Racconti Erotici > Gay & Bisex > "Lezioni proibite" 1
Gay & Bisex

"Lezioni proibite" 1


di SERSEX
21.04.2025    |    6    |    0 8.0
"Lo disse così, con una voce calda, quasi sfacciata..."
Bologna, ottobre del 1988.
L’aria sapeva ancora di sole, anche se le foglie cadevano pigre lungo via Zamboni. Giò camminava svelto verso la Facoltà di Lettere, il cuore pieno di voglia di scoprire, di vivere, e qualcosa di più che ancora non sapeva spiegare. Aveva diciott’anni appena, ma si sentiva già un uomo. O quasi. Bello, magnetico, con quella timidezza spavalda che lo rendeva irresistibile anche quando cercava di passare inosservato.

Il professor Marco De Santis entrò in aula con la solita eleganza disinvolta. Aveva quarant’anni e sembrava uscito da un film francese: giacca di velluto marrone, camicia bianca aperta sul collo, capelli leggermente ondulati e uno sguardo che ti spogliava, anche quando parlava di Hegel. O forse soprattutto.

Giò lo vide per la prima volta quel giorno, e qualcosa dentro di lui si mosse. Come un sussulto, un brivido che non c’entrava niente con la filosofia, o forse sì. Era come se tutto il resto sfumasse: la lavagna, gli appunti, la voce degli altri studenti. Rimase immobile, con gli occhi puntati su di lui, a divorarlo in silenzio.

Il professore parlava, ma ogni tanto lo guardava. Non un semplice sguardo da docente. No. Uno di quelli che durano mezzo secondo in più. Uno di quelli che ti fanno domandare se sei solo uno studente tra tanti… o qualcosa di più.

Giò cominciò a sedersi sempre in prima fila. A volte prendeva appunti, altre volte si limitava a fissarlo. E quando il prof lo chiamava per nome – “Baraccani… dica lei” – Giò sentiva un bruciore dolce sotto la pelle. Voleva piacergli. Voleva sapere tutto di lui.

Dopo una lezione, Marco lo fermò nel corridoio:
— Sei di Bologna?
— No. Appena arrivato. Primo anno. — rispose Giò, con un mezzo sorriso e un’ombra di malizia nello sguardo.
— Si vede che hai fame di conoscere.
— Di più cose di quante lei possa immaginare.

Lo disse così, con una voce calda, quasi sfacciata. E Marco abbassò lo sguardo un secondo, poi sorrise. Quell'attimo bastò.
Da quel giorno, ogni incontro sembrava casuale… ma non lo era mai.


Era una mattina fredda e limpida, quando Marco annunciò alla classe una conferenza di tre giorni a Urbino. “Chi vuole partecipare, si iscriva entro venerdì. Trasferimento in treno, spese a carico dell’università. Filosofia moderna e paesaggi mozzafiato.”
Giò non ci pensò nemmeno un secondo. Era già dentro. Ma lo fece sembrare casuale, come sempre.

Il treno partì il lunedì mattina. Lui e Marco si trovarono seduti uno di fronte all’altro. Scelta del destino? No. Giò si era informato. Non aveva lasciato niente al caso.

Durante il viaggio parlarono di libri, di musica, del tempo. Ma sotto ogni parola c’era qualcos’altro: un gioco sottile di sguardi, pause, respiri trattenuti.
A un certo punto, Marco si sporse per mostrargli una nota su un libro che aveva in mano. La sua mano sfiorò quella di Giò. Un contatto minimo, ma bastò per accendere la corrente. Giò trattenne il respiro. Marco alzò gli occhi e lo guardò. Per un istante lunghissimo.
Poi ritrasse la mano. E tornò al libro, come se niente fosse. Ma niente era più come prima.

Alloggiarono in un piccolo albergo del centro storico. Camere singole, certo. Ma a Giò bastò sentire che la stanza di Marco era proprio accanto alla sua.

Quella sera, dopo la conferenza, uscirono in gruppo per una cena in osteria. Vino, risate, luci calde sulle facce accaldate. A un certo punto, Marco si avvicinò a lui con un bicchiere in mano.
— Hai uno sguardo pericoloso, Baraccani.
Giò sorrise.
— E lei ha una voce che fa venire voglia di peccare.
Marco lo fissò. Il suo volto si fece più serio.
— Non dire certe cose, Giò.
— Perché?
— Perché potrei crederti.
— Forse è quello che voglio.

Silenzio. Solo il rumore delle forchette e del vino che scorreva nei bicchieri.

Più tardi, nella penombra del corridoio dell’hotel, si incrociarono davanti alle porte delle camere. Marco si fermò, la chiave in mano.
— Buonanotte, Giò.
— Notte, professore.

Giò entrò nella sua stanza. Ma non chiuse la porta del tutto.

Un minuto dopo, la porta si aprì lentamente. Marco era lì. Gli occhi brillavano. Respirava piano.
— Sei sicuro?
Giò fece un passo indietro.
— No. Ma ti voglio lo stesso.

E in quell’istante, tutto esplose.

Marco lo spinse contro la parete con dolcezza, ma senza esitazioni. Le mani forti, il corpo caldo, la bocca che cercava la sua. Si baciarono con fame, con furia. Le mani di Marco lo esplorarono ovunque, come se volesse imparare Giò a memoria.

Giò gemette piano, il corpo teso come una corda. Era la sua prima volta con un uomo, eppure sembrava che tutto in lui fosse nato per quello.
Marco lo prese per la nuca, lo baciò sul collo, poi sul petto, poi sempre più giù…
E Giò si abbandonò, finalmente. Come se fosse tornato a casa, come se non avesse fatto altro che aspettarlo. Marco lo guardava come se fosse un miraggio che si stava per infrangere, ma che doveva assolutamente toccare.
— Sei così bello… — sussurrò.
Le sue mani si posarono sui fianchi di Giò e scivolarono sotto il maglione, sollevandolo piano, sfiorando la pelle calda del ventre, salendo sul petto. Le dita lo accarezzarono come se volessero disegnarlo.

Giò tremava, ma non di paura. Aveva atteso quel momento senza nemmeno saperlo. Aveva sognato quelle mani, quella bocca… e adesso erano lì, su di lui.

Marco lo baciò. Ma non fu un bacio casto. Fu un morso, una presa. Le lingue si cercarono, si afferrarono, si strinsero. Il corpo del professore era caldo, muscoloso, deciso. E il suo desiderio… incontenibile.

Lo sollevò con forza e lo portò fino al letto, lasciandolo cadere piano tra le lenzuola. Poi si tolse la giacca, la camicia, rivelando un torace perfetto, leggermente coperto da peli scuri, con la pelle tesa sul petto ampio e forte.
Giò lo guardava come ipnotizzato.
— Toccami — disse.
E Marco lo fece. Lo accarezzò ovunque, lentamente. Gli baciò la pancia, le cosce, le ginocchia, salendo e scendendo, fino a trovarsi tra le sue gambe, tra i suoi sospiri.

La lingua del professore si fece strada tra le pieghe del piacere. Giò si inarcò, gli occhi chiusi, le mani tra i capelli di lui.
— Dio… Marco…
— Dimmi cosa vuoi.
— Te. Dentro. Tutto.

Marco si fece sopra di lui, lo guardò con uno sguardo carico di fuoco e dolcezza.
— Sei sicuro?
Giò annuì. Lo voleva. Lo desiderava con tutta l’anima e tutto il corpo.

Fu dolce. E potente. Marco entrò in lui con lentezza, guidato dal respiro e dal battito. Il corpo di Giò lo accolse come se l’avesse aspettato da sempre. Un gemito spezzò il silenzio, poi un altro. E poi fu solo ritmo, sudore, carne contro carne, mani che stringevano, bocche che si cercavano, parole sussurrate all’orecchio.
— Sei mio.
— Non fermarti.
— Mai.

Fecero l’amore a lungo, in tutte le forme del desiderio. Prima con dolcezza, poi con furia, poi ancora con abbandono. Non era solo sesso. Era fame, scoperta, confessione.

Alla fine rimasero lì, nudi, abbracciati. Il petto di Marco che si sollevava piano, la testa di Giò posata sulla sua spalla.
Fuori, Urbino dormiva. Ma dentro quella stanza, qualcosa si era acceso per sempre.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 8.0
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per "Lezioni proibite" 1:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni