tradimenti
Una puttana per camionisti
di LaCavalla
29.03.2020 |
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"Poi, come spesso accade e i proverbi non sbagliano mai in questo, quello che non si fa non sa, il destino ci mise lo zampino..."
La sera stava scendendo, improvvisamente un temporale rendeva la guida difficile, cercavo di andare ad una velocità moderata, ma l’autostrada era un fiume d’acqua, poi quei dannati camion che sfrecciavano di lato rendevano tutto pericoloso. In quel periodo, a seguito di uno spiacevole episodio, avevo cominciato ad aver paura dei camionisti, erano tutti rozzi, volgari e, quando molto eccitati, difficilmente controllabili.
Sono alta 168 cm, terza di seno, cosce belle tornite e forse il culo un po’ troppo evidente. Vesto sempre con abitini corti, fasciati e scarpe con tacchi da dodici e più centimetri perché mi piaccio così e piaccio a mio marito che si eccita a vedere come i maschi maturi sono attratti dalle mie forme.
Tornando a prima, ero fuggita da quei porci e da quel giorno, quando ero sola, evitavo di fermarmi lungo l’autostrada.
Quella sera avevo fatto tardi per via di una visita medica quando l’ennesimo camion mi ruggì di fianco, sollevò un turbine di acqua che mi rese ancora più dura la guida. Ad un tratto la vettura iniziò e voler andare verso destra, con fatica riuscii a raggiungere un’area di sosta lì vicino. Piovigginava ancora quando scesi dalla macchina cercando di capire cosa fosse successo, poi vidi un pezzo di legno con un chiodo conficcato nella gomma, avevo bucato. Presa dal panico, rientrai dentro la vettura e provai a chiamare mio marito Carlo, ma il cellulare quasi scarico si spense del tutto.
Che fare? Non sapevo assolutamente come si cambia una ruota, uscii di nuovo cercando aiuto, aveva ripreso a piovere con più insistenza. Avvicinatami alla carreggiata vidi da lontano un mastodontico TIR che tutto illuminato arrivava verso di me, istintivamente feci dei segnali. Questi mi lampeggiò ed entrò dentro la piazzola. Si aprì la portiera del camion e ne uscì un omone attempato che di sicuro aveva superato la mezza età che mi chiese cosa mi fosse capitato, indicando la gomma, con un filo di voce gli dissi che avevo forato. Quando scese, notai che indossava i pantaloni di una tuta e sopra una maglietta che metteva in risalto i suoi imponenti pettorali e due braccioni muscolosi. Si avvicinò alla mia auto e vide il da farsi, intanto quella pioggerellina fina continuava a venire giù bagnando completamente il mio vestitino. Avevo iniziato a tremare come una foglia.
L’uomo mi guardò scrutandomi dalla testa ai piedi in maniera sfacciata, quell’atteggiamento mi provocò un certo disagio, mi aveva spogliata con gli occhi, poi con tono autoritario disse, dandomi subito del tu - vieni con me - mi accompagnò al camion dal lato del passeggero, aprì la grossa portiera e mi fece cenno con la testa di salire, misi un piede sopra il primo scalino, mi allungai e riuscii a salire sotto lo sguardo attento di quello sconosciuto. Dentro si stava decisamente meglio, la cabina era accogliente, i fari di quel bisonte illuminarono il camionista che con fare esperto sostituiva il pneumatico forato. Mi guardai intorno, la cabina era pulita, poi mi girai dietro dove c’era una cuccetta con alla parete affisso un poster con una donna nuda con delle autoreggenti a rete e sandali con tacco a spillo, guardando verso il cruscotto notai un tablet accesso dove lo schermo proiettava le immagini di un sito porno. Ero così presa dalle immagini che nemmeno mi accorsi che lui aveva finito.
Lo scatto della portiera del camion dal lato del conducente mi fece sobbalzare sul sedile, lui salì con agilità, era completamente bagnato. Guardandomi le cosce bagnate e lasciate nude dal mio abitino corto, mi disse di aver sistemato la gomma e sempre senza staccarmi gli occhi di dosso, prese una sacca, l’apri e tirò fuori un asciugamano.
Incurante della mia presenza, si tolse la maglietta inzuppata mostrando il suo possente fisico e iniziò ad asciugarsi lentamente prima la testa, poi il collo e infine il petto villoso. Il suo sguardo ora era fisso sulle mie cosce, ero a disagio, stringevo le gambe, mi muovevo sul sedile nervosamente cercando di distogliere il suo attenzione da me, ma stranamente non avevo paura di lui.
Dopo aver finito di asciugarsi, molto lentamente si avvicinò e prese ad asciugarmi i capelli, i nostri occhi si incrociarono mi sentii tranquilla, per la prima volta vedevo un camionista gentile, che si stava prendendo cura di me nel caldo tepore di quella cabina, mi lasciai andare a quella carezza che dai capelli era scesa giù fino alle spalle, aveva fatto cadere le spalline del vestitino e ora massaggiava il mio seno.
Poi con quella sua voce così profonda, autoritaria, ma anche rassicurante mi disse di spogliarmi che ero tutta bagnata ed io come in trance ubbidii a quella richiesta rimanendo con il solo perizoma stringato di colore rosso come il vestito e i sandali.
Lui continuava a passare l’asciugamano sul mio corpo riscaldandomi e facendomi abbandonare ogni difesa. I nostri occhi si fissarono e non c’era più nulla da dire, le bocche già molto vicine si unirono in un bacio così appassionato che a me quasi mancava il fiato, la sua mano si posò tra le mie cosce palpandole in modo deciso mentre sentivo il calore del suo corpo sul mio.
La sua mano callosa era salita fino alla mia fica e le sue grosse dita avevano profanato la mia intimità e ora mi masturbavano con forza, ero completamente in balia di quel maschione e avevo appena avuto un orgasmo quando senza esitazione chiuse le tendine della cabina e mi ordinò di andare sulla cuccetta. Nel salire dietro mi sfilò anche il perizoma, ora ero nuda, indossavo solo i miei sandali, ma la cosa inspiegabilmente non mi creava nessuna paura, stavo su quel camion con un tizio di cui non conoscevo nemmeno il nome, ma non temevo per la mia incolumità. Anzi, inconsciamente, mi sentivo addirittura al sicuro con quell’uomo che mi aveva tolta dai guai.
In un attimo anche lui fu nudo, si distese in giù e quando sentii che lui si insinuava fra le mie cosce semiaperte, lo lasciai fare, il risultato fu che sentii la sua lingua martellare con precisione il clitoride. Un lungo gemito uscì dalla mia bocca, ma era solo l’inizio di un viaggio verso il paradiso del piacere.
L’onda di emozioni che quella lingua mi stava dando era sconvolgente, un orgasmo mi fece irrigidire e nello stesso tempo mi sentivo svenire, stavo provando un piacere intensissimo, fu in quel momento che girandomi di lato mi trovai a pochissimi centimetri da un meraviglioso cazzo, lungo, duro, nodoso, con una cappella rossa, quasi violacea.
Lui quasi istintivamente mi venne incontro dicendo – succhiami dai, prendilo in bocca. Ubbidii, presi quel grosso cazzo in bocca e cominciai a succhiarlo con decisione, era piacevole, lo sentivo gonfiarsi ancora di più, si stava eccitando tantissimo. Intanto un altro orgasmo mi scosse tutta, mugugnai a bocca piena e a quel punto lui si rigirò, mi mise di fianco e appoggiata la cappella sulle labbra della mia fica, ormai bagnatissima, lo spinse dentro con forza, ma senza brutalità, deciso, ma lento, in modo che potessi assaporare quella grossa verga che mi stava penetrando.
Ero senza fiato, mi sembrava di essere sverginata per una seconda volta e quando lui mi fu tutto dentro, ebbi un orgasmo sconvolgente, un grido uscì per la prima volta dalla mia bocca scossa da mille brividi di piacere. Assecondavo le sue penetrazioni, ero sconvolta, non riuscivo più a ragionare, a quel punto quel maschione si scatenò come una furia, mi trascinò sopra di lui, le sue mani afferrarono con decisione i miei capezzoli duri e lì strizzò con forza, cominciò a impastare il mio seno facendomi provare ancora tanto piacere, mentre istintivamente andavo su e giù su di lui mentre il cazzo dentro me limava le pareti della fica.
Poi afferrò con le sue forti mani callose il mio culo e mentre lo palpava e sculacciava, disse: dai, muoviti che non te la dimentichi più questa scopata, dai che ti fotto come si deve prima di riempirti di sborra, così tanta che ti uscirà dalla bocca, dai, così dai, muoviti.
Assecondavo i sui movimenti che ad ogni affondo mi toglievano il fiato, sentivo il piacere salire dentro di me fino ad esplodere in un orgasmo dal piacere indescrivibile. Ero sfinita, mi distesi su di lui, ma mi fece di nuovo girare, mi prese di spalle e mi entrò dentro da dietro, spingeva con forza il suo cazzo dentro di me che ora mi penetrava con colpi tremendi che mi scuotevano tutta.
Sconvolta, sudata, ero in preda ad un delirio incredibile, nemmeno mi resi conto che lui spostandosi di poco appoggiò il suo cazzone al culo e con un colpo deciso mi pentrò. Rimasi immobile, senza fiato, per un tempo che sembrò interminabile, sentivo un forte bruciore mentre mi prendeva dietro, quello sconosciuto mi stava letteralmente sfondando il culo.
Mi stava sopra, le sue mani che bloccavano le mie appoggiate contro il fondo della cabina e spingeva, ero sconvolta da quel piacere inatteso che stavo provando, per qualche secondo mi sembrò di essere sul punto di svenire, ma poi le forti mani di lui cominciarono a torturarmi i capezzoli mentre, nel contempo aveva preso ad intensificare i colpi, ero sul punto di venire, impazzii di piacere quando lui spostò la mia mano verso il basso dicendomi: toccati la fica, voglio che godi di più; contemporaneamente mi mise due dita in bocca dicendo ancora: succhia, immagina che ora hai anche un altro cazzo da succhiare mentre ti fotto. Andai in tilt, una serie inarrestabile di orgasmi mi scosse tutto il corpo. Improvvisamente, lui si piantò dentro di me urlando: si, sborrooo, si, vengooo e un orgasmo ci travolse.
Per qualche momento il silenzio fu rotto solo dal ticchettio della pioggia che stava finendo, i nostri respiri tornarono normali, il suo grosso cazzo, perdendo vigore dopo aver goduto dentro di me, scivolava lentamente fuori dal mio culetto profanato.
Mi offrì dei fazzolettini imbevuti per pulirmi, cosa che feci in silenzio, ero frastornata, il mio cervello era assente, mi sentivo di una calma sconvolgente.
Poi il silenzio fu rotto dal camionista che disse: sei stata fantastica, non ho mai fatto una scopata con una donna come te, mi chiamo Carmelo, sono di Taormina, passo da queste parti due volte alla settimana, ti lascio il mio numero di cellulare, puoi chiamarmi quando vuoi. Lo guardai, ero ancora in preda ai brividi di piacer provato, ma lentamente la mia mente cercava di tornare alla realtà, presi il numero scritto nel piccolo fazzolettino, lo guardai e scesi dal camion.
Nel frattempo aveva smesso di piovere, salita in auto, nascosi il numero in mezzo alla mia agendina personale e ripartii, sentivo colare la sborra da dietro mentre un lieve bruciore mi ricordava l’accaduto.
Mio marito mi accolse in garage con preoccupazione, lo baciai e preso per mano mi avviai con lui dentro casa riferendogli solo della foratura e di come, dopo circa un’ora, era passata una pattuglia della stradale e mi avevano sostituito loro la gomma. Non gli avevo raccontato di quello che un tempo era fonte di forte eccitazione per lui, perché dopo quell’increscioso episodio di qualche tempo prima, ci eravamo ripromessi di non trasgredire più con i camionisti.
Mi infilai dentro la vasca, un bagno caldo era necessario per riflettere sull’accaduto, ma per quanto pensassi il mio cervello non trovava dentro di me un motivo di rimprovero per il mio comportamento.
Il fine settimana eravamo di ritorno da una breve visita a dei parenti e sull’autostrada guardavo i camion sfrecciare, mio marito mi parlava ma non seguivo i suoi discorsi. Quella sera a letto chiusi gli occhi e ricordai di quell’ultima scena che Carmelo mi aveva chiesto di immaginare, un cazzo in bocca e uno dentro.
Il giorno dopo lo chiamai e fissammo un appuntamento in un motel. Arrivai con alcuni minuti di ritardo, mi fece parcheggiare in mezzo a due camion e quando scesi dalla vettura, vestita come lui mi aveva chiesto, cioè con lo stesso vestitino, con gli stessi tacconi della prima volta e con la lingerie che indossava la modella nella cabina del suo TIR, notai che lui era in compagnia di un altro camionista maturo. Rimasi senza parole, ero a disagio, chi era quell’uomo, che ci faceva lì con lui? Carmelo avvertendo il mio imbarazzo, nel suo forte accento siculo, disse: lui è Ciro, è un mio amico, molto fidato, gli ho parlato di te, ti faremo impazzire di piacere. Ero infuriata, l’apostrofai con un “bastardo”, mi girai per tornare in auto ma lui mi bloccò contro lo sportello e cercò di baciarmi, lo scansai mentre lui mi aveva infilato una mano sotto il vestitino e mi palpava pesantemente tra le cosce, mentre mi diceva nell’orecchio: dai puttana, lo so che ti piace essere sbattuta dai camionisti, fai poco la preziosa e vieni a farti montare come si deve; non capivo più niente, pensavo a quel poverino di mio marito che mi aveva messa in guardia dai pericoli con quegli uomini e con cui ci eravamo ripromessi di non andare più. Nel frattempo si era avvicinato anche Ciro e anche lui aveva cominciato a toccarmi e faceva i suoi apprezzamenti al suo collega. Senza nemmeno rendermene conto, visto lo stato confusionale in cui mi trovato, i due mi cinsero per i fianchi, standomi uno per lato e mi condussero in una squallida camera.
Appena dentro mi spogliarono, si misero a leccarmi, a toccarmi e a prendermi in ogni buco, schizzandomi dentro una quantità industriale di sborra come non ne avevo mai ne bevuto ne preso prima. Per tre ore mi rivoltarono come un guanto.
Poi, come spesso accade e i proverbi non sbagliano mai in questo, quello che non si fa non sa, il destino ci mise lo zampino.
Mio marito che doveva restare fuori tutta la sera impegnato in una cena di lavoro, a causa di un imprevisto, la cena era stata rinviata e ora stava tornando a casa. Per rispondere ad una telefonata, si era fermato proprio davanti al motel dove ero con i due camionisti. Vide la mia auto parcheggiata fra due camion e quando mi vide uscire dal motel in compagnia dei due uomini la sua gelosia esplose, ma rimase immobile dentro la sua vettura, non visto da me, ebbe un’erezione quando loro mi strinsero e mi baciarono dandomi una pacca sul culo e dicendomi: ciao bella puttanella, ci rivediamo presto, magari portiamo anche qualche altro amico, così ti sfondiamo meglio. Carlo aspettò che partissi, poi lentamente con il cuore in subbuglio mi seguì. Era sconvolto da ciò che aveva visto, ma lo era ancor di più per il fatto di essersi eccitato nello scoprire di essere ancora il cornuto dei camionisti. Rientrò dentro casa in silenzio, venne direttamente in camera da letto, mi stavo spogliando, avevo ancora le calze autoreggenti comperate per l’occasione, mi fissò e poi disse: che fai, mi tradisci con due camionisti? Mi girai, avevo la sborra di quei due porci che colava da ogni buco, lo guardai negli occhi, mi avvicinai e subito notai la sua erezione, nulla rispetto ai due splendidi cazzi che mi avevano presa poco prima, ma giocai il tutto per tutto. Certo amore, mi sono fatta sbattere da due veri maschi, due bei camionisti maturi. Era diventato paonazzo, non sapeva che dire e allora continuai decisa: senti come mi hanno riempita e fatta godere, inginocchiati qui davanti a me, vieni qui leccami, senti la sborra che mi cola dal culo e dalla fica; detto questo lo spinsi in basso davanti a me, misi un piede sul letto e lui infilò la lingua fra le mie cosce, prese a leccare avidamente, poi mi distesi sul letto, gli aprii la patta dei pantaloni e gli tirai fuori il piccolo cazzo e gli feci una sega, esplose immediatamente dicendo: si, finalmente, è così che ti rivolevo, come ti ho sempre desiderata e nel dire questo, mi sborrò nella mano.
Il suo grido fu come lo scattare di una molla, era ritornato in lui il desiderio di vedermi e sapermi posseduta da quei maschi cosi rudi e autoritari che lo cornificavano.
Mi disse: dai vacca fammi godere, muoviti, dai. Quelle parole non mi sorpresero e non volendo perdere il momento magico, ribadii: ti piace vero cornuto, senti come mi hanno sfondata bene; lui: certo che mi piace, era ora che tornassi a farti sbattere da quei maschioni sempre arrapati e rudi che ti spaccano bene la fica e il culo. Ero nuovamente eccitata, ora volevo godere con il mio Carlo, così ripresi a segarlo mentre lui mi infilò con forza un grosso dildo nel culo. Ahi, piano, mi fai male, quei porci mi hanno spaccata e sento ancora dolore; lui: se ti fa ancora male vuol dire che non hanno ancora finito il lavoro, quindi vedi di chiamarli di nuovo e falli venire a finire quello che hanno cominciato, se vuoi ti porto io da loro, basta che ti spaccano bene. Lo feci schizzare nuovamente facendolo godere tantissimo.
Da quella sera mio marito ricominciò ad accompagnarmi nei parcheggi degli autogrill per vedermi rimorchiata e scopata da camionisti maturi e a casa aveva ripreso a leccarmi con estrema soddisfazione tutta la sborra che mi colava, fiero di avere una moglie che era tornata ad essere una puttana per camionisti.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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