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Prime Esperienze

Avventura estiva


di Lucacrazy93
05.02.2025    |    204    |    0 9.0
"Rimpiango ancora adesso di non avere avuto il coraggio di toccarle..."
Da ragazzo il mio migliore amico si chiamava Pietro.
Io abitavo a Roma e lui in una valle nei pressi del lago Maggiore, vicino alla Svizzera.
Ci vedevamo per tre mesi l’anno, quando io trascorrevo tutta la mia estate nel paese dove abitava lui.
Non potevamo essere più diversi e forse era per questo che una volta ritrovati i primi di giugno non ci separavamo più fino a metà settembre.
L’altro era tutto un mondo da scoprire.
Se io potevo interessarlo per i miei racconti di Roma, dei viaggi che facevo con la mia famiglia, delle persone che avevo conosciuto, lui per me era maestro di vita.
Eravamo coetanei ma lui a me sembrava adulto per come ne sapeva di donne, di ragazze, di come ci si comporta in ogni situazione, senza vergogna né imbarazzo, sempre pronto a tutto, al contrario di me.
L’estate dei nostri 16 anni fu una vera bellezza.
Avevamo entrambi il motorino e giravamo dappertutto in piena libertà.
Ogni pomeriggio a fare il bagno al lago, tuffandoci dalle rocce. Lui a volte prendeva il sole nudo e se facevamo discorsi particolari si toccava a lungo e la mia presenza non lo disturbava.
La sera andavamo in paese a dar fastidio alle ragazze che però non sembravano così scocciate come sembrava ad un primo sguardo.
Ogni tanto, se mi distraevo, Pietro spariva e cercandolo con lo sguardo a volte lo vedevo che si infrattava in un angolo buio con una delle ragazze che lo trascinava via per mano.
Era muscoloso Pietro. Aveva smesso di andare a scuola e faceva il muratore con suo padre.
In un anno si era fatto uomo, mentre io ero ancora un ragazzino tutto pelle e ossa.
Quando tornava indietro i suoi occhi colore del ghiaccio brillavano, ci sedevamo da una parte e mi raccontava tutto.
Di come le aveva infilato la mano sotto la camicetta e stretto i capezzoli fino a farla gemere.
Di come l’aveva spinta contro il muro con il cazzo duro che le premeva addosso e di come sentiva che il respiro di lei diventata affrettato e ansioso facendoglielo diventare ancora più duro.
Dei baci con la lingua, inesperti e bollenti.
Della mano nelle mutandine, che accarezzavano il pelo morbido e poi più giù.
Me le faceva annusare quelle dita e a me sembrava di essere sull’orlo di un precipizio.
Di come aveva voglia di fare altro ma sapeva che lei non glielo avrebbe permesso.
Di come lei non voleva toccarglielo ma poi lo faceva e lui impazziva per l’eccitazione.
Di come lei scappava via ridendo con il viso tutto rosso e tornava dalle amiche a raccontare la sua impresa, così come lui faceva con me.
Tornava con il cazzo duro, che si vedeva sotto i jeans.
Dopo il racconto sfrecciavamo via in motorino a trovare un luogo appartato perché lui voleva masturbarsi, non ce la faceva a resistere in quelle condizioni.
Una di queste sere con i motorini arrivammo in una radura nel boschetto dietro al campo sportivo.
C’era una macchina parcheggiata e dentro due persone.
Non era del posto, aveva targa svizzera.
Scendemmo dai motorini.
Pietro si avvicinò, malgrado io gli dicessi che era pericoloso e che era meglio andare via.
Mi fece cenno di stare tranquillo e proseguì fino all’auto.
Io lo raggiunsi.
Dentro c’erano un uomo e una donna.
Lui aveva il cazzo fuori dai pantaloni e lei glielo stava massaggiando ma senza successo: era moscio e avvizzito. La donna era truccatissima. Pensai fosse una prostituta.
- "Ehi! Che guardate?!" – disse l’uomo.
- "Andiamocene!" - dissi io, ma Pietro non si mosse.
- "Mi sa che stasera non ti si rizza" – disse Pietro calmo all'uomo, come se lo conoscesse da sempre.
- "Mi sa che hai ragione ragazzo" – disse l’uomo - "Ma ora che ci siete voi forse potete darmi una mano. La mia signora stasera è infoiata e vorrei darle quello di cui ha bisogno, se no poi stanotte non dorme."
Non ho vergogna di ammettere che quella situazione mi terrorizzava.
Pietro mi guardò ed io scossi la testa.
- "Il mio amico guarda e basta. Ci penso io."
Si avvicinò al finestrino e si slacciò i pantaloni, mostrando con un certo orgoglio il suo cazzo bello eretto.
La donna si slacciò la camicetta e tirò fuori due tette da paura, alte e sode, sporgendole dal finestrino.
Rimpiango ancora adesso di non avere avuto il coraggio di toccarle.
Pietro ci infilò il suo cazzo in mezzo e lei cominciò a massaggiarglielo con le tette e ogni tanto gli dava una leccata con vera goduria, o almeno così sembrava.
Quando lo vidi scomparire completamente nella sua bocca l’eccitazione prese il posto della paura.
Ogni tanto Pietro le toccava la testa per farla rallentare.
Lei smetteva ed io vedevo il cazzo di pietro tutto impiastricciato di saliva e di rossetto, dritto e gonfio come un soldatino.
L’uomo era uscito dalla macchina e si era avvicinato per vedere tutto da vicino.
Continuava a massaggiarsi ottenendo un qualche risultato seppur minimo.
Continuava a parlare, a fare apprezzamenti sulla sua signora ma io non ne sentivo nemmeno una parola.
Le mie orecchie erano tutte per l’ansimare, le piccole frasi tra loro, lo schiocco della lingua e delle labbra sul cazzo, lo sfregare bagnato delle tette sull’asta, la colonna sonora di quello che vedevo insomma.
Non volevo masturbarmi come faceva l’uomo anche se lo desideravo. Mi vergognavo e mi sembrava un po' squallido. Lo feci poi nella tranquillità della mia camera ripercorrendo tutto quanto con la mente, istante per istante.
Ad un certo punto lei uscì dalla macchina e tirò fuori dalla tasca un preservativo.
- "Lo sai usare?"
- "In teoria"– disse Pietro ridendo.
Allora lei ruppe la bustina e glielo srotolò sopra con facilità.
Poi si mise a 90 gradi sul cofano. Aveva una minigonna scozzese e quando la sollevò vidi che non aveva le mutandine.
Mostrava un sedere bello grosso e sotto una fessura depilata, come quelle delle donne che guardavamo sui giornaletti porno che Pietro si procurava.
Non c’era bisogno di spiegare nulla.
Pietro si avvicinò e riuscì a trovare la porta del paradiso, una porta che sembrava non avere mai fine, così mi disse dopo.
Spinse piano, poi sempre più forte, assecondando i movimenti della donna, con le tette che dondolavano su e giù, e i suoi versi, esageratamente rumorosi.
Dopo non molto Pietro venne, emettendo una specie di ruggito sordo che mi fece rabbrividire.
Poi successe una cosa che non potevo capire, non allora almeno..
Lei prese il preservativo ei fece colare lo sperma di Pietro sul cazzo dell'uomo, poi prese a leccarglielo.
Questa volta reagiva eccome!
In men che non si dica si trasformò in un arnese di tutto rispetto.
Ci fece cenno di andarcene e mentre camminavamo verso i motorini ci girammo a guardarli.
La scopava nella stessa posizione in cui l’aveva fatto Pietro, schiaffeggiandole il sedere ad ogni colpo, mentre lei lo incitava sempre di più.
Ci guardammo e scoppiammo a ridere, poi inforcammo i motorini e via a casa.
Il giorno dopo ne parlammo fino allo sfinimento e per la prima volta, al lago, riuscìì a toccarmi davanti a Pietro.


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