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Lui & Lei

La lunga estate sarda


di FrankSpeaker
05.12.2024    |    13    |    1 6.0
"Io ero appena uscito dalla doccia ed avevo un asciugamano in vita..."
L’estate era appena cominciata e nel caldo della Sardegna mi apprestavo alla mia prima stagione da animatore nei villaggi. A metà degli anni ’90 non c’era lo snobismo di oggi, la gente andava per divertirsi, per fare quello che a casa non poteva fare. Tutto quello che a casa non poteva fare.
Io ero poco più che un ragazzo, diciannove anni portati bene. Un fisico asciutto che ora si è un po’ inumidito, il pizzetto fine che provava a invecchiarmi un po’.
Paola era una ragazza di sedici anni, della provincia di Ravenna, in vacanza con genitori e sorellina. Come nella migliore delle tradizioni la vacanza andava da sabato a sabato ed io la vidi il pomeriggio stesso del giorno in cui erano arrivati. Era in spiaggia senza reggiseno così come la mamma ed i suoi seni puntavano al cielo come solo le ragazze di quell’età possono fare.
La sera stessa ci conoscemmo in uno di quegli sketch scemi che gli animatori fanno fare la prima sera nei villaggi, un po’ per rompere il ghiaccio con la clientela, un po’ per creare intermezzi nella presentazione dell’equipe e dei servizi del villaggio.
Dopo lo spettacolo ero al bar che mi bevevo una birra fresca e lei mi si fece incontro: “Ciao, io sono Paola, bellino lo spettacolo…” e seguirono alcune domande sulle attività dei giorni seguenti. Mi colpì la pronuncia romagnola delle Z e delle S sonore, un bel sorriso e la maglietta nera molto in voga in quegli anni con l’impronta delle mani e la scritta “don’t touch” sul seno.
Si mise a ballare ed io, in maniera assolutamente disinteressata, le andai vicino la cosa si fece molto hot, poiché lei si avvicinava e si strusciava in modo parecchio provocante. Ma tutto finì lì.
Giunta la (tarda) ora di andare a letto, la mia collega Marzia che dormiva nella camera accanto alla mia, bussò e si tuffò sul mio letto: “Cazzo, Filippo, la biondina se ti prende ti distrugge… ti ho visto ballare con quella ragazzina, secondo me ti vuole scopare prima di lunedì”. “Sii, feci io, figurati, è la classica ragazzetta che vede l’animatore e fa la profumiera, gliela fa annusare, gliela fa annusare, ma non gliela da mai”. “Ascolta, Pippo, era evidente, dai retta a me”.
Marzia aveva ragione, la domenica sera eravamo già in camera mia, lingua in bocca e mani ovunque. Sotto alla maglietta “don’t touch”, stavolta color melanzana, scoprii con grande facilità che non c’era alcun reggiseno e che i suoi capezzoli erano turgidi ed il seno morbido. Comincia a baciarle il collo, il seno e, dopo averle slacciato i jeans, la figa. Pochissimo pelo, si allargò pressoché subito bagnandosi con grande facilità. “Non me la sento di farlo, mi disse lei”, io avevo il cazzo in tiro e pensai “La solita profumiera, avevo ragione io, quando sale in camera, lo dico a Marzia”. Finita la frase, però, me lo prese in bocca cominciando a succhiare con veemenza a ritmi irregolari, ma sapientemente scadenzati, alternando lingua, labbra e denti, massaggiandomi le palle e l’interno coscia. “Dimmi quando vieni perché io non ingoio, eh?” “Ok” feci io. “Oddio vengo” tirò fuori il mio cazzo di bocca e con la mano mi fece venire in uno spruzzo caldo di sperma che non so se riuscì a schivare del tutto.
“Insomma te la sei fatta o no” chiese Marzia. “Tecnicamente no e quindi non so se avevi ragione tu o io”. Non l’avevo inquadrata bene Marzia, ma mi faceva simpatia, era l’amica che in quella situazione di gruppo di sconosciuti a lavorare insieme lontani da casa, un po’ mi mancava. Era fidanzata con un carabiniere di Roma ed era, a suo dire, fedelissima.
Dopo pranzo avevamo una breve pausa di un paio d’ore in cui solitamente dormivo per recuperare un po’. Mi ero appena appisolato quando sentii bussare alla porta. Era Paola. “Ciao, posso stare un po’ con te?” mi chiese ed io risposi di sì. Si sdraiò accanto a me con un bikini arancione sorretto in vista e sotto al seno da un nastro nero. Io ero sul letto col Sundek giallo fluorescente, una cosa che si poteva indossare solo in quegli anni. “Ti spiace se slaccio il reggiseno?” Forse era convinta che volessi comunque riposare o forse, più probabilmente lo fece per cortesia ed iniziò a giocare col laccio del mio costume. L’occasione, si sa, fa l’uomo ladro ed io cominciai a fare battute su quanto fosse birichina a provocarmi in quel modo, sfiorandole le tettine e baciandola sul collo. Fu a quel punto che con una mossa degna di un campione di lotta greco romana la presi di peso, la girai e fra risate e un grido suo, le sfilai le mutandine del costume toccandole con forza e determinazione la figa. Lei tirò decisamente il fiocco del mio Sundek e lo slacciò tirandomi fuori il cazzo duro chiedendomi di scoparla. Non mi feci pregare: la presi tirandole le gambe sopra le mie spalle e infilai il mio arnese nella sua figa ormai bagnata. Le venni sulla pancia per fortuna perché riuscii ad uscire da lei appena in tempo. Guardai l’orologio: erano le 15.20 ed alle 15.30 cominciavano le attività del villaggio. “Resta pure qui, io devo fare una doccia al volo ed andare via”. Mi alzai velocemente non prima di averle dato un bacio.
Le attività s’interrompevano un’oretta prima della cena e vidi Paola che arrivava in spiaggia dopo la fine del torneo di beach volley. “Vieni a fare un tuffo, stamani ho visto che a un centinaio di metri da qua c’è una caletta, c’è un gran mare”. Ovviamente andai con lei. Arrivati alla caletta, deserta a quell’ora, corse come in un film verso il mare togliendosi il costume mentre correva ed io non potei fare a meno che seguirla. L’acqua, che a quell’ora era molto calda, fortunatamente non creò problemi di ristrettezza al mio armamentario e dopo baci, carezze e sfregamenti, la alzai per sotto le cosce e, forte della spinta dell’acqua, la riscopai per la seconda volta nella giornata. Stavolta non ce la feci a controllarmi e le venni dentro la figa. “Non ti preoccupare – disse lei – prendo la pillola, oggi non te l’ho detto perché stavo godendo troppo, ma visto che stasera è andata così, ti volevo tranquillizzare”
La sera dissi chiaramente a Paola che ero un bel po’ stanco (durante la giornata avevo anche lavorato) e che sarei andato a letto subito dopo il cabaret della sera ed anche Paola mi disse che sarebbe rientrata presto anche per non dare nell’occhio ai suoi.
Marzia mi seguì e si fiondò sul mio letto a sedere con una maglietta bianca evidentemente senza il reggiseno ed un paio di shorts sportivi verdi. “Allora, l’hai bollata la biondina?”. Io manifestai un sorriso d’imbarazzo. “L’hai bollata, l’hai bollata” mi fece con tono canzonatorio. “Te l’avevo detto”. Aveva litigato col carabiniere per telefono e la telefonata si doveva essere interrotta bruscamente perché, a detta sua aveva finito i gettoni. “Devo trovarmi anch’io un cliente dotato di un bel cazzo per fargliela pagare al mio carabiniere”. “Fai un po’ te” le dissi. Avevo sonno ed ero veramente stanco, ma lei voleva che le raccontassi e, sommariamente le raccontai del pomeriggio sul letto su cui era seduta e della sera alla caletta. “Buon per te e buon per lei”. Mi salutò dandomi la buona notte.
Il pomeriggio successivo Paola venne ancora in camera e, stavolta, non usò mezzi termini: “Ho voglia di scopare". Io ero appena uscito dalla doccia ed avevo un asciugamano in vita. Lei lo tolse con un colpo secco, si sedette sul letto e cominciò a farmi una sega. In pochi colpi il mio cazzo era duro, lei si sfilò le mutandine, la maglietta e rimase completamente nuda. Si voltò e si mise a pecora. “Sfondami” mi disse, io non capii. Voleva che le prendessi il culo. “L’ho già fatto non ti preoccupare”. “ Lo so che l’hai già fatto, l’abbiamo fatto ieri”. “Non lo voglio fare come ieri…” disse lei con fare molto seduttivo. Solo allora capii cosa intendesse. Allora le misi un dito nel culo per allargarla bene e subito dopo ci puntellai la cappella. Dopo un paio di gemiti, più di dolore che di goduria, sentii il suo sfintere che pian piano si allargava ed il mio cazzo che si faceva largo nelle sue viscere. Urlò e dopo poco urlai anch’io, perché durai pochissimo. Cademmo sul materasso uno addosso all’altra e decidemmo di andare a fare la doccia.
“Sei durato poco oggi eh?” fece Marzia seduta sul letto. “E te che ne sai?”. “Vi ho sentito da camera mia, sicuramente non siete discreti mentre scopate”. Io, che di solito sono invece molto timido e riservato per queste cose, senza troppi preamboli le dissi: “Se l’è fatto mettere nel culo”. Marzia restò basita: “Ah, però la sedicenne”. “E non era la prima volta”, feci io. “Cazzo, io ho ventiquattro anni e non l’ho mai fatto” confessò Marzia. “Dovresti provare… magari ti piace!” la provocai io. “Il mio carabiniere dice che non lo interessa l’argomento… meglio così secondo me fa male”. “Dipende” tagliai corto io. “Ho passato il pomeriggio a stuzzicarmi la figa” mi disse lei. “Vuoi scopare anche tu con me?” dissi io nell’improbabile ruolo di oggetto del desiderio per troppe donne insieme. “No, non lo so, non lo do per scontato, ma mi eccitava tantissimo sentirvi dal muro ed allora mi sono sfilata le mutandine ed ho iniziato a toccarmi”. Aveva di nuovo litigato col carabiniere “Vuole che torni a Roma, ma io ho bisogno di questo lavoro, mi ha fatto un pippone… devo trovarmi anch’io un cliente con un bel cazzo e consolarmi un po’”. “Può non essere una cattiva idea”. Ci augurammo buona notte ed andammo a letto.
Arrivò anche il sabato e, con esso, i saluti. Paola sarebbe partita a tarda sera. Io stavo bevendo un caffè seduto su un muretto vicino al bar e lei mi venne incontro sedendosi sulle mie ginocchia. Aveva un leggerissimo vestito lungo. Le accarezzai la schiena e giunto in fondo sentii che qualcosa mancava. “Non hai le mutandine” le sussurrai nell’orecchio. Lei mi rispose sempre sotto voce che era rimasta con un solo costume, che la sua mamma aveva messo tutto l’intimo in valigia, ma aveva avuto voglia di farsi comunque l’ultimo bagno in Sardegna e quindi le aveva messe al sole ad asciugare. Automaticamente sentii qualcosa che si alzava nel mio boxer. “Vieni in camera mia?”. Anch’io, come lei aveva voluto fare l’ultimo bagno, volevo farmi l’ultima scopata. “Vengo tra una ventina di minuti c’ho da sistemare le ultime cose” disse lei.
Salii in camera, ma Paola non arrivò mai.
Non riuscii neanche a salutarla ma trovai un biglietto sotto la porta di camera mia, in cui mi diceva che non era brava con gli addii che il sesso era stato bellissimo e che si era divertita con quel bonus in più offerto dal villaggio, che ero io, che non era previsto nel prezzo pagato dal suo papà.
Marzia la sera era entusiasta di questa storia, che lei viveva come un Harmony. Rigirava fra le sue dita la lettera di Paola nell’afosa nottata sarda, seduta con le gambe incrociate con addosso una maglietta della Nike dai colori sgargianti ed i pantaloncini bianchi. “E così se n’è andata…” “Si, ci sono rimasto di stucco non me lo sarei aspettato, magari un ciao” dissi io. “Seeee, un ciao: una leccata di figa, magari”. Aveva ragione Marzia, forse avevo esagerato coi sentimenti, dovevo riportare tutto a quello che era stato: solo tanto bel sesso. “Ho lasciato il carabiniere”. “Mi dispiace…” le risposi. “A me no, per niente: aveva rotto il cazzo”. “Senti, ma perché vieni qui tutte le sere a parlare con me?” le chiesi. “Perché mi piaci. Attenzione non è che mi piaci nel senso voglio scopare. Mi piaci nel senso che sei una persona che mi piace che mi ascolta, che si racconta”. “Si però vieni sempre qui con le tettone libere sotto la maglietta, non penserai mica che non me ne sia accorto? E gli shorts sono sempre più corti. Non mi stupirei che tu non avessi neanche le mutandine”. “Come fai a saperli????” Chiese lei arrossendo. “Telepatia” risposi ironico. “Non confondere il sesso con il resto. Mi chiedi se ti scoperei? Certo che lo farei, ma oltre a quello c’è che sto bene con te, che se il cielo vuole la biondina s’è levata dai coglioni e ora posso avere per me sia te sia il tuo cazzo, che non so neanche com’è ma che voglio decisamente provare, sia l'uomo che sei”. E su questa battuta tirò via la maglietta, mi abbracciò da seduta mentre io ero in piedi e mi fece un gran pompino, sicuramente migliore di quelli di Paola, non fosse altro perchè lei ingoiava. Dopo scopammo per tutta l’estate.
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