Racconti Erotici > Gay & Bisex > Le confidenze di Gabri parte I
Gay & Bisex

Le confidenze di Gabri parte I


di Oldplace
27.06.2019    |    13.281    |    8 9.7
"Era usuale, per il nipotino, scendere dal secondo piano, dove abitava con la sua famiglia, al primo piano dove abitavano la nonna e gli zii, due sorelle e..."
Il racconto si basa sulla vera storia di Gabri, e su quello che mi ha raccontato durante i nostri incontri. Ovviamente Gabri non è il suo nome vero, come non sono veri i nomi degli altri personaggi di cui si parlerà nel racconto.

Gabriele è un bel ragazzo castano chiaro, quasi biondo, con un carattere apparentemente docile e aperto e un bel fisico: muscoli coltivati in palestra, bellissimo sedere tondo e sodo, ottimo amante versatile, come si suol dire, nel senso che può essere attivo facendo godere del suo bell'uccello, o passivo mettendo a disposizione il suo altrettanto bel culo, oltre che bocca e mani che sanno percorrere sapientemente tutto il corpo di un maschio per dargli un'estasi veramente appagante. Abbandonarsi alle sue mani è un'esperienza davvero unica: ti denuda con grazia e calma mettendoci una tale carica sensuale da farti inalberare dritto e duro l'uccello ancor prima di guidarselo in bocca per darti, e darsi, il primo assaggio della sua arte amatoria.

L'ho conosciuto due-tre anni fa, quando aveva 25-26 anni. Ci siamo visti più volte e ho sempre goduto della sua bocca e della sua lingua che sa usare con maestria, e del suo buchetto roseo e stretto che, pur ricevendo con facilità un uccello di buon diametro come il mio, alla vista e alla penetrazione si presenta come se, di cazzi, ne abbia ricevuto solo qualcuno, sembrando quello di un ragazzo alle prime esperienze. Eppure è da parecchio che Gabri fa sesso sia da attivo che da passivo, come ho appreso direttamente da lui, per avergli sollecitato certe confidenze, spinto dalla mia curiosità. Mi piace infatti, eccitandomi non poco, sentirmi raccontare questo genere di cose, sapere delle esperienze passate dei giovani con cui mi intrattengo ogni tanto, e lui non ha fatto difficoltà ad assecondarmi e a lasciarsi andare, dopo le prime volte, a confidenze anche molto intime. Mi ha descritto perciò le sue prime esperienze e raccontato dei suoi primi amanti, tutti uomini molto più avanti di lui negli anni, confidandomi di come al sesso gay sia stato iniziato da un giovane zio, solo di cinque anni più grande di lui.

Una cosa è certa: gli piacciono i maschi. Gli sono sempre piaciuti, fin da bambino quando, d'estate a mare, si fissava sul gonfiore di uno slip o sul corpo seminudo di un uomo. ancor prima che il suo uccellino cominciasse ad indurirsi alla vista di certe cose e a provare delle piacevoli sensazioni stringendoselo. Gli piacciono, gli uomini, fin da quando cominciò ad immaginare che il solo toccare l'uccello di un adulto sarebbe stata per lui fonte di grande soddisfazione, di piacere. E a ciò era arrivato non appena aveva cominciato a fare caso a quel gonfiore che ogni tanto notava dondolare all'interno dei pantaloni del pigiama dello zietto quando, al mattino, specie d'estate, gli capitava di trovarsi a casa della nonna. Gonfiore che ogni tanto spingeva all'infuori la stoffa del pigiama come se, anziché carne, ci fosse, a pressare da dentro, un pezzo di legno disteso in orizzontale.

Era ancora un ragazzino e non si spiegava il perché di quello che vedeva e la sua curiosità e il suo interesse per l'uccello crescevano ogni giorno di più.

Max, il giovane zio in questione, era allora uno studente liceale e Gabriele lo frequentava con assiduità abitando nella stessa palazzina. Era usuale, per il nipotino, scendere dal secondo piano, dove abitava con la sua famiglia, al primo piano dove abitavano la nonna e gli zii, due sorelle e un fratello, Max appunto. Nonostante i quattro-cinque anni di età che li separavano, quest'ultimo non disdegnava di giocare col nipote, a volte anche in maniera dura seppure sempre affettuosa. Uno dei giochi preferiti dallo zio era di acchiapparlo e sollevarlo da terra stringendoselo al petto magari dopo una breve e scherzosa rincorsa per la casa o attorno a un tavolo. Era un confronto ìmpari tra i due: lo zio era già un bel giovane uomo ben formato e forte, di circa 16 anni, Gabriele aveva il fisico ancora quasi da bambino, piccoletto e magro, ben diverso da quello che sarebbe diventato negli anni. Un giorno, l'estate in cui fu iniziato al sesso, subito dopo pranzo com'era abituale, il piccolo era sceso dalla nonna. Le schermaglie tra zio e nipote erano iniziate immediatamente: Max si divertiva a stuzzicarlo, acchiappandolo e facendoselo sfuggire per inseguirlo e riacchiapparlo, sfogando sul piccolo la sua giovanile esuberanza e trattandolo quasi come un giocattolo.

A Gabriele piaceva subire la sua giocosa violenza, sentirsi oggetto delle sue attenzioni anche quando riceveva qualche sculacciata, e gli piaceva soprattutto sentirsi stretto tra le sue braccia già muscolose. Gli dava una forte emozione essere preso da dietro sollevato da terra e stretto al suo petto, sentire la forza usata su di lui e il contato fisico che derivava da quella costrizione.

Quel giorno, Max si stava trattenendo con lui più a lungo e in modo più violento del solito: l'aveva inseguito e preso da dietro bloccandolo contro una parete e facendo pressione col suo corpo. E mentre se lo stringeva al petto, lo spingeva contro il muro e gli assestava forti colpi di bacino contro il culetto morsicandolo tra collo e spalla. Gabri rideva a crepapelle, ma si zittì immediatamente quando avvertì qualcosa di duro, molto duro, sbattergli ritmicamente contro, come se cercasse di insinuarsi tra i suoi glutei. Per riuscire meglio nell'intento, Max lo teneva sollevato, all'altezza giusta perché il suo uccello eccitato sbattesse sotto l'attaccatura delle cosce del nipotino e si insinuasse tra i glutei. Gabri sapeva bene cosa fosse quella durezza, con la quale era già venuto una volta in contatto anche se in maniera diversa. E su di essa si concentrò per sentirne meglio la pressione, quasi a misurarsela addosso, quella durezza, e notando che l'uccellone di Max era lungo quasi quanto la sua coscia, sulla quale premeva. Smise perciò di ridere. Lo zio si rese conto di essersi spinto troppo oltre l'usuale gioco, e lo lasciò andare mollandogli una pacca sul sedere, ritirandosi in camera sua senza proferir parola.

Dopo un po' la nonna e le zie uscirono lasciando il ragazzino a casa da solo, con Max sempre in camera sua. Gabri era davanti al televisore e ad un tratto fece caso alla musica che proveniva dalla camera dello zio. Andò verso quella stanza e, senza bussare, socchiuse la porta vedendolo disteso sul letto, a petto nudo, con i pantaloni aperti e con l'uccello, gonfio, stretto in mano. Gabri sapeva già che lui, quando era in camera e non c'era nessun altro a casa, spesso si toccava l'uccello, in quelle circostanze duro e vibrante nella sua mano: l'aveva visto più di una volta, osservandolo attraverso lo spiraglio della porta lasciata, forse intenzionalmente, socchiusa. Max si era infatti certamente reso conto della curiosità del nipote verso il suo uccello e faceva in modo di farglielo intravedere ogni tanto, nella speranza, chissà, di suscitare curiosità e interesse da sfruttare al momento opportuno. Ricordava bene, Gabri, di quella volta che, svegliandosi un mattino dopo aver dormito, quella notte, a casa della nonna, si era ritrovato con lo zio disteso accanto. Max lo accarezzava mentre gli si strusciava contro, e il culetto del ragazzino e il suo uccellone duro erano separati solo dalla leggera stoffa dei pigiami che entrambi indossavano. L'aveva anche sbaciucchiato un po' sul collo, quella volta, e gli aveva fatto sentire quella durezza che poco prima l'aveva emozionato.

Aveva anche notato che quando si ritirava nella sua camera e si toccava l'uccello, lo zio metteva della musica, forse per coprire i sia pur leggeri rumori provocati da quel che faceva, amplificati però dal cigolio del letto. Quella musica fu per lui come il suono del piffero della fiaba che attirava chiunque lo sentisse, specie dopo quel contatto insolito di poco prima con l'uccello dello zio premuto contro il suo culetto.

Restò con la mano sulla maniglia della porta semiaperta e i suoi occhi si bloccarono sul centro del corpo dello zio, che immobile, con l'uccello che continuava a stringere in mano e senza neanche tentare di nasconderlo, lo fissava negli occhi. Restarono a guardarsi a lungo, lo zio con l'uccello in mano e il nipote a fissarlo, senza pronunciare una parola. Fu Max a rompere l'incantesimo invitandolo ad entrare. Gabri avanzò dei pochi passi che li separavano, dopo aver chiuso la porta alle sue spalle, e si fermò davanti al letto mentre la mano dell'altro riprendeva a scorrere lentamente sull'uccello. "Lo vuoi toccare?" gli chiese. Gabri gli si accostò, abbassando leggermente la testa in segno di assenso. Lo zio gli prese la piccola mano guidandola sull'asta eretta ed umida, troppo grossa per poter essere completamente impugnata da lui. Il senso di meraviglia, di stupore del ragazzino era dimostrato dalle sue labbra tenute leggermente socchiuse mentre continuava a guardare quell'uccello con l'estremità luccicante che lui, quasi timoroso, sfiorava appena avvertendone il calore e l'umidore scivoloso da cui era tentato di ritrarsi. Ma il piacere di quel contatto andava oltre quel che aveva immaginato: fino a quel momento era stato il senso della vista ad entrare in gioco e mai aveva pensato di poter ricevere un diletto simile dal contatto della sua mano con la carne calda, dura e morbida ad un tempo, dell'uccello di zio. "Ti piace?" gli mormorò questi? Annuì, continuando a tacere. Max mise la sua mano su quella del piccolo, premendosela sull'uccello e imprimendole un lento movimento di sfregamento sul glande. Gabri teneva a coppa la sua manina, bagnandosela col liquido che ne fuorusciva, mentre lo zio se la faceva scorrere su e giù ad una velocità sempre maggiore. All'improvviso il respiro di Max si fece corto e affannoso, e il torace cominciò a sollevarsi e abbassarsi come se gli mancasse il fiato mentre l'uccello cominciava a contrarsi e uno, due, tre, tanti schizzi bianchi zampillarono dalla sua fessura allungata da cui pensava potesse uscire solo pipì. Quella crema schizzò sul petto di Max come lo spruzzo di una pistola ad acqua azionata a ripetizione e si sparse anche sulle mani di entrambi. Lo spettacolo inaspettato lasciò il nipote meravigliato, quasi di stucco, mentre un odore, nuovo per lui, si diffondeva nell'aria. Il respiro del ragazzo tornò presto normale e Gabri si sentì rassicurato anche dal sorriso che si vide rivolgere. Max prese dei tovaglioli di carta che aveva accanto, predisposti forse allo scopo, e si asciugò, pulendo anche la mano del nipote. Rimise l'uccello dentro gli slip e richiuse i pantaloni. "Hai visto cosa fa l'uccello quando lo si accarezza? Cresci un altro po' e lo farà anche il tuo..." Gabri non rispose, non sapeva cosa dire. Ma quello spettacolo gli era piaciuto parecchio.

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.7
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Le confidenze di Gabri parte I:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni