tradimenti
Filippo
di Karenina_Vronskij
22.07.2020 |
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"UNA NUOVA GIORNATA DI LAVORO
Alle cinque la sveglia suona puntuale e Filippo apre immediatamente gli occhi, felice che un nuovo giorno di lavoro sia iniziato..."
PROLOGOPiove, come spesso accade nelle cittadine del Nord Est a ridosso delle dolomiti nei mesi invernali, ed il vento freddo trasforma ogni goccia di piaggia in un ago di ghiaccio che penetrando nel collo del cappotto provoca brividi in tutto il corpo.
Sono le 20:00 e come ogni sera Filippo torna verso casa. Incede con un passo lento e dinoccolato, lo sguardo basso e fisso, tanto che sembra contare le betonelle del marciapiede, perso nei suoi pensieri, così tanto, che sembra non avere alcuna fretta di arrivare a casa.
Filippo è un quarantenne allampanato, quasi scheletrico, nel suo incedere le lunghe braccia fanno da contrappeso alle sue gracili gambe mentre cammina sotto la pioggia coperto soltanto da un pastrano nero.
La piccola testa tonda e piccolina, che reca ancora una vaga idea di capelli, è ornata da due piccoli occhietti neri che sembrano puntaspilli marcati da folte sopracciglia mentre il naso aquilino sembra poggiare sui sottili baffetti da roditore. L’incarnato è giallognolo e folti peli ispidi e neri fanno capolino dalle orecchie e dal naso.
Il capo è coperto da una bombetta nera che insieme al pastrano, alla forma della testa ed al colorito della pelle richiama l’idea di un abatjour vintage.
A rendere il suo incedere più incerto contribuisce una grossa borsa nera in pelle, molto elegante, del tipo di quelle dei chirurghi, che porta sempre con sé, senza mai staccarsene.
Non ha amici Filippo, a lui non interessano i chiassosi belati dei trevigiani, è serio lui, vive in un mondo dove l’allegria becera non può entrare. Quando parlano di lui, lo fanno sottovoce, tra ironici sorrisetti ed espressioni di disgusto, chiamandolo “il chirurgo”.
Arrivato ad un isolato da casa si ricorda del messaggio di sua moglie Ada, una Giunonica donna cinquantenne di Ponte di Piave, che apporta alla coppia una poderosa dose quotidiana di allegria e voglia di vivere che però infastidisce Filippo.
“Ricordati di portare la coca cola per il Boccia e giacché ci sei prendi due pizze, gorgonzola e speck per me e margherita per il Boccia che ha digerito male ieri sera” recita perentorio il messaggio della Ada.
L’uomo cambia direzione e senza alterare il passo si avvia verso il solito negozio di pizza da asporto dal quale si serve ormai da anni.
Il titolare lo riconosce e, vista la serata piovosa, tenta di sdrammatizzare con una battuta ironica sul Governo ma quasi subito abbandona qualsiasi altro tentativo di aprire una conversazione ricordandosi che da questo cliente riuscire a ricevere un atono “buonasera” prima dell’ordinativo costituisce già un notevole livello di interazione.
Filippo, con passo sempre più incerto, con la valigia in una mano e le pizze e la coca cola nell’altra si avvia, sotto una pioggia ormai battente, verso casa, senza però modificare il suo passo.
Quando arriva davanti al palazzo popolare dei primi anni cinquanta, nel quale abita da sempre al quinto piano, è ormai completamente inzuppato.
Come se non si accorgesse di essere come una spugna imbevuta d’acqua apre lentamente il portone ed entra raggiungendo l’ascensore.
Odia gli ascensori lui, “quanti hanno perso la vita in quelle macchine infernali” pensa ogni volta, optando per le più solide scale.
La salita fino al quinto piano è lunga, ma lui non ha fretta, il ritmo è sempre lo stesso, il respiro non è affannoso, è resistente Filippo. La porta è socchiusa, esita due minuti prima di entrare, mentre l’acqua che gli inzuppa i vestiti gocciola sul pavimento in graniglia ed il tintinnio del liquido sulle fredde marmette è, per lui, rilassante e confortevole.
I rumori che sente attraverso la porta socchiusa sono familiari, lui non ama le sorprese, preferisce rivivere momenti già vissuti, momenti dei quali può prevederne l’evoluzione.
Dopo un breve sospiro entra in casa con passo leggero quasi a non voler svegliare qualcuno che dorma, e, poggiate le pizze e la coca cola sul tavolo della cucina, inizia a spogliarsi nell’ingresso.
Filippo non ha mai fretta, il suo lavoro richiede dedizione e pazienza, i suoi clienti non gli mettono mai fretta, loro non si lamentano mai, adorano essere nelle sue mani.
UNA SERATA COME LE ALTRE
L’uomo dispone accuratamente i vestiti in senso inverso in maniera che l’indomani mattina possa indossare di nuovo gli stessi vestiti partendo dall’intimo fino al pastrano e bombetta, sperando che nella notte si asciughino, almeno un po'.
Nudo completamente, scalzo e con in mano la sua valigia si avvia verso la camera da letto, con passi lenti e leggeri senza che nessuno possa essere disturbato dalla sua presenza e si accomoda su un piccolo sgabello in ebano nero a tre piedi acquistato durante un viaggio in Africa.
Di fronte a lui, sua moglie è impegnata in un intenso rapporto sessuale con un ragazzo che avrà al massimo vent’anni, ancora l’acne ne segna le spalle e le guance, non ricorda come si chiami, per loro è semplicemente “Il Boccia”.
I due amanti non notano la discreta presenza di Filippo, il quale prende a masturbarsi con la mano sinistra stringendo nella destra la sua valigia. Non è un gran lavoro di mano il suo, madre natura è stata matrigna quando gli ha fornito un pene di soli quattro centimetri, in erezione.
Tutta la sua vita è stata segnata dal suo micropene, a partire dall’adolescenza fino al suo matrimonio con la Ada, anche se ha imparato ormai a conviverci.
Mentre i due continuano a fare sesso, Filippo si masturba con atteggiamento distaccato, con lo sguardo perso, lui non la guarda mai quella cosa lì, neppure quando deve fare la pipì.
Intanto la Ada sta cavalcando il Boccia, lei è una donna con forme notevoli, nonostante la settima di seno a stento contenuto negli abiti taglia 52 è soda ed in generale molto piacente.
Le sode natiche della donna ondeggiano sotto la spinta del cazzo del Boccia, un cazzo di notevoli dimensioni che la fa impazzire mentre il suo buchino dietro è come se facesse un occhietto di scherno a Filippo ad ogni spinta del giovane stallone.
Le enormi tette della donna quasi soffocano il giovane amante che vorace ne succhia un capezzolo mentre lei geme infilando profondamente il dito medio della mano destra nel culo del suo compagno di giochi.
I due amanti sono talmente presi ed incastrati l’uno nell’altra che non fanno caso a quella tenue presenza nell’angolo buio della stanza che indifferente, si sega.
Nell’impeto della passione la coppia si capovolge, improvvisando una missionaria molto audace, con le gambe della donna intorno al collo del ragazzo e quest’ultimo passa a penetrarle il culo mentre lei si succhia il dito che fino a poco prima teneva nel culo del suo amante.
La stanza è pregna di un odore di sesso, i due corpi sono fradici di sudori e di umori nonostante la temperatura esterna sia molto rigida. Il cazzo del ragazzo entra agevolmente nel culo di lei e scorre velocemente aiutato dalle copiose secrezioni della figa che continua a squirtare.
Filippo è abituato alla scena, i due scopano per ore, non c’è buco di lei dove il Boccia non abbia infilato il suo cazzo e lei ricambia volentieri usando le sue dita.
È un sesso selvaggio, fine a sé stesso, quasi primordiale, senza regole, senza ruoli, l’unico fine è il piacere, un piacere primitivo, senza fronzoli. La soddisfazione di un bisogno primario, come il cibarsi, altra attività che i due amanti adorano praticare insieme.
Anche in queste occasioni Filippo, se partecipa al banchetto, in maniera discreta si tiene in disparte osservando i due che senza limiti divorano tutto ciò che è disponibile.
A lui basta quello, detesta quelle risa sguaiate, i mugolii di lei, le grida di piacere di entrambi, il turpiloquio che entrambi praticano in maniera disinvolta.
Quella è vita, quella è la passione del volgo, ma Filippo detesta la vita, Filippo mangia per potersi alzare il giorno dopo e recarsi al suo caro lavoro. Lui permette al suo corpo di sostentarsi solo affinché la sua mente possa godere del suo lavoro e per goderne ha bisogno che il suo corpo l’accompagni.
Il vezzo della masturbazione impassibile e discreta deriva dalla curiosità di guardare, come attraverso una finestra coloro che vivono, coloro che sono legati alle passioni corporali, coloro che amano il buon vino ed il buon cibo.
Coloro che un giorno verranno a lui.
Mentre Filippo continua a masturbarsi i due focosi amanti raggiungono insieme l’amplesso per l’ennesima volta quel giorno ed il Boccia si abbandona stanco sul corpo sudato e viscido di lei.
A quel punto Filippo si alza e con passo lieve si avvicina discretamente ai due iniziando a leccare ogni goccia dei fluidi che fuoriescono dai buchi ormai apertissimi della moglie per poi passare a leccare il culo del giovane ed il suo cazzo ormai semiduro.
La coppia lo lascia fare, entrambi sapevano benissimo che questo sarebbe successo alla fine del loro rapporto ed in verità lo apprezzano.
Intanto Filippo lecca tutto, in silenzio, mentre continua a segarsi tenendo nell’altra mano la sua preziosa valigia. Lecca con metodo, senza tralasciare nulla, a lui piace tutto e tutto va ripulito qualsiasi fluido o solido corporale è degno di essere ingurgitato, lo sa bene lui.
Ad un tratto, il suo cazzetto stilla qualche goccia di fluido bianco e denso mentre Filippo continua a leccare i due senza sosta con fare regolare e costante.
L’orgasmo non provoca alcuna reazione nell’uomo, non un gemito, non un segno di piacere sul volto. Con un veloce movimento della mano verso la propria bocca prontamente rimuove, con la lingua, anche quelle poche gocce.
Dopo ave diligentemente portato a termine il suo compito, Filippo si ricompone e si reca verso l’armadio per prendere il suo pigiama e mettersi a letto a dormire.
Lo stesso letto che fino a qualche minuto prima ha ospitato una lunga e profonda cavalcata erotica ed ancora ne conserva l’odore, ora è spettatore del sonno sereno dell’uomo.
Domani bisogna svegliarsi presto, la signora Adelina dovrà essere bellissima pensa Filippo addormentandosi, mentre un leggero sorriso compare fugacemente sul suo volto prima di addormentarsi sfinito.
Intanto la coppia di amanti, ben conoscendo le abitudini dell’uomo, si spostano in cucina avventandosi sulle pizze e bevendo la coca cola direttamente dalla bottiglia.
Il loro cibarsi è simile al loro fare sesso, uno spettatore attento richiamerebbe alla mente il dipinto “Il Baccanale degli Andrii” di Tiziano.
Dopo aver divorato la pizza e svuotato la bottiglia di coca cola il Boccia si dedica al frigo che svuota con cura mentre la donna lo guarda fiera.
Finita la cena, il Boccia si reca in salotto per giocare con la Playstation del figlio della coppia che ha più o meno la sua stessa età, ma ha ormai altri interessi.
Il Boccia frequenta da qualche anno la casa della coppia, fin da quando era minorenne, essendo di fatto un figlio “a valore aggiunto” per la donna ed una presenza trascurabile per l’uomo.
UNA NUOVA GIORNATA DI LAVORO
Alle cinque la sveglia suona puntuale e Filippo apre immediatamente gli occhi, felice che un nuovo giorno di lavoro sia iniziato.
Servono pochi minuti all’uomo per sistemarsi, bere un bicchiere di acqua calda e limone e vestirsi degli abiti che ha riposto la sera prima ancora umidi.
“Non fa nulla, si asciugheranno presto” pensa tra sé e sé l’uomo mentre uscendo di casa nota nel salotto, illuminato dallo schermo sul quale ancora è animato un videogioco, il Boccia nudo addormentato tra le gambe di sua moglie.
Quella scena lo fa sorridere da una parte vedere turgide le carni dei due aggrovigliate ed i loro visi addormentati che sprizzano voglia di vivere dall’altra sapendo che poi tutto ciò sarà solo silenzio.
Filippo è solo nella sua azienda, sono le sei, gli addetti arriveranno alle 8, ha tempo lui, tutto il tempo che vuole, in un posto dove il tempo perde ogni significato.
L’uomo è nudo, il micropene eretto, mentre trucca con cura una graziosa signora che avrà circa settant’anni signora per poi poggiarsi lievemente su di lei fino a che i due corpi non si fondono in uno solo.
“Ecco” pensa Filippo, “Questo è qualcosa che resta immutabile nel tempo, non più schiavo delle vili passioni umane, con il solo silenzio a fare da testimone”.
Spinge Filippo, sa che lei, la gentile signora non lo deriderà per il suo pene, come non lo hanno mai deriso le altre prima di lei, lui le ama tutte, le ha rese tutte bellissime.
Sorride Filippo mentre sulla parete di fronte una foto della gentile signora gli sorride a sua volta come se entrambi ritenessero quella frase “Chi ti conobbe ti amò, chi ti amò ti piange” fuori luogo perché di certo lei non piange e qualcuno in questo momento la sta amando.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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