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LA MOGLIE DI MATTEO


di eleganza_per_cuck
18.07.2024    |    1.601    |    8 9.8
"“Ho 41 anni, ma non sono male dai, e dal vivo dicono sia molto meglio..."
Era un mite pomeriggio d’inizio aprile, una di quelle giornate che vivono a metà, si respira ancora l’aria fredda dell’inverno che con secche folate di vento prova ad ostacolare l’arrivo della primavera, che però in quel vento ci miscela i suoi deliziosi profumi, intonando a livello cromatico un crescendo di colori. Le mie passeggiate servivano a liberarmi dai pensieri inutili, avevo la sensazione che quel sole se pur ancora timido avrebbe fatti evaporare tutte le cose inutili.
Vivevo in quel quartiere da poco, ma avevo imparato a tenere sempre a portata di labbra un sorriso, ma un sorriso non di quelli veri, di quelli di circostanza, che sfoderavo al cospetto di chi mi aveva incontrato qualche giorno prima, si era presentato, ma che avevo sistematicamente rimosso. “La mente è come una soffitta, solo lo sciocco vi accumula quel che capita e presto si riempie di cose inutili” lessi un giorno, un mantra che avevo preso forse troppo alla lettera, dimenticando sistematicamente tutto e tutti. Matteo invece non lo avevo mai incontrato, mi tocco la spalla e mi sorrise, porgendomi un foglio; “Mi scusi, ha perso questo, ho provato a chiamarla ma era probabilmente al telefono e non mi ha sentito…”. Non ero al telefono, anzi non lo avevo neppure con me, imbarazzato lo ringraziai, presi il foglio e lo misi in tasca. Non avevo voglia di conversare, al contrario del gentile signore che avevo ormai di fronte, che incalzò: “Sembrano appunti scritti a mano, e molto fitti, le posso chiedere di cosa si tratta? Se non è un segreto s’intende, altrimenti poi sarebbe costretto ad uccidermi!”. In una sola frase riuscì a generare in me un doppio fastidio, chiedere dei miei appunti e lanciarsi in una stupida battuta, ma risposi: “Un libro, sono appunti di un libro che sto scrivendo”. Pensavo che la fredda risposta abbinata al fatto che non lo degnassi di un solo sguardo lo scoraggiasse, ma così non fu. “Uno scrittore! Fantastico! Mia moglie lo apprezzerebbe tantissimo, viviamo anche noi qui vicino, e lei non fa altro che leggere libri, divora di tutto. Posso dirle di averla incontrata? Ehm… piacere Matteo”. Che bello, il viso di un uomo che si illumina pensando alla moglie, e poi per un libro. “Piacere mio. Sono Marco, ma guardi che non sono uno scrittore famoso, anzi forse non sono più neppure uno scrittore, quegli appunti sono l’ennesimo frammento di un puzzle a cui mancano più tessere di quelle che ho sul tavolo”. Sorrise di nuovo, aprendo le braccia ed allargando le mani quasi a scusarsi della domanda. Lo anticipai rassicurandolo “Sono periodi momentanei, più lunga è la pausa e maggiore sarà l’impeto delle parole con cui scriverò. E’ come una diga sa? La si tiene chiusa poi quando si aprono le saracinesche…”. Visibilmente rasserenato chiese commiato, non prima di avermi lasciato un biglietto da visita con il suo numero di cellulare segnato a penna. “Mi scriva un messaggio se ne avrà piacere, così capirò se il nostro incontro avrà riacceso in lei la vena creativa”.
Sparì così come era apparso.
Attesi più di 3 settimane, poi ripresi in mano il bigliettino e mandai un SMS al numero indicato. La risposta fu quasi immediata; “Buongiorno, lei deve essere Marco, lo scrittore. Sono Valeria, la moglie di Matteo. Piacere”. Risposi immediatamente scusandomi, per averla importunata ma sul bigliettino c’era scritto quel numero a penna, e gli altri tre numeri presenti erano due telefoni fissi ed un numero di fax. Mi tranquillizzò dicendo che andava bene così e che preferiva, qualora avessi tale applicazione, l’utilizzo di Telegram per le nostre conversazioni, che potevamo darci del tu e che per gli amici era ‘Vale’. Immediatamente la disegnai nella mia mente, utilizzando i pochi elementi che avevo a disposizione, un marito molto piacevole ed una bella voce, la sua immagine nella mia soffitta trovò posto nelle forme di una bella donna, non del tutto longilinea, belle labbra ed un discreto seno. Il tutto avvolto da un tailleur nero a righe. Continuammo a scriverci, come se fossimo amici da sempre, con domande e discorsi di ogni genere, dalla politica al sesso, passando per l’immigrazione, fino ad un pomeriggio tardo, erano circa le cinque e stavo preparandomi quello che doveva essere un pranzo. “Non mi sono mai mostrata, come fai a dare un volto alle cose che ti dico?” – ALLEGATO – “Eccomi”.
Aprii la foto in cui lei si mostrava in piedi, con alle spalle un fascio di luce naturale. Indossava una camicia da uomo aperta. Il capo era alzato con il mento che guardava verso l’alto, capelli biondo castani cadevano sul collo e sulle spalle. Le braccia erano appoggiate ai fianchi. Era molto magra, i seni erano molto grandi e a stento coperti dalla camicia, indossava un pantaloncino in jeans aderente e stivali neri.
Chiusi la foto e le risposi, anzi ci provai visto che mentre cancellai una dozzina di volte la risposta arrivò un altro messaggio con un laconico “Ti piace mia moglie?”.
Pensai in un attimo a tutti i messaggi che ci eravamo scambiati, ai racconti ed alle battute, alle volte in cui avevamo trattato l’argomento sesso ed agli annesi piaceri,… Una volta avevamo scritto anche di suo marito, forse troppo poco deciso verso alcune scelte di vita e poco fantasioso. Il problema è che lei era lui la persona con cui stavo conversando... Mi sovvenne la puntata di una serie televisiva, dove il protagonista era stato raggirato proprio tramite una serie di messaggi, ai tempi mi ripromisi di fare attenzione ma evidentemente ora ci ero cascato.
Il telefono vibrò ancora, esitai. Avevo in testa mille risposte ma nessuna adatta, dovevo riflettere ma non ne avevo la lucidità necessaria. Era un messaggio, un amico che mi invitava a cena per la sera successiva, lo cancellai d’istinto. Notai altri messaggi tra email, sms e WathsApp… e anche uno su Telegram: “Allora???”.
Risposi scrivendo: “Mi sono lasciato trasportare, te lo avevo detto che è un periodo strano, scusami”.
Il telefono si mise a vibrare, e sul display apparse per la prima volta la scritta “moglie di matteo per strada”, mi stava chiamando. Prima di qualsiasi pensiero mi venne spontaneo pensare che dovevo smetterla di registrare le persone con nomi improbabili, visto che poi dopo qualche mese dalla soffitta della mia mente sarebbero spariti, e non avrei riconnesso in nessun modo quella frase ad una persona.
Risposti con un greve “Matteo. Eccomi”.
“Sono Vale. Matteo è qui di fronte a me”.
“Ciao Valeria, forse è il caso chiarisca con Matteo…”.
“Non c’è nulla da chiarire… se non il fatto che non hai ancora commentato la mia foto. Hai una bella voce sai?”.
“Non capisco, ma che dici…”.
“Ho 41 anni, ma non sono male dai, e dal vivo dicono sia molto meglio. Ehi non mi hai detto come ti sembro”.
“Ma sai, Matteo, io…”
“Matteo? Lo sto facendo per il suo piacere… e per il mio s’intende, se ricordi una sera ne scrivemmo, quell’amica di cui ti parlavo che faceva giochi strani, bhe ero io, eravamo noi…”
Avevo letto di cose simili, ma pensavo fossero parecchio romanzate, e poi ero ancora molto scosso dall’accaduto. Riflettei per provare a rendere ancor più disastrosa la mia posizione.
“Non capsico Vale, e non voglio capire… davvero”
“Te lo spiego io. A Matteo piacerebbe molto tu ci passassi a trovare, e anche che giocassi con me. Questo gli provoca piacere, e lo provoca anche a me. Non ha mai letto un mio messaggio ma ho raccontato a lui di noi. E’ molto eccitato ora, intendo in questo momento, qui davanti a me…”.
Provai una sensazione mai provata prima, un misto tra l’eccitato e lo spaventato. Era una di quelle cose che ti capitano per la prima volta generandoti una sorta di impotenza.
“Non posso mi spiace, ti ringrazio. Scusami ancora con Matteo per aver messaggiato con te. Ciao Vale”.
“D’accordo Marco, spiace molto a me e pure a Matteo”.
Mi immaginai il viso di Matteo quasi imbarazzato, come la volta in cui gli confessai che la mia ispirazione non voleva arrivare. Ma chiusi il telefono. Non arrivarono più messaggi ne telefonate. Avevo tenuto la foto e di tanto in tanto la riguardavo, era sicuramente una bella donna, ma la situazione e l’intrigo erano qualcosa che andava oltre.
Passarono due mesi e decisi di scriverle qualcosa di estremamente banale: ‘Ciao Vale, mi interessa sapere se ai messaggi avevi risposto veramente tu, è molto importante, sono sempre stato me stesso in quei momenti’.
Non rispose. Ad ogni vibrazione speravo fosse le, ma non capitò… trascorsero due settimane e mentre ero a cena con un amica decisi, stranamente visto che lo detesto, di consultare il cellulare. Era Vale.
“Si Marco, ti ho sempre risposto io. Di solito evitiamo gli indecisi, ma a Matteo piaci molto. Se vuoi possiamo riprendere il gioco. Ma prima dimmi, ti sei masturbato per me?”.
Assunsi un aspetto che la mia commensale percepì immediatamente come strano. Sfruttai il naturale cambiamento di stato per congedarmi dicendo che era successa una cosa importante.
“Si l’ho fatto. Anche questa mattina sai?”.
“Nel tuo pensiero c’era anche Matteo?”
“Si era presente”.
“Solo presente oppure attivo?”.
“Anche attivo, e non nei tuoi confronti”.
“…passa da casa nostra tra un’ora”.
“Va bene”.
Mi congedai con la mia commensale, presi l’auto e mi resi conto che non avevo neppure pagato il conto, allora inventai una balla di quelle colossali sulla famiglia, che da giovane ti dicono di non dire altrimenti si avverano, scusandomi con la persona con cui avevo condiviso la cena, e mi diressi all’indirizzo che Valeria mi aveva fornito.
Arrivai sotto casa loro e le scrissi un messaggio, erano circa le undici e trenta. Entrai dal cancello e vidi una sagoma dietro un grande finestrone farmi cenno con una mano, era Matteo. Entrai in casa salutandolo con un sorriso, mi rispose sorridendomi a sua volta.
“Grazie per essere passato, quanto tempo eh… e dimmi, il tuo libro?”
“Grazie a voi per l’invito. Il libro è finito, ora serve solo un editore, la parte più difficile”
“Di cosa parla?”
“E’ la storia romanzata di un cineasta vissuto qualche anno fa, che…”
Ci interruppe Valeria, che entrò vestita di tutta la normalità possibile. Sempre nella mia testa avevo sognato lei vestita di solo reggicalze e body aderente… ma non era così. Indossava un vestito assolutamente normale, con calze giallastre, con un disegno a rombi. Nulla di che pensai, aggiungendo che saranno pure collant, quindi qualcosa di assai distante dall’immaginario collettivo di queste situazioni.
Matteo mi invitò a sedermi sull’ampio divano che dominava il centro del salone, offrendomi da bere. Accettai ed in maniera molto maldestra feci scontrare la base del bicchiere al bordo del tavolino in vetro.
Valeria, mi domandò se ero agitato e se avrebbe potuto, domandando consenso visivo al marito che annuì, provare a mettermi a mio agio. Iniziò senza troppi indugi carezzandomi tra le gambe, aveva unghie molto curate smaltate di rosso. Mentre mi toccava con l’altra mano palpava il grosso seno, dal vestito potei intravedere due grossi capezzoli che sfidavano la fine stoffa pronunciandosi in maniera aggressiva. Non portava nulla sotto e la cosa mi eccitò molto. La baciai sul collo, assaporando il profumo che indossava, perfetto per la sua pelle, fermandomi prima di arrivare alle labbra, non sapevo se il bacio in bocca era una pratica consentita dal mio ruolo. Lo fece lei, agitando la lingua in maniera lenta ma profonda. Le mie mani erano dai fianchi passarono sui suoi seni, con pollice ed indice non faticai a trovare i suoi capezzoli e li strizzai leggermente, ansimò allungandosi. Di tanto in tanto guardavo il marito, che continuava a sorseggiare il suo alcoolico non perdendosi neppure un istante di quello spettacolo. Lei mi abbassò pantaloni e boxer con un gesto sicuro, il membro era già molto duro, spuntando dai vestiti con un movimento quasi elastico. Matteo si alzò e chinò leggermente il capo, per osservarmi. Lei lo prese con la mano destra e rinchiudendolo tra pollice e indice come a misurarne la circonferenza, poi lo impugnò e dopo averlo stretto vi adagiò la lingua. Ci giocò per molto tempo, salendo e scendendo in maniera esperta e con quella passione propria solo di chi ama questa pratica. Il marito si avvicinò e la prese da dietro per il collo, lei, come se quello fosse un segnale, aprì la bocca e una buona parte del mio fallo sparì raggiungendo al sua gola. Il marito la tenne in quella posizione per qualche secondo, era la meno godereccia per me, ma lui mentre faceva questo si carezzava i pantaloni, visibilmente eccitato. Quando rilasciò la presa Vale riemerse come da un immersione, prendendo fiato e portandosi le mani al petto, prese a respirare forte ed intanto si tolse il vestito, sfilandosi le calze. Rimase in perizoma, che mostrava il segno dell’abbronzatura di un costume leggermente più ampio e, si rimise le scarpe che notai avere un tacco molto pronunciato, ed un cinturino di pelle che passava sopra il dorso del piede. Mi chiese di inginocchiarmi, ne approfittai per liberarmi della camicia ma non me lo consentì, la sbottonai ma mi chiese di tenerla. Una volta in ginocchio si mise di fronte a me, e con indice e medi spostò il perizoma avvicinando il mio viso al suo profumato sesso. La lingua entrò in maniera agile, la fragranza di bucato del perizoma evidentemente messo di fresco, rovinò ma solo per un momento il suo stupendo sapore, che da li a pochi istanti inzuppò le mutandine ed il mio viso. Matteo, che era a pochi centimetri, ansimò di piacere e riferendosi alla moglie sussurrò con un sorriso “Guarda come sei bagnata, sei una gran vacca dimmelo che godi…”, rispose gemendo e premendo il palmo della mano sinistra sulla mia fronte mi allontanò, per infilare indice e medio nella sua calda fessura. Ci rimase per un pochino, assumendo una postura che facilitasse l’inserimento delle dita, e muovendo la bocca a seconda del piacere che la penetrazione le stava dando. Porse le dita al marito, che si avvicinò, ma ritraendole in maniera fulminea me le infilò in bocca, e sotto il naso.
“Ora mi prendi” Ordinò perentoria. Matteo a quelle parole prese a masturbarsi, e si sedette a circa un metro dal divano. Valeria aprì le cosce e spostò la mia mano che teneva il membro, infilandoselo dentro per poi far scivolare le mani sulle mie natiche, con l’indice della mano destra mi stimolava da dietro. Prese quindi a farsi penetrare, in maniera ritmica, con un susseguirsi di gemiti molto secchi, che corrispondevano al punto apicale dell’affondo del pene dentro di lei. Continuammo per molto tempo, lei mi impedì qualsiasi cambio di posizione, tenendomi fermo. Mi avvicinai al suo viso, mentre mi leccava avida petto e capezzoli, e le espressi la volontà di prenderla da dietro, mi ricambiò con un sorriso sbarrando gli occhi con assenso. Continuammo ancora per un po’ in quella posizione, poi tenendosi una mano tra le gambe, quasi a non voler disperdere il suo nettare che ormai copioso e caldo le colava tra le gambe, si girò. Lo spettacolo della sua schiena fu qualcosa di incredibilmente erotico, anche perché ora i suoi gomiti poggiavano sul tavolino, e di fronte a lei c’era il marito quasi all’apice del piacere. La penetrai in quella posizione, apprezzando ancor di più il suo sodo culetto che ora spiccava in tutta la sua bellezza, due spinte troppo energiche la fecero scivolare con il viso sul tavolino, posizione in cui rimase chiudendo gli occhi e gustandosi quei momenti più rudi.
Ad un certo punto si girò mettendomi una mano sugli addominali esclamando: “Ora mi devi fare il culo”.
Aveva uno sguardo incredibilmente godurioso, e i muscoli delle braccia tirati. Estrassi il pene, che ormai gocciolava del suo umore, e con le dita bagnai il suo buchino, preoccupandomi di lubrificarlo bene.
“Non troppo… lo deve sentire tutto” esclamò il marito.
Puntai la cappella ingigantita da tanta goduria e lei d’istinto mise la sua mano sul suo addome. “Faccio piano” la rassicurai… “Sfondala” mi ordinò il marito con occhi sgranati e la vena del collo che pulsava visibilmente.
Tolse la mano ed iniziai a penetrarla, lei si morse a metà dell’avambraccio, strizzando gli occhi. Era stretto e provai una fitta di dolore, ma subito dopo la cappella affondò nella sua profondità… anziché gridare ispirò profondamente, apri le dita delle mani e la bocca, lasciandosi andare solo dopo un attimo ad un grido. Il marito esplose il suo seme tra le sue stesse mani, distendendosi sulla schiena. Lei cominciò a godere, dopo il momento di piacevole dolore, gridando di scoparla più volte. Dovetti pensare ad altro per non riempirla di sperma bollente, estraniandomi per un attimo da quella situazione quasi surreale. Sentii di avere il mio arnese durissimo, quando lei provava a sfuggire dai miei colpi. Continuammo per un po’, dopodiché visivamente provata, mi chiese di venirle in faccia… estrassi il mio cazzo, ancora pulsante, e indirizzai verso il suo viso, lei si abbassò ed infilò la sua lingua tra le mie palle ed il mio culetto, lecco con il suo stupendo ritmo, e li bastò veramente poco. Le presi il collo e lo misi di fronte al mio cazzo, venni con un attimo di ritardo rispetto al mio piacere, prima con un uno schizzo minimo, poi con altre tre schizzate di una portata molto più ampia, le centrai i capelli, il naso ed il mento. Con la lingua assaporò il mio sperma, che poi si portò alla bocca con due dita, gustandolo avida. Si avvicinò poi al marito che esausto si palpeggiava le palle, appoggiato su un fianco. Vale lo costrinse a ripulire il suo visto, lo faceva guardandomi per tutto il tempo, con l’aria di chi sembra costretto a farlo, ma quando ebbe finito con il viso, di sua spontanea volontà cercò il mio seme tra i capelli della moglie con avide leccate. Riprendemmo fiato ed energie non prima di una decina di minuti, ansimando all’unisono in un silenzio comune condiviso da tutti.

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