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Le confidenze di Gabri parte III


di Oldplace
07.07.2019    |    2.083    |    2 10.0
"Avrebbe voluto sentire nel suo culetto quello di Marco ma si guardava bene dal dirlo per non suscitare le gelosie dello zio..."
Un pomeriggio di quella sua prima estate di scoperta  e messa in pratica del sesso, sempre dopo l'uscita di nonna e zie, venne a trovare Max un suo compagno di scuola e amico, Marco. I due si chiusero nella stanza e Gabri restò a guardare la tv. All'improvviso si sentì chiamare e corse. "Dimmi, Max" chiese allo zio che si trovava seduto sul letto assieme col suo amico. Entrambi i ragazzi erano a petto nudo, in pantaloncini. Si guardavano e ridevano e si scambiavano qualche battuta a bassa voce, guardando verso di lui. Gabri non capiva di cosa ridessero e li guardava con uno sguardo interrogativo.  "Vieni qua" disse Max. Il tono della voce era categorico. Avvicinandosi al letto sperò di essere invitato a mettersi tra di loro. Conosceva molto bene Marco, anche lui un bel ragazzo, e gli piaceva quasi più dello zio. "Vieni qua" ripeté. Era chiaramente un ordine. Max gli tolse la maglietta. Gabri non capiva cosa avessero da ridere e da mormorarsi all'orecchio, a bassa voce perché non sentisse.  

"Fa troppo caldo, non ti pare?" Poi, senza mezzi termini, prendendolo di sorpresa, gli chiese, indicando Marco: "Vuoi vedere il suo uccello?" Questi non perse tempo e senza aspettare la risposta del piccolo che comunque stava abbassando la testa per rispondere di sì, anche se il suo assenso era inutile, si sfilò in un attimo pantaloncini e slip. Altrettanto e altrettanto velocemente fece Max e davanti a Gabri si presentarono due uccelli duri che si innalzavano fieri verso l'alto. "Toccaglielo", impose Max mentre lo tirava verso di sé e gli toglieva pantaloncini slip e maglietta, denudandolo completamente. Gabri, per nulla turbato di quella veloce denudazione, allungò la mano verso l'uccello di Marco. Notò che era più scuro e un po' più grande di quello dello zio, e fuoriusciva da un folto ciuffo di peli neri, dello stesso colore dei suoi capelli, resi ancora più neri dal biancore della pelle non abbronzata, sotto gli slip che usava a mare disegnati perfettamente sull'inguine. La cappella era scoperta, rossa, lucida e bagnata. L'uccello dello zio era invece più chiaro e alla base aveva meno peli, biondi e ricci quasi come i suoi capelli. Posò la sua manina sull'uccello di Marco mentre Max gli prendeva l'altra e la guidava verso il suo. Il piccolo li accarezzava entrambi, quegli uccelli impossibili da stringere nelle sue mani, troppo minute per quelle dimensioni. Continuò a toccare le aste e le cappelle e le sue dita si infilavano ogni tanto tra il pelo di entrambi. Gli piacevano soprattutto quelli di Marco, neri, più lunghi e folti, ma temendo che lo zio non avrebbe approvato una maggiore attenzione per lui, distribuiva egualmente le sue carezze ai due uccelli ricevendone in cambio baci e carezze sulla guancia e sulla testa nelle quali leggeva un incoraggiamento per quello che faceva.  

"Vuoi vedere il bel culetto del mio nipotino?" fece all'improvviso Max interrompendo le carezze. E così dicendo lo tirò verso di sé facendolo girare su se stesso per mostrarlo da dietro all'amico. Gabri era titubante. Gli piaceva vedere i due giovani nudi, avere a portata di mano e di bocca i loro uccelli che non cedevano un minimo della loro durezza, vedere i loro muscoli guizzanti, soprattutto quelli più sviluppati di Marco che gli passò con delicatezza la mano sulle natiche mentre Max gli accarezzava il viso. I loro uccelli erano tesi al massimo, entrambi sempre svettanti verso l'alto e ad essi tornò a rivolgersi quando Max gli sussurrò: "Accarezza...". Riprese a stringere in contemporanea i due glandi fino a quando lo zio non gli disse di usare entrambe le mani per  Marco mentre gli tirava la testa verso il suo uccello per metterglielo in bocca. Dopo un po' cominciarono ad alternarsi nella sua bocca e nelle sue mani e Gabri era felice di sentire gli incoraggiamenti e i complimenti di entrambi per quello che stava facendo. Presto i due ragazzi lo distesero sul letto a pancia in giù e cominciarono a sbaciucchiarselo, toccandolo dappertutto e contendendosi soprattutto il culetto su cui le loro mani continuamente si posavano, mentre gli strusciavano addosso i loro vogliosi uccelli bagnati. Gli stringevano e gli aprivano i glutei, accarezzavano il buchino e a tratti lo insalivavano e lo forzavano con un dito. Era un giocattolo nelle loro mani esattamente come avveniva quando era da solo con lo zio. Max cominciò a baciarlo tra i glutei, a leccargli il culo, ad introdurre un dito, imitato da Marco. Ad un certo momento Gabri si rese conto che entrambi gli avevano infilato un dito ciascuno nel buco e lo allargavano usando la loro saliva per lubrificarlo. Avrebbe voluto sentire nel suo culetto quello di Marco ma si guardava bene dal dirlo per non suscitare le gelosie dello zio. E fu proprio questo a distenderglisi sopra e a penetrarlo dopo avergli sparso sopra parecchia saliva. Max lo abbracciava da dietro ed era già tutto dentro di lui usando il buco con la solita foga che ci metteva quando erano da soli.  Marco gli accarezzava le spalle e il collo e lo incoraggiava rendendosi conto del dolore che il piccolo provava. Anzi, ad un certo momento si rivolse a Max per invitarlo a fare più adagio, ma questi non si commosse per nulla continuando col suo usuale ritmo, dettato esclusivamente dal piacere del suo uccello. Gabri apprezzò il gesto di Marco e avrebbe voluto dirgli di prendere il posto dello zio, ma non lo fece perché sapeva che  Max si sarebbe offeso. Dopo poco, lo zio si girò,distendendosi di spalle, e portandosi appresso il nipote che si venne a trovare disteso su di lui a pancia all'insù, sempre con l'uccello dentro. Se lo mise quindi seduto e tenendolo per i fianchi lo fece ruotare su se stesso portandolo con la faccia rivolta verso di lui. Cominciò quindi, aiutandosi con colpi di bacino, a farlo andare su e  giù sull'uccello sballottolandolo come un pupazzo inerme, pur se Gabri non perdeva nulla di tutto ciò che gli si faceva, sentendosi il protagonista assoluto di quell'evento: non era il suo culo ad essere a servizio di quegli uccelli, ma quegli uccelli ad essere a servizio del suo culo e della sua bocca. Era troppo giovane per avere chiaramente in testa una simile idea, ma il concetto non è molto lontano dalla realtà. Gli piacevano i maschi, gli piaceva l'uccello e avere contemporaneamente a disposizione gli uccelli delle due persone che più gli piacevano era il massimo a cui potesse aspirare e il massimo della soddisfazione.

All'improvviso però Max se lo strinse al petto restandogli sempre dentro e fermando ogni movimento. Gabri gli vide lanciare un'occhiata all'amico indicandogli il suo culetto. Marco capì subito l'invito e gli si inginocchiò veloce dietro. Si prese l'uccello, sempre duro al massimo, indirizzandolo con una mano  al buco già occupato, e cominciò a premergli contro servendosi come guida dell'uccello già dentro. Gabri capì le intenzioni dei due ed ebbe paura, ma le sue paure non furono colte o comunque prese in considerazione e  non fecero desistere Marco, lo stesso che poco prima era parso difenderlo. Entrambi i ragazzi lo rassicuravano e lo blandivano, ma inutilmente perché il dolore era troppo forte per quel buchetto. Gabri si divincolava per impedire al secondo uccello di farsi strada, ma non poteva illudersi di poter tenere testa a due ragazzi muscolosi eccitati. Le braccia forti dello zio lo bloccavano totalmente e il suo uccello era ancorato fermamente al suo culo mentre il suo amico aveva trovato facilmente l'ingresso del buco offertogli, che  desiderava fare degustare al suo cazzo da quando Max gli aveva raccontato delle sue prodezze a spese del ragazzino. E una volta insinuatosi lo spinse con decisione nonostante l'urlo che in quel momento non suscitò nessuna pietà in nessuno dei due. Trovato il fondo cominciò ad andare avanti e indietro assestando colpi decisi alla ricerca del suo piacere, esattamente come il suo amico che gli aveva così graziosamente messo a disposizione quel culo. I due giovani erano troppo presi dal godimento che prendevano da lui e dallo sfregarsi tra di loro in quel buco, che sembrava esistere solo per il loro piacere. Non sentivano i singulti che Gabri tentava tuttavia di soffocare per non deluderli e non cercavano neanche di consolarlo. E continuarono a scoparlo assieme fino a quando il primo, Max, non scaricò il suo sperma nel culetto e si tirò fuori. Marco continuò da solo, e martellò ancora a lungo, di spalle, quel buco. "Ti piace il mio cazzo?" chiedeva a Gabri, che non rispose ma che, nonostante il dolore, era felice di averlo dentro... "Adesso ti sborro dentro e te lo riempio questo bel culetto. Ti piace?" Gabri continuava a tacere, ma aspettava con impazienza di sentire quel cazzo scoppiargli dentro e prendere anche il suo sperma. Nel frattempo aveva smesso di piangere perché non sentiva più quel gran dolore che i due uccelli assieme gli procuravano. Marco andò avanti e indietro ancora a lungo fino a quando non accelerò i suoi movimenti e stringendosi il piccolo al petto non gli si svuotò dentro restandogli addosso, immobile. Dopo un po' si sfilò dal buco abbondantemente grondante per la doppia razione di sperma ricevuta, "Ti sei fatto male?" gli chiese. "Sì", rispose con voce flebile. "Però ti è piaciuto lo stesso, vero?" chiese l'altro. "Sì..." dovette ammettere Gabri.  I due ragazzi gli piacevano, e gli piacevano gli uccelli di quei due bei ragazzi. Era troppo bello il solo pensiero di toccarli, succhiarli, sentirseli in culo. Gli piaceva essere desiderato. Il dolore c'era: poi passava. E aveva avuto modo di provare anche Marco, che cominciava ad attrarlo forse più dello zio. A posteriori avrebbe detto che da Marco si faceva scopare per amore.

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