Lui & Lei
...1453
di Sofy0000
16.01.2022 |
5.428 |
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"La bocca non grande ma con i contorni ben definiti e sempre con un velo di lucidalabbra che dava sul rosa..."
Come ogni giorno da 15 anni ormai, ogni mattina si presentava sul luogo di lavoro alle 8 in punto. Ne' prima ne' dopo.Una persona fortemente abitudinaria, precisa ed organizzata.
Le sue giornate cominciavano col rito del bagno caldo alle 6.30, della solita lettura del solito quotidiano che il solito ragazzo lasciava sull'usuale uscio di casa.
Seguiva poi un'abbondante colazione fatta di un semplice porridge a cui però aggiungeva sempre una manciata di mirtilli - forse un lontano ricordo delle vacanze estive trascorse in Val gardena con la nonna materna-.
Il luogo di lavoro era poco distante.
Non amava prendere ne' la macchina né i mezzi pubblici. E così ogni mattina di ogni stagione, alle 7.40 usciva dalla porta di casa salutando affettuosamente Nico, il suo amatissimo gattone e andava al lavoro.
Sempre così, ogni giorno.
L'educazione impartita fu sempre estremamente rigorosa e sicuramente fu lasciato poco spazio al lato creativo/fantasioso della persona.
Colpa sicuramente del fatto che il padre era un comandante militare dell'esercito.
Ma andava bene così. Con quelle regole ferree che poco spazio lasciavano alle emozioni.
Ma torniamo.....in ufficio!
Il suo lavoro veniva svolto in modo egregio non certamente in mezzo a mille difficoltà!
Essere direttore di un carcere maschile dall'età di 35 anni non è certamente cosa semplice per una giovane donna, per di più dalle forme così gentili ed armoniose da far invidia alle coetanee che riempivano le pubblicità sui giornali. Una donna molto femminile nell'aspetto! Un dono? Una disgrazia? Chi lo sa. Però era la realtà.
Non era altissima, ma le sue proporzioni erano invidiabili:
I capelli leggermente mossi color ambra le fasciavano un viso tondo e delicato nell'insieme, aveva occhi di un nero profondo che esaltava con un filo di trucco.
La bocca non grande ma con i contorni ben definiti e sempre con un velo di lucidalabbra che dava sul rosa...
Le cosce erano toniche per via delle lunghe sedute in palestra così come pure le braccia. Esili ma al tempo stesso forti.
L'incarnato era assimilabile al viso di una bambola di porcellana: liscio, uniforme, quasi angelico.
Il seno era decisamente prosperoso: tondo, pieno, con i capezzoli sempre turgidi che si intravedevano attraverso le soffici camicie che era solita indossare.
Mai scollate, ma dannatamente attillate, che facevano fantasticare i più....
La sua professionalità era riconosciuta a tutti i livelli: dalle guardie, dalle associazioni benefiche che facevano donazioni , dai "poteri forti " , ma persino dagli stessi carcerati.
Quel suo modo di fare sempre gentile e cordiale, a tratti efficacemente dolce, nascondeva una risolutezza e una forza d'animo incredibili, unite poi a tanta, tantissima autorevolezza.
Quella mattina verso le 12 erano in arrivo 3 detenuti in trasferimento da un altro carcere.
Cominciò a leggere le schede di ognuno di loro , come era solita fare in quelle occasioni e per la prima volta si soffermo' sulla foto allegata di un certo "Antonio Di Brasile".
C'era stato un qualche cosa che l'aveva colpita. Turbata. Forse lo sguardo penetrante di quegli occhi profondi, forse quel viso affascinante molto lontano dalle solite fotografie cui era abituata...
Non se lo spiegava neppure lei.
Ma quella foto e leggere poi la scheda di quel detenuto la destabilizzarono. E tanto.
Si era sentita come magicamente attratta. Come se un'energia sconosciuta la spingesse verso il desiderio di ricevere in carcere al più presto quell'uomo. Di averlo di fronte a se'.
Era curiosa. Fortemente curiosa.
Disse alla segretaria di non voler esser disturbata nella successiva ora.
Aveva bisogno di capire cosa le stesse accadendo.
Riprese quella scheda. Rilesse attentamente tutto ciò che c'era scritto. E più leggeva la storia di questo uomo e più si sentiva attratta.
Era turbata
Non capiva. Stava succedendo tutto troppo velocemente.
Cominciò a sentire una sorta di piacevole eccitazione che si faceva sempre più strada tra le sue gambe così come nella sua testa.
Ad un certo punto senti' una forte spinta interna. Nel basso ventre.
Un desiderio impellente di cazzo. Del suo cazzo.
Di essere invasa e pervasa.
Di essere posseduta in modo totale e profondo.
Lo voleva.
Lo voleva dentro di sé.
Era una necessità.
Essere rimepita di lui, da lui.
Voleva sentire il suo calore.
Il suo pulsare.
Aveva fame di lui.
Si era immaginata associato a quell'uomo un cazzo bello, dalle forme decise e molto marcate. Una lunghezza e una larghezza giuste tanto da far godere a sufficienza lei, che comunque era ben abituata in tal senso.
Lo voleva. Ora. In quel momento.
Ma lui non c'era. E lei pulsava sempre più.
Cominciò a sentire come degli spasmi.
Senti' l'irrefrenabile desiderio di aprire le gambe. Tenerle spalancate.
Seduta sulla sua poltrona alla scrivania.
Si abbassò i pantaloni. Sfilò una gamba.
Si tolse le mutandine color avorio che quel giorno indossava e con la mano destra cominciò a sfiorarsi. Ad accarezzarsi dolcemente dapprima, per poi penetrarsi con le dita della mano alla ricerca di quel piacere che però solamente quel cazzo avrebbe potuto placare.
Prima un dito, poi due. Poi tre. Poi non era sufficiente.
Voleva sentire di più.
Entrò con 4 dita . Fu leggermente meglio...ma il suo ardore non accennava a placarsi.
All'improvviso i suoi occhi videro appoggiato sulla libreria di fronte un fermacarte di ottone dalla forma cilindrica che lei non indugio' a prendere con la mano sinistra e così lo diresse verso di se e in un attimo lo infilò: era molto largo. Molto freddo. Diciamo un supercazzo di ferro!
Iniziò a spingerlo dentro e fuori di sé proprio a simulare ciò che più avrebbe voluto in quel momento.
Si stava accontentando.
Cominciò a soddisfarsi quando sul più bello la segretaria bussò alla porta avvisando che il furgone stava per entrare in cortile e chiedendo dove avrebbe voluto ricevere i detenuti.
Velocemente si rivestì.
Rimise a posto il fermacarte , andò in toilette per sistemarsi alla meglio. Fece un gran sospiro.
Cercò di placare il desiderio che ancora sentiva forte.
L'eccitazione le dava alla testa. Le pulsazioni in vagina erano forti spinte che confondevano i pensieri.
Scese velocemente le scale. Raggiunse il piano terra quando vide le guardie che tenevano per il braccio ognuno un detenuto.
Si avvicinò a loro. Diede il benvenuto, spiegò loro alcune regole del nuovo luogo
Fu molto brava a nascondere il desiderio che ancora aveva. Un quasi dolore. Si sentiva gonfia. Si sentiva bagnata. Le mutandine erano ormai intrise.
Cercò il più possibile di non incrociare mai lo sguardo di quell'uomo che solo qualche ora prima in foto le aveva scatenato tutto quell'inferno.
Finito di parlare, le guardie si diressero verso la porta per allontanarsi.
All'improvviso però il direttore con voce ferma disse:
"Il detenuto 1453 lo trattengo io. Lo devo interrogare nel mio ufficio. Venite a prenderlo più tardi, quando vi chiamo io"
E così nel giro di qualche minuto si trovo ' in stanza con quell'uomo che desiderava come non mai.
Lui era un tipo decisamente affascinante. Di pochissime parole. Era esattamente come se lo era immaginato.
Lui si accorse immediatamente che la direttrice aveva i capezzoli eccitati. Si accorse immediatamente della fame che lei aveva.
La situazione era decisamente eccitante.
Lui in manette, col cazzo già duro. Dritto. Che puntava al soffitto.
Lei gli abbassò velocemente i pantaloni. Si volto' di spalle.
Voleva essere presa di spalle. Lo voleva dietro di lei.
Lui non ci impiego ' molto...che la schiaccio' violentemente col proprio corpo al muro. Senza entrare ancora in lei. Voleva farla morire dal desiderio. Voleva vedere a terra le goccioline degli umori di lei che abbondantemente aumentavano e cadevano a terra.
Voleva sentirla implorare di entrare in lei.
Era una situazione quasi animalesca.
La passione era tanta. Quella voglia inspegabile che si era impossessata di loro. Non c'era tempo per le domande. Per le spiegazioni.
Le parole erano pochissime. Parlavano i loro corpi.
Lei lo voleva. Punto. Solo questo sapeva.
Ad un certo punto lui decise che era giunto il momento di entrare in lei. La spinse col busto sulla scrivania. A quel punto lei era quasi ad angolo retto.
Cominciò a sentire tra le sue natiche che lui si stava appoggiando. Prima con delicatezza, ma poi con fermezza. Con un solo colpo entrò in lei.
Vigorosamente. Lei cominciò a gemere. Stava godendo. E tanto. Quel suo spingere forte dentro di lei la riempì. Si sentiva piena. Sentiva che lui toccava tutte le sue pareti. La percezione era forte. Gli affondi in lei erano sempre profondi. Lui godeva nel sapere che finalmente la direttrice si stava sfamando grazie a lui.
In modo deciso, la giro ' di fronte a lui e la sdraio' sulla scrivania. Incomincio' a penetrarla ancora e ancora....
Lei godeva sempre più.
Era tutto un fuoco.
Era quasi dolorante. Ma ne voleva ancora. Era già venuta tre volte. Ma voleva ancora!
Lui era instancabile. Quella situazione. Quell'ufficio, la direttrice. Le mani legate. Tutto era veramente troppo eccitante.
Andarono avanti ancora e ancora fino a quando lui senti' arrivare il momento di lasciarsi andare all'estasi, decise di abbandonarsi completamente e di regalare a lei quel magico momento.
Si guardarono negli occhi.
Entrambi, senza parlare, intesero che quello sarebbe stato il loro segreto e che mai sarebbe più potuto accadere.
Entrambi pensarono che doveva semplicemente accadere. Che era nell'ordine delle cose.
I fatti però non andarono come avrebbero immaginato poiché da quel giorno a cadenza regolare, la direttrice si scopava il detenuto 1453 nel suo ufficio. In quel modo violento e assoluto che loro solo conoscevano.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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