Gay & Bisex
Compagni di classe-Capitolo Finale
di ArchieCooper
18.03.2024 |
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"Simone gli sfilò la maglietta appiccicata di sudore..."
Il suo culo era diventato un habitué settimanale del cazzo dello psicologo. Un paio di volte l’anno andava a Torino per esplodere fra i glutei stretti e muscolosi di Giulio.
Se era Giulio a venire a Milano Riccardo li sodomizzava entrambi. Iniziava da Giulio che aveva parecchie difficoltà ad accoglierne le dimensioni, per poi entrare dentro Simone quando il sangue gli saliva alla testa e non poteva fare a meno di montare con violenza. Allora Simone si introduceva dentro la strada ormai facilitata nel culo di Giulio e lasciava che i colpi venissero guidati dai violenti spasmi che Riccardo gli infliggeva.
Simone era certo che nessuno di loro avesse rapporti omosessuali al di fuori di questi incontri fra vecchi amici. Questo cameratismo fra maschi ritrovato gli diede il brio che serviva alla sua vita per ripartire.
Date le difficoltà dovute alla distanza ci vollero cinque anni per organizzare un incontro con Marco. Si scrissero spesso in questo arco di tempo. Una volta Simone fu sul punto di partire per l’Irlanda, ma coincise con l’immissione in ruolo come insegnante a tempo indeterminato.
Fu così che arrivammo all’estate fatidica in cui l’ultimo tassello dei compagni di classe finalmente si assestò. Programmarono di passare insieme parte delle ferie di agosto in un paesino sulla costa laziale.
Simone doveva staccare dall’aver preparato una classe assolutamente non preparata per l’esame di maturità. Il Natale precedente invece Marco si era lasciato con la storica fidanzata.
Lui e Marco erano i più legati del gruppo ai tempi della scuola. Marco era un lungagnone di due metri con i capelli rossi e ricci, doveva essersi mimetizzato alla perfezione in Irlanda. Era un ragazzo costantemente sorridente, ma lui e gli altri ragazzi sapevano quanto fosse finto quel sorriso. Marco aveva perso entrambi i genitori a undici anni in un brutto incidente ed era finito a vivere con gli zii e i cugini. Annegava il dolore concentrandosi in qualsiasi cosa gli orbitasse nei dintorni, sia che si trattasse dello sport, sia quando significasse ragazze, amicizia e socialità. Lo stesso avveniva con lo studio, nonché con tutta una serie di attività artistiche e manuali, quali la pittura, la fotografia o la cucina. Era un’anima libera seppur tormentata da fantasmi. Fantasmi che aveva visto solo Simone essendo l’amico con cui era più in confidenza. Li aveva visti in quelle notti in cui rimasti da soli a farsi la canna della buona notte Marco piangeva e gli rivelava quanto gli mancassero la mamma e il papà, di come il vuoto a volte gli bloccasse il petto impedendogli di respirare.
E in quei momenti Simone cingeva l’amico per le spalle, che appoggiava la testa sul suo petto e piangeva ancora più forte inondandogli la felpa di lacrime.
Simone aspettò mezza giornata all’aeroporto di Fiumicino l’arrivo dell’aereo dell’amico gironzolando fra le costose boutiques aeroportuali. Si provò e comprò un nuovo costume da bagno a slip. Negli anni fisicamente era migliorato molto: si era allenato e sotto il maglione peloso del suo corpo aveva sviluppato un addominale scolpito e due pettorali sporgenti che stavano una favola con le possenti braccia cui avevano contribuito gli anni da muratore. Qualche sua alunna, ma anche qualche alunno non disdegnavano dargli occhiate di troppo e sorrisini maliziosi. Nell’ultimo anno si era frequentato con una professoressa d’inglese più grande di lui di una decina d’anni. Il sesso era parecchio violento e focoso. Scopavano per notti intere nei weekend. Notti durante le quali lui le concedeva molteplici orgasmi. Era talmente porca che già al loro secondo incontro se lo fece mettere nel culo e gli chiese di sborrarci dentro. Per le vacanze estive lei sarebbe tornata in Sardegna dalla famiglia. Si ripromisero di scriversi durante le ferie, entrambi consapevoli che quell’anno di sesso e passione stava forse diventando qualcosa di più. Chiaramente lei non sapeva nulla dei preziosi rapporti omosessuali di Simone con i compagni di classe. Quello era un tesoro che custodiva per sé, una promessa di amicizia che non sarebbe mai terminata, un sacro rituale di emozioni elevate che lei non avrebbe potuto capire.
Perse la cognizione del tempo e mentre rovistava fra le riviste di cinema in edicola una mano gli toccò la spalla. Si girò e si trovò davanti l’energumeno con t-shirt bianca attillata e borsone a spalla. Il solito sorriso che non mostrava i denti, gli occhi verdi e sensibili. Simone abbracciò Marco in uno slancio di gioia. La contentezza per la propria forma fisica impallidì a confronto con Marco. I bicipiti dell’amico erano possenti e duri, il suo petto emergeva prepotente dalla t-shirt. Si accorse che nonostante tutto la pancia era morbida e non proprio a suo agio con l’aderenza della maglietta come lo era il resto dello scultoreo corpo. Prima di partire Marco doveva aver dato una sistemata ai suoi disordinati ricci. Aveva una bella rasatura laterale, mentre sopra erano un po’ più lunghetti.
Non c’è bisogno di stare qui a raccontare come il tempo sembrasse non essere mai passato. Erano entrambi a tremila. Simone per la fine dell’anno scolastico e degli esami, Marco aveva varcato finalmente la soglia in cui voleva divertirsi e dimenticarsi della sua ex. La prima serata dopo una mangiata di pesce a volontà andarono a ballare e rimorchiarono entrambi. Conobbero un paio di ragazze e le portarono in spiaggia. Nel buio il rumore del mare fu decorato dall’ansimare delle due giovani donne. Simone venne sullo stomaco della sua biondina mentre questa non smetteva di strapazzarsi il clitoride. A qualche metro di distanza vedeva nell’oscurità la silhouette inginocchiata di Marco che teneva per i fianchi e dava colpi violenti e decisi alla morettina a quattro zampe.
Evidentemente troppo ubriachi decisero di lasciare l’auto a noleggio fuori dalla discoteca e di farsi mezz’ora a piedi per tornare a casa. Risero come ai vecchi tempi e cantarono le canzoni di quando erano ragazzi. Vomitarono a turno durante il tragitto ridendo l’uno dell’altro.
Simone si svegliò col mal di testa e con difficoltà mise a fuoco la stanza in cui si trovava, chiedendosi per qualche momento come mai non fosse in casa dei suoi a Milano. Guardò l’orologio, era mezzogiorno. Si passò una mano sul corpo peloso per constatare quanto fosse fradicio di sudore. Aprì la finestra della camera da letto e si rimise a dormire per un’altra ora.
La casa che avevano preso in affitto aveva tre condizionatori d’aria e tutti e tre erano guasti. Il proprietario era un francese che non si era degnato di rispondere non appena gli avevano fatto notare la cosa.
Alzatosi si recò in cucina in slip e mise su il caffè. Marco non era ancora nei paraggi, quindi ne approfittò per bersi da solo la caffettiera per due. Fagocitò anche una manciata di biscotti per dare tregua alle fitte alla testa causate dalla sera prima.
“Caffè?” sentì dire a un certo punto alle sue spalle.
Marco fece capolino dalla sua camera da letto e si diresse al tavolino della cucina strascicando gli infradito. Indossava dei pantaloncini di tuta grigi e una maglia nera puntellata da macchie di sudore.
“Te lo rifaccio, siediti” fece cordiale Simone.
Marco prese il suo posto su una delle piccole sedie di vimini in cui entrava a mala pena e si stropicciò il volto.
“Mamma mia, non ho più l’età per certe cose.”
“A chi lo dici.” Rispose Simone sciacquando la caffettiera.
“Eppure è stato bello.”
Simone si girò e vide l’amico sorridere mostrando i denti. Era uno di quei sorrisi che gli aveva visto fare pochissime volte, quando sapeva che il pensiero dei suoi genitori e di quella ineluttabile infelicità non lo stesse tormentando. Si accorse che stava ricambiando il sorriso in silenzio e sentì il cuore prendere a battergli forte, ma fu costretto a girarsi, in quanto non era solo il cuore l’unico punto del suo corpo verso il quale il sangue aveva portato gioia.
“Ricordi quante serate come questa? Quanto ci siamo divertiti da ragazzi?”
Simone avvitò la caffettiera e accese il fornello, poggiando le mani sul piano lavoro si concentrò sul mare fuori dalla finestra pregando che l’erezione andasse via.
“E sì. Abbiamo vissuto davvero dei bei momenti.”
Passarono un po’ di tempo in silenzio. Simone che non riusciva a girarsi, l’amico a mangiucchiare biscotti.
La caffettiera emise il suo gorgoglio.
Simone versò il caffè in una tazzina pulita.
La voce di Marco lo colse come un brivido che gli attraversò tutto il corpo “Non te l’ho mai detto, ma all’epoca credo che fossi stato tu il mio migliore amico.”
Le mani di Simone tremarono. Senza alcun motivo apparente una lacrima gli bagnò la guancia. Si girò verso Marco tenendo la tazzina con entrambe le mani per non farla cadere, senza vergognarsi dell’erezione che pulsava negli slip.
“Marco anche io ti ho sempre voluto bene. Tanto più che agli altri” E mentre parlava altre lacrime presero a scorrere e gli si appannarono gli occhiali. Si diresse verso Marco che guardava ipnotizzato il pacco dell’amico e s’inginocchiò per terra lasciando la tazzina sul tavolo.
“Ma che fai?” chiese Marco.
Simone si accucciò col volto sui piedi incrociati dell’amico e leccò partendo dall’alluce del piede destro sino ad arrivare alla caviglia. Lo fece una seconda volta.
Marco non obbiettò, ma prese ad ansimare veloce e sentì qualcosa muoversi nel basso ventre.
Simone sfilò l’infradito dal piede dell’amico e l’ammirò. Era grande e bello, pallido, con peli arancione chiaro sulle nocche. Lo annusò a occhi chiusi. Diede una lenta e intensa leccata cercando di coprire l’intera superficie, poi si mise tutte le dita in bocca e le succhiò tenendo il piede stretto per la caviglia.
Riaperti gli occhi dopo un tempo indefinito si trovò a fissare dritto in quelli verdi di Marco che aveva la bocca leggermente aperta e ansimante. Si tolse il piede dalla bocca e allungò una mano sul pacco dell’amico scoprendolo duro. Smucinando individuò i coglioni e prese a massaggiarglieli, mentre strofinava l’altra mano sul cotone che lo divideva dalla propria erezione. Fu Marco stavolta a chiudere gli occhi e ad abbandonarsi contro lo schienale.
In tempi maturi Simone liberò il randello dai pantaloncini dell’amico. Grosso, carnoso e pieno di vene gli si presentò balzando fuori da un boschetto arancione. La grossa e corta cappella rosa con cui terminava luccicava dovendo già essersi inumidita. Era il cazzo più bello fra quello degli amici, non esitò ad assaporarlo e scoprì che era anche il più buono. Con respiri profondi affondava la sua gola verso la base strofinando il naso contro il rossiccio pube. Marco gli poggiò le mani ai lati della testa, cingendolo con la più totale delicatezza non lo guidava ma lo accompagnava nei suoi affondi lasciando che fosse Simone a stabilire il ritmo.
Quando la mandibola gli fece male prese a masturbare il cazzo di Marco dentro la propria bocca. Sentì la cappella gonfiarsi e seppe che il momento era arrivato.
La stretta di Marco a un certo punto si fece forte, sembrò esitare un attimo e poi spinse la testa dell’amico verso il basso, costringendolo a ripercorrere con la bocca l’intera asta del pene. Lo sperma esplose nella gola di Simone riempiendogli tutta la bocca.
Simone fu sorpreso da quanto fosse denso. Sembrava una crema. Si staccò dal randello e si guardarono con il fuoco negli occhi. Le labbra di Simone erano tutte gonfie, rosse, lucide e gocciolanti. “Ti è piaciuto?” chiese.
Marco aveva gli occhi lucidi e non riusciva quasi a parlare. Riuscì a farfugliare con un filo di voce “Per favore, ti prego, alzati.”
Simone si sentì turbato, per un momento l’attraversò l’idea che avesse potuto far qualcosa contro la volontà dell’amico, ma quando si alzò in piedi capì.
Marco gli sfilò gli slip, gli scoperse la cappella e cominciando a piangere prese insistentemente a succhiargliela tenendolo stretto per l’asta.
“Piano, piano, così mi fai venire animale.” Fece Simone ridendo e piangendo allo stesso tempo.
“Allora andiamo in camera mia” lo pregò Marco. “Per favore.”
Arrivati in stanza in fretta e furia Marco tirò giù le serrande lasciando la finestra aperta per far entrare aria. In un vortice di passione trascinò l’amico e si sedette sul letto. Simone gli sfilò la maglietta appiccicata di sudore. Si trovò a cavalcioni su di lui. Le braccia muscolose di entrambi cingevano l’altro. Il corpo scolpito e peloso di Simone strofinava contro quello marmoreo e glabro di Marco appiccicandosi con il sudore l’uno contro l’altro e scambiandosi calore. Spontaneamente il suo culo fu violato dal randello dell’amico e in breve si coordinarono nel ritmo, mentre a occhi chiusi le loro lingue esploravano con foga animalesca le rispettive bocche. I loro sospiri erano l’unico suono a consacrare la stanza.
Marco si girò rovesciando Simone sotto di sé e inevitabilmente il suo cazzo arrivò fino alla base dentro il culo dell'altro, troppo preso dalla passione e dal caldo per sentire un minimo di dolore.
I piedi di Simone si adagiarono sui pettorali di Marco che aveva cura di carezzarli mentre muoveva fluido le anche per dare piacere al vecchio compagno di classe.
Simone prese a masturbarsi senza staccare gli occhi da quelli belli di Marco.
“Ti voglio tanto bene.” Ansimò Marco gocciolando sudore sugli addominali e sul petto dell’amico. “Non sai neanche quanto mi sei mancato in questi anni.” E insieme al sudore furono anche lacrime a finire sul corpo peloso di Simone.
Fra la masturbazione e il cazzo che batteva contro la prostata Simone venne copiosamente. Il bianco luccicante dello sperma contrastava con i peli scuri sui begli addominali. Marco si piegò tutto su di lui e si abbracciarono. Stretti, sudati, le bocche incollate a rinnovare l’amicizia ritrovata. Le lacrime, la confidenza, le risate, la felicità. L’amicizia degli uomini che è la cosa più preziosa del mondo. E si strinsero più forte quando tremante Marco venne dentro il culo di Simone, azzannandogli il collo per non urlare. Per soffocare quell’urlo che non era dolore, ma era gioia. Gioia di avere di nuovo la cosa più importante della vita.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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