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Io e la cugina matura (I)


di pollicino
26.05.2021    |    25.295    |    4 8.4
"Quando, poi, Barbara fu “cotta” a puntino, un po’ brilla ma non fino al punto del coma etilico, aiutato dalla mia diabolica consanguinea, la conducemmo..."
1. L’approccio e lo stupore.

Io e Giorgia eravamo ormai da tempo considerati una “coppia di fatto” stabile, con esperienza da vendere, e spesso venivamo consultati per risolvere situazioni complicate e al limite dell’impossibile…

Così, un giorno, mia sorella, parlando con una vecchia zia, venne a sapere che la figlia, una cugina alla lontana, non se la passava proprio bene, ma non economicamente, quanto piuttosto da un punto di vista delle relazioni con l’altro sesso.

La zia, che ormai sapeva tutto di noi e non era una che si scandalizzava, le domandò, quasi con il cuore in mano, di fare qualcosa per questa “ragazza”…
E Giorgia, pregustando nuove emozioni, non si fece pregare, anche perché quando c’era di mezzo il sesso, lei ci sguazzava alla grande!
Il problema era questo: Barbara (il soggetto in questione), pur avendo ormai 65 anni suonati, vuoi per mancanza di tempo, vuoi perché non era proprio ciò che si dice una bella donna, vuoi per il modo stravagante in cui vestiva, alla sua veneranda età era ancora vergine.

Ovviamente, la mia amata sorellina pensò subito alla cosa come a un’opportunità irrinunciabile, e la sera stessa, a letto, me ne parlò con dovizie di particolari:
- “Sai Marco, ti ricordi di Barbara, quella lontana cugina così strana’?”
- “Si, si, certo, anche se onestamente non l’ho molto ben presente…”.
- “Bene, oggi la zia Augusta mi ha telefonato molto preoccupata per lei, e mi ha chiesto di fare qualcosa… Ha 65 anni e non è ancora stata scopata da nessuno!”.
- “Accidenti!” – ho risposto io meravigliato “ma cosa possiamo fare noi?”.
Ma Giorgia, la mia “sex organizzation” personale stava già mettendosi in azione:
- “Beh, intanto possiamo invitarla una sera a cena, poi… da cosa nascerà cosa…”.

Sapevo che potevo fidarmi del cervellino vulcanico della mia maialotta, e così non insistetti oltre.
Fin tanto che Giorgia non venne da me, raggiante, e mi disse:
- “Bingo! La verginella ha accettato il nostro invito, e stasera sarà qui alle 19 per cena! Vatti a preparare, ti voglio in splendida forma, ci sarà molto da sudare!”.

La cosa si faceva sempre più interessante, così azzardai:
- “Ma, dopo cena, hai in mente qualcosa, vero Giorgia?”
E lei, lapidariamente:
- “Ma ti devo proprio spiegare tutto? La facciamo bere, e poi te la scopi!”.

Rimasi sorpreso… Perché aveva detto “te la scopi” e non come di solito “ce la scopiamo”?
Non chiesi più nulla, e così, finalmente, giungemmo all’ora prefissata.

Quando vidi Barbara per poco mi prese un colpo, e dubitai fortemente che così “addobbata” sarei riuscito a dare prova della mia virilità: infatti, aveva i capelli tagliati alla maschietta, sopra indossava un lunghissimo maglione di lana pesante che non lasciava nemmeno intuire le forme, mentre sotto aveva una gonna dello stesso tessuto che terminava in prossimità delle caviglie; per completare l’opera, calzava un paio di grossolani anfibi che avevano tutto tranne che di femminile…

Giorgia, dal canto suo, fu un’impeccabile padrona di casa… Mise Barbara a suo agio, la condusse in salotto a prendere un aperitivo e, sul più bello, ci lasciò da soli adducendo la scusa che doveva andare in cucina a preparare…

L’imbarazzo reciproco iniziale pian piano si sciolse, ma io non volevo restare da solo con la “ragazza”, così – dopo un po’ – la raggiunsi e le dissi:
- “Ma perché mi hai lasciato da solo? Se dobbiamo lavorarci quella tardona, lo dobbiamo fare insieme, io da solo non ce la faccio…”.
E mia sorella, di rimando:
- “Eh no, caro… io accenderò in lei l’appetito, poi dovrai vedertela da solo…”.
- “Cosaa???”, dissi io sgranando gli occhi e rischiando che Barbara mi sentisse.
Non era mai accaduto, infatti, che non condividessimo dall’inizio alla fine tutta l’intensità del piacere sessuale, di qualunque specie… Percui, Giorgia dovette chiarismi il suo piano:
- “Lei è vergine, non ha mai avuto un’esperienza sessuale, è giusto che conosca la bellezza del rapporto a due… Io, vi sarei di impaccio… Ma non temere, in qualche modo ci sarò…”.

Cenammo tutti e tre insieme, tra una battuta e l’altra, una birra e un bicchiere di buon vino.
Quando, poi, Barbara fu “cotta” a puntino, un po’ brilla ma non fino al punto del coma etilico, aiutato dalla mia diabolica consanguinea, la conducemmo lentamente in camera da letto. La facemmo accomodare sul ciglio del nostro talamo, e a quel punto Giorgia si ritirò richiudendosi la porta alle spalle.

Ero completamente solo, e per la prima volta non potevo contare sulla fantasia di Giorgia…
Mi decisi, e – porgendole la mano – feci capire a Barbara di alzarsi, le passai l’altro braccio dietro la schiena, e la baciai…
Fu alquanto difficoltoso farle dischiudere le labbra, ma – anche grazie alla sana inconsapevolezza che l’ebbrezza le aveva donato –, alla fine si lasciò andare… La mia lingua si fece largo, fino a congiungersi con la sua… La sfioravo con rapidi tocchi e poi mi ritiravo, finchè sentii la sua insinuarsi prepotentemente tra le mie labbra… La “ragazza”, si stava sciogliendo, e questo era un ottimo segno…

Dato sì che avevo la sua lingua nella mia bocca, iniziai a succhiargliela con passione, mentre le nostre mani erano impegnate in un abbraccio sempre più stretto… Era chiaro che tutta la sua voglia d’amore repressa per decenni, ora stava dilagando come un fiume in piena…

Fin qui, non mi aveva fermato in nessuna mia azione, e la sua saliva si stava rilevando un nettare afrodisiaco incredibile…

Decisi, allora, che era giunto il momento di osare di più…
Mentre continuavamo ad essere avvinghiati in quel bacio infinito, mi liberai la mano sinistra e – faticando a trovare l’entrata, tanto eravamo stretti l’uno all’altra – gliela infilai sotto il maglione, risalendolo poi dal basso in alto.
Ed ecco la prima sorpresa: al semplice tatto, percepii tutta la sua eccezionale magrezza, cosa che se per me risultava nuova (non avevo mai scopato una donna “pelle e ossa”), mi stava gradualmente eccitando da morire…
Sempre stando bocca a bocca, giunsi alla spalla, la scavallai e mi resi conto che lei mi stava aiutando a farsi spogliare…
Le feci poi fuoriuscire la testa, e l’altra manica se ne andò facilmente…

Finalmente, si iniziava a vedere qualcosa…
Smisi di baciarla, mi allontanai un poco per ammirarla: lei si irrigidì come se provasse vergogna… Le sorrisi, sfiorandole dolcemente il volto… Si tranquillizzò, e ricambiò il mio gesto con un piccolo impacciato sorriso…
Solo allora mi accorsi della estrema magrezza del collo, somigliante alle opere di Modigliani…

Non riuscivo ancora, però, ad avere chiara la situazione… Sotto quel maglione, infatti, c’era un’altra maglia, di intimo bianca… Niente di intravedeva, nemmeno il reggiseno o le forme delle tette che mi aspettavo di poter individuare…

Così, mentre lei era rigida come una statua di gesso (forse, l’effetto dell’alcool stava scemando), scesi più giù… Trovai un laccetto di tessuto, stretto alla sua vita sottile: lo allentai, e forzando leggermente l’elastico, calai la gonna fino ai suoi piedi…

Ma niente! Ancora non si vedeva un granchè… La maglia di intimo arrivava fino a metà coscia!
L’unica cosa chiara, fu invece un’ulteriore conferma di quanto fosse una vera “skinny”, quasi un palo vivente… E lei se ne accorse… Mi disse, con la voce ancora un po’ impastata e tono rassegnato:
- “Se non vuoi, non ti preoccupare, non sono certo Giorgia, io!”.
In quel preciso momento, il “favore che si doveva fare alla zia”, con cui avevo iniziato ad approcciarmi a Barbara, lasciò il posto a un sentimento di bene misto a desiderio.
Le risposi:
- “Barby, ognuno è fatto a modo suo…”.

Forse quelle mie parole ebbero l’effetto di rincuorarla, perché – nonostante l’assenza della gonna avesse messo in evidenza, tra l’altro, delle “calze da Pippicalzelunghe” che non suscitavano pensieri erotici nemmeno con tutta la buona volontà – di sua iniziativa mi attirò a se e mi baciò con passione.
Avvertivo tutta la sua inesperienza, ma in fondo (mi dissi tra me e me) era una donna pure lei!

Ora veniva il bello… Presi la maglia di intimo dal lembo inferiore, e molto cautamente – guardandola negli occhi – la sollevai come il sipario del teatro fino a fargliela uscire dal capo…

Altra meraviglia… sotto, c’era un reggiseno bianco di merletto… Si vedeva che era molto più grande del necessario, ma – riflettei – per la sua “dotazione” forse non era riuscita a trovare il giusto contenitore…
Vidi anche uno slip che forse sarebbe stato bene indosso a sua madre: alto da non credere, lasciava scoperte solo 4 dita di pelle sotto l’ombelico…

Nonostante ciò, l’eccitazione montava, e percepivo che anche in lei stava crescendo un analogo sentimento.

Non c’era da esitare oltre: mi avvicinai ancora di più… me la strinsi al petto (nel frattempo, io ero rimasto a torso nudo), e con la mano destra manovrai i gancetti del reggiseno… Grazie a Giorgia, ero pratico di queste cose, e riuscii a rimuoverlo senza intoppi…

Lo lasciammo cadere a terra come gli altri indumenti, e i miei occhi poterono finalmente contemplare le sue tette…
In realtà, c’era davvero poco, era sostanzialmente piatta, quasi come me, ma in compenso su quella pianura si innalzavano due capezzoli fantastici, che mi parvero già belli duri, circondati da piccole areole che appena si intravedevano…

Barby (avevo cominciato a chiamarla così, per metterla maggiormente a suo agio), si accorse della mia delusione (stavo passando dalla sesta misura di mia sorella alla prima di lei), e sottovoce – allargando sconsolata le braccia – disse:
- “E’ tutto quello che ho… Ecco perché gli uomini non mi vogliono…”.
Ma io, prontamente, le sussurrai nell’orecchio:
- “Sono sicuro che hai tante seducenti capacità, bisogna solo tirarle fuori”.

Mi sorrise di nuovo… Ormai era completamente sobria…
Senza darmi il tempo di compiere io quel gesto, si piegò in avanti e si sfilò quelle mutande che mi avevano tanto negativamente impressionato.
Lentamente, si risollevò, strinse le sue lunghe e gracili gambe, e allargò a croce le braccia…
Poi mi parlò di nuovo:
- “Ecco, ora puoi vedere come sono realmente”.

Percepii in lei un certo imbarazzo, dovuto non solo al fatto di non essere una super figa…
Capii cosa voleva comunicarmi, e velocemente mi denudai anch’io, assunsi la sua stessa posizione e dissi le sue stesse parole:
- “Ecco, ora puoi vedere come sono realmente”.

Ne fu sollevata; corse ad abbracciarmi forte… e il mio pene, che era già in discreta erezione, andò a schiantarsi contro il suo scarno ventre, che per la prima volta in vita sua ebbe questa esperienza.

Ci separammo quel tanto che bastava per farmi ammirare nel suo complesso quel corpo di donna matura: pesava non più di 35 kg., con denti storti e alito pesante.
Partendo dalla testa, aveva ascelle, gambe e areole dei capezzoli ricoperte da una peluria assai evidente; scapole e clavicole emergevano chiaramente da sotto la pelle, così come le costole (che si potevano contare una ad una, 7 su 10 per la precisione) e le vertebre dorsali che – evidenti al tatto – precipitavano giù verso un culetto stretto e secco.
L’ombelico era “aperto”, e grazie alla magrezza della pancia (che disegnava una vera depressione) risaltava anch’esso, come uno splendido tortellino…
I muscoli addominali, poi, iniziavano a non essere più perfettamente tonici, al punto da cadere verso il basso e formare un rotolino che si appoggiava in parte sul monte di venere, celato da una folta pelliccia nerissima e riccia.
Ecco: non avesse avuto altro, questo pelo per me era incredibilmente emozionante!
Un po’ più sù, le ossa del bacino impressionavano per quanto erano ampie, mentre sotto, ecco la fica: era evidente che fino a quel momento nulla vi era entrato, ne di naturale, ne di artificiale: infatti, le grandi labbra erano appena socchiuse, a realizzare uno scrigno perfetto per una inviolata intimità ancora più profonda…

Non resistetti al solo sguardo, e mi avvicinai… Mi inginocchiai quasi con sacralità, appoggiai pollice e indice sul taglio della fichetta, forzai leggermente, e potei verificare che l’imene era ancora lì, integro e resistente, mentre il clitoride giaceva nascosto dal piccolo cappuccio…

Terminai questa ispezione e – un po’ imbarazzato – le chiesi:
- “Adesso voltati, e piegati a pecorina…”.
Barby mi disse:
- “Scusami, ma non capisco… Cosa devo fare?”.
Era evidente che non conosceva quella posizione (tra l’altro la mia preferita con Giorgia)…
Allora la guidai – posando una mia mano sul fianco e l’altra a palmo aperto centralmente appena sopra il fondoschiena – a piegarsi in avanti, a 90 gradi… Le feci divaricare le gambe… Abbandonai la presa precedente, scesi più giù e afferrai le sue natiche come le due metà di una mela… Le allontanai l’una dall’altra, mettendo in vista uno sfintere scuro, che anch’esso non aveva sin qui mai avuto visite…

Infine, le esaminai i piedi… Forse, perché amo il footjob, un’altra mia ossessione sessuale...
Ebbene, erano enormi… Senza esagerare, un 45, sproporzionato per sorreggere quel corpicino così fragile che sembrava potersi spezzare da un momento all’altro…

2. Un esame più approfondito.

Eravamo totalmente nudi, l’uno di fronte all’altra. Frementi. Ma non volevo fare passi azzardati. Volevo che quella sua “prima volta” fosse da ricordare.

Così l’abbracciai nuovamente, e i nostri genitali andarono a sfiorarsi… Fu come una potente scarica elettrica, che fece sobbalzare entrambi…
Ricominciai ad accarezzarla su tutto il corpo, da sopra a sotto, da sotto a sopra… E più la toccavo e più sentivo il suo cuore battere a mille…

All’improvviso, percepii che qualcosa di caldo-umido scendeva lungo le mie cosce… Non era il mio precum, ne ero certo, dato che mi ero sempre saputo dominare… Guardai meglio, e vidi che il pelo della fica di Barby era letteralmente intriso di qualcosa che luccicava…
Capii che era venuta alla sola percezione del mio corpo a contatto con il suo…
Si accorse che io me ne ero accorto, e vergognosamente mi disse:
- “Scusa, che vergogna! Non sono riuscita a dominarmi…”.
Evidentemente, quella reazione che era semplicemente naturale, per lei era qualcosa da evitare…

Per l’ennesima volta, mi scostai da lei… La contemplai per un tempo che mi parve interminabile… Poi, prendendola per mano, la portai al centro del letto e la feci distendere…
Le sfiorai impercettibilmente il petto, esplorandolo per bene, e quindi le mie labbra si fagocitarono in un batti baleno quei capezzolini tanto agognati…
Con le labbra, cercai di misurarne la consistenza… Più li succhiavo, e più li sentivo turgidi… Erano sì sottili ma stavano diventando duri come l’acciaio… La guardai, lei mi sorrise, ed io le dissi:
- “Lo vedi che anche se piccoli stanno facendo bene il loro lavoro?”.
Pudica, abbassò lo sguardo, e allo stesso tempo, mettendomi una mano sulla nuca, mi tirò nuovamente a se guidandomi ancora su quei magnifici chiodini.
Già che ci stavo, allargai leggermente le labbra e accolsi dentro di me anche le piccole areole… Succhiando, tirai con delicatezza verso l’alto, così da far sollevare il suo petto…
Mentre suggevo un capezzolo, l’altro lo lavoravo con le mani… Lo tiravo, lo facevo roteare, lo schiacciavo all’interno…
E anche così quel particolare anatomico reagiva come doveva…

Nell’impegno che ci misi, quasi non mi accorsi che Barby stava furiosamente ansimando… Temetti che le scoppiasse il cuore in petto, ma lei – senza aprir bocca – mi fece segno di non fermarmi…

Adesso, però, volevo farle provare qualcosa di diverso… Continuando a stuzzicarle i capezzoli con una mano, scesi leggermente più in basso, e iniziai a far scorrere la lingua nell’infossatura – che era assai profonda – tra una costola e l’altra…
Ripetei questa operazione per tutte le costole che potevo vedere, dall’alto verso il basso, pennellando, con precisione e diligenza, tutta la sua gabbia toracica, bagnandola con la saliva, finchè non fui esausto e mi ritrovai con la bocca asciutta.
Le leccai anche le scapole sporgenti, senza tralasciare nessun dettaglio.

Quando smisi di leccare e incrociai il mio sguardo con il suo, notai in lei una chiara espressione estasiata, quasi al limite della perdita dei sensi per il gran godimento.

Questa volta nessuno dei due disse niente, era troppo bello e paradisiaco lo stato che avevamo raggiunto che bastava un nonnulla per spezzare quel fragile incantesimo…

Era troppo bello non andare fino in fondo a questa esperienza, cosicchè la voltai a pancia sotto, con il chiaro intento di dedicarmi alle vertebre…
Lei non si oppose, ed io iniziai a leccargliele e a tastarle con i polpastrelli, una dopo l’altra, dedicandomi anche alla parte retrostante della gabbia toracica.

Senza che le dicessi nulla, si voltò di nuovo… e mi resi conto che desiderava ardentemente che scendessi più giù…
Nonostante io ormai avessi una certa esperienza in cose di sesso e lei fosse ancor prima dell’inizio, vedevo che l’istinto di femmina non le mancava…
Mi indicò quella vasta cavità al centro della quale c’era l’ombelico, un magnifico tortello di carne e pelle che risaltava stupendamente…

Ci versai dentro un bel po’ di saliva, e poi – usando la lingua come un pennello –, la stesi per tutto il denutrito ventre…
Una pressione della lingua appena più forte del necessario, sarebbe bastata a mettere in evidenza la cavità addominale, circoscritta dalle ossa del bacino che sembravano una radiografia, e da una profonda cicatrice che mi incuriosì non poco… Ma sorvolai…
Cercai di dominare le mie spinte emotive, ma alla fine cedetti al desiderio di tastarle a piene mani la zona di utero e ovaie: sentii tutto molto chiaramente, ma allo stesso tempo percepii in lei qualcosa di indefinibile, quasi un senso di amarezza … Temetti di averle fatto male, mi bloccai immediatamente e le dissi:
- “Scusami, non volevo…”.
Barby si sollevò un istante sui gomiti… Aveva calde lacrime che copiose le solcavano gli occhi…
Dopo avermi fissato per pochi secondi che a me parvero invece ore, mi rivelò la triste realtà che aveva custodita da sola per anni:
- “Vedi questa cicatrice, che aumenta ancora di più la mia deformità? E’ il segno che non sarei mai potuto essere madre…”.
Senza il bisogno di altre parole, capii il senso di questa affermazione, e non domandai più altro… Mi chinai invece all’altezza di quel segno, e lo baciai… esplicitando così tutta la “con-passione” per il dramma che quella donna si portava dentro.
Volli comunque proseguire quel “viaggio” infinito sulle strade del suo corpo, e mi approssimai al boschetto.
Ero lì con il compito di istruirla nell’arte del piacere, ma ero pur sempre un uomo, un maschio! E la mia passione dichiarata era proprio la fica pelosa…

Qui, veniva il difficile… Dovevo farla sentire “femmina”, dedicarmi a lei, pensare più a lei che non a me…

Le allargai le gambe… e mi sistemai comodamente là in mezzo. Si rese conto che eravamo giunti al punto cruciale, e mi ricordò che era completamente vergine, di fare piano, e che non si era mai nemmeno masturbata…
Non me lo ero dimenticato, anzi!, e siccome non volevo sverginarla con le mani, le chiesi di fare un respiro profondo e di rilassarsi più che poteva…
Iniziai, con santa pazienza, a leccarle la fica partendo dal boschetto sul monte di venere e dalle grandi labbra, con “tirate” lunghe e morbide, aumentando il ritmo mano a mano che la sentivo bagnarsi sempre di più.
Era fradicia, e cominciava a dilatarsi, mettendo a vista le piccole labbra rosso fuoco…
A quel punto, senza staccarmi dalla sua meravigliosa patata, mi spostai a scoprirle il clitoride, lo succhiai delicatamente, il che le fece completamente perdere il controllo di se stessa. Mi fece capire – con dei gemiti soffocati – che andava bene così, e mi disse, con un linguaggio che non le era mai stato proprio:
- “Fottimi, sono la tua vacca da monta!”.
Intanto, continuavo a giocare con le dita sulla pancia, dentro il tortellino… ma quelle parole mi stuzzicarono lo fantasia, e decisi di darle un piacere che certamente non aveva mia provato, ma non ancora quello che sperava…

Staccai la bocca dal mio “pasto lussurioso”, risalii tutto il suo corpo e le mormorai piano, all’orecchio:
- “Barby, ora devi rilassarti… vai a fare pipì”.
Lei mi guardò strano, con uno sguardo come per dire: “ma come? Proprio adesso che stavo godendo e che stavamo arrivando al momento clou?”.
Aggiunsi:
- “Fidati, ho in mente per te un regalo speciale…”.
Si alzò dal letto e – nuda com’era – andò in bagno… Non fece in tempo a raggiungere la porta della stanza che la bloccai dicendole:
- “E mi raccomando, non lavarla troppo, amo sentire in bocca il sapore di micetta appena usata…”.

Mentre lei era in bagno a fare quanto da me richiesto, si affacciò sulla porta della stanza Giorgia… Erano già trascorse un paio d’ore, ed era curiosa ed eccitatissima:
- “Beh, come si sta comportando la cagnetta vergine? L’hai già aperta?”.
Mi fece un veloce pompino, e io con un sorrisino ironico le dissi:
- “No, non ancora… Voglio prima vedere come e se squirta… Stasera, però, uscirà da qui ancora illibata… Poi ti spiego cosa ho in mente… Ah, stai tranquilla, che non ti perdi nulla, ho attivato la telecamera a circuito chiuso…”.
Nel frattempo, si sentì dal bagno scorrere l’acqua, e Giorgia corse via per non farsi trovare lì con me…

Barby fece nuovamente il suo ingresso, e prima che tornasse a sdraiarsi al mio fianco, le misi due dita tra le labbra della vagina e me le portai in bocca: aveva un forte sapore di urina, esattamente come da me comandato!

La accolsi sul letto, e le mostrai uno “strano” oggetto somigliante ad uno spazzolino da denti con testa rotante… Lo guardò, stava per aprir bocca quando io la bloccai dicendo:
- “No, non domandare nulla, seguimi passo passo e vedrai…”.

Da brava “bimba” obbedì, si mise comoda e riassunse la posizione che aveva pochi minuti prima…
Purtroppo o per fortuna (mia), dovetti ricominciare da capo tutte le procedure di stimolazione manuale, le aprii le piccole labbra, strofinai con movimenti veloci la zona in su e in giù, ed appoggiai poco sopra il grilletto la punta del vibratore…
Guardai in volto Barby, che stando ad occhi chiusi si godeva tutto questo, ed accesi l’interruttore…
Mentre ripresi a titillarle i capezzoli e continuai a muovere il vibratore in prossimità del suo centro del piacere, udii un primo mugolio, poi un altro, poi un altro ancora, sempre più forte…

Barby iniziò a tremare tutta, come se avesse un gran freddo, e piano piano la sua passera iniziò a “sputacchiare” un liquido che poteva sembrare pipì ma non lo era affatto…
Velocemente, accostai le labbra a quel ruscelletto, perché non volevo perdermene nemmeno una goccia…
Esausti, ci accasciammo come dei pupazzi di pezza… e solo dopo un po’ riaprimmo gli occhi all’unisono, ci guardammo e lei vergognandosi mi disse:
- “Scusami, mi è scappata…”.
Io ero al settimo cielo…
- “Tranquilla, non è pipì (per quanto io adori il pissing), ma il segno del tuo grande godimento!”.
La baciai in bocca, cosicchè sentisse il suo intimo sapore… Poi, rimasi li a contemplarla e le dissi:
- “Sei bellissima tutta nuda, è un peccato ricoprire questo corpicino con degli inutili vestiti…”.
Rimasi pochi istanti a riflettere, e poi continuai:
- “So cosa ti aspetti ora… ma è tardi, e voglio che ci prendiamo tutto il tempo necessario… Intanto, hai conosciuto meglio il tuo corpo… Sai che ti dico? Stanotte resterai qui, ospite da noi… e domani andremo a fare spese!”.

Accettò tutto quanto, senza voler sapere altro… Ormai era in mio possesso…



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