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Capodanno a Saturnia - Il giorno dopo (prima parte)


di Ultralogos
08.10.2016    |    6.403    |    7 9.4
"A quel punto Gianni se ne esce con l’invito all’allegra brigata di divederci alla pozza in serata con un paio di bottiglie di vino per stare ancora insieme e..."
Mi sveglio verso le 10 tutto sudato , in quella camera avevano tenuto i riscaldamenti al massimo e non sembrava di essere nella campagna maremmana d’inverno, piuttosto ai caraibi. Mi giro e vedo Gianni che ancora ronfa di gusto. Lo osservo un po’ e mi scappa un sorriso quando mi accorgo che è a cazzo duro. Mi viene di allungare una mano, ma mi ritiro subito, evidentemente la notte passata mi aveva reso più licenzioso di quanto non fosse opportuno. Mi alzo e vado a farmi una bella doccia rinvigorente.
Esco dal bagno e vedo che Gianni dava i primi segni di vita, mi vesto e, intanto che lui si finiva di svegliare, mi preparo ed esco nella veranda davanti alle stanze degli ospiti.
La mattina era fredda ma l’aria tersa rendeva piacevole respirare a pieni polmoni, soprattutto dopo la sorta di sauna che era stata la stanza durante la notte. Vado in cucina e trovo la titolare dell’agriturismo che tra una chiacchiera e l’altra prepara un buon caffè. Stava già tirando fuori marmellate e ciambelloni ma l’ho subito bloccata dicendole che appena Gianni fosse stato pronto saremmo andati a Semproniano e avremmo fatto colazione in un bar mentre passeggiavamo per il mercatino in piazza.
Intanto che facevamo quattro chiacchiere ci raggiunge il mio amico e anche per lui un buon caffè mette inizio a quella che speravamo sarebbe stata una bella giornata.
Ci congediamo dalla signora e ci mettiamo in macchina per raggiungere il paese distante appena venti minuti, lungo la strada Gianni sembrava un po’ strano, ma non gli ho dato peso, avevamo dormito relativamente poco e, mi sono detto, probabilmente deve ancora smaltire la sbornia di ieri sera.
Arrivati in paese parcheggiamo e ci incamminiamo per le vie che per l’occasione erano piene di bancarelle natalizie, giriamo un po’ finchè vediamo un bel bar con parecchi tavolini in strada, al sole. Era perfetto per fare colazione, ci avviciniamo, era abbastanza pieno, e aspettiamo un cameriere per capire se poteva trovarci un posto.
“Andrea, Gianni, che piacere, venite, c’è posto anche per voi”
Una voce richiama la nostra attenzione e un brivido mi percorre. Era Giulio che, insieme a Marco e Dimitri, stava facendo colazione in quel bar.
Un attacco d’ansia mi blocca. Sbianco. Accenno un sorriso, o almeno quella era l’intenzione. Gianni invece era stranamente sorridente, si avvicina e stringe loro le mani.
Li raggiungo.
Si avvicina anche un cameriere e Giulio gli chiede di aggiungere due sedie al loro tavolo.
I tre si sono dimostrati molto cordiali e ci hanno chiesto cosa ci facessimo in paese, dove avevamo pernottato e poi iniziarono le solite chiacchiere da domenica mattina al bar, il tempo, il lavoro, lo studio e via dicendo, mentre io mi trovavo sempre più in ansia. Torna il cameriere e ci chiede l’ordinazione, io, con la scusa del bagno e di scegliere una pasta direttamente dal banco, ne approfitto per allontanarmi da quel tavolo e allentare un po’ la morsa che avevo allo stomaco.
Chiedo del bagno e mi viene indicato, entro in quello che era un ampio antibagno dove si affacciavano tre porte con i water. Mi appoggio al muro e riprendo fiato tentando di calmarmi un po’ ma passato qualche secondo si apre la porta e:
“Ciao Andrea, sei scappato”
Era Dimitri che mi aveva seguito. Ero pietrificato. Mi squadra un po’ e intanto si avvicina sempre di più, mi prende la testa tra le mani e mi bacia profondamente. Mamma che lingua, spessa, morbida, calda, mi tremano le gambe, si stacca dalla mia bocca e mi abbraccia stretto per qualche secondo.
“Vieni”
E mi prende per un braccio portandomi in uno dei gabinetti. Io ancora non avevo fiatato e, sinceramente, non avevo abbastanza aria nei polmoni per emettere nemmeno un sibilo. Come la sera precedente mi sentivo la testa leggera, ma stavolta l’alcool non c’entrava niente.
“Voglio sentirti ancora mio, ma abbiamo poco tempo”
Mi mette una mano sulla spalla per farmi abbassare e con l’altra si apre la zip dei pantaloni.
“ieri sera mi hai fatto stare benissimo, ho goduto da morire, stamattina voglio assaggiare la tua bocca, ma prima devi dirmi che sei mio e che mi vuoi”
E mentre lo diceva già si era tirato fuori il pisello, moscio, ma già imponente. Io lo guardavo dal basso negli occhi in uno strato di totale prostrazione e l’aria non usciva con sufficiente vigore dai miei polmoni per sollecitare le corde vocali.
Mi guardava negli occhi con un’espressione tranquilla e d’un tratto ha iniziato a darmi dei leggeri buffetti col pisello sul viso.
“Allora? Ho frainteso? Voglio che tu sia mio, adesso, e me lo devi chiedere”
L’odore che il suo uccello emanava, un misto di afrore maschio e di acqua sulfurea mi ha invaso le narici, ero imbambolato davanti a quell’idolo di carne, passa qualche secondo e
“Ok, dai, probabilmente ho frainteso”
E si rimette il pisello nei pantaloni.
Panico. Lo volevo. Lo volevo a tutti i costi. Lo volevo subito, in quel luogo, a qualunque costo. Gli blocco la gamba che già era in moto per girarsi e andarsene, trovo il fiato per dirgli
“Ti voglio, ti prego non andare, fammi tuo qui, subito”
Il suo viso si illumina e con una mano mi accarezza la fronte e mi scompiglia i capelli, riscende la zip e tira fuori dinuovo l’uccello, sempre moscio.
“Prendilo, tienilo in bocca ma non ciucciare, prima devi dimostrarmi la tua disponibilità. Non sporcare!”
Il tono dell’ultima frase era perentorio e dal significato oscuro alle mie orecchie, ma non mi interessava, avvicino il cazzo alla bocca e l’afrore mi fa impazzire, lo prendo in bocca intero e serro le labbra intorno a quel salsicciotto. Mi mette una mano dietro la nuca e mi preme contro il suo addome e con l’altra si muove ad accarezzare delicatamente la testa, gli occhi, le guance. Lo guardo e sono completamente senza volontà se non quella di compiacerlo.
Un lieve sospiro e uno schizzetto mi colpisce la gola.
Sono interdetto.
In un istante mi chiude il naso tra pollice e indice e io di riflesso ingoio.
Passano uno o due secondi e un altro schizzetto mi colpisce.
Ingoio di nuovo senza nemmeno riuscire a sentirne il sapore. Ancora qualche secondo, durante il quale la mia mente tentava di capire e inizia a pisciarmi in gola.
“Bevi, siii, bravo, bevi la mia urina, sii la mia puttana”
E io ho iniziato a bere. Non lo so se me l’aspettavo o no, ma con gli occhi nei suoi ero soggiogato dalla volontà di questo maschio favoloso e dal suo uccello del paradiso. Ho ingurgitato tutto e mi è sembrata la bevanda più buona che avessi mai assaggiato.
Quando ha finito quasi mi dispiaceva, ha tolto l’uccello dalla mia bocca ed ha iniziato a strusciarmelo un po’ sulle labbra.
“Sei magnifico”
Gongolavo a quelle parole
“Adesso fammi godere con la bocca, ieri sera non ho avuto la possibilità, stamattina vediamo se merita tanto quanto il tuo stupendo culo”
Poteva venire giù il mondo, non mi sarebbe minimamente interessato. Volevo far godere quel maschio. Il mio maschio.
L’ho ripreso in bocca ed ho iniziato un lento lavoro per farglielo intostare, con la mano gli carezzavo i coglioni e con l’altra gli sfioravo prima uno poi l’altro capezzolo. Tutto senza mai perdere il contatto con i suoi occhi, profondi, ipnotici, carismatici.
Il cazzo di Dimitri ha preso consistenza in un baleno e a quel punto tenerlo completamente in bocca era veramente un’opera impossibile.
Ho iniziato un andirivieni forsennato su quell’asta con la bocca, con le mani tentavo di stimolarlo alternativamente in tutti i suoi punti erogeni, dai capezzoli alle gambe, dai glutei alle palle. Ormai ero concentratissimo per farlo godere più in fretta possibile e per forza di cose avevo perso il contatto coi suoi occhi, ma quando, ogni tanto alzavo lo sguardo, lo vedevo soddisfatto e in pieno godimento.
Mi sembrava di aver trovato lo scopo della mia vita tanto era l’impegno che ci stavo mettendo.
In un attimo mi prende per le orecchie e prende a fottermi in bocca
“Dai, dai, dai, succhia, sii, ancora, ancora, ecco, si, si, si aaahhhh”
E mi riempie la bocca di sborra, densa, profumatissima, prelibata. Lo guardo e lo ringrazio.
“Grazie a te, sei speciale, mi piaci. Ma adesso sbrighiamoci, sono già dieci minuti che siamo in bagno, dobbiamo tornare al tavolo sennò sai quante ce ne dicono gli altri? Esco per primo, tu datti una sistemata e raggiungici”
E così dicendo rimette a posto l’uccello nei pantaloni, mi accarezza una guancia ed esce.
Io nel contempo ero inebetito da quanto successo. Mi ero appena fatto pisciare in gola e mi era piaciuto! L’avrei rifatto anche subito se fosse tornato. Ma mi stavo perdendo nei pensieri e invece dovevo sbrigarmi a uscire. Mi rassetto un po’, mi rimetto a posto la piega dei capelli ed esco dal piccolo gabinetto. Esco anche dall’antibagno e nel bar c’era il mondo, mi faccio spazio per raggiungere l’uscita e il cameriere mi dice
“Hei attento, ti è rimasta un po’ di schiuma del cappuccino sulla barba”
E mi fa l’occhiolino.
Un’esplosione nucleare dentro di me mi ha acceso come un fuoco e probabilmente sono diventato viola dalla vergogna.
“G-G-Grazie”
E con la lingua mi pulisco accompagnando con un dito dove la lingua non arrivava.
Esco e l’aria fresca mi da un po’ di sollievo.
“Ma che cazzo sei stato a fare in bagno fino ad ora?”
Era Gianni che non si capacitava per la mia prolungata assenza.
“Oh scusate raga ma ho un po’ la pancia in subbuglio, boh, forse sarà stato il vino di ieri sera”
E tutti si sono mesi a ridere.
Ci siamo messi a chiacchierare e col passare dei minuti mi sono un po’ tranquillizzato. La conversazione era tranquilla e per mia fortuna non aveva deragliato verso discorsi allusivi sulla sera precedente o sul mio (e di Dimitri) prolungato soggiorno al bagno.
Piuttosto ci siamo un po’ raccontati e ho scoperto che Giulio e Marco erano fratelli e lavoravano nell’azienda di famiglia e che Dimitri era figlio di genitori russi immigrati subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica e faceva il buttero, una sorta di mandriano a cavallo.
Non potevo crederci, me lo immaginavo imponente sul suo cavallo mentre fiero governava la mandria di Chianine e Maremmane.
Stavo ripartendo con la fantasia.
“Ma che hai stamattina? Sei tutto stralunato”
“Tranquillo Gianni, solo i postumi della nottata e dell’alcool”
E tutti giù a ridere dinuovo. Boh.
Comunque tra una chiacchiera e una risata si era fatta ora di pranzo e i nostri nuovi amici dovevano rientrare a casa.
A quel punto Gianni se ne esce con l’invito all’allegra brigata di divederci alla pozza in serata con un paio di bottiglie di vino per stare ancora insieme e salutarci prima della nostra partenza l’indomani.
I tre mi guardano con un sorriso malizioso e danno l’ok a Gianni.

… Continua …

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