Prime Esperienze
L'amico (brutto) di famiglia.
di FleurDamande
27.01.2024 |
12.068 |
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"D'aspetto segaligno, aveva un corpo leggermente deforme, con la schiena solcata da una piccola gobba..."
Ho avuto la fortuna di crescere in una casa sempre piena di amici.
Mia madre cucinava sempre più del dovuto, perché a tavola con noi c'era sempre un amico di uno dei miei fratelli, qualche parente o qualche compare di battesimo.
Le nostre tavolate erano sempre allegre e festose, il pranzo diventava un momento imprescindibile di condivisione.
Semmai il problema era l'opposto, ovvero che non c'era mai la possibilità di vivere qualche momento in solitudine. Casa mia era grande, ma era pur vero che lo spazio per me e i miei quattro fratelli era sempre poco.
Io dormivo in camera con le mie due sorelle maggiori, e i miei due fratellini dormivano in un'altra camera.
Non ci dispiaceva dormire insieme, ma già tre anni prima la maggiore di noi aveva manifestato un po' di insofferenza.
Io non avevo mai capito perché, fino a quando a sedici anni, un pomeriggio di giugno che stranamente ero sola, accarezzandomi la figa per noia a pancia in giù sul letto, non ero stata attraversata dal primo orgasmo della mia vita.
Un minuto prima mi sfioravo sovrappensiero, e poco dopo mi ero persa in una dimensione di estasi senza neanche capire come ci fossi entrata.
Di lí in poi, ogni occasione era buona per sditalinarmi: nei bagni della scuola, seduta sul cesso con le gambe divaricate al massimo, nel bagno di casa, in campagna, nella cabina al mare o nel camerino di un negozio...ogni occasione era buona per ricreare quel picco di piacere.
In un giorno potevo venire anche quattro volte, ero dipendente da quella magica esplosione.
Più mi toccavo e più passavo il tempo sentendomi eccitata. Mi piaceva sentire le cosce che si sfregavano tra loro, e bastava un filo di brezza a farmi indurire i capezzoli. Spesso non portavo il reggiseno, per sentire la stoffa della camicetta che ci si sfregava sopra ai seni eccitati e vogliosi.
A volte andavo a rubare dall'armadio di mia madre un vestito in seta, che indossavo dentro casa senza biancheria, per sentirmi toccata e accarezzata ovunque da quel tessuto soave.
Il mio costante stato di eccitazione richiedeva un'ulteriore valvola di sfogo. I
ditalini mi piacevano, ma dopo i primi tempi capivo che non erano abbastanza, senza contare che ero sempre costretta a venire in silenzio, mentre io avrei voluto sollazzarmi per ore permettendomi di accompagnare il godimento con la voce.
Cominciai a guardarmi intorno, sapevo che i ragazzi mi guardavano con un certo interesse, dato che avevo già una bella quarta di seno. Potevo permettermi di scegliere, e alla fine decisi di accettare le attenzioni di Elia, un meraviglioso pallanuotista fisicato e bellissimo.
Il suo portamento sicuro faceva sottendere una certa confidenza col sesso, quindi decisi di farmi corteggiare.
Due giorni dopo, Elia venne a prendermi per il nostro primo appuntamento. La serata prevedeva una cena in pizzeria e una passeggiata in spiaggia. Io non vedevo l'ora di farmi mettere le mani addosso, e di assaggiare il suo cazzo. Sembra stupido, ma continuavo a chiedermi che sapore potesse avere il pene di un uomo.
Finita la cena, scendemmo in spiaggia e non tardammo a cercare un luogo dove appartarci. Lui cominciò a baciarmi con la lingua e mi mise subito le mani sotto al reggiseno. Mi stringeva i capezzoli, e io dovetti fare appello alle mie forze per non venire. Gli slacciai i pantaloni e cercai il pene nelle sue mutande. Non era grande, ma era duro come il marmo. Lui mi guidò la mano per cominciare a segarlo, e io lo assecondai. Quale sorpresa quando dopo pochi secondi la mia mano fu invasa dal suo sperma. Anche senza esperienza, mi sembrava che fosse venuto troppo presto, ma non me ne curai troppo. Ora toccava a me.
Guidai la mano di Elia nelle mie mutandine e lo incitai a toccarmi mentre continuavo a baciarlo. Le sue mani totalmente inesperte si muovevano in modo meccanico, spingendo troppo. Mi faceva male e non riusciva a trovare il punto che piaceva a me. Mi baciava distrattamente, e si guardava intorno. Intuii che non aveva voglia di accontentarmi, e che essendo già venuto considerava il nostro amplesso ormai concluso.
L'eccitazione si smontò. Dopo qualche parola di circostanza, ci rivestimmo e tornammo verso la macchina.
Arrivata a casa ero frustrata e ancora vogliosa, così andai in bagno a toccarmi. Tuttavia ero di cattivo umore..era davvero così brutto andare con un uomo?!
Forse non avrei mai fatto sesso.
Il giorno dopo ero a passare la mattina in spiaggia con la mia famiglia e alcuni amici.
Ero ancora di cattivo umore per la serata precedente, ma cercai di farmene una ragione. Guardandomi intorno notai alcuni ragazzi vicino al nostro gruppo, e loro non si dimostravano insensibili a me e alle mie sorelle. Pensai di flirtare con lo sguardo, ma poi mi assalirono i ricordi dell'inettitudine di Elia, e mi passò tutta la voglia.
Poco dopo decidemmo di fare una foto tutti insieme, e ci mettemmo in posizione.
Fulvio come al solito si mise di lato a me, approfittandone come al solito per palparmi in modo subdolo.
Fulvio era un caro amico di mio padre. Vicino ai cinquant'anni, era decisamente brutto. D'aspetto segaligno, aveva un corpo leggermente deforme, con la schiena solcata da una piccola gobba. Il busto corto rispetto alle gambe arcuate verso l'esterno era ricoperto di folti peli scuri. Gli occhi leggermente sporgenti erano sempre puntati sul seno mio e delle mie sorelle, e le labbra tese facevano sempre intendere che era concentrato a rubare con lo sguardo qualsiasi lembo di pelle che sporgesse dalla stoffa striminzita dei nostri bikini.
Mia madre lo odiava, ma lo tollerava perché era buon amico di mio padre, e molte volte ci aveva fatto dei grandi favori.
Come dicevo, Fulvio si mise accanto a me, e con un braccio mi cinse il fianco, o meglio finse, perché con la scusa di abbracciarmi per la foto, mise la mano sí sul fianco, ma nel punto più alto possibile, in modo da arrivare immediatamente sotto al seno.
Il porco era furbo, perchè essendomi messa di profilo, esponevo allo sguardo della macchinetta fotografica solo il fianco opposto, e lui poteva toccarmi indisturbato.
Io feci finta di nulla come al solito, perché, anche se ero indispettita mi vergognavo, e lui ne approfittó per infilare un dito sotto al triangolo del reggiseno. Notando che io non mi sottraevo al suo tocco, e sentendosi al sicuro perché la sua mano non era vista, ne approfittó per farsi ancora più strada, arrivando a sfiorami l' areola.
Ero sconvolta dalla sua sfacciataggine, ma allo stesso tempo, stupita di me stessa, sentii che il capezzolo si induriva, e un formicolio familiare mi informó del fatto che mi stavo eccitando.
Lui, ben più esperto di me, capí subito che mi stava piacendo, e mentre il gruppo ora stava immobile e ora si stringeva per fare più foto in attesa di quella giusta, si appiattì contro di me, sfregandomi il pene enorme ed eretto sul culo.
Mi bagnai, e allo stesso tempo mi rimproverai, perché mi sentivo eccitata per un essere così disgustoso.
Tuttavia il mio corpo rispondeva positivamente ai suoi palpeggiamenti sempre più insistenti. Quando il dito arrivó a toccarmi il capezzolo cominciai a ondeggiare impercettibilmente con il bacino, strusciandomi imarazzata e confusa sul suo cazzo mostruoso.
Avevo voglia, volevo correre a toccarmi.
La foto di gruppo finalmente venne fatta, e sciogliemmo le righe. Mia mamma e le mie sorelle andarono al bar, e mio padre con alcuni amici le seguirono per una birra. I miei fratelli giocavano con la sabbia. Io e Fulvio rimanemmo in spiaggia. Mi alzai per entrare in acqua e raffreddare i miei bollori, e Fulvio mi seguì, portando con sé la maschera.
Dopo pochi passi in acqua ero bagnata fino alle spalle: Fulvio mi seguiva nuotando sott'acqua, ma tenendosi a distanza da me per non destare sospetti a riva.
Mi piaceva il fatto che lui spiasse il mio corpo senza sapere se mi faceva piacere, così gli diedi qualcosa da guardare, e mi scoprii prima il seno, e poi mi sfilai le mutandine.
Lui mi guardava sott'acqua, e si sfregava la mano sul cazzo, io ero su di giri. Cominciai a toccarmi per lui, e poco dopo venni davanti ai suoi occhi.
Subito dopo tornai a riva, e lui rimase in acqua a nuotare.
L'orgasmo mi aveva deliziata, e uscii dall'acqua sorridente e rilassata.
Dopo pranzo, tornata a casa, non smettevo di pensare al suo cazzo sulle mie natiche.
Il suo aspetto continuava a disgustarmi, ma non potevo non pensare a come mi aveva palpata di nascosto, al modo molesto in cui aveva stuzzicato le mie parti intime, rischiando di venire scoperto.
Chissà se lo faceva anche con le mie sorelle, chissà se si eccitavano anche loro...
Pensavo a tutto questo e la mia vagina fremeva. Avevo voglia di essere toccata di nuovo, volevo le sue luride mani ancora su di me.
Uscii di casa, e presi il motorino di mia sorella. Mi recai a casa sua, senza sapere esattamente cosa aspettarmi.
Lui, aprendo la porta mi guardò e non fu sorpreso. Il suo sguardo rapace si soffermò sui miei pantaloncini di jeans.
Senza dire una parola si fece da parte per farmi entrare, ed io, un po' timorosa, entrati esitante, sobbalzando e quando lui chiuse la porta dietro di me. Noi potei girarmi, lui mi aveva già agguantato con forza, facendomi cadere inginocchiata sul pavimento.
Sentii la polvere sotto le mani, mentre lui, accovacciato su di me tornava a strisciare il cazzo tra i miei glutei. Poi mi prese per i fianchi e mi giro a pancia in su.
Si mise su di me, mi apri le gambe e cominció a strusciarmi il cazzo sulla figa attraverso gli shorts. Intanto mi aveva sollevato il top e il reggiseno e mi succhiava i capezzoli. Ero in estasi, totalmente inerme , nelle mani di quest'uomo orrendo e lascivo. La ripugnanza alimentava un'eccitazione animale senza limiti, sentivo quasi che i miei nervi sarebbero potuti esplodere da un momento all'altro.
Fulvio, anch'egli tremante per l'adrenalina, mi baciava e mi leccava ovunque tra il seno e il collo, il pene che continuava a strusciarsi sui miei pantaloni di tela, che ormai non sopportavo più. Gli feci segno di levarmeli, e lui quasi me li strappò via insieme alle mutandine, ma tanta era la fretta di tornarmi addosso che mi rimasero infilati nella caviglia sinistra. Finalmente sentivo il contatto del suo glande umido e caldo sulle mie labbra, ugualmente vogliose e pulsanti.
Fulvio si avvicinò alla mia bocca per baciarmi, ma io spostavo la testa di lato, non volevo, non avevo desiderio di questo tipo di contatto.
Lui insistette, e cercó di aprirsi un varco con la lingua tra le mie labbra serrate. Alla fine cedetti al suo bacio morboso perché mi piaceva l'idea di essere depravata, e lasciai che mi violasse la bocca, permettendo alla sua lingua vogliosa e salivosa di frugarmi ovunque, arrivandomi fino in gola.
Anche questo aumentó la mia eccitazione.
Fulvio si teneva l'asta del pene con la mano destra, e cominciava a spingerlo di qualche millimetro dentro la mia figa, ma io, bloccandolo con le mani urlai :"No! Sono vergine!"
Lui si fermò, ma continuava a sfregarsi, e il pene si apriva naturalmente un varco tra le mie grandi labbra. Mi assicuró che sarebbe avanzato un po' senza compromettermi.
Affondò leggermente come aveva detto, e la cosa mi sconvolse di piacere. Ora fui io a cercare la sua bocca, cercando la sua lingua con la mia. Il suo bacio era così diverso da quello delicato e passionale di Elia. A mente fredda non avrei mai toccato un uomo brutto e maturo come Fulvio, ma il mio corpo rispondeva al suo tocco e mi creava dentro un desiderio che si preparava a deflagrare con un boato.
Fulvio continuava a strusciarmi il cazzo all'entrata della fica: non mi baciava più, mi guardava ansimando, in attesa. Il porco aveva capito che avrei potuto cedere, ma non voleva contrariarmi chiedendomelo, così attendeva che fossi io a capitolare.
Io ondeggiavo il bacino accompagnando la sua danza, ma l'ultima parte razionale della mia mente mi bloccava e mi vietava di fare questa cazzata.
Non sapevo cosa mi attendeva se lui mi avesse scopata, avevo paura del dolore e di tutte le conseguenze.
Fulvio sentí la mia resistenza, allora decise di cambiare tattica provocandomi, e si fermò.
Io sbarrai gli occhi sorpresa e irritata. Lui fece finta di niente e mi succhió il capezzolo destro, tormentandomi.
La voglia non appagata della mia figa si trasformò quasi in dolore da dipendenza, e muovendo il bacino cercai il contatto col suo glande, che sembrava essersi volatilizzato.
Sussurrai al suo orecchio "Dai...dammelo..ti prego..."
E lui mi chiese dove lo volessi. Io continuavo a mugugnare e a fare le fusa come un gatto, inarcando la schiena e contorcendomi sotto di lui, dandogli piccoli bacetti a stampo sulle labbra e morendogli il mento.
Lui mi accontentò, ma questa volta entrò un po' di più, lasciandomi senza fiato.
Non avevo mai sentito quella sensazione, la frenesia si era impossessata di me. Come pensavo di negarmi il piacere di scopare, che era nulla rispetto alla masturbazione??
Non c'era più nulla a trattenermi, lo invitai ad entrarmi dentro, volevo tutto il suo cazzone dentro di me, gli sussurrai miagolando di sfondarmi, e lui mi accontentó con un affondo fulmineo che mi lasció senza fiato.
Qualcosa si laceró, ma il godimento era così forte che il dolore appena provato era già un ricordo, mentre lui mi penetrava con la veemenza di un cavallo.
Persa nell'amplesso, d'un tratto sentii che gridavo, mi sfogavo a pieni polmoni come avevo sempre desiderato, e questa consapevolezza fece traboccare il mio desiderio nel primo bellissimo orgasmo da penetrazione della mia vita. Il mio compagno venne subito dopo di me, estraendo il pene e schizzando di sperma il mio ventre e i miei seni.
Stesa su quel pavimento freddo e sporco, ricoperta di sborra, ansimante e sudata, sorrisi divertita.
Avevo sempre pensato che la mia prima volta sarebbe avvenuta tra le braccia dell'uomo che amavo, ma invece fu molto meglio: la mia prima volta fu con quel porco dell'amico (brutto) di famiglia!
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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