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Gay & Bisex

Come ogni notte 2-The Official Sequel


di ArchieCooper
11.02.2023    |    5.596    |    8 7.2
"“E tu non vieni?” gli domandai..."
Ieri nostro fliglio ha compiuto due anni.
Dopo quella sera non si è più replicato nulla con Stefano, almeno fino a due giorni fa. Chiaramente da quella volta le cose non sono mai tornate come prima. Lui non è più tornato a cena da noi, a lavoro c’era un po’ di imbarazzo, fino a non parlarsi più. E poi è sparito. Si è licenziato da un giorno all’altro, senza salutare. Ho provato a chiamarlo, gli ho scritto tanto per sapere che fine avesse fatto, ma non mi ha mai risposto.
Poi sono diventato padre e da quel giorno Stefano sparì per sempre dalla mia testa. Le mie ansie sulla paternità si rivelarono tutte infondate. Fui felice dal primo momento che lo vidi. Clara conto ogni aspettativa era diventata praticamente intrattabile. Non so se fosse una depressione post-parto, ma era diventata aggressiva, cinica, sempre scocciata. Un paio di volte, quando andava con la sorella dai loro genitori ero andato in un cruising. La prima volta mi ero scopato due uomini grandi il doppio di me in una notte. La seconda volta feci l’amore per tutta la notte con un francesino. A lui feci la mia prima e unica pompa. Mi è piaciuto il sapore dello sperma. Mi è piaciuto trovarmi con la sborra che mi colava dall’angolo della bocca. Il senso di colpa però mi devastava e soprattutto non avevo più provato quel senso di protezione fraterna che mi aveva dato Stefano, nè avevo più sentito un’animalità così forte come quella volta che lui mi aveva fatto perdere la testa.
Mi si presentò davanti il giorno dello scarico merci. Fu come se apparisse un fantasma. Rimasi a bocca aperta nel vederlo. Il suo abbigliamento era più maturo, indossava una bella giacca sportiva blu e dei jeans. Si era tagliato un po’ i capelli. Tanta la sorpresa, non mi feci subito domande sul suo occhio pesto.
“Bella Gianlù, come stai?”
Lo andai ad abbracciare. Ero così felice di rivedere il mio vecchio amico.
A pausa pranzammo insieme. Gli feci vedere le foto del pupo, chiacchierammo del più e del meno. Lui mi raccontò che lavorava in macelleria dallo zio adesso. Il cugino si era trasferito in Svizzera con la moglie e si era liberato un posto. Ero veramente contento.
“E all’occhio? Che ti sei fatto?”
Fece un sorriso furbetto, cercando di nasconderselo con una mano.
“Eh, sò disavventure Gianlù!”
“Ma ti hanno menato?”
“No, no. È stata una cosa a letto.”
“Ah.”
Qui mi ammutolii. Non sapevo come continuare. Fino a quel momento era stato un pranzo con Stefano, il vecchio collega e amico, la parte in cui avevo avuto modo di conoscerlo sessualmente era in qualche modo stata omessa dal contesto.
Si accorse del mio imbarazzo, quindi prese a parlare a bassa voce.
“Gianlù, me dispiace se se semo allontanati e non t’ho mai risposto. Però stavi a diventà padre, quella sera non c’abbiamo capito niente di quello che è successo. Non te volevo creà disagi.”
“Certo... E allora perchè sei voluto passà? Solo pe’ farme un saluto?”
“Sì, te volevo salutà, mica sto a fa niente di male.”
Rimanemmo di nuovo in silenzio, non sapevamo come continuare. Adesso era in imbarazzo pure lui.
Trovò lui il coraggio di riaprire bocca per primo. “Me sei mancato tanto Gianlù.”
Ci guardammo negli occhi per un altro po’ in silenzio.
“Anche te” sussurrai. Avevo pensato di dirlo a voce bassa, ma i suoni mi si erano quasi bloccati in gola. Mi fece male alla gola dirlo.
“Ah, sì?” e sorridendo, ma con gli occhi spaventati prese ad arricciarsi i capelli con le dita. “Te va de vede’ casa mia dopo il lavoro?”
Mi accorsi che avevo preso a giochicchiare in maniera nervosa con uno stuzzicadenti. Da quanto tempo?
“Mi spiace Ste. Clara mi aspetta per cena.”
“Ok... E domani?”
“Famme organizzà. Ti chiamo io.”
E arrivò il venerdì sera della partenza di Clara per il paese dei suoi. Io li avrei raggiunti domenica per il compleanno di nostro figlio.
Chiamai Stefano e mi feci dare il suo indirizzo. Dopo il lavoro presi l’autobus per raggiungere casa sua. Era già buio.
Mi aprì la porta in pantaloncini e canotta. La luce dentro l’appartamento era soffusa.
Entrato in casa rimanemmo uno in piedi davanti all’altro. Lui mi fissava, io mi guardavo le scarpe con le mani ficcate nelle tasche dei jeans. Mi batteva fortissimo il cuore.
Si allungò verso di me e mi sfilò il giubbotto di pelle. Lo guardai negli occhi. Con i suoi fissi nei miei mi allungò una mano sul pacco e prese a massaggiarmelo. Mi attrasse verso di sè e ci scambiammo un bacio sulla bocca. Lento. Nello stesso momento le nostre lingue entrarono ognuna nella bocca dell’altro e fu allora che con delicatezza lo presi per i fianchi e lo strinsi a me. Passò qualche minuto ed eravamo ancora lì con le nostre lingue in bocca. La punta del cazzo che già mi si era bagnata per l’eccitazione. Io intanto avevo infilato una mano nei suoi pantaloncini e a menargli piano quell’uccello enorme.
Quando ci staccammo mi sorrise.
“Andiamo sul letto?” mi chiese.
Mentre lo seguivo verso la camera da letto gli ravanavo il culo.
Si sdraiò sul letto e si tolse la canotta. Io mi tolsi il maglione e mi sbottonai la camicia. Mentre mi slacciavo la cintura mi mise un piede sul pacco rigonfio.
“Gianlù sai come me sò fatto st’occhio nero?”
“Eh.”
“Uno mentre gliò stavo a succhià m’ha datto un cazzotto.”
“Ma che stai a dì?” chiesi preoccupato.
Fece segno di no con la testa. “No, non stai a capì Gianlù.”
Avevo ancora la cintura in mano. La guardò.
“Gianlù... pijà quella cintura e mename, ti prego.”
“Ma che cazzo stai a dì Ste, non lo posso fare.”
“Gianlù, c’ho na voglia. Ti prego picchiame, famme male.” La sua voce era aspirata, piena di desiderio. E mentre parlava si contorceva sul letto facendo pressione col piede sul mio cazzo.
Il suo corpo si piegava sinuoso, i suoi addominali, i suoi pettorali, i suoi bicipiti mentre metteva le mani dietro la testa.
Diedi un primo colpo molto fiacco su un capezzolo.
“No, dai. Famme male” e col piede spingeva sul mio cazzo.
Provai a dare un secondo colpo sempre leggero. Ridacchiavo.
“Gianlù sul serio. Famme male.”
Esitai un attimo. Mi presi coraggio. Mirai su quei pettorali definiti e mollai un colpo deciso.
“Ah, sì! Ah” e si contorceva. Il piede spingeva e la mia erezione sembrava triplicarsi. Ne mollai un secondo sotto l’ascella. Stefano tremò. La sua bocca vibrò senza emettere suono.
Un terzo sugli addominali.
“Sì, sì!”
Un quarto e un quinto a casaccio. Notai che i suoi pantaloncini al centro erano fradici.
“Sì, ti prego. Mename Gianlù, mename!”
E presi ad andare giù pesante, riempiendogli tutto il corpo di cinghiate. Si contorceva e spingeva col piede sul mio cazzo. Dopo poco fui costretto a cedere tanto ero eccitato. Non ci capivo più niente. Era peggio della scorsa volta. Non avevo più il controllo su me stesso. Il braccio andava e cintura colpiva. Non avevo più sangue nel corpo, ma lava. Mi fermai solo quando per sbaglio mirai male e invece di colpirlo sul collo lo beccai sulla bocca.
“Cazzo!” urlò portandosi le mani al volto.
Mi piegai su di lui. “Oh, che cazzo. Mi spiace, ti ha fatto male?”
Si scostò le mani. Un rivolo di sangue gli colava dalla bocca. Le sue labbra erano rosse. Leccò il rivolo guardandomi voglioso. Gli ficcai la lingua in bocca. Ognuno con le mani avvinghiate ai capelli dell’altro.
Poi gli tirai giù i pantaloncini, sputai sul mio cazzo e lo afferrai per le cosce di quel corpo martoriato e livido. Glielo ficcai dentro e presi a scoparmelo velocemente. Uscivo per intero col cazzo e glielo ributtavo dentro come se stessi correndo in una maratona. Lui si masturbava. Era veramente impressionante quanto era grosso il suo. Non scherzo quando dico che dovevano essere più di trenta centimetri.
Il nostro respiro era sincronizzato. Quando stavo per venire lo tirai fuori e cercai di succhiarglielo mentre mi masturbavo. Inutile dire che a mala pena mi stava in bocca la cappella. Quando venne sborrai anche io. Non ingoiai, glielo risputai sul pene e me lo rimisi in bocca per un tempo infinito. Mi piaceva troppo il sapore dello sperma. E in uno spazio controllato come quello avevo tutto il tempo che volevo per gustarmelo.
Per cena riscaldò una vellutata di cavolfiore. Mi portò una ciotola piena e quasi stabordante. Ci addormentammo stanchi, nudi e abbracciati.
La mattina dopo mi portò il caffè al letto. Mi svegliò di buon ora. Giusto per avere un paio d’ore prima che andassi a lavoro.
Sorseggiai il caffè mentre lui mi faceva uno di quei suoi spettacolari bocchini brevettati. Quanto mi era mancata la sua bocca, lo scroscio della sua saliva e il non staccarsi mai dal mio cazzo. Stavolta gli venni in bocca e glielo lasciai ingoiare tutto. Quando si staccò non c’era neanche una goccia.
“E tu non vieni?” gli domandai.
Si sdraiò affianco a me.
“Te voglio troppo chiede na cosa Gianlù”
Il suo pene era in erezione. Lo guardai spaventato.
“No, non è quello che pensi.”
Non capivo. Mi sussurrò all’orecchio.
Mi misi a ridere.
“Ma che stai a scherzà?”
Lui mi guardava serio “Gianlù, oramai ho capito come sei. Ti prego sai anche tu che c’hai una connessione speciale con me. E ho capito che lo vorresi anche tu.”
Mi feci serio pure io. “E dove lo vorresti?”
“Sul punto che te piace de più.”
Guardai il suo corpo. Era tutto bello. Mi soffermai soprattutto sui suoi addominali. Erano belli, definiti, segnati dalle cinghiate della sera prima erano cosparsi di fantasie viola. Allora decido di accovacciarmi sulla sua pancia. Questa nuova esperienza mi porta a una strana condizione di paura. Sento solo il battito del mio cuore, mentre le gambe mi tremano un po’.
Il primo stronzo si fa strada a fatica. È grosso e lungo e quando casca sui suoi addominali lui prende a masturbarsi e ad ansimare. Con una scorreggia lancio altri due fiotti meno solidi, tant’è che si sporcano le lenzuola e qualcosa mi arriva pure su un piede.
“Oh, sì, sì. Dammene ancora” fa lui.
Con sforzo faccio uscire un alto piccolo paio di pallette e un finisco con una scarica abbondante e morbida.
Lo sento ansimare in estasi.
“Adesso sciaquame il culo, troia.” gli faccio e mi metto a sedere sulla sua bocca. Lui prende a brucarmi il culo e ci mette un attimo a tornarmi duro. Ghiotto lecca e morde continuando a masturbarsi. La sua lingua mi fa letteralmente impazzire, la nuova sensazione mi fa faire moine che avevo sentito fare solo alle ragazze. È la prima volta che qualcuno mi lecca il culo. Viene e il suo primo schizzo va così in alto da arrivarmi sulla labbra. Il suo seme si mischia con le mia merda, perdendosi in essa e rendendola luccicante.
Ma ciò che più mi sorprende è la mia di eiaculazione. Sborro a quintali. Non ho mai eiaculato così tanto in vita mia. Gli inondo il petto. Giuro di aver lanciato almeno sei fiotti abbondanti.
Mio figlio e Clara dormono. Io non mi sento in colpa. Non voglio smettere di vedere Stefano. Non voglio diventare un cattivo padre. Sono fiero di quello che sono. Questa lussuria segreta mi eccita. A differenza delle altre notti questa volta mi sento bene con me stesso.
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