione a non farsi vedere dal custode del condominio. Entrò in ascensore e pigiò il tasto del 4° piano. Quando le porte si riaprirono, davanti a lui, sull’uscio di una porta socchiusa, vi era Mary:
– “Sbrigati a entrare, non voglio che qualcuno ti veda. Qui sono tutti buoni a farsi gli affari degli altri.”
Entrò, seguito da Mary. Faceva un gran caldo quel giorno. Lei indossava una canottierina e un paio di pantaloncini, il volto adombrato e il mascara colato lungo il viso.
Lo fece accomodare sul divano in cucina, mise su una moka e lo raggiunse sedendosi vicino a lui. Si mise a raccontare gli ultimi avvenimenti. Era distrutta. Era tutto il giorno che stava in quelle condizioni; aveva anche preso un permesso per uscire prima dal lavoro, perché scoppiava a piangere per un nonnulla.
Il giorno prima, rincasata alla solita ora, aveva trovato gli armadi – dove l’ex marito aveva ancora i suoi indumenti – vuoti. Si era preso le sue ultime cose e se n’era andato definitivamente, lasciandole sul tavolo le chiavi di casa. Le lacrime scorrevano lungo il viso: adesso, più che pantera, sembrava un gattino spaurito. Luca non sapeva come comportarsi, cosa dire. Combattuto: da una parte avrebbe voluto dirle un bel “Sticazzi!” liberatorio, dall’altra comprendeva che lei puntava, in cuor suo, a rimettersi col marito. Gli indumenti lasciati nell’armadio alimentavano quel barlume di speranza di cancellare quell’ultimo anno con un colpo di spugna; speranza che, irrimediabilmente, era sparita il giorno prima.
Decise di non dire nulla, di abbracciarla forte stringendola a sé. Scelta azzeccata: dopo mezz’ora di abbracci, nonostante il caldo e il caffè ormai bruciato, lei riuscì a smettere di piangere. Dal nulla, cominciò a baciargli il viso. Conscio che, a questo giro, gli toccava il ruolo di “chiodo scaccia chiodo”, rimase ugualmente sorpreso e interdetto per la seconda volta in quel pomeriggio. Cominciò a contraccambiare i baci, che ci misero poco a tramutarsi in desiderio, alimentando quella voglia imbrigliata dell’appuntamento precedente. A questo giro, non vi era anima viva che potesse interrompere quel momento.
La sollevò dal divano, adagiandola sul tavolo davanti a loro. I baci frenetici che si scambiavano non lasciavano il tempo di respirare. Le sfilò la polo di dosso e cominciò a baciarle il torace sudato. Le unghie affondavano nella sua schiena; lui riuscì a liberarsi da quella stretta e a sfilarle canottiera e reggiseno, scendendo con le labbra e i denti sulle spalle e giù, lungo i suoi seni, succhiandole avidamente i capezzoli. Mentre con le mani cercava di sfilarle i pantaloncini e le mutandine, la sentì completamente fradicia. Si inginocchiò davanti a quel triangolino tanto desiderato e ambito – territorio di conquista di pochi uomini, pensò. Infilò quasi dentro il naso, assaporandola: quella fighetta grondava di umori. Quelle secrezioni trasparenti e viscose, dal sapore agrumato, gli riempivano le narici e la bocca, facendo crescere l’eccitazione a mille.
Si sfilò pantaloni e slip mentre risaliva a cercare la bocca di lei. Le loro lingue tornarono a intrecciarsi, scambiandosi con la saliva anche quel nettare degli dei. Lui, in erezione, trovò l’ingresso a quel paradiso della perdizione come se avesse l’autopilota inserito. Lei, nell’intento di soffocare un gemito di piacere, serrò la bocca affondando i denti nelle labbra del partner. Le gambe si intrecciarono attorno alla vita di Luca, stringendolo in una morsa del piacere dalla quale lui non aveva alcuna voglia di liberarsi. Avvicinando la bocca all’orecchio, lei gli sussurrò che dietro la porta socchiusa, di fronte a lui, vi era la camera da letto. La sollevò, stringendole le natiche tra le mani, senza uscire da lei, portandola fino alla porta. La aprì con un piede, ma, invece di proseguire dritto verso il letto, cominciò a scoparla in piedi contro lo stipite della porta. Lei ansimava e godeva, mentre si guardavano dritti negli occhi. Dopo qualche affondo, Luca decise di proseguire in altre posizioni sul letto.
Lei aprì il cassetto del comodino, tirando fuori un pacco di preservativi. Lo fece distendere tranquillo, mentre con una mano gli massaggiava i testicoli e prendeva in bocca il suo fallo duro. Con l’altra estraeva il preservativo dalla confezione. Lui, alla vista di quel culo di granito, non resistette: se la mise di fronte e ricominciò ad assaporarla nuovamente, andando e venendo con la lingua tra figa e ano.
Un 69 perfetto che andò avanti svariati minuti. Lei era una vera forza della natura, instancabile. Luca stentava quasi a riconoscerla: a un certo punto, non si muoveva nemmeno più. Era lei a ondeggiare con colpi di bacino, indirizzando la lingua di lui dove più la gratificava. Luca l’ammirava e si pregustava quello che da lì a poco sarebbe accaduto. Infilato il preservativo, lei si spostò avanti con il corpo e se lo fece scivolare dentro, iniziando nuovamente a ondeggiare, percuotendo con fragorosi cic ciac il pube del giovane, fino a scoppiare all’unisono in un rumoroso amplesso.
Si lasciò cadere al suo fianco, dandogli la schiena. Sdraiati a cucchiaio, l’uno affianco all’altra, lui l'accarezzava dolcemente, facendo scorrere la mano lungo il suo profilo sinuoso mentre le mordicchiava la spalla e le baciava il collo. Si sfilò il gommino ormai pieno, rimanendo abbracciati in quella posizione diversi minuti. Fin quando, tra le lenzuola, lei lo sentì nuovamente ergersi e pulsare contro le sue cosce. Iniziò a massaggiarlo delicatamente. Arrivato nuovamente alla piena erezione, fu Luca a infilare un nuovo profilattico.
Quel culo sodo lo faceva impazzire. Sculacciandola dolcemente, la mise a pecorina, tenendolo con una mano, lo infilò lentamente dentro, fino in fondo, ritraendosi e sfilandolo completamente: una, due, tre volte. Quando vide che anche lei era nuovamente grondante di umori, l’afferrò dai fianchi e cominciò a penetrarla a ritmi più serrati.
La fece voltare, perché non voleva perdersi nemmeno un’espressione del suo viso mentre il piacere saliva e cominciava a goderne, ansimando. Se da una parte quel contatto visivo, dove i loro occhi arrivavano a scrutarsi fin dentro l’animo, eccitava tantissimo anche lei, dall’altra la missionaria non le piaceva perché le lasciava poco spazio di movimento. Sollevò le gambe, stringendole attorno al bacino, cercando di farlo ruotare su un fianco, ma senza sortire alcun effetto. Nessuno dei due voleva cedere il comando all’altro, dando così vita a un gioco nel gioco, che si assestò solo quando, dopo diverse variazioni di posizione, arrivarono al loto.
Seduti uno di fronte all’altro, in quell’intreccio di gambe, i due amanti si scrutavano, percependo ogni singola smorfia di piacere sul volto. I corpi ormai sincronizzati, movimenti, respiro, battiti del cuore: da due, erano diventati una cosa sola. L’unico obiettivo era prolungare il più a lungo possibile quel climax raggiunto. Sentirono i loro sessi, fin dentro le viscere del corpo, pulsare e contrarsi spasmodicamente, senza alcun controllo, scoppiando in un amplesso potentissimo che li lasciò lì, abbracciati, svuotati di ogni forza.
Rimasero così per minuti, ore forse. Quando si ridestarono, erano ormai le sette di sera. Il letto, un campo di battaglia ancora impregnato di sudore e umori, caricava l’aria della camera di quell’odore di sesso e passione che nessuno dei due aveva mai provato prima.
Lei scese dal letto, si diresse alla cassettiera e tirò fuori un asciugamano, porgendoglielo e dicendogli che poteva farsi una doccia prima di andare. Luca prese l’asciugamano, entrò in doccia e, mentre l’acqua gli sciacquava di dosso l’odore di sesso che lo aveva assuefatto, impregnandogli le narici e la pelle, si ritrovò a ripensare a tutto ciò che era successo quel pomeriggio. La testa gli frullava. Gli alti e bassi prima di vedersi, quell’empatia creatasi, il sesso, e la conclusione con un amplesso travolgente, uno di quelli che ti rimangono impressi nella memoria e sulla pelle. Mentre si insaponava, chiuse gli occhi per un attimo, lasciando che il getto caldo gli cadesse sulle spalle, e sentì ancora le mani di lei, le sue unghie sulla schiena, le sue labbra, il suo respiro che si spezzava ad ogni affondo, ogni volta che il piacere saliva.
Mary, rimasta sola nel letto, tra le lenzuola umide di quel pomeriggio assurdo, fu assalita da emozioni contrastanti: da una parte, pienamente appagata da una nuova consapevolezza del suo corpo e del piacere raggiunto; dall’altra, lo sconforto che quell’emozione l’avesse raggiunta solo con un giovane poco più che ragazzino, uno che avrebbe potuto benissimo essere suo figlio, visti gli oltre vent’anni che li separavano.
Quando Luca rientrò in camera per salutarla, una lacrima scendeva dal viso di Mary. Si guardarono intensamente per un attimo, e lei gli disse:
– “Non preoccuparti, adesso mi passa. Sono solo una povera stupida che non ha ancora capito nulla dell’amore.”
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