Gay & Bisex
“Solo un’Estate” -Parte 1

20.04.2025 |
527 |
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"Ti ha guardato a lungo, come se volesse impararti a memoria..."
CAMPANIA, estate 2023Il tramonto incendiava la superficie del mare come una lama d’oro liquido. Camminavi lungo la battigia, con i pantaloni arrotolati e i piedi nudi nella sabbia tiepida. Avevi scelto quel tratto di costa per stare solo, per respirare lontano da tutto. Ma non sapevi che qualcosa — o qualcuno — ti stava aspettando.
Lo hai notato subito, lì, appoggiato a uno scoglio con una birra in mano. Lo sguardo perso all’orizzonte, il profilo scolpito nella luce rossa del crepuscolo. Sembrava un miraggio. Ma poi si è voltato verso di te. E in quegli occhi scuri, profondi, c’era qualcosa di inspiegabile: come se ti conoscesse. Come se ti ricordasse.
“Ci conosciamo?” hai chiesto, un po’ troppo diretto, quasi sfidandolo.
Lui ha sorriso, abbassando appena lo sguardo. “No. O forse sì. Non so… è strano, è come se ti avessi già sognato.”
Una frase da film. Eppure ti ha colpito come un pugno al petto.
Il suo nome era Andrea. Milanese, trentanove anni, sposato con una donna, un figlio. “Sono qui da solo per qualche giorno. Una pausa.” Lo ha detto senza difese, come se ti stesse confessando un segreto.
Tu hai capito subito: c’era qualcosa in lui che si teneva nascosto, e quel qualcosa ti attirava più della sua bocca perfetta o delle vene che gli disegnavano le braccia abbronzate.
La prima sera non è successo nulla. Solo parole. Una passeggiata notturna, sigarette condivise, una strana complicità nata troppo in fretta. Ma la tensione era lì, sotto pelle, come elettricità prima del temporale.
La notte seguente.
Il suo sguardo era diverso. Più affamato. Ti ha invitato a casa sua — una piccola villetta in affitto, a pochi passi dalla spiaggia. Quando ha chiuso la porta dietro di voi, per un istante siete rimasti in silenzio. Poi lui ha fatto un passo avanti, ti ha guardato con una rabbia dolce negli occhi e ti ha baciato.
Il primo bacio è stato un terremoto. Non timido, non esitante — ma pieno, carnale, disperato. Ti ha preso il viso tra le mani, ti ha spinto contro la parete e ti ha baciato come se non ci fosse domani.
Le sue mani tremavano mentre ti toglieva la maglietta. Ti ha guardato a lungo, come se volesse impararti a memoria. “Dio, quanto ti desidero,” ha sussurrato, e il suo respiro caldo ti ha sfiorato il collo.
Quando sei scivolato in ginocchio davanti a lui, l’hai fatto con lentezza, con desiderio e rispetto. Hai sbottonato i pantaloni e l’hai liberato, sentendo il peso del suo desiderio tra le mani. Era già duro, e palpitava nella tua bocca come una cosa viva. I suoi gemiti erano bassi, trattenuti, ma reali — e quando ha intrecciato le dita nei tuoi capelli, ti sei sentito voluto. Non solo usato, non solo cercato. Voluto.
Poi è stato il suo turno.
Ti ha portato a letto, stendendoti con una dolcezza feroce. Le sue labbra hanno percorso ogni centimetro del tuo corpo: il petto, il ventre, l’interno coscia. La sua lingua era esperta, lenta, attenta. Quando ti ha preso, lo ha fatto con una dolcezza quasi irreale. Ti ha tenuto stretto, i suoi occhi nei tuoi, mentre spingeva dentro di te lentamente, profondamente.
Ogni movimento era una preghiera. Ogni sussurro, una confessione.
“Siamo sbagliati,” ha detto, mentre il sudore gli colava lungo la schiena, “ma con te mi sento giusto.”
L’alba.
Eravate nudi, abbracciati nel letto sfatto. Il profumo del mare entrava dalla finestra, insieme alla consapevolezza che sarebbe finita lì.
“Non posso prometterti niente,” ha detto. “Io… ho una vita. Ma con te… ho sentito qualcosa che credevo morto.”
Tu hai annuito. E gli hai sorriso. “Non voglio promesse. Solo che non mi dimentichi.”
Lui ti ha guardato, con gli occhi lucidi. “Come potrei?”
E poi ti ha baciato, un bacio lento, lunghissimo, che sapeva di mare e malinconia.
Notte fonda. Ultima volta.
Non ci sono più parole. Solo silenzi pesanti, carichi di quello che entrambi sapete ma nessuno osa dire. Andrea ti guarda come se volesse inciderti nella memoria. Si avvicina e ti prende il volto con forza, quasi con rabbia. Il bacio stavolta è feroce, urgente. Ti sbatte contro il muro, ti apre le gambe con le sue ginocchia e ti toglie i vestiti come se non avesse più tempo.
Ti morde il collo, le spalle, ti lascia segni, lo fa apposta. Ti vuole marchiare, lasciare una traccia. Ti prende in braccio e ti porta sul letto senza dire una parola. Ti tiene fermo, ti guarda negli occhi mentre ti lecca l’interno coscia, mentre ti sfiora appena il buco con la lingua. Poi ci affonda, e tu gemi, afferri le lenzuola, ti mordi la mano per non gridare.
“Sei mio adesso,” dice, la voce rotta, mentre ti prepara con le dita lente, precise. “Non domani, non dopo. Adesso.”
Quando entra dentro di te, lo fa tutto in un colpo, con un grido trattenuto. Lo senti profondo, caldo, duro. Ti spinge forte, ritmato, senza pietà. Tiene le mani sui tuoi fianchi, ti guida a sé, più forte, più dentro. Ti guarda mentre ti scopa, occhi negli occhi, e tu non riesci a distogliere lo sguardo.
Ogni spinta è una lama. Ogni gemito un addio.
Ti gira e ti prende da dietro, il petto contro la tua schiena, una mano sotto per accarezzarti il cazzo, l’altra che ti stringe i fianchi con violenza. Il letto sbatte contro il muro, la stanza si riempie del suono dei corpi, del respiro rotto, dell’odore acre del sesso.
“Voglio venire dentro di te,” sussurra. “Lasciarti qualcosa. Anche se domani sarò lontano.”
E tu, con un filo di voce, ansimando: “Fallo. Vieni. Resta.”
Quando esplode dentro di te, urla il tuo nome. E subito dopo tu vieni tra le sue mani, con un tremito che ti scuote tutto.
Restate fermi. Sudati. Stretti. Respirando insieme come un solo corpo.
Epilogo.
Due giorni dopo, Andrea è partito. Nessun messaggio. Nessuna promessa. Solo una foto, inviata alle tre di notte: la spiaggia, la stessa di quell’incontro. Nessuna parola. Solo quell’immagine.
E poi, il silenzio.
Tu sai perché. Sai che ha fatto la sua scelta. Una vita già scritta. Una moglie, un figlio. E un amore, il tuo, che doveva restare chiuso in quella parentesi perfetta. Quell’estate.
Lo sogni, a volte. Senti il suo odore tra le lenzuola. Lo cerchi in altri uomini, in altri corpi, ma nessuno ha i suoi occhi. Nessuno ti scopa con quella fame.
Hai capito che ci sono amori che non devono essere vissuti per restare eterni.
E lui… lui resta lì, dentro di te. Come una cicatrice che brucia quando cambia il tempo. Come un’estate che non finisce mai.
Telefonata. 19 aprile 2024.
Eri appena rientrato. La luce del tardo pomeriggio filtrava tiepida tra le tapparelle. Avevi tolto le scarpe, buttato lo zaino a terra, pronto a sprofondare nel solito vuoto del fine settimana… quando il telefono ha squillato.
Numero sconosciuto.
Hai esitato. Poi hai risposto.
«Pronto?»
Silenzio per un attimo. E poi… quella voce.
«Giò… sono io.»
Hai sentito un brivido gelido scorrerti lungo la schiena. Il cuore ha saltato un battito. Era lui. Andrea.
«Ciao…» hai risposto con un filo di voce.
Dall’altro lato, un respiro spezzato. Poi parole spezzate, cariche di esitazione:
«Non so perché ti sto chiamando. Cioè, sì… lo so. Ti penso da mesi. Non riesco più a toglierti dalla testa. Quell’estate… tu… io… ho fatto finta di dimenticare, ma non ci riesco.»
Ti sei seduto sul divano come se le gambe non reggessero più.
«Perché adesso?» hai chiesto, piano.
Andrea è rimasto in silenzio. Poi:
«Non lo so. Forse perché ho capito che… sto vivendo una vita che non mi appartiene più.»
Silenzio.
«Non voglio farti false promesse,» ha aggiunto. «Sono ancora sposato. Ho ancora le mie catene. Ma sento che sto affondando. E tu sei stato… l’unico respiro vero.»
Quelle parole ti hanno scaldato e tagliato insieme. Come se l’anima non sapesse se sciogliersi o fuggire.
«Mi stai cercando davvero, Andrea? O ti serve solo un’illusione per restare dove sei senza impazzire?»
Lui ha trattenuto il fiato. Poi, con voce rotta:
«Non lo so, Giò. Ma so che, se chiudi questa porta… non troverò mai il coraggio di aprirne un’altra.»
E tu sei rimasto lì, con il telefono all’orecchio e il cuore che batteva come quella prima notte in riva al mare.
Speranza o illusione?
Non lo sai. Non ancora. Ma stavolta, almeno… la scelta è tua.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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