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Le confidenze di Gabri parte II


di Oldplace
28.06.2019    |    3.090    |    3 9.9
"All'improvviso questi si sentì spingere più in fondo l'uccello che cominciò a contrarsi..."
Qualche pomeriggio dopo fu chiamato di nuovo dallo zio. Era seduto sul letto e stavolta non aveva l'uccello in mano, ma i pantaloni mostravano un gonfiore evidente e su di esso rivolse la sua speranzosa attenzione.

. "Vieni qua - gli disse- Facciamolo di nuovo" ... "Sì" rispose sicuro e quasi grato Gabri. Aspettava quel momento dallo stesso giorno in cui aveva per la prima volta visto quell'uccello contrarsi e spruzzare una crema bianca. Max si distese sul letto, si slacciò la cintura, sbottonò ed aprì i pantaloni che, alzando il bacino, abbassò sui fianchi assieme agli slip. L'uccello arrivava quasi all'ombelico, enorme e gonfio che pareva di legno scolpito, con una grossa vena che l'attraversava tutto dalle palle fino al rigonfiamento della testa, talmente gonfia da fuoruscire dalla pelle che la ricopriva, umida e pulsante come se avesse una vita sua. Prese la mano del piccolo che gli era già accanto e tornò a guidarla, come la volta precedente, alla fonte del suo desiderio e del suo piacere. "Fai da solo stavolta", gli disse togliendo la sua mano. Gabri lo prese con entrambe le mani cominciando a fare su e giù come aveva capito si dovesse fare per dare piacere allo zietto. Continuò a muovere le mani presto inumidite dal liquido che fuoriusciva dall'uccello. Vedeva le gocce emergere dal buco ogni volta che le mani andavano verso l'alto e lo stringeva. Quel liquido trasparente, cristallino, colava e si spandeva sul glande rendendo scivolose le mani. Max cominciò a sollevare e abbassare il bacino per aumentare la velocità della carezza e per adeguarla al suo desiderio.

Continuarono così per un tempo indefinibile, finché Max non disse: "Leccalo...". Timidamente Gabri chinò la testa e, accompagnato dalla mano dello zio dietro la nuca, sfiorò l'asta con la lingua. "Più su...". "Ma è bagnato..." bisbigliò il fanciullo. "È buono, tranquillo, non è pipì..." gli rispose. La sua lingua si poggiò sul glande, mentre lo zio tratteneva in quella posizione la sua testa spingendo verso l'alto il bacino e cominciando ad esercitare con l'uccello una certa pressione sulle labbra per farle dischiudere. "Apri la bocca..." Gabri l'aprì, per quanto possibile, per obbedire al comando ricevuto e si sentì entrare quella carne viva e calda in bocca. La sola cappella la riempiva già tutta e Max cominciò a muoverla prima lentamente, e poi con più decisione, avanti e indietro. Qualche spinta più forte provocava una sgradevole sensazione di vomito al ragazzino che tuttavia non si sottraeva concentrato com'era a carpire sapori e odori, e quella morbida durezza che l'incantava. Dopo un po' Max tirò fuori l'uccello dalla bocca, e si riportò la mano di Gabri sul glande guidandola in una sega sempre più veloce fino a quando, preceduto da alcuni profondi sospiri, l'asta non cominciò a contrarsi e ad emettere dei lunghi spruzzi di quella cosa bianca e densa, conosciuta dal nipote la volta precedente. Lo sperma si era depositato sul petto nudo di Max formando una lunga striscia che partiva da sotto l'ombelico e finiva sul collo, spargendosi anche in tantissime gocce, e imbrattando la mano del piccolo che restò incantato per quello spettacolo. Percepì meglio della volta precedente il caratteristico odore dello sperma che gli era rimasto piacevolmente impresso nelle narici. Restò immobile a guardarsi le mani bagnate e odorose, non sapendo cosa fare. "Vatti a lavare" gli fece Max mentre si alzava dal letto per andare in bagno anche lui.

L'indomani, dopo pranzo, Gabriele tornò a casa della nonna e dopo che, come al solito, restò solo con lo zio lo raggiunse in camera. Lo trovò disteso sul letto, a leggere qualcosa. Max lo invitò a sederglisi accanto e lui obbedì prontamente, quasi non aspettando altro. "Lo vuoi toccare?" gli chiese. Gabri non disse nulla, perché sarebbe stato superfluo, e vide lo zio sbottonarsi lentamente i pantaloni e abbassare la cerniera. Guardava quell'uccello tirato fuori diventare sempre più grosso, fino a vibrare come se respirasse. "Ti è piaciuto toccarlo e assaggiarlo ieri. Vero?". Senza aspettare una sua risposta se lo posizionò tra le gambe divaricate, gli prese la testa e lo fece chinare sull'uccello già duro. "Apri la bocca". Continuando a tirarselo per la testa gli introdusse, con un po' di difficoltà, il glande in bocca cominciando subito, con movimenti decisi del bacino, ad andare avanti e indietro. Il ragazzino seguiva il doppio ritmo, coordinato e imposto dallo zio con colpi di bacino e col movimento della sua testa portata avanti e indietro dalla sua mano. Si fermava solo per un attimo, ogni tanto, per fargli riprendere fiato quando si rendeva conto delle sue difficoltà respiratorie manifestate anche dall'arrossamento degli occhi e dalle lacrime. Gabri cercava di guardare lo zio in viso e negli occhi per cogliere le sue espressioni: gli sembrava strano quel misto di sofferenza manifestato da lamenti e sospiri a bocca aperta, con gli occhi chiusi, come se provasse un dolore, e il piacere che doveva provare se continuava ad insistere a fargli andare avanti e indietro la sua bocca sull'uccello. La velocità del movimento aumentò sempre di più fino a quando non sentì le contrazioni dell'uccello dentro la bocca e quasi impaurito si ritrasse con un brusco movimento che contrariò Max che gli urlò un "fermo!" quasi iroso. Ma Gabri non fece in tempo ad evitare qualche schizzo nella bocca mentre Max non colse l'obiettivo di riempirgli la bocca del suo sperma, che raggiunse in faccia il piccolo e si sparse tutt'attorno, sull'asta, la sua stessa pancia e il torace. Gabri percepì ancora meglio, stavolta, l'odore e il sapore di quel liquido, che rinnovò la meraviglia e lo stupore provati la volta precedente, pur col rammarico di non essersi comportato come Max avrebbe voluto per essersi sottratto a ricevere in bocca tutta la crema. Ma Max, per attenuare il disagio provocato al nipote, lo consolò con una carezza sul faccino impiastricciato e per dimostrargli che aveva comunque gradito.

Tutto ciò diventò un'abitudine quasi quotidiana e lo zio continuò a servirsi del nipote per soddisfare, con seghe e pompini, le sue continue, giovanili voglie. La confidenza tra zio e nipote diventò sempre più grande ed era quasi naturale che ogni volta che restassero da soli a casa andassero direttamente a letto e si dedicassero, completamente nudi, a quei giochi. Piaceva anche, allo zio, distenderselo sotto supino, bloccarlo afferrandolo per i polsi e scoparlo in bocca mentre gli schiacciava la testa sotto il bacino. Spesso non badava alle difficoltà che questa posizione provocava al ragazzino, che però non se ne lamentava. Anzi, all'attrazione che sentiva già da sempre per lo zio si aggiungeva quella per il suo uccello e per lo sperma al cui sapore si era immediatamente abituato e che amava assaporare ogni volta che Max decideva di sborrargli in bocca. Aveva anche imparato a ripulire bene l'uccello dei residui dello sperma e a leccare tutto ciò che rimaneva di esso sulle mani e sul corpo dopo l'eiaculazione.

Ma non passò molto tempo che nel rapporto ci fu una naturale evoluzione. Uno di quei pomeriggi, dopo l'uscita di nonna e zie, Gabriele entrò nella camera di Max trovandolo già completamente nudo sul letto. "Vieni - gli fece - spogliati anche tu ché oggi fa caldo". Il ragazzino obbedì prontamente e gli si distese accanto. Fu felice dei baci e delle carezze che ricevette e dell'uccello duro e umido che gli si strusciava addosso, dappertutto. Presto si trovò a pancia in giù con lo zio inginocchiato dietro che gli carezzava le spalle e i glutei che ogni tanto allargava per scoprire il buchetto al quale avvicinava qualche dito. Poi sentì Max baciargli il culetto e cominciare a passargli la lingua attorno al buco e a pressargliela come se la volesse introdurre. Dopo un po', alla lingua si sostituì un dito bagnato di saliva che non si limitava però ad andare torno torno al buco. Cominciò infatti ad introdursi adagio adagio. "Che bravo questo nipotino... che bello 'sto buchino..." diceva Max, mentre introduceva un dito, che bagnò più volte di saliva finché non cominciò ad entrare ed uscire con facilità. Ruotava, quel dito, dentro al buchetto allargandolo sempre più. "Ti piace il dito dello zio, Gabri?" Il ragazzino annuiva. "Però con l'uccello è meglio" aggiunse subito. "E adesso te lo faccio provare nel culetto. Ma devi stare fermo, e tranquillo...Non devi avere paura, farò pianissimo e non sentirai nulla ...se stai fermo". La novità del contatto non lo turbò minimamente: conosceva bene l'uccello di Max per averlo toccato già tantissime volte, e per averlo leccato e succhiato altrettanto. Gli piaceva che lo zio gli facesse provare questa nuova emozione ed era curioso, anche se un po' timoroso, di vedere come quell'uccellone potesse entrare nel suo buchetto. All'improvviso Max gli si distese sopra premendogli una mano sulle spalle e bloccandolo completamente. Continuò a portare più volte con le dita la sua saliva attorno e dentro al buco, prese il suo uccello fremente e bagnatissimo dei suoi umori con la mano libera e l'appoggiò sul buchetto cominciando subito a spingere. Gabri sentì una fitta atroce e urlò cercando di sottrarsi, ma lo zio lo teneva bloccato e continuava a spingere contro il culetto vergine. "Tranqullo,Gabri... - continuava a ripetergli con voce decisa -Tranquillo e ...fermo!" incurante delle lacrime del nipote e deciso nel suo proposito di portare avanti e a conclusione la sua azione, di sfogare in quel bel culo le sue voglie. Una volta che il glande si insinuò bene nel culetto gli si distese sopra e gli tappò con una mano la bocca per impedirgli di urlare. Continuò a farsi strada, fermandosi solo un attimo quando sentì che il glande aveva superato l'ostacolo dell'ano, manifestato dall'urlo soffocato dalla mano che chiudeva la bocca del nipote. Ma lungi dal dargli tregua, continuò a spingere fino a quando buona parte dell'uccello non fu dentro e solo allora fece una brevissima pausa, pressando sul fondo del buco violato. Sempre incurante del dolore del piccolo che piangeva ormai a singhiozzi, cominciò ad andare avanti e indietro inseguendo il soddisfacimento della sua inarrestabile voglia. Spingeva e si ritraeva veloce e con la forza e la decisione della sua giovanile irruenza, bloccando i vani tentativi di Gabri di sottrarsi. All'improvviso questi si sentì spingere più in fondo l'uccello che cominciò a contrarsi. Max si fermò respirando affannosamente e Gabri capì che il suo culetto stava ricevendo lo sperma dello zio che fino a quel momento aveva visto schizzare tra le sue mani o sentito esplodere nella sua bocca.

Max si acquietò, accostando le gambe del nipote per fargli stringere anche i glutei e sentirne la pressione sull'uccello già soddisfatto ma sempre duro dentro il dolorante culetto. Era in uno stato di serena soddisfazione e non si poneva il problema se il nipote avesse sofferto.

"Bravo Gabri, bravo... Sei un bravo maschietto..." disse ritraendosi infine e sfilando delicatamente l'uccello dal culo che aveva violato. Gabri aveva smesso di singhiozzare anche se ancora le sue lacrime non cessavano di scorrere. Si sentiva il buco spalancato e umido di quel liquido bianco che aveva imparato a gustare e che adesso avrebbe voluto in bocca piuttosto che nel sofferente culetto. Max prese un tovagliolo di carta e lo deterse dello sperma che ne fuoriusciva. Gabri notò che il tovagliolo si era tinto di rosso. Provava sì dolore, ma non ce l'aveva con lo zio: forse era così che doveva andare.Max gli piaceva, gli piaceva il suo uccello, ed era tutto sommato soddisfatto anche se provato fisicamente. Si sentiva un po' innamorato del giovane zio ed era nello stesso momento fiero della dimostrazione di coraggio che gli aveva dato e dispiaciuto per aver pianto.

Dopo poco il dolore cominciò ad attenuarsi e, rassicurato dallo zio che non c'era più sangue, il ragazzino si sentì contento della nuova esperienza. Da quel giorno, pur memore del dolore, non si sottrasse mai al piacere dello zio che ormai era un piacere anche suo. Max non perdeva occasione per tenergli allenato il buchetto che Gabri gli offriva con grande piacere ed estrema facilità.

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