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Docile e ubbidiente...


di LoryLoredana
07.02.2021    |    1.001    |    2 10.0
"Con tono autoritario, tralasciando i convenevoli e chiamandomi "puttana", mi ordino di togliere lentamente il vestitino di seta..."
_ IL CONTATTO TELEFONICO
Leggendo svogliatamente l'annuncio riportato su quel famoso giornalino"specializzato", internet in quegli anni era poco usato, ne rimasi intimamente incuriosito.
Arturo ed Eleonora cercavano un "tipo remissivo" pronto a soddisfare i loro voleri e i loro desideri più intimi, senza precisare quali fossero praticamente le loro reali esigenze.
Aggiungevano perentoriamente: "devi essere docile, ubbidiente e devi assolutamente fidarti di noi!".
Il primo contatto doveva essere telefonico: sarebbero stati loro a chiamare al numero che il possessore dei requisiti, avrebbe dovuto lasciare in bacheca!
I soliti curiosi avrebbero dovuto desistere, in quanto la coppia non avrebbe avuto difficoltà a smascherare i "perditempo".
Consapevole che la mia non fosse semplice curiosità e convinto presuntuosamente di poter rispondere alle loro esigenze, con spontaneità e naturalezza, risposi così all'annuncio: sono intimamente docile, aperto ai desideri altrui con partecipazione fisica nel ruolo unicamente passivo, ma cerebralmente molto attivo. Il mio recapito telefonico: 347.......
Trascorsero una trentina di giorni allorquando, una sera, ormai rassegnato, risposi ad un numero sconosciuto pensando di mandare a quel paese il classico operatore di un qualunque call center.
Con una chiara e decisa voce femminile, Eleonora si presentava e senza indugi avviava la sua selezione telefonica, quasi si trattasse di un test d’assunzione, richiedendomi: età, caratteristiche fisiche, dipendenza da fumo e da alcol, frequentazioni sessuali abituali, ruolo sessuale predominante, tendenze bds, eccetera, eccetera.
Ad un certo punto quasi mi spazientii pensando ad una presa per il culo, ma improvvisamente una voce maschile interruppe Eleonora scandendo con tono deciso e con inequivocabile accento fiorentino, tre semplici parole: "ti faremo sapere".

_ IL PRIMO INCONTRO CON ELEONORA

Ritornare alcuni anni dopo nella città dove avevo svolto i miei studi più importanti, fu alquanto emozionante!
Giungendovi, provai una sensazione strana nel rivedere e ripercorrere, anche con la memoria, quelle strade del centro; correndo al mattino, solitamente in ritardo, e camminando lentamente alla sera godendomi serenamente quei pezzi di storia che donano perennemente fascino a quei luoghi.
Eleonora mi attendeva alle 15 in punto presso il Rivoire: l’avrei riconosciuta dal cappello di pelliccia e dai guanti in pelle; lei mi avrebbe atteso seduta ad un tavolo del dehors che si affaccia sulla splendida piazza.
Giunsi al Rivoire con qualche minuto di ritardo, quando lei era già lì con quel suo cappello di pelliccia molto originale e distintivo, i guanti in pelle, un paio di stivaletti tacco alto, e un vestitino di seta appena al di sopra del ginocchio; tutti capi sobri e inequivocabilmente griffati.
Con grazia, fece un cenno con la mano aperta indicandomi la sedia di fronte a lei, poi, guardando verso il cameriere, mi chiese che cosa desiderassi.
In quel momento, una sensazione strana mi aveva pervaso, pensai un poco emozionato che qualcosa di forte mi avrebbe aiutato a vincere la mia innata timidezza di fronte a quella donna sulla quarantina dall'aspetto piacevolmente accattivante.
Restammo seduti lì per una mezz'oretta, e mentre mi interrogava sui miei gusti sessuali, notai nel suo atteggiamento e nel suo sguardo, qualcosa che mi fece pensare di essere stato da lei parzialmente accettato, almeno per l’aspetto fisico.
Nel mentre, incalzava con le sue domande, scavando abilmente nel mio intimo, accavallò le gambe serrandole con delicatezza, forse con l’intento di mostrarmi le balze delle autoreggenti nere che indossava sotto il vestitino.
Accorgendosi che il mio sguardo puntava sulle sue gambe, mi chiese se amassi la lingerie e quale fosse il colore dell’intimo femminile da me preferito.
Scrollatami di dosso la timidezza, non esitai a risponderle che già da ragazzino la lingerie in pizzo nero mi aveva eccitato e che in assenza di mia madre, aprivo il cassetto di camera dove lei riponeva l’intimo e mi masturbavo toccando e guardando quei capi, diventati istintivamente oggetto delle mie fantasie di adolescente.
Al termine di quella mia breve confessione, Eleonora mi fisso, con il capo fece un cenno di approvazione e si alzò, lasciando sul tavolo l’importo della consumazione.
Ci incamminammo lentamente verso la sua abitazione che si trovava poco lontano, in Via de' Calzaiuoli.
Nel momento in cui lei aprì il portoncino di casa e mi invitò ad entrare, non ebbi più dubbi sulla sua condizione sociale: oltre ad indossare abiti di classe, abitava nel centro storico di Firenze, in un appartamento arredato con autentici pezzi di antiquariato fiorentino fine settecento, che il mio occhio d’architetto distinse all'istante.
In quella casa non vi era traccia di Arturo ed io non chiesi di lui.
Mi condusse, dopo aver attraversato un ampio salone, in una delle stanze affacciate su di un ampio corridoio con alcuni grandi quadri d’autore alle pareti.
Con voce delicata e sensuale mi indicò un divanetto antico di noce scuro e poi scusandosi si allontanò, uscendo lentamente ancheggiando.
Il locale dove mi trovavo era ampio una trentina di metri quadri, cera un angolo salotto e un grande letto a baldacchino, anch'esso antico.
Nell'attesa la curiosità crebbe e mi prese smaniosamente l’istinto di esplorare ogni angolo di quell'ambiente, con l'idea di trovare almeno un oggetto riconducibile alla sfera erotico sessuale.
Pensare che durante il viaggio in treno verso Firenze, avevo immaginato la loro casa cosparsa di oggetti fallici in bella mostra e uno schermo acceso con scene esplicitamente pornografiche.
Nel mentre divagavo in modo disordinato con la mia mente, ecco che lei tornò mostrandomi con giusto orgoglio la sua fisicità esuberante e la sua naturale dose di sensualità: sandali color oro con tacchi a spillo, autoreggenti con balza di pizzo, culotte alla brasiliana, corsetto strettissimo in vita, guanti lunghi fino alle spalle.
Nell'insieme emergeva la tonicità della sua pelle, vellutata, color bronzo.
Mi prese per mano, mi accompagno sul letto e mi disse con voce delicatamente sensuale: se lo vorrai da questo momento sarai il mio oggetto, ti condurrò nel mondo della sensualità più profonda, lontano dai pensieri che quotidianamente ci affannano, alla scoperta dei tuoi istinti innati ma dormienti.
Poi, forse per tranquillizzarmi, aggiunse che non avrebbe seguito alcun metodo di coercizione fisica e/o psicologica nei miei confronti, non mi avrebbe inflitto punizioni dolorose, ma avrebbe giocato con me fermamente convinta che io prima o dopo le avrei chiesto di essere il suo giocattolo preferito.


_ LA CONFESSIONE
Parlammo molto di lei e di me, nel frattempo la sera si avvicinava all'imbrunire.
Fissandomi negli occhi, ormai certa di colpire nel segno, mi chiese di raccontarle la mia prima esperienza omosessuale ed io, sentendomi ormai a mio agio, vergognandomi un poco, le confessai il mio primo indimenticabile rapporto omosessuale, consumato quasi furtivamente nella pineta di Vecchiano.
Le raccontai che un pomeriggio d’autunno, ritornando in auto da Pisa, avevo notato lungo l’Aurelia, ferma a bordo strada, una donna con minigonna e stivali neri.
Quella ragazza, non attendendo l’autobus, si era messa in bella mostra su dieci centimetri di tacchi a spillo, con l’intenzione di attirare l’attenzione dei potenziali clienti.
Un centinaio di metri più avanti avevo trovato un’ampia piazzola per l’inversione di marcia, e arrivato nello spiazzo tra gli alberi dove lei attendeva, avevo bloccato l’auto.
Dal tono della voce, avevo capito immediatamente che quella persona, molto femminile e sensuale, aveva quel qualcosa di più interessante fra le gambe.
L’eccitazione di trovarsi a tu per tu per la prima volta da solo con un trans mi prese a tal punto che persi l’autodifesa che fino a quel momento mi aveva accompagnato e mi aveva auto censurato, impedendomi faticosamente di lanciarmi verso un rapporto omosessuale.
Quasi inconsapevolmente, pagata senza trattativa e anticipatamente la prestazione, mi ero ritrovato all'interno della pineta in un punto ove il trans aveva allestito professionalmente la sua postazione di lavoro.
Fu quella la prima volta che piegato alla pecorina, mani sul tronco di un alberello per non cadere in avanti, avevo permesso ad un complice di far scivolare un vero cazzo “di carne”, dentro il mio buchino stretto ma ormai deciso ad accoglierlo.
Hegle, giovane trans brasiliano, aveva su mia richiesta lubrificato accuratamente quella mia parte smaniosa e mi aveva sbattuto delicatamente, perciò il livello del dolore, durante quella prima penetrazione, era stato accettabile.
In fretta e furia mi ero rivestito, e risalito in auto ero ripartito allontanandomi velocemente, sperando timorosamente di non essere stato notato da qualche conoscente lì di passaggio.
Quell'esperienza estemporanea e cruda avrebbe da quel giorno condizionato totalmente la mia vita.
Evidentemente, con quell'atto avevo superato barriere e limiti a me imposti da un educazione religiosa, barriere e limiti che ipocritamente mi avevano impedito di assaporare i miei istinti, fino ad allora da me stesso forzatamente tenuti a freno.
Riprendendo fiato manifestai apertamente ad Eleonora, con un sospiro liberatorio, il grande piacere di aver confessato, finalmente ed apertamente, ad un altro essere umano, la mia storica iniziazione.
Quel primo appuntamento servì alla padrona di casa per decidere su la mia ammissione al suo disegno.
Quel giorno gli unici contatti fisici furono un paio di strette di mano, l’ultima delle quali fu quella che ci si diede verso sera, lasciandoci amichevolmente con un significativo “a presto”.

_ LA VILLA AL LIDO
Tai mi attendeva dietro il cancello, immobile e rigido, fissandomi con i suoi occhi grossi e scuri che si confondevano con il nero del suo corpo asciutto e muscoloso e che luccicavano, riflettendo la luce di un tiepido sole primaverile.
Il forte temporale del giorno precedente e la pioggia piombata intensamente al suolo, avevano ripulito l'aria, rendendola cristallina.
La fresca brezza marina portava con se il profumo del mare che, lì vicino, si stava calmando dopo la mareggiata notturna.
Appoggiai il dito sul bottone di ottone lucido del citofono e in quel mentre scorsi poco lontano la mia ospite che lentamente si stava avvicinando al massiccio cancello di ferro battuto.
Rimasi un poco sorpreso quando Eleonora, con un gesto preciso e deciso, allontanò quel bel esemplare maschio di Taiwan Dog.
Entrando nella villa, trovai un ambiente completamente diverso rispetto all'appartamento fiorentino.
L’arredamento di quella residenza Viareggina, era spiccatamente moderno: pareti perfettamente rasate, arredamento essenziale ma funzionale, pavimento impreziosito da lastre di marmo bianco di Carrara.
Sul tavolo del salone qualcuno aveva preparato una ricca prima colazione che noi consumammo parlando di Tai, il cane da guardia che Eleonora aveva portato cucciolo, in Italia, qualche anno prima, tornando da una vacanza a Taiwan.
Il cane, un maschio di tre anni, disteso compostamente vicino al caminetto incastonato dentro una parete di pietra in pietra volpaia, ci osservava immobile ma vigile: le orecchie diritte ed i muscoli scolpiti che affioravano dal corpo lo rendevano quasi statuario.
Evidentemente, quella signora molto ospitale non aveva nessuna fretta di bruciare le tappe, nessuna fretta di mettermi alla prova, appariva chiaramente che per lei i preliminari facevano parte integrante della sua strategia e che non li ritenesse tempo sprecato.
Ci spostammo nella camera rosa, una delle quattro stanze da letto caratterizzate ognuna da un colore diverso.
Quella donna, da poco conosciuta, con la sua tranquilla sensualità, mi faceva sentire a mio agio.
Un filo di musica dolce e rilassante accompagnava, apparentemente in sintonia, ogni nostro movimento.
Eleonora, che nel frattempo si era tolta il vestitino di seta ed era rimasta in lingerie di colore bianco, iniziò a togliermi lentamente i vestiti, riconoscendo quel corpo nudo che già aveva esaminato nelle immagini condivise con lei un mese prima, tramite mms, subito dopo il primo contatto telefonico.
Ero lì, con lei, a dimostrazione che il mio corpo era stato ritenuto congeniale agli usi che ne avrebbe voluto fare!
Dopo avermi accarezzato delicatamente, mi fece sdraiare a pancia in giù sul letto, poi annodandola delicatamente fermò una benda di velluto davanti ai miei occhi, e mi sussurrò vicino all'orecchio di non muovermi assolutamente da quella posizione.
Da quella posizione non potevo vedere che cosa lei stesse facendo, sentì che si muoveva sicura sui tacchi a spillo e che armeggiava, probabilmente, dentro l'armadio.
Pensai mi stesse preparando un sorpresa.
Si sedette sul letto accanto a me sfiorando con le sue natiche sode le mie gambe unite.
L’eccitazione crebbe quando sentì la sua mano accarezzare delicatamente il mio culetto e quando poco dopo lei, con un dito, mi sparse della crema sulle labbra esterne del buchino indifeso e dentro lo stesso, provocandomi una piacevole sensazione di calore.
Quei dolci massaggi lubrificanti avevano sortito un forte effetto rilassante, il buchino si era schiuso, le mie palpebre si erano chiuse e il mio cervello aveva barattato lo spazio della ragione con la più spontanea arrendevolezza.
Rumori di cose prese e spostate stimolavano la mia fantasia, e mentre attendevo con impazienza mi pregustai serenamente il piacere della sorpresa.
Con le sue mani soffici e tiepide, la donna divaricò leggermente le mie gambe.
Subito dopo sentì a contatto della mia pelle un oggetto tiepido che strusciando in mezzo ai glutei, arrivò fin dentro il mio buchino ben lubrificato, che istintivamente reagì stringendosi.
Poco dopo mi sentì invadere il ventre da una sostanza liquida, piuttosto calda.
In quel momento sopravvenne chiaro il ricordo di mia madre e pensai al liquido caldo, infuso di camomilla e salvia, che lei mi aveva introdotto, attraverso la medesima pratica stimolante, ogni qualvolta, ancora bambino, le manifestavo problemi di stitichezza.
Eleonora si affrettò a puntualizzare che avrei dovuto mantenere quella posizione resistendo il più possibile allo stimolo, sussurrandomi che ciò avrebbe favorito una migliore riuscita dell’operazione ed anche una piacevole sensazione anale al momento opportuno.
Quella sua frase, nella sua prima parte, mi riportò alla mente le parole che anche mia madre mi aveva analogamente ripetuto durante le stimolanti sedute infantili.
Riflettendo sull'analogia delle frasi, pensai che non si trattasse di una coincidenza ma che la tecnica del clisma, basata sul principio dei vasi comunicanti, prevedesse come punto cardine, la fase della resistenza, a garanzia di una buona riuscita della funzione svuotante.
Convintomi della teoria, ubbidì diligentemente e resistetti fino a quando lo stimolo divenne incontrollabile e mi costrinse a correre come un razzo in bagno, dove con piacere restituì tutto il liquido immesso ed anche altro.
Rimasi ancora qualche minuto seduto sulla tazza, rilassandomi alla vista di quella splendida stanza da bagno.
A terra proseguiva la pavimentazione di marmo bianco di Carrara, alle pareti spiccava un rivestimento di onice color verde, sulla mia destra l'angolo doccia di cristallo satinato, a sinistra un'ampia vasca idromassaggio anch'essa di onice verde, incassata nel pavimento, sotto la finestra un mobile stile Luigi XV dipinto a mano, affianco un lavabo rettangolare con due vasche scavate su un pezzo unico di marmo bianco.
Mentre osservavo curiosamente ogni angolo di quella stanza, pensai ad Eleonora come ad una di quelle persone alle quali, appena conosciute, spalanchi spontaneamente le porte della tua più profonda intimità.
Era oramai evidente che la complicità che ci aveva uniti da subito, ci avrebbe condotti lontano.
Appena rientrai in camera Eleonora mi fece sdraiare sul letto, nella stessa posizione del clistere, poi infilò un cuscino sotto la mia pancia per rialzarmi il sedere e mi bendò nuovamente.
Rimasi immobile attendendo trepidamente come un bambino a cui hanno promesso una bella sorpresa.
Capii che Tai si era avvicinato a me, allorquando sentii chiaramente vicino alle mie orecchie il suo respiro ritmicamente intenso prevalere sul sottofondo musicale.
L'altro senso °libero°, l'olfatto, mi comunicava che Eleonora si era avvicinata ed il suo profumo era entrato delicatamente nelle mie narici, avvisandomi che era giunto il "momento".
Immobile attesi le sue mosse.
Il mio culetto, morbido e lindo come quello di un bambino, si sentiva al centro dell'attenzione, e ne aveva tutte le ragioni...
Improvvisamente sentì un arnese caldo penetrare prepotentemente il mio buchino voglioso e mi lasciai andare senza opporre alcuna resistenza.
L'introduzione era stata talmente repentina che non vi era stato il tempo per comprendere la consistenza di quell'arnese, che certamente non aveva nulla di umano...
Istintivamente, con le dita della mano destra, tastai dietro tra i miei glutei e riconobbi il fallo di vinile, cosparso di gel, che Eleonora, mi aveva introdotto spingendo dentro con forza.
Quel cazzo artificiale ormai aveva invaso il mio buchino, che godendo si era dilatato sempre di piu sotto i colpi decisi della mia padrona.
Stimolata dai miei gemiti di eccitazione, spinse ancora, sbattendo rumorosamente le sue cosce contro le mie natiche che muovendosi compressero l arnese a mò di sandwich.
Si fermava qualche istante e poi ripartiva con una cadenza precisa stringendo in una mano il mio pene “pietrificato”.
Passarono alcuni minuti, i miei sensi si arresero e le sborrai in mano mentre il mio buchino pulsando si dischiudeva e si chiudeva come la bocca di un pesciolino...
Appena ebbe raccolto lo sperma, mi infilo le sue dita in bocca facendomi assaggiare per la prima volta il mio nettare caldo, appena sfornato, poi gemendo anch'essa, delicatamente riaffondò il dildo e poi lo estrasse lentamente e definitivamente dal mio culo sazio.
Dopo essermi goduto gli effetti rilassanti sul mio buchino appagato, mi girai, mi tolsi la benda e sedutomi sulla sponda del letto potei ammirare la mia padrona che, slanciata sui tacchi, mostrava con autorità e fierezza un fallo carnoso e venoso di medie dimensioni, che spuntava frontalmente da uno slip di latex nero indossato con disinvoltura da Eleonora.
Tai aveva assistito all'atto sessuale e dal suo sguardo pareva stesse partecipando con piacere a quell'incontro.
Dai suoi gemiti compresi che anch'ella era arrivata, aveva bagnato la sua patatina!
Infatti,togliendosi le mutandine, estrasse dalla vagina un secondo fallo fissato internamente allo slip, anch'esso molto realistico e consistente, che aveva tenuto nascosto gelosamente dentro la sua patatina durante il rapporto anale.
Nel congedarmi, quel pomeriggio, mi baciò delicatamente sulle labbra, mi sorrise compiaciuta e accompagnandomi al cancello mi sussurrò che presto mi avrebbe cercato.
L attesa di quel contatto promesso, mi distrasse a tal punto che, in quei giorni d’ansia, feci fatica a concentrarmi negli ordinari impegni quotidiani.
La chiamata arrivò dopo un paio di giorni e mi colse sempre più emozionato.

_ ACQUISTI PARTICOLARI
Eleonora, dopo avermi chiesto sensualmente ed ironicamente come stesse il mio culetto, mi diede appuntamento alle 10 del giorno dopo, in via Battisti a Viareggio.
Appena arrivò, peraltro piuttosto in ritardo, si fece subito perdonare abbracciandomi forte, poi sfiorando le sue labbra carnose sulle mie, mi prese per mano e mi chiese di seguirla, promettendomi una piacevole sorpresa.
Pochi passi ed entrammo nel negozio di biancheria intima.
La giovane commessa da dietro il banco ci salutò e senza alzare lo sguardo continuò ad riordinare alcuni capi di lingerie, rimasti invenduti.
La mia compagna di avventura, accarezzandomi la punta del naso con il suo dito indice, mi fece notare alcuni capi di intimo femminile veramente accattivanti, tra cui una guepierre in pizzo e tulle nero, che colpi istantaneamente i miei sensi...
Sicura delle scelte e della taglia, la mia, acquistò un paio di autoreggenti, un paio di calze a rete, due paia di mutandine mini, quel corsetto che mi aveva mostrato, ed un paio di guanti lunghi: il tutto rigorosamente color nero.
Lasciato quel luogo fatale, ci spostammo con la sua Mini, e in una decina di minuti raggiungemmo un sexy shop.
Fu in quel luogo di "perdizione" che, per niente imbarazzata, scelse ed acquistò una parrucca di capelli veri, un seno artificiale color carne naturale molto realistico, un paio di sandali color argento n. 41 con alti tacchi a spillo ed una sensuale mascherina veneziana.

_ IL MIO PRIMO TRAVESTIMENTO
Terminati gli acquisti raggiungemmo la villetta al Lido di Camaiore ove trovammo Tai ad attenderci, sculettante e scodinzolante, dietro il cancello.
Entrando lo accarezzai e lui mi lecco amichevolmente, più volte, il palmo di una mano.
Entrando in casa, pensai che Eleonora avesse scelto con molta cura gli ingredienti necessari per cucinarmi a dovere.
Nella camera rosa lei inizio a spogliarmi lentamente.
Tai era vicino a noi e mentre ci osservava, a suo modo volle partecipare, leccando con la sua lingua ruvida, nero bluastra, le mie natiche ormai libere.
Per un attimo mi vergognai con me stesso, sentendo i brividi correre sotto pelle...
Tolto l ultimo capo, le mie calze di cotone, Eleonora mi fece sedere sul bordo della poltroncina ed inizio a infilarmi le autoreggenti allungandole gradualmente fino a stenderle con cura fino a metà coscia.
Poi, afferrandomi sotto le ascelle, mi rimise in piedi, mentre io imbambolato mi arrendevo istintivamente ai suoi voleri.
La vestizione prosegui, quasi fosse un cerimoniale sensualmente sacro: un pezzo alla vota Eleonora compose il suo mosaico ed io mi ritrovai travestito da capo a piedi come una troietta da esporre in vetrina.
La mia padrona mi accompagnò davanti ad un ampio specchio e fu allora che, ammirando interamente la mia plasmata femminilità, mi calai compiaciuto nella parte, rendendomi conto di quanto riuscissi a sentirmi intimamente zoccola!
Dai suoi occhi, mentre mi guardava fiera della sua creatura, traspariva un velo di soddisfazione per avermi trasformato nella sua "bambolina sexy".
Ruotando il braccio per indicarmi lo spazio nella stanza, mi fece sfilare come una modella, ordinandomi di ancheggiare e sculettare.
Non ebbi difficoltà ad accontentarla, poiché quella era una delle esperienze sensuali, che avevo tanto desiderato.
Anche se prima di allora non avevo indossato scarpe con tacchi alti, non ebbi alcuna difficoltà a muovermi sotto lo sguardo interessato della mia maestrina.
Sculettando ed ancheggiando con insperata disinvoltura, sentii il perizoma sfregare tra le labbra del mio buchino che reagì istintivamente, "imprigionandolo".
Nel frattempo che io sfilavo, sentendomi sempre più troia, Eleonora aveva indossato lo slip con i due falli artificiali, inserendo prima quello interno nella vagina e poi sistemando quello esterno, pronto all'uso.
Seduto sulla sponda del letto succhiai per qualche minuto quel dildo carnoso, poi mi sdraiai supino con le gambe divaricate come quelle di una donna davanti al ginecologo.
Lei mi lubrificò abbondantemente, infilandomi un paio di dita nella pseudo fica, che naturalmente si dilatò, trasmettendo al mio cervello la mia solita "smania da cazzo".
La frenesia mi prese e lei, accorgendosene, iniziò a penetrarmi lentamente per non farmi male.
Quella penetrazione, in quella posizione da lei voluta, mi stimolò molto, facendomi sentire femmina e provocando, in breve tempo, una abbondante sborrata che bagnò le nostre pance aderenti, appiccicandole.
Rimanemmo alcuni minuti avvinghiati, lei diede qualche altro colpo più intenso ed arrivò..., mentre io la cingevo in vita con le mie gambe incrociate dietro la sua schiena.

_ LE MASCHERE DI CARNEVALE
Con il tempo conobbi meglio Eleonora, che in un piovoso pomeriggio invernale volle raccontarmi la sua storia.
Eléonoire, questo il nome di battesimo, proveniva dalla Bretagna, dove aveva studiato da architetto.
Arturo, un signore distinto e benestante, 20 anni più grande di lei, l aveva conosciuta appena laureatasi, durante una vacanza in Costa Azzurra, e se l era portata a Firenze.
La giovane donna l aveva seguito, apprezzando la classe di quell'uomo che nella sua vita non aveva lavorato neanche per un minuto, potendo vivere di rendita grazie al cospicuo patrimonio familiare.
Quell'uomo distinto, educato e pieno di attenzioni, senza figli ne nipoti, l aveva sposata e resa ricca.
Tra i due l accordo fu quello di scegliere liberamente come vivere il sesso.
Lui già impotente, non l avrebbe assolutamente limitata, e lei avrebbe potuto vivere la sessualità senza dover rendere conto al marito delle scelte che avrebbe fatto, a patto che tali scelte non producessero vincoli sentimentali.
Arturo viveva in maremma dove aveva un estesa tenuta con una grande villa e i suoi cavalli che amava passionalmente.
Eleonora mi confesso di amare Arturo come fosse il padre, con la stessa devozione di una figlia che aveva avuto tutto da lui.
Le amicizie dell architetta ruotavano intorno alla cosiddetta buona società, ma la ricca signora, di origini rurali, non disdegnava conoscere anche le persone che definiva "normali".
Purtroppo, quell'anno Arturo la volle in maremma per trascorrere assieme le festività natalizie.
Eleonora si rifece viva con me verso i primi giorni di quel febbraio freddo e piovoso, che sarebbe rimasto impresso indelebilmente nell'archivio cerebrale dei miei ricordi.
Ricordo perfettamente la sera in cui chiamo e salutandomi allegramente mi ricordo che il Carnevale era ormai alle porte.
Dal tono della sua voce capi che Eleonora era felice di risentirsi libera e nella mia fantasia la immaginai come un giovane felino appena scappato dallo zoo.
Ci rivedemmo a Viareggio, nella tranquilla villetta che nel frattempo era rimasta chiusa, ma non per Tai, che al nostro arrivo ci accolse come un essere umano accoglie i propri fratelli immigrati, rivedendoli dopo trent'anni.
Quella casa non mi era più estranea, ormai la conoscevo bene e quindi appena arrivato, quasi impudentemente, mi sbragai sul divano nel salone, come se fossi ritornato a casa dopo un lungo ed estenuante viaggio di lavoro.
Eleonora, raggiante, mi si sedette accanto, mi prese la mano e mi disse che aveva in serbo per me un paio di sorprese.
Alcuni suoi conoscenti, "comme d'habitude", avevano organizzato un ballo in maschera per festeggiare la festa più bella dell anno:

IL CARNEVALE!
Una casetta rurale, spartana e modesta, sperduta nell'entroterra pisano, era stata addobbata per l occasione; tanto spazio e pochi arredi lasciavano ampia libertà di movimento ad una trentina tra uomini e donne, diversamente mascherati.
Eleonora aveva trasformato il suo corpo in quello di un maschio nobile dell ottocento, io ovviamente apparivo agli occhi dei presenti come una ragazzina sexy con il vestitino mini che la mia maestra aveva accuratamente scelto e comprato per me.
Il resto del mio abbigliamento, l intimo, era quello che abitualmente indossavo nella villetta al mare, i tacchi mi slanciavano rendendomi sensuale e sotto la mascherina i miei occhi già brillavano di gioia.
Eleonora mi presento al gruppo di amici ed io salutai tutti scuotendo la mano destra senza scomodare la mia voce.
Verso la mezzanotte, un tizio vestito da centurione romano, si avvicino al tavolo dei cocktails, ne prese un paio e allungando il suo braccio muscoloso, me ne porse uno.
Stringendo la cannuccia tra le labbra, mentre aspiravo dal bicchiere una "Margarita", pensai che quel giovane di carnagione mulatta non fosse capitato li per caso, ma che dietro la sua presenza vi fosse la regia di una persona da me conosciuta.Da quel momento facemmo coppia fissa, si ballo, si bevve, lui parlo banalmente, ed io lo segui annuendo e rimanendo volontariamente muta.
Eleonora nel frattempo si era accaparrata una ragazza mascherata da fata turchina, che agitava teatralmente una bacchetta azzurra, ovviamente non magica.
Inaspettatamente, il centurione mi prese per mano e con decisione mi traino al piano superiore dove mi spinse all'interno del buio di una camera.
In quei momenti di ansia, le mie gambe tremarono come avrebbe tremato la mia voce se avessi voluto parlare.
Lui accese l'abat-jour sul comodino e poi si tolse quel poco che fino a quel momento aveva indossato per nascondere, ad occhi indiscreti, la sua parte più ambita.
Altro che ambita!!!
I circa 12 cm di quell'arnese ancora a riposo mi spaventarono un poco, pensando alle dimensioni che avrebbe potuto raggiungere se stimolato.
Con tono autoritario, tralasciando i convenevoli e chiamandomi "puttana", mi ordino di togliere lentamente il vestitino di seta.
Non indugiai ed ubbidendo rimasi con quell'intimo nero che adoravo tanto e che mi faceva sentire "intimamente" ancor più femmina.
Il "soldato di Cesare", con la mano destra si tocco il bell'arnese e con l altra avvicino il cellulare all'orecchio.
Lo tenne qualche secondo e poi lo ripose sul comodino.
Passarono alcuni minuti e il cigolio del cardine della porta, anch'esso bisognevole di lubrificazione, ci avverti che qualcuno stava entrando.
La mia padrona faceva la sua "entre en scene" cosi come la "regista" l aveva voluta.
Eleonora, avviando la sua regia senza ciak, mi ordino di camminare sculettando intorno al centurione che nel frattempo aveva iniziato a masturbarsi ritmicamente ed aveva reso l attrezzo idoneo all'uso.
Nel mentre sculettavo sbirciavo dalla mascherina quel "pisellone cattivo" che nel frattempo era cresciuto tanto, tanto.
Preso dalla libidine, pensai agli effetti di quel coso sul mio buchino stretto, e dopo un attimo mi convinsi che sarebbe valsa la pena provarlo!
La regista mi fece sedere sul bordo del letto, con una mano alzo la veletta della mia mascherina e con l altra afferro l arnese carnoso del mulatto infilandomelo in bocca .
Non esitai ad allargare la bocca e stringendo fra le labbra quel bel cazzo turgido e bollente lo spennellai con la mia lingua, smaniosamente.
Allora il bel centurione spinse l arnese verso la gola, fino a toccare le mie tonsille, provocandomi un lieve conato di vomito.
Succhiando dolcemente quel coso meraviglioso, ne stimai mentalmente le misure e capii che quella sera il mio buchino ancora integro, sarebbe stato messo a dura prova ed inevitabilmente sverginato.
La regista non si distrasse, si sedette su una sedia, mi fece avvicinare e poi mi fece appoggiare sulla pancia alle sue cosce unite.
Disponendomi con il culetto all aria mi sculaccio sonoramente, più volte con decisione, come fossi stato il suo bambino cattivo e disubbidiente.
Nel frattempo Adil si era anch'egli avvicinato ed inginocchiato sul pavimento, con il viso rivolto verso il mio culetto procacemente sfacciato.
Il ragazzo inizio a mordermi delicatamente le natiche "infiammate", e nel mentre Lei me le allargava con i palmi delle sue mani calde, fece scivolare la lingua fino alle labbra del mio buchino umido, infilandovi dentro la punta turgida e bagnata.
Adil, bel esemplare di marocchino dalla carnagione mulatta, esploro il mio ano con la sua lingua, provocando automaticamente in me un irrefrenabile desiderio di cazzo.
Mugolando come una cagna in calore, pensai che come per un bel gioco, l attesa è bella quando dura poco, e dimenandomi smaniosamente, lo supplicai con un fil di voce di sostituire quella lingua con il suo bel cazzo.
Ma Eleonora, intervenendo dalla "sala di regia", freno il mio impeto e ordino° al ragazzo di insistere con l"analingus, al fine di preparare quel buchino voglioso a ricevere al meglio quel coso assomigliante a quei grossi cetrioli che avevo la cattiva abitudine di tastare "senza guanti" al discount.
Dopo aver "consumato" la punta della sua lingua dentro il mio sfintere, il centurione si riposo attendendo che la padrona lubrificasse accuratamente ed abbondantemente il mio buchino impaziente.
Ad un cenno dell amica, Adil afferro il suo "grosso cetriolo" e lo diresse in mezzo alle mie chiappe facendolo avanzare gradualmente, cercando di non provocarmi dolore.
Tentai di resistere, ma purtroppo e causa dell irrigidimento della muscolatura anale, mi sottrassi lamentando vocalmente con un "aiaaaa" la mia sofferenza!
Eelonora, in qualità di esperta, mi fece cambiare posizione, mi accompagno e mi fece distendere nel letto su un fianco con la gamba destra distesa e la sinistra piegata con il ginocchio prospiciente al mio viso, sicura che quella postura avrebbe agevolato l introduzione di quel coso che era diventato evidentemente piuttosto "ingombrante".
Eleonora riprese a lubrificarmi l ano e con la sua tecnica ineccepibile mi aiuto altresì a rilasciare tutta la tensione muscolare accumulata durante quel primo vano tentativo di "sfondamento".
Alcuni minuti dopo, il maschiaccio mi si avvicino accostando il suo profilo al mio.
Sentendo tra le mie chiappe il calore e la forma di quel coso, tanto desiderato, che cercava di entrare, mi lasciai andare e mi arresi incondizionatamente con il fisico e la mente.
La posizione era quella giusta, sentendo entrare il suo cazzo il mio cervello comando il mio sfintere che favori quell'accesso aprendosi come un portone automatizzato.
Un sogno inaspettato, quello di sentire il membro di Adil aderire alle pareti del mio buchino, entrare, uscire per poi rientrare senza ostacoli, in modo sensualmente armonico.
Io mi ero quasi rannicchiato e stringendo i glutei per non farlo scappare, assaporai un piacere immenso, soprattutto quando, dopo una decina di minuti di penetrazione, senti il calore del suo brodo -----colarmi dentro.
Arrivai davanti e dietro, uno stato di estasi mai provato fino ad allora!
Annullato fisicamente e cerebralmente da quella condizione estasiante, rimasi in quella posizione ancora alcuni minuti cercando di trattenere l oggetto dei miei desideri dentro il mio culo, esageratamente e vergognosamente appagato.
Adil estrasse il suo cazzo ormai a riposo ed io lo accompagnai fuori dalla mia tana accarezzandolo con la mia mano tremante.
Poi istintivamente mi toccai il buchino che non si era ancora richiuso, e spingendo fuori il brodo caldo del mio partner, lo raccolsi con la mano sinistra e lo portai alla bocca per gustarmi l epilogo del piacere.
Eleonora durante il rapporto omosessuale, si era trasformata da regista in cameraman, ed aveva ripreso la scena con la sua videocamera digitale.
Andammo a turno in bagno, dove ognuno di noi si ricompose prima di scendere al piano terra.
Vedendo il salone sottostante ormai deserto, capimmo che anche gli altri ospiti, al ballo, avevano preferito l'intimità nelle diverse stanze che il padrone di casa aveva messo a disposizione.

_ LA SCOMMESSA
A bordo della Mini rossa guidata da Eleonora, rientrando verso Viareggio, ci fu anche il tempo per parlare di noi e per raccontarci, in estrema sintesi, le tappe salienti della nostra esistenza.
Adlil studiava ingegneria a Pisa ed era figlio di una splendida berbera, deceduta mettendolo al mondo, e di un affermato professionista fiorentino, caro amico di Arturo.
Quel ragazzo, dai lineamenti delicati, bello e prestante, era stato adottato da Eleonora come un fratello minore.
Il ragazzo con il tempo era entrato nelle sue confidenze e aveva trovato il coraggio di confessarle le proprie tendenze bisessuali.
Ovviamente Eleonora non aveva fatto una piega.
Parlammo ininterrottamente, ridemmo delle cose della vita e ci accorgemmo con piacere di condividerne intimamente l essenza.
Nel tratto dell Aurelia tra Pisa e Viareggio, Eleonora si fermo bruscamente ed accosto l auto al ciglio della strada.
Subito pensai che avesse necessita di fare pipi, ma quando la vidi fissare i suoi occhi sui miei, capii che stava per dirmi qualcosa d importante.
Intanto, impegnato con il suo cellulare, Adil era intento a messaggiare estraniandosi.
Eleonora, con tono accattivante, mi disse di essersi giocata una scommessa con una coppia di amici tra quelli che avevano partecipato alla festa in maschera e che io avrei dovuto fare di tutto... per permetterle di vincerla, quella scommessa.
Prima di accettare il mio coinvolgimento, volli conoscere le condizioni della scommessa ed il ruolo che avrei dovuto rivestire.
La bella scommettitrice, che si giocava una cena di gruppo presso un noto e costoso locale versiliese, sottolineando il mio ruolo come "strategico", mi spiego il meccanismo del gioco.
Circa un chilometro avanti, superato un passaggio a livello dismesso, avremmo trovato sul lato destro del viale della pineta una stradina cieca che si perdeva, trasversalmente all'autostrada, nella campagna viareggina.
Inoltrandoci nella stradina, cinquanta metri più avanti avremmo trovato il luogo ove, abitualmente, alcuni transessuali facevano il "turno di notte".
Eleonora mi racconto che, spinta dalla sua inarrestabile curiosità, una sera d’estate li aveva conosciuti fermandosi con la sua Mini in quel luogo, da lei definito “volgarmente eccitante”.
La mia padrona li aveva pagati profumatamente affinché si prestassero ai suoi voleri sessuali, pur essendo lei una donna.
Lei certa che "i soldi aprono tutte le porte", aveva richiesto loro prestazioni insolite e questi non avevano esitato ad adeguarsi ai suoi desideri.
Tornando periodicamente in quel luogo, in qualche occasione anche con un suo amico poliziotto, aveva prima instaurato e poi consolidato un rapporto amichevole con quei transessuali.
Le domandai quale ruolo avrei dovuto sostenere nel gioco e Lei mi disse che mi sarebbe stata affidata la parte del protagonista principale.
Aggiunse che quel ruolo mi si addiceva, anzi mi calzava a pennello, quella sarebbe stata per me un esperienza unica, da ripetere limitatamente ai periodi carnevaleschi.
Poi, facendomi l’occhiolino e avvitando l indice sulla sua guancia in segno di bontà, disse categoricamente: "dovrai prostituirti, realmente, come una vera troia"!
Praticamente, in accordo con i trans, avrei dovuto piazzarmi tra loro, travestita com'ero, mantenendo la mascherina sul viso.
Avrei dovuto attendere con loro il passaggio dei clienti, ed entro un ora avrei dovuto adescarne uno per poi portarlo nella pineta passando da un varco aperto sulla recinzione che conduceva ad un luogo tranquillo ove i trans consumavano abitualmente le prestazioni sessuali.
In quel boschetto, nella penombra, poco più in la della strada, accompagnata da uno dei trans, avrei dovuto spompinare il cliente e farmi scopare il culo, scegliendo o meno di usare il preservativo.
Già ascoltando le sue parole, sentii i brividi a fior di pelle ed i battiti del cuore accelerare.
Un lampo di ragione e subentro in me il timore di una possibile retata, poi il lampo svanì e con un nodo alla gola dall'emozione, con un cenno del capo annui, accettando la sfida.
In quel'istante dalle mie ascelle scesero alcune gocce di sudore, mi senti perversamente eccitato anche al pensiero di correre quel rischio, e rimasi stordito dall'eccitazione.
In quel momento non sarei stato capace di trovare le giuste parole per descrivere le sensazioni che stavo provando di fronte a quell'appuntamento unico ed inaspettato.
La Mini ripartì e dopo qualche minuto pose i pneumatici sulla terra fangosa a bordo di quella stradina: avevamo raggiunto la "scena del delitto"!

_ IL BATTUAGE
Eleonora spense il motore, apri la portiera lato passeggero e con voce suadente mi tranquillizzo dicendomi che non me ne sarei pentito, sicura che in fondo fosse quello che desideravo.
Ester, il trans incaricato di farmi da balia, mi prese per mano e mi porto dal l altro lato della strada dove la sua " amica", che si presento come Leila, mi saluto con una pacca incoraggiante sulle natiche.
I due trans si disposero come due guardie del corpo ai miei fianchi e mi tranquillizzarono tastandomi le natiche del mio culetto gelido dal freddo pungente di quella "calda" notte.
Un cocktail di sensazioni accompagnò l attesa: le gambe che tremavano, le ascelle che sudavano, brividi di freddo dietro la nuca, un vuoto alla bocca dello stomaco e strane palpitazioni cardiache furono i sintomi del mio confuso stato psicofisico, la dimostrazione che personalmente stavo vivendo un evento eccezionale.
Quella sera, complice il periodo carnevalesco, nonostante il freddo pungente, il traffico era intenso e si era creata una piccola coda che partiva dall'Aurelia ed arrivava fino a noi.
Le macchine sfilavano ordinatamente, i conducenti chiedevano "quanto" e poi si allontanavano.
I curiosi e gli indecisi arrivati ad una piazzola poco più avanti, facevano inversione di marcia e poi si allontanavano definitivamente da quel luogo.
I "decisi" invece accostavano più avanti l auto e dopo averla chiusa tornavano indietro a piedi, avendo compreso o sapendo già che l atto sessuale si sarebbe consumato in quel fitto boschetto.
Finalmente, dopo circa una decina di minuti di trepidante attesa, un cliente abituale si avvicino e dopo avermi guardato sorpreso, come si osserva una cosa bella mai vista, mi prese per mano rimorchiandomi verso la macchia di arbusti alle nostre spalle.
A prima vista le due mie amichette, erano più appariscenti di me, poco vestite e con i loro seni artificiali ben esposti attiravano l attenzione dei potenziale clienti.
Io, con il mio vestitino mini, le autoreggenti , i capelli lunghi e neri sulle spalle, la pelle abbronzatissima, slanciata sui tacchi, non sfigurava ed apparivo come una ragazzina indifesa, distante dalla loro volgarità.
Ascoltando i suoi pochi ma precisi commenti nei miei riguardi, compresi che quel signore sulla quarantina mi aveva scelto, come oggetto dei suoi desideri, per quel mio atteggiamento da lolita che a lui piaceva moltissimo.
Ester ci segui e lui, preso da un ovvio stato di eccitazione, non se ne accorse.
Il cliente mi chiese di precederlo e mentre avanzavamo lungo il sentiero "battuto", mantenendosi alle mie spalle, inizio a palparmi le natiche e scostando il lembo del perizoma che avevo in mezzo a quelle, con un polpastrello prese a stuzzicarmi il buchino sudato.
Quella provocazione fece accrescere istantaneamente i miei appetiti sessuali e sculettando con sorprendente naturalezza iniziai a gustarmi con serenità e convinzione quell'atmosfera quasi irreale.
Come uno scrigno immaginario, quello spazio organizzato dai trans per i loro affari, ricavato e modellato tra gli arbusti, custodiva segretamente tutto l imbarazzo di quei signori pubblicamente insospettabili che dopo aver gustato il proibito, ritornavano alla normalità dell ipocrisia quotidiana.
Le "signore" avevano "arredato" quel postribolo all'aperto con poche cose essenziali e funzionali: una capiente sedia da giardino appoggiata ad un albero, una piccola lampada da campeggio a batterie che avevano appeso ad un ramo a mo di abat-jour, un sacchetto di plastica contenente preservativi e gel lubrificante ed un secondo sacchetto per la raccolta dei fazzolettini e dei preservativi usati.
Quel posto, che il mondo intero avrebbe considerato squallido, in quel momento a me parve paradossalmente una reggia, in cui io, ovvero la regina, mi sarei goduto trionfalmente il mio trono di puttana.
Confesso che quando mi trovo in luoghi all'aperto isolati come boschi, rive di torrenti contornati da arbusti, vecchi casolari abbandonati, provo immediatamente una naturale sensazione di eccitazione.
Non sono mai riuscito a capire il motivo di questa mia reazione psicofisica e non saprei spiegare se quello stato sia legato ad un ricordo infantile o a qualche altro fattore "primordiale" a me sconosciuto.
Pensando e forse sperando di essere osservato da qualcuno nascosto li vicino, istintivamente mi viene voglia di calarmi le mutandine e rannicchiarmi per fare pipi come fanno le femmine.
Ester entro nel "postribolo" subito dopo di noi e a quel punto, accorgendosene, il cliente le chiese spiegazioni.
Il trans tranquillizzandolo gli spiego che io, essendo ancora inesperta, avevo necessita di essere svezzata e quindi seguita almeno in quelle prime esperienze.
Io che adoro il ruolo di ragazzina indifesa e ubbidiente, segui le istruzioni e mi abbandonai nelle mani di Ester che mi segui passo passo, indicandomi il da farsi.
Alle sue parole seguirono i miei movimenti.
"Mettigli il guanto"... ed io lo feci.
"Menagli e succhiagli il cazzo" ... ed io lo feci.
"Mettiti alla pecorina, in ginocchio sulla sedia... ed io lo feci
Allarga la figa che hai in mezzo alle chiappe, prendilo tutto e godi... ed io lo feci, e se lo feci!
Mi mossi facendo finta di essere impacciata, ma in realta quella tattica mi servi per assecondare i desideri del cliente.
In me l emozione dell attesa era svanita ed aveva lasciato spazio alla determinazione nel volere quel cazzo e alla mia innata ispirazione di prendermelo tutto senza indugio alcuno!
Il cliente, frequentatore abituale dei trans, si fece spompinare sotto la veletta della mascherina.
Io avevo posato il culo su quella gelida sedia di plastica e lui mi si era messo davanti esponendo con fierezza il suo cazzo, che aumentando di volume aveva raggiunto l erezione.
Appena mi ordino di dargli il culo mi girai mettendo le mie ginocchia sulla sedia, curvai la schiena abbracciando lo schienale ed infine allargai le gambe sporgendo il mio culetto verso il suo membro impaziente.
Ester prontamente mi cosparse di gel esternamente ed esternamente,.
Infilandoci il dito, il trans si accorse subito che il mio culo non era piu vergine, ma per "accontentare" il cliente lo prego di procedere delicatamente.
In realtà quel cazzo di medie dimensioni non avrebbe comportato alcun problema per il mio culetto impudente, considerando che un oretta prima avevano superato brillantemente la prova del massiccio e vigoroso cazzo di Adli, senza riportare traumi.
L avventore, scosto il perizoma dal buchino e seguendo l invito di Ester, inserì la cappella del suo cazzo ed avanzo delicatamente nel mio sfintere.
Io simulai di provare dolore per accrescere in lui l orgoglio virile, e mi gustai ogni attimo il lento avanzamento di quel caldo "intruso" dentro di me.
Il rapporto sessuale si protrasse per diversi minuti sotto i colpi sempre più sostenuti dell uomo che alla scena aggiunse la classica colonna sonora di improperi a sfondo sessuale.
Sentendoli, quegli insulti mi parvero appropriati e ben indirizzati, mi ci riconobbi a pieno e pensando di meritarmeli tutti, ne gioi.
Gli ultimi suoi colpi coincisero con il culmine del mio godimento e così arrivammo all'orgasmo a pochi secondi un l una dall'altro.
Mi rimase dentro alcuni minuti e poi facendo una profonda inspirazione ed un altrettanta profonda espirazione estrasse l attrezzo e lo guardo come per complimentarsi con esso, fiero della performance.
Il tizio si tiro su le braghe e si allontano, io rimasi alla pecorina qualche minuto ancora, mentre il mio buchino del culo si faceva accarezzare e raffrescare dal leggero venticello della pineta.
Ester attese che io mi sistemassi e riordinassi le idee e poi prendendomi per mano mi riaccompagno da Eleonora che sorridendo le mise una busta bianca in mano e le disse "grazie".
Erano circa le due quando lasciammo la pineta e circa le 2 e mezza quando arrivammo alla villetta.
In quella mezz'oretta, mentre la Mini procedeva a bassa andatura e Adil si era tuffato nel mare dei sogni, io ed Eleonora si parlo di quel Martedì Grasso che lei stessa aveva progettato e pianificato con cura.
La ringraziai piu volte per avermi fatto vivere molto intensamente quelle poche ore nelle quali si erano concentrate fortissime ed impensate emozioni e nelle quali il mio ruolo di femmina e puttana si era espresso e manifestato platealmente.
Al nostro arrivo Tai ci guardo e scodinzolando felicemente ci segui fino al salone dove torno ad accovacciarsi, pago, nel suo angolo vicino al caminetto acceso.
Eleonora aveva vinto quella scommessa!
Per lei quella vittoria aveva due sapori: uno quello di aver dimostrato alla coppia di amici la sua netta preminenza nei miei riguardi, l altro quello di aver ideato e condotto autoritariamente un gioco sensualmente inebriante.
La squisita cena presso quel locale versiliano famoso anche per il prezzo, offerta dai perdenti Robi e Chiara, si concluse con un brindisi indirizzato alle future scommesse.

_ LA SMANIA DI TAI
Lasciato il locale, la coppia pisana, molto legata ad Eleonora, ci invitò a trascorrere la notte presso la "casetta del Martedì Grasso".
Entrando fui sorpreso nel vedere Tai in quella casa, e dopo un attimo d incertezza lo accarezzai più volte, come facevo abitualmente.
Il cane al nostro arrivo ci accolse manifestandoci la sua solita felicità e poi corse fino al piano superiore, dandomi l impressione che conoscesse molto bene quel luogo.
Dopo aver appoggiato le nostre cose sul divano, spogliatici dei nostri abiti più pesanti, salimmo le scale che conducevano alle ormai note stanze da letto.
Robi, aprendo una delle porte lungo il corridoio, con un gesto della mano ci invitò ad entrare nella stanza padronale.
Tai, che attendeva impaziente nel corridoio, ci precedette e con un balzo andò a sdraiarsi pancia all aria sul lettone dei padroni di casa, mostrando con naturalezza i suoi genitali prorompenti.
Osservando curiosamente la stanza scorsi sopra il comò un trolley identico a quello che Eleonora usava normalmente per riporre i capi utilizzati per il mio travestimento.
La mia maestra prese quella valigia, me la porse ed io con quella mi spostai nel bagno adiacente, per trasformare sensualmente le mie sembianze maschili in quelle di una ragazzina provocante.
Approfittai per farmi un bidet e con il dito medio insaponato mi addentrai lievemente dentro il mio buchino, poi lo risciacquai piu volte alternando acqua fredda e calda per godermi la reazione termica.
Perfettamente e completamente trasformato in una femmina sensuale, entrai nella camera e trovai i tre amici già all'opera, alquanto impegnati nel ricaldarsi vicendevolmente.
Le donne indossando statuariariamente un paio di falli artificiali e distese sul tappeto simulavano un 69, Roberto inginocchiato si masturbava, palpandole ed osservandole; Tai scodinzolando e sbavando partecipava al gioco spalmando freneticamente la lingua sui loro corpi nudi.
Appena mi videro mi salutarono con gesti insolenti e con insulti sprezzanti.
Anche se accolto con quei toni volgari, mi sentì al centro dell attenzione e fui presa dal solito senso di narcisismo.
Le due donne si misero ai miei lati, mi presero per mano e mi accompagnarono ai piedi del letto.
Con delicatezza mi fecero piegare sulle ginocchia appoggiate allo scendiletto ed il ventre adagiato sulla sponda del letto, mi divaricarono le gambe e con i loro polpastrelli lubrificarono abbondantemente la mia "patatina" fremente.
Robi nel frattempo si era seduto sul letto e con le gambe incrociate all'indiana, frontalmente al mio viso, aveva sfoderato il suo grosso totem turgido.
La dinamica di quell'atto di sottomissione fu che a turno le due donne mi scoparono il culo con i loro falli artificiali, alternandosi in modo coordinato, e che Robi mi scopò la bocca spingendola verso il suo arnese con le mani dietro la mia nuca, mentre Tai leccava il margine esterno di contatto tra le mie labbra ed il pene di Robi.
Dopo una decina di minuti di quel trattamento, il mio buchino si era allargato tanto che ci sarebbe entrato anche il pene di un cavallo e la mia bocca aveva iniziato ad assaporare le prime minuscole gocce di sperma.
Durante il rapporto le due donne si incitarono vicendevolmente rivolgendomi parole lascive, mentre Roby le istigava incitandole a rompermi il culo.
Quando ormai il mio cazzo ed il mio culo stavano accordandosi organicamente per giungere ad un piacevole connubio di godimento, il trio sospese il loro trattamento, lasciandomi con l'amaro in bocca.
Come di consuetudine non abbandonai la posizione e rilassato attesi, inappagato ma sereno, gli eventi.
Nel frattempo, rimanendo anch'egli nella sua posizione, Robi aveva fatto presa con le sue mani sulle mie spalle.
Nel contempo ognuna delle due donne mi aveva bloccato una gamba, facendo energicamente presa sui miei polpacci.
Nei miei pensieri non vi fu il tempo per analizzare quali fossero le loro intenzioni, poiché poco dopo senti qualcosa di ruvido strofinare il mio buchino spalancato.
Rimasi disorientato per qualche attimo fino a quando mi resi conto che Eleonora dietro di me stava posizionando il suo cane sopra il mio corpo inerme.
Improvvisamente senti sopra le natiche e sulla schiena il pelo caldo dell'animale e il suo membro appiccicoso avvicinarsi alle mie natiche e poi alla mia patatina indifesa.
Tai si agitava smaniosamente sopra di me mentre Eleonora era intenta a sistemarlo nella "giusta posizione".
Fu a quel punto che con decisione, concentrando tutte le mie forze residue, con uno scatto repentino mi divincolai dalla presa e correndo sui tacchi mi rifugiai in bagno, chiudendomi la porta alle spalle con un giro di chiave.
Passarono alcuni minuti durante i quali la mia confusione mentale non mi permise di riflettere lucidamente su quanto accaduto.
Tirando un sospiro di sollievo, mi tolsi istintivamente tutto quello che avevo indosso, apri l acqua e mi cacciai sotto la doccia fredda pensando di liberare il mio corpo da ogni traccia di quel contatto animale.
Tra il rumore dello scroscio dell'acqua sul mio corpo, che aveva interrotto il silenzio di quella casa isolata, mi parve di udire dei colpi sulla porta.
Chiusi l'acqua e senti' bussare alla porta, poi udi' la voce di Eleonora che mi chiedeva placidamente di aprirle.
Dal tono pacato della sua voce capi che Eleonora voleva rassicurami e presumibilmente darmi delle spiegazioni.
Girai la chiave e la feci entrare.
Rimanemmo una ventina di minuti chiusi in quel grande bagno, lei seduta sul bordo della vasca ed io con il culo nudo poggiato alla tazza del cesso.
Eleonora, partendo da lontano, esordi' ricordando l'uomo primitivo ed i suoi istinti primordiali, poi passò alla rappresentazione del cane quale migliore amico dell uomo e poi concluse le sue argomentazioni elogiando l'unicità del rapporto sessuale tra uomo ed animale come massima espressione della natura.
Con toni pseudo filosofici, Eleonora si affannò a definire la zoofilia come una pratica umanamente apprezzabile, nonché un qualcosa di sensualmente eccelso.
Mi raccontò che Tai ormai era diventato un loro partner e che lei aveva sistematicamente "splendidi" rapporti sessuali con quel "bellissimo esemplare" animale.
Detto ciò mi prese per mano e mi invitò a seguirla nella camera padronale dove i "nostri" amici ci attendevano con impazienza, promettendomi un "importante" regalo in cambio della mia arrendevolezza.
Con il capo abbassato e lo sguardo rivolto a terra in segno di imbarazzo, la pregai di lasciarmi a meditare ancora un poco.
Eleonora si allontanò ed io mi rivestii dei miei "abiti civili" che avevo riposto ordinatamente sul cassettone del bagno.
Appena riordinatomi, chiamai con il mio cellulare un taxi, scesi in basso e m'incamminai verso l'uscita.
Eleonora mi vide, scese con me e comprendendo la mia definitiva scelta, desistette, e mi segui fino alla porta di casa.
La lasciai su ciglio della porta e baciandola freddamente su una guancia le sussurrai con tono pacato: amo follemente il sesso, ma a tutto c'e' un limite.
Sul taxi, rientrando a Viareggio, chiusi gli occhi e ripercorsi mentalmente le tappe salienti della mia storia vissuta con Eleonora, dall'iniziale contatto telefonico al primo incontro al Rivoire di Firenze ed infine al triste epilogo "zoofilo" di quella notte pisana, da dimenticare.
Dopo quel mio rifiuto Eleonora non mi cercò più ed io feci altrettanto.




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