tradimenti
Desideri di pontile
di Scopamico-78
28.05.2024 |
6.367 |
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"Ormai non resistevo più, volevo scoparla con ogni mia cellula, la alzai e le piegai una gamba poggiandola sul divano e glielo misi dentro così, in piedi..."
Erano i primi giorni di maggio, quando la primavera inizia ad affacciarsi con il suo tepore risvegliando i desideri d’estate.Sono questi i momenti in cui, per chi ama la nautica, si inizia a preparare la propria barca per la stagione estiva e quel mattino ben pensai di andare dal mio gioiello per lavarla ed ordinarla in modo da essere pronta per i weekend di cocktail, pranzi e cenette che non sarebbero tardati ad arrivare.
Evidentemente quel mattino il mio stesso pensiero l’hanno avuto i miei vicini di ormeggio, una coppia simpatica ed a modo con la quale diverse volte ci scambiavamo qualche parola e saluti.
Ci siamo salutati con la consueta cordialità e con molta calma ho iniziato il mio lavoro, vestito di soli pantaloncini per apprezzare quei primi raggi di sole sulla pelle.
Anche Paolo, il mio vicino armeggiava nei suoi lavori, mentre Vittoria, la moglie, pensò che era il giorno migliore per inaugurare la tintarella.
Vittoria è una donna piacente, che gira intorno alle cinquanta candeline, tendenzialmente timida, non magra, ma nemmeno in sovrappeso, dalle belle linee armoniche sia nel corpo che nel viso, con uno sguardo mai diretto, ma che ti cattura.
Ero a prua cercando di lavare a fondo la carena e non potevo fare a meno di alzare di tanto in tanto lo sguardo verso di lei, come a cercarla, a verificare che ci fosse ancora, a sentirla presente. Nemmeno riuscivo a spiegarmi il motivo di quella mia spinta dal momento che tutto quello che stavamo facendo non era inusuale, bensì la normalità di una vita di porto. Ogni volta che i nostri occhi si incrociavano, Vittoria non tardava ad accarezzarsi delicatamente, talora su una coscia, altre volte sul petto appena sopra l’incavo dei seni.
Io distoglievo subito lo sguardo, temendo di incrinare una bolla fatta di buon senso e cordialità, ma puntualmente tornavo a cercarla e puntualmente lei si faceva trovare, ormai divertita dal suo sentirsi regina del gioco.
Se si gioca, bisogna essere bravi player, pensai mettendo il caffè nel filtro della moka e stringendola stretta tra le mani; scesi in cabina nell’attesa che uscisse il caffè.
“Signori è pronto il caffè, se vi va…” dissi affacciandomi nel pozzetto guardando nella loro direzione.
Si guardarono un istante e Paolo mi rispose “Arriviamo grazie, fammi solo chiudere l’acqua”.
Con il caffè si aprì una piacevole conversazione su racconti di viaggi in barca ed esperienze su coste, baie e ristoranti, Vittoria era tra me e Paolo e non mancava mai uno sguardo, era rilassata, ed emanava una sensazione di benessere che ti trasportava inevitabilmente verso di lei.
Ad un tratto si girò verso il marito dicendogli con voce delicata: “ma perché non abbiamo mai pensato a lui?”, il marito sorrise e mi fece un cenno con il capo, dal basso verso l’alto in modo obliquo ad indicare la moglie che abbassò lo sguardo sorridendo e toccandosi le labbra con un dito.
Non fui subito sicuro di quello che avevo inteso e Paolo lo intuì, ma presto mi face capire che non avevo sbagliato, prendendo il viso di Vittoria e ficcandole la lingua in bocca.
Mi strinsi al suo fianco iniziandole a baciare il collo, profumava di pelle al sole, con una mano le tirai fuori un seno e lo stringevo. Si voltò verso di me ed iniziammo a giocare con le lingue, le labbra si attaccavano e si staccavano in modo che il bacio fosse profondo o leggero, eravamo in perfetta sintonia.
Piano scese in basso e mi sbottono il pantaloncino e tirò fuori il mio cazzo già durissimo. Mentre se lo prendeva in bocca, il marito le aveva scostato il costume e le allargava la figa con due dita, inserendo e togliendo un terzo dito in modo da dare evidenza alla sua eccitazione che filava dalle labbra.
Mi scostai in modo che restasse distesa sul divanetto con la testa appena sotto il mio cazzo e mentre lei mi leccava le palle e mi spompinava, io le ficcavo tre dita dentro spingendo verso l’ombelico.
Continuammo il gioco per qualche minuto, l’eccitazione saliva e mentre io e Vittoria ci dedicavamo l’un l’altro, Paolo accarezzava con una mano la moglie e con l’altra si menava l’uccello.
Le divaricai le gambe e vi misi la testa in mezzo, sentivo il suo sapore, caldo, viscoso e denso di desiderio, mi comunicava “eccomi sono pronta”, ma volevo leccarla tanto e a lungo, continuando il gioco con le dita e la bocca, con l’altra mano le tiravo in su le labbra in modo che il clitoride fosse più esposto alla mia lingua.
Vittoria si girò verso il marito prendendogli la mano e con voce dapprima bassa, ma in crescendo, iniziò: “eccomi, eccomi, sto arrivando, vengo, vengo, siii”. Quel “si” era profondo, lungo, come se venisse dal luogo più oscuro dell’anima, mi fece impazzire.
Sentire un orgasmo per opera mia è l’eccitazione e l’emozione più alta che io possa provare.
Ormai non resistevo più, volevo scoparla con ogni mia cellula, la alzai e le piegai una gamba poggiandola sul divano e glielo misi dentro così, in piedi davanti a Paolo che aveva il cazzo che stava per esplodere.
In quella posizione ci baciavamo e ci penetravamo con gli occhi, con una mano le cingevo il collo e con l’altra le tenevo la testa leggermente reclinata all’indietro. Il mio cazzo le scivolava dentro ed usciva e lei era bravissima ad assecondare il movimento con il bacino e contraendo la figa in modo simmetrico e ritmato.
“Fammi male, ti prego fammi male”.
Appena udite queste parole mi spaccò il cervello, eravamo tutt’uno, un’unica particella nell’intero cosmo, poteva succedere in quel momento qualsiasi cosa, noi tre eravamo forti.
Non pensai e le assecondai una sberla sulla guancia, non forte da mortificare, non debole da non sentirla, l’intensità che comunicava “ti tengo, abbandonati”, immediatamente dopo le ficcai la lingua in bocca, mi fissò con uno sguardo che diceva “ti adoro stronzo”.
Il marito sgranò gli occhi a quella scena e sborrò copiosamente dall’eccitazione.
Presi Vittoria e la inginocchiai con la testa verso il marito in modo che potesse leccarlo e ripulirlo per bene e, mentre lo spompinava e gli leccava il ventre, io la presi da dietro. Ogni tanto le schiaffeggiavo le chiappe, si vedevano i segni rossi delle mie mani.
Mi distesi e lei su di me, si muoveva in sincronia con i battiti del cuore, era dolce e appassionata, si teneva la testa con le mani e poi le poggiava sul mio petto.
Sentivo il suo orgasmo salire e quando si accasciò su di me sussurrandomi all’orecchio “scopami, scopami, non fermarti”, iniziai a vibrare anche io, mentre Paolo le carezzava la testa.
Venimmo insieme, tremanti e sudati, fu un orgasmo lungo e profondo e le inondai il ventre.
Restammo lì, qualche minuto sdraiati a terra. Tre corpi e tre anime complici di desiderio e piacere.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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