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"Sotto le Torri" – Parte 1


di SERSEX
20.04.2025    |    299    |    0 9.2
"Giò gemeva piano, poi più forte, mentre il suo bacino si muoveva a ritmo lento contro quella bocca che sapeva troppo bene come renderlo debole..."
Era una sera d’aprile a Bologna, l’aria ancora un po’ pungente ma già satura di desideri primaverili. Le strade del centro erano umide di pioggia leggera e Giò camminava lungo via San Vitale con la giacca sbottonata e il cuore che batteva più veloce del solito. Stava andando da Claude.

Claude era arrivato a Bologna qualche anno prima, con quell’accento francese che sapeva di vino e sigarette, e occhi talmente chiari da far male. Si erano conosciuti all’università, poi persi e ritrovati anni dopo, e da allora ogni incontro era diventato una scusa per accendersi. Non c'era mai stato un'etichetta tra loro, solo un continuo gioco di corpi, di sguardi, e notti che finivano sempre troppo in fretta.

Quella sera, Claude aveva detto solo:
«Vieni. Ho voglia di te. E non solo per parlare.»

Giò salì le scale del vecchio palazzo in via delle Moline, il cuore in gola. Quando Claude aprì la porta, era scalzo, jeans strappati e una camicia sbottonata che lasciava intravedere il petto leggermente sudato. La luce calda dell’appartamento giocava con le ombre sul suo corpo.

Non si dissero nulla. Le bocche si cercarono subito, affamate. Il bacio fu lento solo per i primi secondi, poi diventò una battaglia di lingue, denti, mani che esploravano sotto i vestiti. Giò lo spinse contro il muro dell’ingresso, mentre Claude gli apriva la camicia con forza, strappando un bottone.

Claude lo guardò con un sorriso sporco:
«Oggi voglio sentirti tremare.»

Lo trascinò in camera, lo buttò sul letto senza smettere di baciarlo, le mani già sul suo petto, sui fianchi, tra le gambe. Giò gemeva appena, eccitato dalla tensione che saliva veloce. Si scambiarono le posizioni con naturalezza, con quella confidenza nata da notti condivise, dove il desiderio non aveva bisogno di parole.

Claude si inginocchiò ai piedi del letto, tirando giù i jeans di Giò, baciandolo attraverso i boxer, sentendolo indurirsi sotto le labbra. Gli occhi di Giò si chiusero mentre un brivido gli attraversava la schiena.

«Spalanca le gambe, mon amour… voglio assaggiarti tutto.»

Con la lingua, Claude tracciò una linea lenta lungo l’interno coscia, fermandosi appena prima di toccare il centro pulsante del piacere. Giò ansimò, si alzò leggermente su un gomito per guardarlo, i capelli spettinati e gli occhi già pieni di voglia.

Quando finalmente Claude lo prese in bocca, lo fece con maestria, con fame, con rispetto e malizia. Le labbra strette, la lingua che giocava, le mani che afferravano i fianchi. Giò gemeva piano, poi più forte, mentre il suo bacino si muoveva a ritmo lento contro quella bocca che sapeva troppo bene come renderlo debole.

Quando fu il momento di cambiare, Giò lo tirò su, lo baciò con foga, e poi gli sussurrò contro la bocca:

«Adesso tocca a me farti gemere.»
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