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Lo spettro della madre incombe... (primo episodio)


di LoryLoredana
16.12.2020    |    476    |    0 10.0
"Antonio era arrivato in tarda serata e dopo le dovute presentazione i tre si erano seduti a tavola e avevano consumato le pizze ordinate a domicilio e fatto..."
La stagione invernale pareva oramai superata, era stata tristemente lunga e non aveva lasciato in me ricordi che valesse la pena di ricordare.

Erano trascorsi circa cinque mesi da quando, l’anno prima, avevo salutato dispiaciuto quel luogo come si fa separandosi da un amico a fine vacanza, nel ricordo dei bei momenti trascorsi assieme, dandosi appuntamento all'anno dopo.

Finalmente ero ritornato al mio caro fiume e rivedere nuovamente quei luoghi mi aveva restituito d’impulso il dolce sapore della libertà.

Nei mesi precedenti era discesa dal cielo una notevole quantità acqua e di conseguenza il fiume si era impossessato con forza anche di quegli spazi che solitamente in estate sceglievo per distendermi ed abbronzarmi.

Ero fiducioso che comunque a breve il fiume me li avrebbe restituiti "lavati e puliti" e che li avrei potuti nuovamente occupare per rilassare il mio corpo ed anche la mia mente.

Verso mezzogiorno, dopo aver dato un ultimo sguardo tutto intorno a me, mi ero incamminato per ritornare alla piazzola dove avevo lasciato lo scooter, ma giunto al primo pilone del viadotto ferroviario che sovrastava il corso d’acqua, sentendo dei rumori, mi ero fermato scrutando attorno per capire da dove provenissero.

Poco lontano, sotto il grande arco di pietra, si era adagiato un grosso fusto di un albero sradicato da una piena invernale, e proprio lì, parzialmente coperti da arbusti, avevo intravisto due figure umane che si dimenavano.

Spinto dalla curiosità di vedere meglio, mi ero avvicinato senza far rumore.

Per consumare il loro atto sessuale, quella coppia aveva scelto un ramo di quell'albero, posto a circa un metro dal suolo, sopra il quale il giovane aveva appoggiato comodamente il ventre, in una posizione perfettamente congegnale all'atto, porgendo il suo culetto sodo al compagno che lo stava penetrando con veemenza.

In un primo tempo, rispettoso della loro privacy, non li avevo disturbati e mi ero allontanato, giunto al parcheggio però, ripensando con eccitazione alla scena, mi ero pentito di non essere rimasto a guardali ed ero tornato indietro.

Raggiunto l’arco del viadotto, ero rimasto deluso di non aver ritrovato i due amanti, che nel frattempo si erano allontanati, lasciando a terra alcuni fazzolettini di carta inumiditi dai loro umori.

Istintivamente ne avevo raccolto uno e avvicinandolo alle mie narici lo avevo annusato come un cane annusa il culo ad un suo simile per sentire l’odore del sesso.

Sperando che presto, forse già il giorno dopo, quei due sarebbero ritornati in quel luogo avevo lasciato sul tronco un fazzolettino di carta con su scritte poche parole: “vi ho visti all'opera, mi siete piaciuti molto, se volete contattarmi al 328.......”

Il giorno dopo, invogliato, ero passato dal grande arco con la speranza di ritrovarli nuovamente all'opera, ma purtroppo quelli non c’erano.

Trascorsi alcuni giorni la speranza di rivederli era venuta meno ed io mero messo il cuore in pace pensando che quello per quei due fosse stato un incontro occasionale.

Gradevolmente sorpreso, il Giovedì della settimana successiva, avevo ricevuto un sms da un tizio che si firmava Claudio e che scriveva: “sono Claudio il ragazzo che hai visto sotto l’arco, noi torniamo al fiume ogni venerdì pomeriggio verso le 15”.

Dal messaggio si capiva che i due erano intenzionati a conoscermi.

Il pomeriggio del giorno dopo ero arrivato al parcheggio sterrato un quarto d’ora dopo le tre e lì avevo trovato in sosta, uno scooter, un SUV di grossa cilindrata e una utilitaria.

Lasciato il parcheggio mi ero diretto a passo svelto verso la desiderata meta e come mi accadeva prima di ogni incontro avevo iniziato a sudare dalle ascelle e a sentire il cuore in gola.

In una manciata di minuti avevo raggiunto “l’albero della sodomia” e al mio arrivo, con un artefatto colpo di tosse, avevo annunciato ai due la mia presenza.

Davanti a me, di spalle, l’anziano era chino sul giovane che appoggiato con il ventre al ramo alla pecorina, ansimando, si stava facendo penetrare il deretano.

Le chiappe flaccide e grinzose dell’anziano mi avevano un poco deluso, d’altro canto l’irruenza dei colpi sferrati dall'uomo sul giovane corpo dimostravano una sorprendente ed invidiabile forza virile.

I due, accortisi della mia presenza, avevano continuato il loro accoppiamento carnale, esaltati dal piacere di mettersi in mostra, dimenandosi fino all'ultimo colpo per poi far coincidere i loro orgasmi tra gemiti e lamenti di godimento.

Durante il loro rapporto io mi ero tolto i calzoncini corti e lo slippino e mi ero masturbato seguendo la scena, fino a sborrare abbondantemente a terra.

Terminato il loro gioco, l’anziano aveva estratto lentamente il suo pene dal buchino del giovane spossato e aveva pulito amorevolmente il culetto del ragazzo bagnato di sperma, con un fazzolettino di carta, mentre quello si era abbandonato inerme alle cure del suo dominatore, poi girandosi verso di me aveva fatto cenno con una mano di allontanarmi.

Io ancora in preda all'eccitazione, mi ero ricomposto ed avevo seguito l’invito.

Così avevo fatto la conoscenza di quella coppia, stranamente assortita, formata da un signore anziano, attivo, alto e magro, sulla sessantina, e da un giovane sulla trentina, passivo, altezza media, bel culetto sporgente tondo e liscio, capelli mori lunghi.

Ogni Venerdì, ognuno di loro arrivava con la propria auto, l’anziano con un macchinone ed il giovane con una piccola utilitaria, poi a piedi raggiungevano assieme il primo arco a monte del viadotto ferroviario, lì dove li avevo visti all'opera.

Ripensando a quei due, non riuscivo a capacitarmi come quel bel ragazzo potesse essere l’amante di un uomo anziano flaccido e rugoso, per quanto quell'anziano fosse ancora in grado di soddisfare le sue evidenti voglie anali.

Di lì a breve quel mio interrogativo avrebbe trovato una risposta...

La mia presenza ai loro appuntamenti sessuali era diventata rituale, i due amanti mi concedevano di assistere ai loro amplessi ai quali non mi era permesso però di partecipare, al massimo mi era stato consentito di sborrare sul dorso del ragazzo che si era sempre rifiutato di spompinare il mio cazzo allorquando glielo avevo offerto.

Con loro non avevo mai scambiato neppure una parola, l’anziano comandava i miei movimenti con gesti; ero diventato una presenza discreta, uno spettatore perfettamente congeniale alle loro pulsioni esibizionistiche.

Non mi ero mai accorto però che qualcun altro, indirettamente, era della partita: un tizio che di soppiatto spiava sistematicamente le nostre mosse...

Un venerdì pomeriggio di metà Settembre, dopo aver assistito in qualità di “segaiolo” ad uno dei soliti incontri, stavo per salire in auto quando un uomo robusto sulla quarantina si era avvicinato a me e presentandosi come “Marco” mi aveva chiesto il permesso di potermi parlare.

A prima vista quell'uomo non mi era dispiaciuto affatto e spinto dalla mia innata curiosità, senza esitare, mi ero fatto coinvolgere e lo avevo ascoltato per un oretta circa.

Marco aveva bisogno di sfogarsi, con quel lungo monologo si era confidato stranamente con me come si fa con un vecchio amico raccontandomi tutta la storia che lo aveva visto complice di quei due amanti per un paio d’anni, trascorsi i quali, improvvisamente, era stato cacciato senza motivo.

Dalle sue parole e dal tono con cui le pronunciava, si capiva che si era invaghito di “Simone” il giovane e che covava odio per “Antonio”, l’anziano che lo aveva malamente liquidato.

La loro storia risaliva al Settembre di tre anni prima, un sabato mattina Marco aveva incrociato il giovane nella piazza del suo paese alla ricerca di una pensioncina dove soggiornare per qualche giorno.

Quel giovane magro, dai lineamenti femminili, capelli lunghi fino alle spalle, con un paio di bermuda attillatissimi che mettevano in risalto un culetto tondo e sodo, aveva in un lampo ammaliato il paesano che quasi ipnotizzato si era istantaneamente messo al suo servizio.

Marco che conosceva bene il paese e i dintorni, lo aveva accompagnato da Giulio, un amico paesano che gestiva un agriturismo appena fuori paese.

Simone si era trattenuto qualche giorno in paese attendendo invano l’arrivo del suo amante anziano che invece non era riuscito a scappare dalla moglie per raggiungerlo in quel paesino fuori mano, al riparo da occhi e orecchi indiscreti.

Simone superato il disappunto iniziale, disinvoltamente si era consolato con Marco...

I due avevano avuto occasione di frequentarsi facendo colazione al mattino e per la cena della sera, fino ad arrivare a trascorrere un paio di notti presso una delle casette in legno con entrata indipendente occupata dal giovane, presso l'agriturismo.

Per Marco, single omosessuale attivo, che viveva con la madre anziana, quei giorni avevano rappresentato la cosiddetta “botta di vita”, rompendo inaspettatamente la monotonia delle solite giornate paesane.

Simone aveva apprezzato molto le performance di quel paesano affamato si sesso, con il grosso cazzo sempre duro, pronto a riempirgli il culo e la bocca di sborra calda anche più volte a notte.

Il lunedì mattina, dopo aver fatto colazione assieme, si erano separati scambiandosi i numeri telefonici, con il proposito di risentirsi e magari rivedersi.

L’autunno e l’inverno si erano avvicendati come due lumache che s’inseguono, Marco aveva vegetato tutto quel tempo, alternandosi tra il lavoro che aveva ripreso come bidello alla scuola elementare del paese ed uno stato d’ozio snervante durante il tempo libero.

In concomitanza delle ferie, durante le festività di fine anno, Marco era sprofondato in uno stato di depressione che lo aveva accompagnato fino alla primavera, allorquando, “dulcis in fundo”, la madre lo aveva lasciato andando ad occupare involontariamente un tumulo nel colombario del cimitero paesano.

Il mese di Aprile era stato il mese della rivincita sul destino di Marco, Simone si era ricordato di lui e un giovedì mattina lo aveva ricercato con un SMS telegrafico: “ti ricordi di me? Sono Simone quello dell’agriturismo”.

In quel momento, per Marco, quel messaggio inaspettato aveva fatto l’effetto di una ciambella di salvataggio gettata ad un naufrago in balia dei marosi.

Dopo uno scambio di messaggini, Simone gli aveva scritto di prenotare per il fine settimana una casetta all'agriturismo e Marco, contento, si era precipitato da Giulio per fermarla.

Il venerdì pomeriggio i due si erano ricongiunti e Marco aveva potuto riabbracciare felicemente il suo amico, la sua contentezza però era venuta meno quando aveva saputo che in serata Antonio avrebbe raggiunto Simone nella casetta.

Simone dopo avergli raccontato la sua storia con Antonio, gli aveva proposto di aggiungersi come terzo ospite della casetta e Marco aveva accettato.

Antonio era arrivato in tarda serata e dopo le dovute presentazione i tre si erano seduti a tavola e avevano consumato le pizze ordinate a domicilio e fatto fuori diverse bottiglie di birra.

A cena terminata i tre, alticci per la birra ingurgitata, si erano spostati nella camera matrimoniale.

La notte era stata alquanto animata, Antonio, assiduo consumatore di “sildenafil” (viagra) , dando sfogo alle sue voglie represse, aveva sbattuto la sua femminuccia Simone, in tutte le posizioni, mentre a Marco era stato concesso di assumere unicamente il ruolo di "guardone segaiolo".

Finito il weekend i tre si erano dati appuntamento a quello successivo, per il quale Marco avrebbe messo a disposizione la sua casa.
Con la morte della madre Marco aveva ereditato la casa di famiglia, un villino isolato fuori del paese, Marco aveva abbandonato la sua stanzetta e occupava la camera matrimoniale che aveva risistemato pulendola e liberandola da tutte le cose della madre defunta.
In quella camera Marco, aveva fissato alla parete di fronte al letto una TV da 55 pollici alla quale aveva collegato un lettore DVD che utilizzava per gustarsi i porno della sua nutrita e variegata videoteca.
Nei weekend successivi, i due amanti, approfittando della disponibilità di Marco, si erano sistemati a casa sua, in cambio il facoltoso anziano aveva sborsato una cospicua somma al paesano.
Anche le notti di quel fine settimana erano state assai movimentate, i tre si erano piazzati sul letto e accompagnati da video porno omosex, si erano sbizzarriti per ore ed ore fino allo sfinimento.

Simone si era fatto sfondare a ripetizione da Antonio il buchino assetato di cazzo, nel contempo si era fatto riempire di sperma la gola da Marco, che finalmente aveva avuto il permesso di partecipare attivamente ai loro giochi.

I loro incontri erano proseguiti per un paio d’anni, con il tempo anche Marco aveva avuto la possibilità di scoparsi Simone e in qualche occasione si era spinto oltre facendosi sbrodare in bocca da Antonio.

Marco ci aveva messo un po’, ma alla fine con il tempo aveva compreso i motivi per cui si era formata quella coppia: l’anziano facoltoso imprenditore, sposato da trent'anni, aveva scoperto in età avanzata la sua omosessualità e dopo aver conosciuto Simone tra i sui dipendente, lo aveva comprato...
Il giovane con i suoi modi gentili e con la voce dolcemente femminile, aveva stuzzicato gli appetiti omosessuali dell’anziano che ne era rimasto attratto.

Il giovane tendenzialmente attratto da uomini maturi aveva ceduto alle sue lusinghe e soprattutto ai suoi “regali”, così i due erano diventati segretamente amanti.
Presosi un giorno di ferie, un lunedì mattina, Marco, nei panni d’investigatore privato, aveva seguito Simone in l’auto per una cinquantina di chilometri, fin ad arrivare all'azienda in cui lavorava.
Con una fava aveva preso due piccioni: quella doveva essere l’azienda di cui il giovane gli aveva accennato, l’azienda del suo titolare nonché amante Antonio.
La storia tra Marco e i due amanti si era conclusa allo stesso modo con cui due anni prima era iniziata, con un messaggio di Simone: “Ciao, volevo comunicarti che non verremo più in paese, abbiamo trovato un’alternativa per noi più comoda. Ti ringraziamo della squisita ospitalità dimostrata. Ti abbraccio affettuosamente. Simone”.
Quel messaggio aveva generato in Marco un senso di disorientamento, lui che aveva riposto tante speranze in quei due amanti, era stato usato e poi gettato come fosse un rifiuto ormai inutile.
Ruminando, richiamando alla mente ogni dettaglio di quella storia malamente finita, era passato da uno stato di disorientamento ad uno stato di risentimento che aveva scatenato in lui un forte sentimento di malessere.
Aveva cambiato auto, si era fatto crescere la barba e i capelli, indossava sempre un cappello da pescatore e un paio di grossi occhiali da sole; il tutto per non farsi riconoscere da loro quando li seguiva, le sue ferie ormai erano dedicate all'attività di pedinamento: così era arrivato fino al fiume, proprio lì dove mi stava parlando.
Lo avevo lasciato parlare per tutto quel tempo ascoltandolo con attenzione senza interromperlo, comprendendo palesemente quanto quel tizio fosse ossessionato da quella storia, e quale rancore nutrisse nei confronti dell’anziano imprenditore.
Prima di lasciarci Marco aveva chiesto di rivedermi il giorno dopo, io avevo dato la mia disponibilità a patto che ci saremmo appartati più comodamente sotto gli archi del viadotto.
Quel sabato primaverile c’eravamo piazzati l’uno vicino all'altro su una grande pietra piatta tra l’arco del viadotto e il fiume.
Marco appena seduti aveva ripreso a parlare della sua ossessione ed io allora lo avevo da subito interrotto accarezzandolo in viso e invitandolo a tranquillizzarsi e rilassarsi, gli avevo passato una mano tra le cosce.
Non perdendo tempo avevo fatto lentamente la mia mano fino alla cerniera dei suoi blue jeans e dopo aver abbassato la cerniera avevo infilato le mie dita dentro i suoi slip.
Le mie parole rassicuranti e quel mio approccio manuale lo avevano tranquillizzato, piano piano con il movimento della mia mano sopra il suo cazzo ero riuscito ad allentare la sua tensione psichica.
Marco allora si era sdraiato sulla pietra e si era abbandonato a me che immediatamente gli avevo sfilato pantaloni e slip sprigionando il suo bell'arnese.
Senza esitazione, con la mano destra avevo afferrato la sua grossa canna ormai dritta e soda e con l’altra mano avevo cosparso della mia saliva la cappella gonfia e il prepuzio massaggiandoli con una dolce rotazione del palmo.
Marco eccitatissimo, con un filo di voce, mi aveva pregato di popparlo ed io lo avevo servito con immenso piacere, facendolo poi venire abbondantemente sulle mie impazienti labbra assettate di sborra.
Con quel pompino “avevamo rotto il ghiaccio” e da quel giorno eravamo diventati amanti, i nostri incontri erano diventati periodici; non più al fiume ma molto più comodamente nella casa di Marco al paese.
La casa di Marco era un villino di modeste dimensioni, con un piccolo giardino annesso, ad un paio di chilometri dal paese, che il padre aveva fatto costruire negli anni 70, con il ricavato della vendita di un terreno di famiglia.
Il villino aveva un paio d’entrate, una dalla strada e l’altra dal giardino, dove Marco curava un piccolo orto e un modesto pergolato di uva da tavola, una particolarità era quella che il paesano era un collezionista di piante grasse.
Internamente, in un ottantina di metri quadri c’erano: una saletta, una cucina abitabile, un grande bagno e un paio di camere, tra le quali una matrimoniale. il locale preferito dal paesano.
Marco mi aveva dato il benvenuto in una tiepida sera di Maggio, io mi ero presentato sulla porta della sua casa con in mano una bottiglia di prosecco Franciacorta che avevo acquistato da un amico negoziante di vini ad prezzo scontatissimo.
In giardino, il paesano aveva preparato la tavola per la cena, apparecchiata in modo semplice ma ordinato, a centrotavola si notava una piccola brocca di ceramica contenente fiori freschi di campo.
Con mia sorpresa Marco aveva preparato la cena con le sue mani, antipasto di tartine al mascarpone, primo piatto di penne con piselli e luganega, secondo di scaloppine al limone, ad eccezione del dessert una vellutata mousse al gusto di pistacchio con croccante granella di cioccolato di produzione artigianale.
A fine cena sul tavolo erano rimaste un paio di bottiglie vuote, quella del Franciacorta e una bottiglia di Morellino, avevano fatto seguito un paio di caffè e a chiudere in sala sul divano c’eravamo sorseggiati del buon whisky.
L’accoglienza era stata gradevole, quanto inaspettata, avevo avuto la piacevole impressione che Marco mi stesse corteggiando come un uomo fa con una femmina con la quale ha intenzione di condividere altri piaceri oltre la cena.
Infatti non mi ero sbagliato, dal divano della saletta eravamo passati al letto della camera matrimoniale e lì era iniziata una tra le notti più lunghe e movimentate della mia vita.
Quell'uomo, che aveva da sempre vissuto una esistenza monotona in quel paesino e aveva gustato il sapore dei sensi incontrando Antonio e Simone, aveva un infinita voglia di recuperare il tempo perduto e di soddisfare la fame di sesso che gli era esplosa dentro.
Mi ero trovato al posto giusto, al momento giusto e ripensando al ritornello di Bacco “chi vuol esser lieto, sia: di doman non c'è certezza”, avevo approfittato con immenso piacere dell’occasione che mi si era presentata.
In camera lui sui era disteso sul letto senza neanche togliersi le scarpe ed allora io con calma gli avevo sfilato tutto di dosso scoprendo un bel corpo muscoloso in tutte le sue parti compresa quella più intima dove si erigeva un gran bel cazzo duro e nervoso.
Sentendomi intimamente la sua geisha mi ero inginocchiato sullo scendiletto e afferrandogli l’asta lo avevo spompinato gustandomi quella carne calda tra le mie labbra.
Lo avevo leccato sull'asta, sul glande e poi sulle palle per lungo tempo fino a farlo sborrare tantissimo sul mio viso, sulla fronte, fin dentro i miei occhi lasciati volontariamente aperti per godermi anche visivamente l’arrivo del getto di sperma caldo.
La parte della sborra che mi era scesa lungo il viso l’avevo catturata con la lingua per poi percepirne il sapore e il calore con le mie papille gustative.
Nel mentre lui era rimasto disteso, con gli occhi chiusi, apparentemente senza forze, io mi ero ritirato in bagno dove dopo essermi spogliato, lavato il viso, avevo avvitato l’irrigatore anale al flessibile della doccia e mi ero fatto un abbondante lavaggio intestinale per ripresentarmi pulitissimo al cospetto della verga di Marco.
Dopo aver ripulito il mio intestino, alzatomi dalla tazza ancor più eccitato, mi ero ripresentato in camera da Marco con addosso soltanto un paio di mutandine nere da donna, che avevo acquistato per l’occasione, pensando che lui me le avrebbe tolte delicatamente per scoprire il mio culetto a lui dedicato.
Entrando in camera, avevo ritrovato Marco disteso sul letto, con il cazzo dritto in mano, che si godeva la visione di un porno gay con tre negroni che, indemoniati, si alternavano a sbattere un docile giovane ragazzo bianco.
Per attrarre la sua attenzione avevo fatto il giro del letto sculettando e mostrandogli il tubetto di Vagisil che tenevo in mano, poi fermandomi davanti ai suoi occhi avevo lubrificato il mio buchino ungendolo di quel gel lubrificante.
Quei movimenti, i miei gesti ammiccanti, avevano colpito nel segno, lui prendendomi per una mano mi aveva tirato a se e mi aveva sbattuto sul letto girandomi culo all’aria.
La troia che era in me aveva preso il sopravvento, era pronta a passare una notte in balia del suo ambito cazzone!
Marco affianco a me sul letto aveva abbassato appena le mie mutandine e ci aveva infilato dentro un paio di dita che senza ostacolo avevano penetrato il mio ano accogliente, intanto sullo schermo uno dei neri aveva sborrato in culo al giovane gay.
Marco era incredibilmente virile, mi aveva sbattuto tutta la notte senza tregua, il suo arnese era rimasto eretto per alcune ore, la sua sborra mi era entrata in culo e in bocca in altre tre occasioni, anch'io, incontentabile come sempre, avevo goduto e rigoduto sia davanti sia dietro più volte.
Al mattino, il sole era già alto quando Marco mi aveva meravigliato portandomi il caffè a letto, accompagnandolo con una brioche calda di microonde.
Al Caffè era seguita una doccia in due, Marco mi aveva insaponato piano piano con delicatezza tutto il corpo e poi mi aveva penetrato dietro con la sua verga incredibilmente ancora attiva.
Il nostro primo vero incontro era stato magnifico, Marco aveva dimostrato una carica sessuale superlativa ed io in lui avevo trovato il maschio che avevo sempre desiderato ...

___ seguirà secondo episodio.
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