Gay & Bisex
Al paesello...Racconto di fantasia
di PassMatVoglioso
01.12.2019 |
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"Mi fu naturale prenderli in mano e strofinarli per riscaldarli..."
Da ragazzino avevamo quattro mesi di vacanza, da giugno ad ottobre. I miei lavoravano e nei mesi di giugno e luglio mi spedivano al paesello con zie e cugini. È stato il periodo più spensierato della mia vita, stavo in giro tutto il giorno senza essere controllato e soprattutto potevo andare in bici ovunque senza paura delle macchine che non passavano mai. Ero il più piccolo della famiglia e quindi stavo spesso da solo, i cugini più grandi ovviamente non volevano farmi da baby sitter e trascorrevano il tempo con i loro fidanzatini o fidanzatine! Potevo stare fuori tutto il giorno e andare su e giù per le vie del paese, spingendomi anche fuori nel raggio di qualche chilometro fino all’imbocco della provinciale che era il mio limite geografico ammesso.
Dopo le ultime case del paese cominciavano le fattorie, le villette con orti e stalle, case un poco più isolate dove vivevano famiglie che facevano piccola agricoltura e allevavano bestiame.
Conoscevo un po’ tutti e tutti conoscevano me, il ragazzino della capitale che d’estate passava lì una parte delle sue vacanze. Un giorno imboccai una stradina laterale, un po’ in salita che fino ad allora non avevo mai fatto. Arrivato in cima ad una collinetta scoprii che c’erano casette sparse con altri campi e stalle e cominciai a scendere in bici verso uno stradone che mi avrebbe riportato alla strada principale. Faceva caldo, era primo pomeriggio e il sole batteva impietoso sui campi e sulla mia testa ….nessuno stava fuori per via della calura, sembrava che tutti si fossero ritirati in casa a cercare di godersi un minimo di frescura all’ombra. Svoltai per un sentiero che arrivava ad un ruscelletto, lo stesso che frequentavo più a monte quando dal paese andavo a fare finta di pescare…in quel punto si faceva più largo e più calmo. C’erano rocce che brillavano lucide e dei salici piangenti creavano una sorta di spiaggetta con l’ombra…un piccolo paradiso in cui il silenzio della controra era interrotto solo dai grilli e dal lento sciabordio delle acque. Scesi dalla bicicletta e cominciai a passeggiare a piedi nudi a bordo del torrente. Dietro una cascata di rami di un salice senti il rumore inconfondibile di qualcosa che si agitava in acqua, pensai un cane che si stava facendo il bagno. Era infatti un cane ma dietro di lui comparve un uomo vestito come se tornasse dai campi. Mi fermai nascosto dai rami e guardai meglio; aveva pantaloni pesanti da lavoro tenuti su dalle bretelle sopra una canottiera bianca e scarpe pesanti. Stavo andando oltre quando lo vidi togliersi le scarpe e questo gesto mi paralizzò e mi eccitò in un attimo. Rimasi pietrificato senza sapere cosa fare, qualcosa mi diceva che non potevo rimanere lì a guardare ma l’eccitazione mi lasciò immobile, ero confuso, non sapevo cosa mi stesse succedendo e perché… Intanto Lui si era sganciato le bretelle e si stava sfilando la canottiera sudata, mostrando un petto scolpito pieno di peli neri che arrivavano fin sotto la cinta. Aprì la patta dei pantaloni e se li tolse, sempre guardando avanti a sé, al punto dove il cane sguazzava. Si abbassò leggermente per togliere i calzini e lo vidi in faccia…. quello che avevo creduto essere un uomo adulto era in realtà un ragazzo poco più grande di me, forse appena ventenne ma già uomo fatto, con barba fitta nerissima, occhi scuri e capelli lisci un po’ selvaggi. Ma il mio sguardo scese di nuovo in basso, stava togliendo gli slip, bianchi, un po’ lisi all’elastico, stretti tanto da aderire a quello che sembrava un bozzo notevole. Al mare avevo visto uomini in costume ma era la prima volta che vedevo un paio di slip, abituato ai grandi boxer svolazzanti che gli uomini della famiglia usavano. Soprattutto non avevo mai visto indumenti intimi così stretti! Ricordo che ebbi una sensazione di gelo quando se li sfilò via, impietrito guardavo liberarsi la curva del sedere, un mandolino perfetto e mentre il ginocchio si alzava per togliere il piede dalle mutande vidi spuntare una punta di pelle e i testicoli del ragazzo. Fece un passo avanti verso l’acqua e mi offrì la visuale completa del suo sedere, vidi la spaccatura delle natiche anch’esse piene di peli, mentre l’incavo immediatamente sopra era liscio e setoso. Il corpo brillava di sudore mentre i piedi si immergevano nell’acqua. Il ragazzo rise per via del contrasto tra il caldo dell’aria e il freddo dell’acqua…eravamo pur sempre su una collina a 600 metri e il torrente era freddissimo. Cominciò a saltellare e potei guardarlo ancora meglio prima che si tuffasse; belle spalle, stranamente glabre, capelli sciolti che arrivavano al collo (all’epoca li chiamavano capelloni) e gambe lunghe, muscolose, un po’ tozze con un polpaccio tornito e gonfio che si assottigliava su una caviglia meravigliosamente sottile…e poi i piedi, nodosi, lunghi, ben fatti, che mi eccitarono da impazzire. Non capivo nulla di quello che stava succedendo, avevo la bocca arida e sentivo sudore freddo sul collo e le spalle, le tempie battevano come tamburi e mi tremavano leggermente le gambe. Avevo già capito da anni che ero attratto dal corpo dei maschi, senza riuscire a dare un nome a questa evidenza, senza capire cosa significasse esattamente ma era la prima volta che spiavo un uomo nudo inconsapevole di essere guardato. Frequentavo la piscina e la palestra in città ed era normale che negli spogliatoi ci fossero uomini più grandi che si aggiravano nudi …ci si guardava senza malizia .. o almeno loro sapevano di essere guardati ma non rappresentavo una minaccia. Ora invece ero nascosto, stavo facendo lo spione e mi sentivo come se mi potessero cogliere nell’atto di guardare attraverso il buco della serratura. Il tuffo e l’urlo liberatorio che seguì ebbero il potere di svegliarmi, di riscuotermi da quella specie di stato di trance in cui ero caduto. La mente ricominciò a funzionare ma fui avvinto subito dalla paura e volevo scappare il più velocemente possibile. Le mie gambe però si rifiutavano di muoversi ed ebbi solo il coraggio di guardarmi intorno per vedere se qualcuno mi aveva scoperto. Stavo proprio in bella vista, ora che ci ripenso, ma fortunatamente non c’era nessuno in giro. L’unico che poteva accorgersi di me era Lui ma era troppo preso dai suoi tuffi e a giocare col cane ed inoltre i rami del salice mi facevano da tenda teatrale, nascondendomi quasi completamente a Lui… quasi! Il cane abbaiava felice mentre giocava con l’acqua e il suo padrone cercava un punto del torrente più profondo, forse per nuotare un po’. Però, ovunque si spostasse l’acqua non andava oltre le ginocchia. Fino ad allora lo avevo visto solo da dietro ma, dopo essersi sciacquato, rinunciando evidentemente all’idea di rimanere oltre nell’acqua fredda, si girò per tornare a riva e mi offrì il secondo colpo al cuore. Un bel fisico massiccio, scolpito dal lavoro, una pancetta appena accennata, tonda, liscia e tesa e un pube che sembrava un cespuglio di folti ricci neri. Da qui spuntava un pisello non grande, forse anche per via della temperatura dell’acqua, ma largo e ben piantato, che terminava con una bella punta, inguainata da un prepuzio che sgocciolava acqua come una fontanella. Era abbronzato con il segno del costume, evidentemente si esponeva ai raggi solari con lo “Speedo” che all’epoca era quasi l’unico costume acquistabile. Era sexy, attraente come mai nessuno fino ad allora…ricominciai a fremere per l’emozione, letteralmente tremavo come se avessi la febbre.
Uscito dall’acqua, cominciò ad asciugarsi, mi accorsi che aveva portato un vecchio asciugamano liso e iniziò a rivestirsi. Stava per infilarsi le mutande quando mi vide: mi gelai, colto sul fatto non ebbi la forza, la capacità e il tempismo di scappare, rimasi lì come un salame in attesa di quello che stava per accadere. Stringevo con forza sovraumana il manubrio della bici e mi accorsi che le nocche delle mani erano diventate bianche…se mi fossi riavuto dallo shock sarei saltato sul sellino e avrei pedalato a perdifiato più veloce della luce… invece rimanevo congelato a guardare, non potevo muovermi. Lui invece si mosse rapido verso di me, arrabbiato e cominciò a urlare …. ”Che cazzo ti credi di fare? Che guardi? Ora vengo lì e ti gonfio!!” Potevo ancora scappare ma non ce la facevo. Lo vedevo avvicinarsi rapidamente, farsi strada tra i rami del salice, anche il cane si era svegliato e, abbaiando furiosamente, si mise a correre verso di me. Mi sentii pronto a ricevere un sonoro ceffone, o forse più di uno, quando mi arrivò addosso, solo la bicicletta ci separava. Mi si piantò a neanche 20 centimetri dalla faccia, rosso in volto, di poco più alto di me mi torreggiava con evidente rabbia, mentre il cane mi abbaiava furiosamente senza però attaccare. Il tempo si fermò, almeno per me… mi sembrava di galleggiare in un limbo dove non sapevo che fare, che dire, come difendermi… come sottrarmi alla furia degli elementi!!! Lui alzò un braccio e pensai che mi stesse per schiaffeggiare, invece era il comando al cane di tacere e fu improvvisamente silenzio. Continuava a guardarmi rabbioso ma qualcosa lo aveva fermato… forse si accorse che ero poco più di un ragazzino, forse il fatto che non mi ero mosso lo aveva confuso …. rimanemmo fermi a guardarci negli occhi per un tempo che mi parve infinito finché … scoppiai a piangere! Senza preavviso, senza che mi rendessi conto che stava accadendo, cominciai a singhiozzare, senza freni, sempre più forte, le lacrime uscivano copiose e il petto era squassato dai singhiozzi, quasi non mi ricordo di un pianto più disperato di quello! Si, disperato, perché non era né la paura né la vergogna a farmi piangere. Era la strana e fino ad allora sconosciuta emozione che avrei poi provato di nuovo da grande. La consapevolezza di trovarmi di fronte all’oggetto dei miei desideri senza poterlo avere, e soprattutto la consapevolezza che non avrei potuto fare nulla per diventare io l’oggetto dei suoi desideri! Che stranezza, ero così piccolo eppure fu una folgorazione, in un momento, in quel preciso momento, realizzai che cosa significavano quei turbamenti che avevo provato in passato e, soprattutto, realizzai ciò che era ormai era diventato evidente. Mi accasciai al suolo, sentivo che come un pallone bucato mi stavo sgonfiando ed al tempo stesso cominciavo a sentirmi più leggero, più libero. Per pochi attimi scomparve tutto intorno a me, ero solo io ed il mondo, un mondo senza contorni, senza colori, senza vita. Durò poco, perché la tensione accumulata si sciolse rapidamente, cominciai di nuovo a vedere e a sentire ciò che mi circondava e una lingua che mi leccava la mano mi risvegliò completamente. Il cane stava cercando di farsi perdonare e ora tentava goffamente di tirare su il mio morale. Mi venne da ridere perché dovevo essere così ridicolo e mi voltai verso di Lui che era rimasto lì a fissarmi senza muoversi né parlare. Era ancora accigliato ma mi tese una mano per farmi rialzare. Mi lavai la faccia al torrente, bevvi acqua fresca e cercai refrigerio ai polsi e alle tempie…ero pronto a scusarmi e finalmente scappare via, lasciandomi alle spalle quella brutta figura, sperando solo di non incontrarlo mai più! Mi girai ma mi accorsi di essere rimasto solo col canuccio, che mi guardava accucciato vicino alla bicicletta. Vidi che Lui era tornato dove aveva i suoi abiti e si era già rivestito. Si girò a guardarmi, io alzai la mano per salutare e feci per andarmene quando mi chiamò “Dove vai? Che fai, scappi?... Dai, non ti faccio niente, vieni…ci facciamo una birra…anzi no, tu una coca che sei piccolo!”
Sembrava essere passata una infinità di tempo, invece era ancora presto, il pomeriggio si allargava lento davanti a noi. Rincuorato dal suo tono, fermo ma non più arrabbiato, mi avvicinai a Lui con il cane che scodinzolava contento dietro a me, forse felice perché aveva capito che regnava un’atmosfera di tregua, se non di pace. Lui mi fece strada verso una casetta dietro ad una recinzione sgangherata, mi aprì un cancelletto di fortuna, attraversammo un’aia con galline e l’immancabile gallo e arrivammo alla pergola a fianco a quella che sembrava una stalla, in realtà una rimessa di legno con dentro mangimi, attrezzi da lavoro, mobili vecchi e un soppalco da cui si intravedeva una coperta, forse un letto di fortuna. Non entrammo in casa, solo Lui andò a prendere da bere, io mi sedetti sulla panca dopo aver sistemato la bici vicino ad un muretto. Si sedette a cavalcioni sulla panca, stappò la birra e la coca cola e bevemmo dalla bottiglia senza parlare. Mi guardò ma non accennò a quello che era successo, mi chiese chi fossi, perché ero lì e io gli raccontai brevemente che ero in vacanza dai parenti nel paese lì vicino. Continuai, quasi in confessione, che ero il più piccolo dei cugini e che quindi stavo spesso da solo, che non frequentavo gli altri ragazzi del paese perché giocavano sempre e solo a calcio che a me non piaceva, e che avevo anche capito che neanche io piacevo a loro più di tanto. Fu questo evidentemente a colpirlo perché mi disse che neanche Lui frequentava nessuno del paese, che erano tutti scemotti senza cervello e che preferiva starsene per conto proprio. Inoltre per buona parte della giornata era impegnato con le incombenze della fattoria, innaffiare, curare l’orto e la vigna, dar da mangiare agli animali e preparare la cena alla zia che viveva lì ma lavorava come caposala nell’ospedale distante 80 chilometri da lì. I genitori erano separati e avevano cambiato città e Lui, ormai maggiorenne, non aveva voluto seguirli; si erano rifatti ognuno una nuova famiglia e Lui si sentiva un pesce fuor d’acqua con entrambi. Quell’estate sarebbe stato ospite dalla zia, fino ad ottobre, quando sarebbe partito per il servizio militare, all’epoca ancora obbligatorio. Le ore passarono e dovetti congedarmi per tornare a casa. Avrei dovuto pedalare un bel po’ e quindi mi alzai e, arrossendo, gli chiesi scusa per quello che era successo e fu l’unico accenno che facemmo alla cosa in tutto il tempo che fummo insieme. Lui non mi rispose, sembrò infastidito al solo pensiero ma mi disse che se volevo tornare il giorno dopo avremmo potuto stare insieme. Magari potevo anche rimanere a pranzo con Lui… se avessi lavorato e lo avessi aiutato. Ridemmo perché da ragazzino di città forse non avrei saputo neanche prendere in mano un rastrello ma gli dissi che avrei chiesto il permesso e che semmai ci saremmo visti il giorno dopo. E così fu, gli zii non ebbero nulla in contrario perché nei paesi non esistevano sospetti o malizie e quindi, la mattina dopo, fatta la colazione, inforcai la bicicletta e ripercorsi la strada del giorno prima. Lo trovai ad armeggiare con uno strano tipo di estintore…. mi spiegò che stava dando l’insetticida contro non mi ricordo quale animaletto ….. Era vestito come il giorno prima e mi sembrò ancora più bello. Ma non mi dette il tempo di perdermi nei miei pensieri, mi mise in mano una grossa scopa, un rastrello gigante e mi ordinò di strappare e raccogliere tutte le erbacce dell’enorme cortile della casa. Passai un’intera mattinata a lavorare, faceva un caldo terribile, mi tolsi la maglietta e continuai…era vero che il lavoro manuale faceva bene, non pensavo a nulla, facevo il mio dovere come un soldatino e mi sentivo felice. Avevo lavorato per lo più nascosto alla sua vista perché il cortile si estendeva soprattutto davanti alla casa e Lui invece lavorava nell’orto e nella vigna che ovviamente erano dietro, ma ad un certo punto riemersi dall’altro e tornai alla vista. Lui non si era accorto di quando mi ero tolto la maglietta e quando mi vide ebbe una strana espressione guardando il mio petto. Ho sempre avuto il complesso dei capezzoli grandi e delle tettine, tipiche del mangione, cosa di cui mi sono sempre vergognato. La sua espressione quindi mi fece vergognare ancora di più, stavo per rimettere la maglietta quando mi accorsi che Lui era scomparso di nuovo… faceva troppo caldo e decisi che lo avrei fatto solo dopo aver finito di lavorare. Avevo finalmente spazzato via le ultime erbacce (feci un lavoro impeccabile) che Lui arrivò al tavolo del giorno prima con una pentola fumante. Mi chiese di aiutarlo a prendere in casa piatti, bicchieri, posate etc., mentre Lui portava da mangiare al cane. Solo allora mi accorsi che si era fatta ora di pranzo e che ero affamato. Ci sedemmo a tavola, aveva preparato una quantità industriale di spaghetti al pomodoro, i più buoni che abbia mai mangiato…o forse così mi sembrarono perché li aveva fatti Lui e io, inoltre, ero affamatissimo!!! Non parlammo molto a tavola, Lui mangiava in silenzio e guardava avanti a sé, sembrava irrequieto, innervosito…io tacevo perché avevo paura di innervosirlo ancora di più!
Il caldo era una cappa sopra di noi, regnava il silenzio interrotto solo dal vento tra i rami degli alberi. Si girò verso di me e mi disse che avevo fatto un bel lavoro, Lui pure aveva finito con le incombenze giornaliere e che se lo aiutavo a lavare i piatti ci saremmo riposati un po’ al fresco. Ci alzammo e ci dirigemmo in cucina, sistemammo tutto e mi portò nella rimessa, salimmo sul soppalco e scoprii che c’era un vecchio materasso di crine con una coperta che lui usava come giaciglio di fortuna. Si tolse le scarpe e la canottiera e si sdraiò invitandomi a fare altrettanto. Timidamente, con il cuore in gola mi accinsi a sdraiarmi, Lui aveva già gli occhi chiusi ed il respiro regolare. Piano piano mi sdraiai accanto a Lui, rimanendo fermo il più possibile come un baccalà! Il materasso era grande appena da accoglierci in due e stavamo vicini, molto vicini. Non riuscivo neanche a chiudere gli occhi, immobile guardavo il cielo dalla finestra sopra di noi …. intanto cominciavo a sentire il calore del corpo accanto al mio ed il suo odore….un odore di maschio, di sudore e sapone insieme, pungente ma gradevole. Lui si girò su un fianco, dandomi la schiena e allora, deluso, feci altrettanto e cercai di dormire. Poi, dopo un tempo che credetti infinito, lo sentii girarsi di nuovo…stavolta sul fianco rivolto verso di me, sentivo il suo fiato caldo solleticarmi il collo ed un suo piede sfiorò il mio. Ero pietrificato, …. Non volevo muovere un solo muscolo perché avrebbe potuto allontanarsi…. respiravo a fatica, faceva caldo ma tremavo. Lui parve accorgersene ma non disse nulla. Si avvicinò di più, ora sentivo il suo corpo aderire al mio e …. Mi mise un braccio intorno alle spalle. “Hai freddo?” mi sussurrò …. “Eppure fa un caldo terribile!”. Senza trovare parole di risposta, non me ne vennero in mente nessuna, mi avvicinai ancora di più a Lui, accoccolandomi su di lui. Fu un momento meraviglioso perché passò l’altro braccio sotto il mio corpo, mi strine a Lui ancora di più e mi baciò il collo. Non lo dimenticherò mai, fui percorso da una corrente elettrica di immane potenza ed al tempo stesso sentivo che il mio corpo si rilassava completamente, che la mia mente si liberava di ogni pensiero. Mi abbandonai a Lui ed ebbi solo il coraggio di prendere una sua mano ed intrecciarla alla mia. Questo gesto lo incoraggiò perché comincio a baciarmi con maggiore vigore il collo, la nuca, la testa, mi mordicchiò il lobo di un orecchio mentre i suoi piedi si intrecciavano ai miei. Ci strusciavamo corpo su corpo e io lo lasciavo fare, rispondevo ai suoi movimenti…cominciai a sentire le sue mani toccarmi sui fianchi, le braccia …. Pur essendo la prima volta che avevo un contatto con un altro ragazzo, mi venne naturale assecondarlo, la paura e la vergogna mi avevano completamente abbandonato, una sensazione di caldo mi aveva invaso e sentivo solo il desiderio di toccare e baciare quel ragazzo meraviglioso. Mi girai piano verso di lui e finalmente ci guardammo in faccia…Lui era teso, preoccupato, quasi non riusciva a sostenere lo sguardo …. io presi coraggio e lo abbracciai forte a me, ricambiai i baci sul collo e lentamente mi avvicinai alla sua bocca. Chiusi gli occhi come avevo visto fare al cinema e le labbra si sfiorarono. Rimasero immobili, eravamo entrambi impauriti ma la voglia ci spinse oltre. Le labbra si sigillarono tra loro, e piano piano cominciarono a schiudersi. Mi venne naturale spingere la lingua in fuori, con la punta toccai i suoi denti, quella meravigliosa chiostra di perfetti soldatini bianchi che non avevo ancora avuto la fortuna di vedere aprirsi in un sorriso. Lui sospirò, apri la sua bocca un po’ di più e senti la sua lingua farsi strada nella mia bocca. A quel punto fu un’esplosione dei sensi, le bocche si fecero più voraci, le lingue si contorcevano come serpenti, le mani si strinsero più forti e sentii il suo bacino premere sul mio. Aveva preso coraggio, si fece più audace e mi mise supino, mi tolse la maglietta, rimase incantato a guardare i miei capezzoli e cominciò a baciarmi le tette mentre le mani le strizzavano. Io cominciai ad accarezzargli la testa e le spalle, non potevo credere alla fortuna di fare l’amore con quel ragazzo bellissimo che intanto mi copriva di baci. Gli presi la testa tra le mani e lo baciai di nuovo in bocca, lui fece fare ma era eccitatissimo. Si mise in ginocchio a cavalcioni su di me e potei ammirare il suo busto perfetto in tutta la sua bellezza, lo accarezzai e mi prese le mani per guidare il mio tocco. Mi alzai per baciare anch’io i capezzoli e l’odore del suo corpo mi investì di nuovo in tutta la sua potenza, volli poggiare la lingua sulle gocce perlate del suo sudore e lo leccai sul collo, sul petto e nelle ascelle. Un sapore meraviglioso…che avrei poi ricercato per il resto della mia vita. Mi fermò di scatto, mi fece di nuovo sdraiare la schiena sul materasso e sempre a cavalcioni mi fissò! Ebbi paura che volesse fermarsi ma in realtà mi voleva guardare … il suo respiro ero grosso dall’eccitazione, sembrava un lupo affamato ed io ero ben lieto di essere il suo agnellino, volevo essere la sua vittima sacrificale! Gli sorrisi per incoraggiarlo e fu allora che lo vidi per la prima volta sorridere, con estrema dolcezza mi guardò negli occhi e le sue labbra si schiusero sul più bel sorriso che avessi mai visto. Mi prese le mani e me le baciò e senza staccare i suoi occhi dai miei, portò la sua mano sulla sua patta. Era la prima volta che toccavo un uomo in mezzo alle gambe e rimasi stordito da quello che sentii. Quello che sembrava un piccolo rigonfiamento era in realtà duro e palpitante … preso dall’eccitazione afferrai la cerniera lampo e aprii la patta e vidi il cotone delle sue mutande teso allo spasimo. Lui scese dal materasso e guardandomi, in silenzio, si spogliò per me…si tolse tutto e rimase nudo davanti a me. Il corpo che il giorno prima avevo visto nudo da lontano era ora nudo davanti a me, a pochi centimetri da me! Stavolta però il suo pisello non era moscio ed inerte tra le cosce, ma si ergeva dritto come un tronchetto. Mi spogliò con estrema delicatezza, togliendomi i pantaloncini, le mutande ed i calzini. Misi una mano sugli occhi perché mi vergognavo del mio corpo acerbo e del mio pisellino che sfigurava in dimensione rispetto al suo ma lui me la spostò invitandomi a guardarlo. La visione era meravigliosa e non potetti fare a meno di cominciare a toccarlo. Rimase in piedi e io mi misi seduto sul ciglio del letto improvvisato, la mia testa arrivava all’altezza del suo pube, lo guardai dal basso e vidi di nuovo il suo sguardo da lupo famelico. L’odore dei suoi genitali mi colpì forte … era inebriante e avvicinai il naso ai peli del pube, lucidi di sudore. Lui sospirò, mi prese la testa e me la avvicinò di più, il suo cazzo sbatteva sul mio collo e io afferrai il suo perfetto sedere con le mani e spinsi il suo corpo verso di me. Sentii un piacere immenso percorrermi il corpo e come una marionetta senza più volontà autonoma cominciai a baciare quei peli… la lingua si sporse per percorrere tutte le linee di quel triangolo meraviglioso, ovunque si muovesse trovava odori e sapori sempre più intensi. Percorsi il contorno del pisello fino alla punta, ancora chiusa dal prepuzio che però si stava ritirando sul glande che palpitava di eccitazione. Si era imperlata di un nuovo liquido vischioso, trasparente ed un nuovo profumo si aggiungeva all’orgia olfattiva che si scatenava nelle mie narici. Raccolsi quella goccia di nettare sulla punta della mia lingua e fu allora che lui, ormai in preda ad una eccitazione violenta, mi prese la testa e infilò il suo cazzo nella mia bocca, fino alla radice. Succhiai avidamente e sentii la cappella occupare ogni spazio … dal palato alla mascella e cominciai a muovere la testa avanti ed indietro. Mi fermò, uscì dalla mia bocca e lo guardai spaventato “Ti ho fatto male?” “No, è bellissimo ma sono troppo eccitato, mi sento mancare le gambe” e si sdraiò di nuovo accanto a me. Stava riprendendo fiato e io, eccitato ed impaurito al tempo stesso, rimasi immobile per paura di infastidirlo. Mi prese la mano, la baciò e girò la testa verso di me e di nuovo quel sorriso che mi faceva sentire molle di piacere si stampò sul suo viso. “Non ho mai provato nulla del genere, da ragazzino ho fatto giochini con gli amichetti del paese ma non pensavo che potesse essere così bello tra due maschi! Sei bellissimo”. Lo fissai negli occhi e mi sentii sciogliere di orgoglio “Nessuno mi aveva mai detto una cosa così bella…per me è in assoluto la prima volta che bacio qualcuno e che faccio l’amore, credo che si dica così…non ho mai fatto nulla con nessuno!!” risposi.
Un tuono potente ci scosse e ci interruppe e in una manciata di secondi venne giù un temporale estivo di grande potenza. La finestra sopra di noi era in realtà solo un buco nel tetto e ci dovemmo sbrigare a prendere le nostre cose, il materasso e la coperta per evitare di farle inzuppare. Scendemmo sotto il soppalco mentre la pioggia infuriava, la temperatura scendeva rapidamente, succedeva spesso che i pomeriggi di sole venissero interrotti da una sfuriata passeggera quindi ci accoccolammo dentro la coperta nell’unico punto dove la pioggia non poteva raggiungerci e aspettammo la fine del temporale. Ci guardammo e scoppiammo a ridere, felici di stare l’uno nelle braccia dell’altro e così rimanemmo per tutto il tempo della pioggia. Durò poco e spuntò di nuovo il sole ma la rimessa era tutta bagnata ed il soppalco fradicio di pioggia. Riparandoci con la coperta per non farci bagnare dalle ultime gocce, attraversammo il cortile ed entrammo nudi in casa, avevamo avuto giusto il tempo di infilarci le scarpe per non dover sguazzare nel fango! Eravamo infreddoliti e anche se il sole tornò a brillare nel cielo eravamo ormai a metà pomeriggio e l’aria non si sarebbe scaldata più di tanto. Quindi ci avvicinammo al camino della sala più grande della casa e lui accese il fuoco. Era quasi surreale, Lui nudo con gli stivali ai piedi si muoveva sicuro con rami, tronchi e accendino mentre io, seduto sul tappeto, lo guardavo affaccendarsi intorno alle prime scintille del camino. Aspettammo seduti vicini che le fiamme prendessero corpo, sempre imbaccellati nella coperta, sempre nudi. Ci togliemmo le scarpe e avvicinammo i piedi alle prime timide fiamme e sentii che aveva i piedi gelati. Mi fu naturale prenderli in mano e strofinarli per riscaldarli. Era la prima volta che toccavo i piedi di un altro uomo, mi avevano da sempre attratto e mi fu naturale baciarli. Sapevano di cuoio, di sudore, emanavano l’odore aspro che non era affatto sgradevole, anzi quell’odore mi eccitò e volli leccarli. Lui si abbandonò sulla schiena e mi fece fare, anzi sembrava gradire moltissimo il tocco delle mie mani e della mia lingua sulle sue estremità. Sospirava di piacere ed il suo pisello, tornato moscio dopo la pioggia, cominciò a risvegliarsi. Si sedette e ricominciò a baciarmi, sulla bocca, sul collo, di nuovo la lingua esplorava la mia bocca e le sue mani ripresero a toccare le mie tette, i cui capezzoli erano duri di eccitazione. Mi abbracciò e mi spinse sul suo corpo, lui supino ed io sopra di lui e fu allora che le sue mani cominciarono a toccare e a pizzicare il mio sedere. “Com’è morbido, sembra gommapiuma e la tua pelle è così …. Come posso dire… così … sembra seta, o velluto!”. Mi avvinghiai di più a lui e la sua mano scese più in basso verso il buchetto e sentii un dito che cominciava a massaggiarlo. Non mi ritrassi, lo feci fare senza fermarlo anche se non capivo che stesse facendo perché non avevo mai pensato che quel buchetto potesse ricoprire un qualche interesse … Nella mia testa era un orifizio che aveva un’unica funzione e neanche una delle più nobili!! Baciandomi sempre più avidamente, spinse il suo dito un po’ di più ma il mio buchetto era sigillato, sembrava non volesse sapere nulla di quello che stava accadendo. Lui allora mi girò delicatamente e mi stese a pancia in giù e cominciò a baciarmi la schiena, le spalle…scendendo sempre di più fino a che non sentii la sua bocca posarsi proprio lì, in mezzo alle mie natiche. Immagino diventai rosso di imbarazzo perché sentii il volto avvampare ma Lui non poteva accorgersene. Fu una sensazione rapida perché sentii subito la punta della sua lingua passare sull’ano e sulla fessura del sedere. Mio Dio, che sensazione meravigliosa, fui percorso da una scarica elettrica per tutto il corpo e mi sentii sciogliere qualcosa dentro. Il piacere fu enorme, chiusi gli occhi e mi sentii rilassare tutti i muscoli. Mi resi conto che il buchetto cominciava ad aprirsi e che, pian pianino, la sua lingua si faceva strada all’interno. Cominciai a gemere di piacere, alzai il bacino per offrirgli una migliore visuale del mio sedere ed, incoraggiato dal mio gesto, cominciò a leccare sempre più avidamente. Non fu solo la legna che aveva preso a scoppiettare felice nel camino a scaldarmi il corpo, ma quei sapienti colpi di lingua mi stavano letteralmente mandando in orbita. Sentii allontanarsi il viso dal sedere e fu la volta di un oggetto appuntito a strofinare il buchetto: aveva appoggiato il glande al sedere e cominciava a strofinarlo su e giù, con grande godimento di entrambi. Volevo il suo pisello di nuovo in bocca, non resistevo più, mi girai e cominciai a succhiarlo con voracità, lo volevo a tutti i costi e soprattutto volevo rendergli il piacere che mi aveva appena regalato. Questa volta non fece in tempo a toglierlo e lo sentii esplodere nella mia bocca. Fu una sorpresa per entrambi ma non interrompemmo l’attimo. Mi riempì la gola di vari fiotti di crema calda, bianca ancora più profumata e saporita delle gocce che erano comparse all’inizio del nostro piacere. Io ingoiai tutto e inaspettatamente sentii anche il mio pisello agitarsi e venire. Ansimanti, sudati e completamente stravolti dal piacere ci abbandonammo sul tappeto davanti al camino, lui mi prese delicatamente e mi fece mettere la testa sul suo petto e abbracciati, avvinghiati l’uno all’altro, ci addormentammo!
FINE DELLA PRIMA PARTE!
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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