Racconti Erotici > Gay & Bisex > Il papà calabrese
Gay & Bisex

Il papà calabrese


di ArchieCooper
18.10.2024    |    11.752    |    12 9.9
"Te che fai di bello?” Alzai le spalle..."
Vorrei rievocare un sentimento speciale verso il quale corre spesso la mia memoria in questi giorni.
Era la calda estate del 2010, avevo finito egregiamente la sessione di esami all’università ed ero rientrato in Sicilia per lavorare al bar del lido di famiglia e godermi la spensieratezza del mare e dei vent’anni. Ero tutto fisicato, con i capelli ricci biondi che in quegli anni mi piaceva portare un po’ lunghetti. Avevo la fila di ragazze e non mancava una sera che non combinassi qualcosa, certe volte con pischelle diverse nel corso della stessa notte, o addirittura insieme. Avevo già anche provato con il mio stesso sesso, anche se raramente mi accendeva qualcosa. Mi ero divertito con un coinquilino gay durante l’inverno, che mi garantiva una pompa tutte le mattine prima di uscire di casa. E a una festa universitaria mi ero inculato quello che per definizione oggi chiamerebbero bear.
Era la settimana prima di ferragosto, io stavo allestendo la vetrina per il pranzo, quando vidi arrivare sulla spiaggia un delizioso papà caffelatte carico di borse frigo, polpo di gomma a tracolla e salvagente sottobraccio.
Facevano seguito tre bambine ululanti e una moglie con prendisole giallo e cappello di paglia. Qualcosa m’incuriosì di quell’uomo.
Era alto più di me, con le spalle larghe e le cosce pelosissime. Gli avrei dato appena quarant’anni, ma i corti capelli e la barba più sale che pepe dicevano che aveva qualche anno in più. Anticipai il bagnino e li accompagnai al loro ombrellone. Domenico era il suo nome. Fra i convenevoli e le consuete chiacchiere, mi sorrideva con sguardo dolce. Venivano dalla Calabria mi disse la moglie. Si sarebbe fermata con le figlie per due settimane, mentre Domenico sarebbe rimasto un’ulteriore settimana avendo a disposizione un periodo di ferie più lungo.
Li vidi tutti i giorni. Domenico non mancava di passare al bar a prendere caffè e gelato con le bimbe ogni mattina. Ne approfittavo per scambiare due chiacchiere con lui. Ben presto ebbi il sospetto che anche lui ne approfittasse per stare con me in realtà. Nel giro di pochi giorni infatti i quarti d’ora a ciarlare al bancone si trasformarono in mezz’ore, le mezz’ore in ore, finché a ridosso di ferragosto per Domenico era consuetudine passare la mattinata al bancone fra cappuccini e granite mentre le figlie sguazzavano sotto l’occhio attento del bagnino e la moglie leggeva sotto l’ombrellone.
Un quesito mi arrovellava le cervella. Non riuscivo a capire quanti anni avessero Domenico e la moglie. La più grande delle figlie aveva undici anni e la più piccola sette, la madre di certo non superava la mezz’età. Domenico aveva un viso liscio e senza rughe, i modi di fare giovanili, ma il petto e la pancia erano cascanti. Era veramente un rompicapo. Avrebbero potuto essere quaranta così come sessanta. Non glielo chiesi mai sia perché non si entrò mai nell’argomento, sia perché preservare quel mistero mi eccitava. A differenza delle esperienze passate con altri ragazzi Domenico mi procurava qualcosa di diverso. Le chiacchiere mattutine con lui mi davano un certo calore ed eccitazione dentro lo stomaco.
Era un uomo davvero interessante. Faceva l’informatico e suonava la chitarra elettrica nel tempo libero. Aveva anche una sua band in Calabria di “vecchiacci” come li definiva lui che si dilettavano di heavy metal.
Venne la notte di ferragosto e si fece festa al lido. Dj-set, falò controllati, braccialetti luminosi e alcool sotto un cielo stellato reso ancora più luminoso dai fuochi d’artificio. Brillo mi ero ripassato in uno spogliatoio una ragazzetta arrivata al lido con i genitori quel giorno stesso. Avevo perso i preservativi, lei come idea per apparare propose di farselo mettere nel culo. Era una vera porca. Con le mani poggiate contro la parete dello spogliatoio muoveva i fianchi ritmicamente senza lasciarmi fare praticamente nulla se non sgrillettarla. Avevo perso il conto delle scopate che mi ero fatto da quando ero arrivato a luglio, ma non avevo mai trovato una che si bagnasse così. Uscimmo dallo spogliatoio. Lei con il mio sperma ancora dentro il culo, io con una mano fradicia e odorosa di pesce. Incrociai un altro paio di ragazzi che si dirigevano verso il mare. La salutai con un bacio sulle labbra e poi sparì. Mi allontanai dal lido per farmi cinque minuti a piedi fino alla farmacia per comprare una confezione di profilattici al distributore.
“Ehi” sentii poco dopo essermi immesso sulla stradina asfaltata.
Mi girai intorno ma non vidi nessuno. Solo un minuscolo bagliore rosso provenire dal buio intorno a un gabbiotto abbandonato. La voce mi chiamò di nuovo, stavolta per nome. Mi avvicinai a mi arrivò al naso odore di marijuana. Aguzzai gli occhi al buio e riconobbi Domenico.
“Fatti un tiro” mi disse allungandomi la canna.
‘Questa è bella’ pensai. “Ma è una canna?” Chiesi.
“Direttamente dalla Calabria. Non te l’ho potuta offrire gli altri giorni perché c’erano sempre figlie e moglie in mezzo ai piedi”
“Stanno al lido adesso?” Dissi tirando una boccata. Cavolo se era buona. Durante tutta l’estate mi era capitato solo di spippacchiare del fumo scrauso.
“Sono tornate all’appartamento. Te che fai di bello?”
Alzai le spalle. Non so perché, ma non sentii di dovergli dire che mi servivano dei profilattici. Mentii dicendo che mi ero stufato e stavo tornando a casa.
“Bene ti accompagno allora.”

Il tragitto fino a casa era breve e veniva di strada per l’appartamento che Domenico e la sua famiglia avevano affittato. Fumammo lungo il tragitto chiacchierando del più e del meno. Principalmente dell’Università. Lui era laureato in ingegneria Informatica ed era molto curioso del perché un ragazzo socialmente integrato come me avesse deciso di studiare Lettere, cosa che secondo lui non aveva senso.
“Perché sei vecchio” lo presi in giro.
“Su dai, non farmi sentire vecchio che già lo sono. Scommetto che Lettere è pieno di figa!”
“Lo è” ammisi ridacchiando. Il suo accento mi trasmetteva una certa ilarità.
Arrivammo sotto casa.
L’erba mi aveva provocato un soave rilassamento a braccia e gambe.
“Ci vediamo domani allora!” Dissi per salutarlo.
“Domani mattina non vengo al lido. Accompagno le ragazze a prendere il treno e poi pensò che starò un po’ a casa a suonare.”
Senza spiegarmelo i miei occhi riflessi nei suoi si fanno tristi e subito mi faccio rosso per l’imbarazzo, che amplificato dall’erba mi sembra enorme. Entro in paranoia, sento che gli sto mostrando qualcosa che dovrei tenergli celato.
Lui sorride e si guarda intorno, poi avvicina la bocca al mio orecchio.
“In serata vienimi a trovare chi ni facimu un altro cannunne. Sto all’interno otto”
Imbambolato sotto il palazzo non mi accorgo che rimango lì guardandolo andare via. Le mani infilate nelle tasche degli shorts. Quella camminata virile tipica degli uomini meridionali, eppure a vederlo di spalle direi che si tratta di un mio coetaneo. Entro a casa, non c’è ancora nessuno, sono tutti al lido. Mi metto a letto e confuso rifletto se è il caso di tornare alla festa. A un certo punto mi accorgo che ho caldissimo, sto avvampando e respiro a mala pena. Mi prendo l’uccello in mano e con un paio di spugnettate schizzo sui miei addominali, liberandomi dal calore ed eiaculando una quantità di sperma sorprendente quasi non avessi eiaculato appena un’ora prima. E vedo davanti a me il volto di Domenico, vedo il suo corpo, le sue spalle, i pettorali cascanti e le cosce villose. E capisco che lo voglio, che lo desidero, che il tempo passato in compagnia di quell’uomo più grande, di età incerta non mi basta più. Lo voglio fisicamente e voglio possedere quella virilità.

Il giorno successivo è terribile. Ho delle occhiaie per il poco sonno, il caldo sembra più forte degli altri giorni. Aspetto che arrivi la sera e non arriva mai. E' la prima giornata senza di lui ho dentro il cuore una mancanza pari a quella di un lutto. Ceno al lido e mi accorgo che tremo, che il mio cuore batte forte, che le mani sudano.
Non ce la faccio più. Quando si fa buio vado da lui. Citofono al villino. Interno otto. O era sette? Forse sei. Devo andare via, non posso…
“Chi è?” Chiede la sua voce.
Mi annuncio.
“Sali, terzo piano.” La sua voce è calma, posata come non l’ho mai sentita. Con un rumore di serratura il portone si apre. In un limbo prendo l’ascensore dove le luci al neon al suo interno mi sembrano troppo luminose, come in un sogno.
Apre la porta. Indossa una camicia a quadri sbottonata, dei pantaloncini da casa e ai piedi ha degli infradito di gomma nera.
Fremo mentre lo afferro per le spalle e gli infilo la lingua in bocca. Si lascia travolgere senza opporre resistenza, fa un verso come se volesse dire qualcosa, poi si abbandona anche lui al bacio e con una manata chiude la porta alle mie spalle. Lo spingo sul divano. Abbiamo entrambi il respiro affannato. Quei capezzoli marroni attaccati alla mammella cadente sono davanti a me. Grossi e succosi mi avvento su quello sinistro con la bocca. Lo succhio, lo mordo e lui spinge la mia nuca e mi stringe i capelli per il piacere. Con una mano strofino il suo cazzo duro, con l’altra mi masturbo. A un certo punto si abbassa gli shorts e libera la bestia, come a ricordarmi che sono lì per quello. La punta olivastra sbuca fuori dai duri centimetri di carne scura. Un rivolo di saliva bagna la punta. Ci sto letteralmente sbavando sopra. Voglio spompinarlo finché le labbra non mi faranno male. E così faccio. Glielo succhio con foga. Lo prendo tutto in bocca. La mia fronte preme contro la sua pancia, i suoi peli pubici sono dentro il mio naso. Poggio le mani sulle grosse cosce pelose e vado su e già con la testa staccandomi a mala pena dal suo pube. La sua cappella aderisce perfettamente al fondo della mia gola e quando sborra contrae la schiena spingendo il suo cazzo ancora più in profondità nel mio esofago. È un sapore nuovo quello che mi riempie il palato, le guance e la lingua, che tossisco sul suo uccello che rimane duro pur essendosi afflosciato sul suo ventre. Ho le lacrime agli occhi, respiro con difficoltà. Salgo sul divano e ci abbracciamo, si scambiamo baci. Con le mie labbra doloranti e umide impiastriccio inevitabilmente la sua barba, la mia lingua calda e umida dei suoi umori scivola dentro la sua bocca.
“Lo volevi tanto?” Mi chiede.
“Tantissimo” faccio io recuperando il respiro.
Lui mi bacia il collo e io gli bacio l’orecchio peloso esplorandolo con la lingua. Lui mette una mano dentro i miei bermuda e prende a masturbarmi.
“Ti posso inculare?” Chiedo a un certo punto.
La sua mano si ferma, mi guarda un po’ preoccupato.

Adesso siamo nella camera da letto che fino alla sera prima aveva condiviso con la moglie. È per metà sdraiato sul letto. Mi tolgo la maglietta e i pantaloncini, lui con tanto di occhi contempla il mio fisico marmoreo, soffermandosi più volte sul mio pene eretto.
M’inginocchio, gli annuso le palle, le lecco, mi sforzo per farle entrare entrambe in bocca. Lo spingo leggermente in avanti e gli tiro su le gambe poggiando le sue cosce sopra le mie spalle. Gli lecco il buco del culo. È amarognolo. Non un sapore che mi aggrada, ma lui languisce come una donna e prende a masturbarsi. Quando inizio a incularmelo sgrana gli occhi e la sua mano spinge via il mio pube. Rientro con determinazione e schizzo un abbondante fiotto di sperma.
“Oh, cazzo!” Esclamo, ma l’allarme dura poco perché mi accorgo di essere ancora duro. Prendo a scoparmi lo sfintere lubrificato dal mio caldo succo.
“Sì, così” fa il papà guardandomi fisso negli occhi e spugnettandosi. Mi piego sopra di lui. Lo bacio. Le mie mani si ancorano alle sue spalle, le mie spalle spingono le sue cosce verso il basso e il mio bacino va ormai a un ritmo stabile ed esplodo di calore a ogni andirivieni dentro il suo stretto orifizio. Sborra e a quel punto mi muovo con ancora più forza fino a eiaculare anch’io. Gli crollo addosso in un bagno di odori e di sudore.
Dormiamo insieme nudi. La mattina dopo apro gli occhi di buonora e ammiro il suo bel corpo olivastro mentre dorme a pancia sotto. Lo sveglia la mia lingua che ha ripreso a saziarsi del suo buco del culo, di nuovo affamata del bel papà calabrese.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 9.9
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Il papà calabrese:

Altri Racconti Erotici in Gay & Bisex:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni