orge
La novizia (pt. 5 epilogo)
di Scopamico-78
10.06.2024 |
5.266 |
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"La corda della campana era dello stesso colore della notte e Pasquale non poteva saperlo, così come non poteva saperlo il suo piede..."
I giorni si susseguivano nella preghiera che veniva alternata alle pacate attività di convento come la cura dell’orto, la lavanderia, la pulizia e le attività in cucina.Le notti erano dolci nella compagnia di Clara, ci accarezzavamo e godevamo insieme prima di dormire, a volte stremate, restavamo tutta la notte abbracciate fino ai primi raggi del giorno.
Fu in una di quelle sere che mi raccontò della preghiera del venerdì notte.
“Suor Monica e Don Mario passano lungo il corridoio, danno un tocco alla porta e pronunciano il nome della prescelta a partecipare alla preghiera.”
“E perché non tutte?” risposi.
“Mi hanno raccontato che è una preghiera speciale dove partecipano anche gli uomini dei paesi vicini. È una cerchia ristretta di uomini facoltosi che di volta in volta richiedono la lista di suore e novizie che vi devono partecipare, sono loro a scegliere. Don Mario e Suor Monica ricevono in cambio doni e sostentamento per il convento e la chiesa. Nessuno sa chi siano, perché sono incappucciati e le identità celate. Mi hanno detto che la preghiera inizia con canti ed odi al Signore e poi si trasforma in preghiera con il corpo, dove lo Spirito entra in ognuno dei partecipanti ed il bene si diffonde nei loro corpi.”
La mia curiosità mi divorava, ardivo dal voler sapere di più, volevo sapere tutto.
“E tu non hai mai partecipato Clara?” la incalzai.
“No, non sono mai stata chiamata, suor Martina mi ha detto che una volta, il giorno successivo, ha trovato il foglio con i nomi di tutte caduto nel chiostro ed il mio non compariva, non ho mai capito il perché e non posso chiedere perché è vietato parlare della preghiera del venerdì”.
Io capivo il motivo per il quale Clara non fosse nella lista, evidentemente Suor Monica non desiderava che sua figlia vi partecipasse, per cui era come se Clara non esistesse al di fuori del convento. Scossi le spalle, non riuscivo a dire a Clara ciò che avevo sentito le sere prima mentre spiavo Don Mario e Suor Monica.
Quel venerdì notte feci finta di dormire, ero determinata a seguire la notte e dove mi avrebbe portato con tutti i suoi segreti.
Le notti sono così, morbide, ambigue e custodiscono gioie e terrori che la luce del giorno non potrebbe mai capire.
D’un tratto dei passi si sentirono lungo il corridoio, poi nulla e poi di nuovo, sempre più vicini.
Sentii bussare leggermente e pronunciare il mio nome a cui Suor Monica seguitò: “vestiti ed esci in corridoio mettendoti in fila con le altre, in silenzio”.
“In silenzio” lo disse in modo grave, tale che alla mia emozione fervente e curiosa si aggiunse in un istante un leggero tono di paura.
Eccomi a testa china in fila lungo il corridoio con le altre prescelte per la preghiera del venerdì notte.
Ci incamminammo in silenzio nella poca luce bassa del corridoio, una luce che combatteva a sento il buio della notte ed arrivammo nella grande sala posta al centro del complesso, era questa il luogo di congiunzione tra la chiesa, il campanile, il convento e la casa parrocchiale.
Le mura erano alte e sopra di loro i lucernai prima che iniziassero le travi del tetto in legno, a terra il pavimento in lastre di marmo sul quale poggiavano distesi grandi tappeti mentre al centro della stanza, un grandioso e pesantissimo tavolo di legno scuro che avrebbe potuto ospitare almeno cinquanta commensali.
Erano in piedi gli ospiti della preghiera, una decina, tutti in fila fianco a fianco su un lato lungo del tavolo e ci disponemmo sul lato opposto.
Un saio scuro rivestiva ognuno di loro, un profondo cappuccio ne inghiottiva il volto.
Don Mario e Suor Monica entrarono per ultimi e si posero sul lato corto del tavolo così da formare una U con tutti i presenti.
“Gratia Domini nostri Iesu Christi, et caritas Dei, et communicatio Sancti Spiritus sit cum omnibus vobis”, ruppe il silenzio Don Mario.
Ci furono lodi e canti sommessi, quando infine Don Mario, con tono più grave e perseverante:
“Sanctus, Sanctus, Sanctus Dòminus Deus Sàbaoth.
Pleni sunt cæli et terra glòria tua.
Hosànna in excèlsis.
Benedictus qui venit in nòmine Dòmini.
Hosanna in excelsis”.
Scese il silenzio per qualche minuto.
Fu Suor Monica a questo punto ad intervenire:
“Sorelle, rendete grazie al Signore innalzando le vostre beltà, con il piacere della carne glorifichiamo il creato, la passione che Dio ci ha donato. Il Signore ci ha dato il piacere e le leggi degli uomini vogliono togliercelo, mai peccato fu più grande, rendere un dono di Dio un peccato umano, siate nella gloria, siate nella passione, siate nel calore, lasciate che lo Spirito entri in voi e riempia il vostro corpo”.
Così dicendo, si avvicinò alla suora accanto le prese il volto ed inizio a baciarla, ognuna di noi cominciò a fare lo stesso con quella di lato.
Gli uomini osservavano calmi ed in silenzio la scena.
Le nostre lingue si intrecciavano ed ogni freno umano pian piano andava scomparendo e lentamente ogni suora spogliava l’altra delle vesti.
Don Mario continuava a recitare versi in latino tra i denti guardando a tratti verso di noi ed a tratti verso il cielo con le braccia in alto.
Ogni suora distese l’altra sul tavolo, vi si pose su ed inizio ad armeggiare con il corpo.
Io fui distesa e la mia destinata mi baciava per il corpo nudo agli occhi di tutti, mi sentivo animata da perversione e in grazia di una pace speciale, la sua lingua presto mi arrivò tra le cosce aprendomi un varco verso il delirio.
La sala si riempì di lamenti di godimento, i corpi si torcevano sul lungo tavolo.
Don Mario smise la sua orazione e fece cenno agli uomini di unirsi al banchetto di carne, rose e succhi di desiderio.
Uno di loro si avvicinò a me, s’inginocchiò sul tavolo e mi pose il suo membro sulla bocca mentre la sorella mi continuava al leccare tra le gambe. Succhiavo avidamente e persa, tutto scorreva accanto a me in modo fluido e naturale, come si muovono le nuvole nel cielo di primavera, come sgorga l’acqua di un ruscello di montagna.
Scese dal tavolo, mi aprì le cosce e mi penetrò, lo accolsi come il pane caldo con tutta la sua fragranza. La suora che prima mi leccava la figa ora si mise a cosce aperte sul mio viso in modo che io potessi sentire il suo sapore con le mia lingua.
L’estasi era ovunque.
Quell’uomo ignoto mi scopava ed io godevo mentre sulle guance mi scivolavano fiotti di piacere.
Più giù una suora cavalcava insistentemente e persa nel godimento un uomo disteso sul tavolo, Suor Monica col volto tra i sessi di entrambi leccava prendendo avidamente l’asta di lui ed il sedere di lei, mentre Don Mario la infilava da dietro tenendola per i capelli.
Uno dei partecipanti, il più grosso, si voltava spesso verso di me osservandomi a lungo.
Si cambiavano posizioni, tavolo, pavimento, c’erano gruppi di tre o più anime, era la libertà che entrava in ognuno di noi ed irrompeva.
Quell’uomo si avvicinò a me, mi prese la mano con decisione e mi trascinò verso la porta del campanile.
Su per le scale, mi trascinava con forza ed arrivammo in cima.
Si tolse il cappuccio.
“Anche qui sarai mia” ghignò Pasquale.
Fece per prendermi spingendo tutto quel suo corpo maestoso verso di me, non feci nulla se non cedere all’istinto di scansarmi.
La corda della campana era dello stesso colore della notte e Pasquale non poteva saperlo, così come non poteva saperlo il suo piede.
Sentirono tutti un urlo nella notte ed il rumore sordo di quel grande corpo quando esplose al suolo.
Un suono di ossa e carne che si lacerano in un unico istante, son passati anni ed è ancora vivo dentro di me.
Tutte le colline e terre finirono con lui nella sua pozza di sangue senza eredi. La sua famiglia si dissolse come si dissolse quella notte al sorgere del sole e le avide aspirazioni terrene cedettero il passo al grande progetto divino.
Il piacere è tale se condiviso ed il Signore entra in noi passando per i sensi, per i cuori e per le menti di uomini e donne connessi dalle linee invisibili del desiderio.
Hosanna in excelsis
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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