Lui & Lei
La collega indisponente
di Viaggiante
07.05.2023 |
9.643 |
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"Forse non sono l’unica a doversi fare una scopata, secondo me hai parecchi arretrati!”..."
Con quella collega non c’era mai stata gran simpatia. Lavoravo in quell’azienda già da una decina d’anni quando fu assunta in Amministrazione, e col tempo si era fatta sempre più invadente con le sue rigide puntualizzazioni, che contrastavano con la mia maggiore flessibilità nei confronti del cliente: da commerciale, tendevo a gestirlo con più comprensione ed empatia e non a trattarlo come una partita doppia.A quel tempo Paola aveva sui 38-40 anni, sposata da venti, curve morbide, leggermente appesantite da un paio di gravidanze.
Ancora relativamente giovane, mi dava l’idea di subire la frustrazione di un matrimonio ormai sfilacciato dal tempo. Un marito assente per lavoro almeno 2 o 3 settimane al mese, due figli ormai adolescenti.
Fin da subito la sua asettica precisione prese a scornarsi con il mio approccio “artistico”, che lei definiva “naif”, con connotazione non certo positiva.
Cercavo di difendermi da questa reciproca antipatia limitando al minimo i rapporti: scrivevo email concise o scambiavo poche battute sintetiche.
L’apice della tensione ci fu un giorno di Dicembre: le scadenze amministrative del periodo la resero particolarmente nervosa. Quella volta lo ero anch’io, ed una semplice schermaglia si trasformò velocemente in un diverbio ad alto volume, che catturò l’attenzione dei colleghi.
Entrambi ci accorgemmo della poca opportunità di proseguire con quel registro, consapevoli, comunque, di non poterne adottare uno diverso in quel concitato momento.
Paola pensò bene di troncare la discussione, ma prima di farlo mi si avvicinò all’orecchio e mi sussurrò: “Vai a fare i bocchini!”, prima di girarsi ed andarsene.
“Quella è materia tua” le risposi ad alta voce, guardandola di spalle mentre si allontanava velocemente lungo il corridoio.
Per un paio di settimane ci incrociammo nei corridoi senza guardarci in faccia, poi ci fu un evento che ci costrinse ad un bizzarro faccia a faccia: la cena aziendale di Natale.
I colleghi avevano avvertito la tensione fra noi e per mediare una riappacificazione avevano pensato ad uno scherzetto: orchestrarono il tutto facendo in modo che lungo la tavolata io e Paola ci ritrovassimo proprio uno di fronte all’altra.
Io cercai di nascondere un po’ di imbarazzo con battutine ricolme di bontà natalizia, mentre lei reagì immediatamente con rabbia, chiedendo di cambiare posto.
La decisione dei colleghi più anziani la dissuasero, o meglio, la costrinsero a ingoiare il boccone amaro!
Dopo aver brindato ai successi dell’anno appena trascorso ed augurandoci quelli a venire, bevemmo il flûte di benvenuto incrociando i nostri sguardi incarogniti, solo parzialmente nascosti dal vetro del bicchiere.
Durante antipasti e primi piatti non ci rivolgemmo la parola, fingendo interesse per i discorsi dei nostri vicini di tavola.
A partire dalla seconda parte della cena Paola non riuscì a trattenere il suo pungente sarcasmo intromettendosi con una battuta in un discorso che mi riguardava. Il frastuono della tavolata, ormai rumoreggiante, la coprì. Feci finta di non aver udito.
Quando, pochi minuti, dopo non risparmiò un’altra battuta, non riuscii a trattenermi e le risposi seccamente.
I nostri vicini stavano parlottando fra loro e fortunatamente nessuno di loro capì quel che stava succedendo.
Ormai ero partito e rilanciai, sempre con tono misurato, per non attirare attenzione.
Le feci notare con artificioso garbo quanto certi suoi comportamenti fossero totalmente inadeguati fra colleghi, terminando le mie frasi con una chiosa acidissima: “Mi sembri un po’ troppo sotto stress ultimamente, prova a farti una bella scopata, ti posso garantire che aiuta!”.
Sembrò molto offesa, si alzò senza guardare nessuno, avviandosi verso il bagno.
La cena scivolava verso la conclusione, lasciando spazio all’intrattenimento musicale di un duo che spesso concedeva il microfono alle velleità canore dei presenti, sempre più alticci.
La tavolata era ormai scomposta, molti partecipanti lasciavano il proprio posto per cambiare il compagno di chiacchere, qualcuno si dirigeva verso il palchetto per tifare il cantante di turno.
Eravamo ormai rimasti l’ultimo gruppo all’interno del ristorante, l’unico con intrattenimento musicale. Di lì a poco la cena terminò, non senza sollievo da parte mia. Decisi di risparmiarmi l’ultima parte di un patetico karaoke e dirigermi verso casa, non prima di fare un passaggio in bagno.
Notai diversi colleghi in fila per i bagni e decisi di andarmene al piano superiore, dove n’era presente uno più piccolo, ma meno frequentato. Al piano superiore la cena era ormai conclusa e la donna delle pulizie stava già pulendo il bagno femminile, avendone interdetto l’accesso con il manico dello scopone, di traverso da stipite a stipite.
Entrai nell’anti-bagno maschile. Paola si stava lavando le mani, alzò lo sguardo, mi vide dallo specchio ed inizio a sparare il suo solito amaro sarcasmo condito da una insolita tendenza all’utilizzo di espressioni volgari, spinte dalla ormai evidente sbronza.
“Io sarò anche stressata, come dici, ma tu hai passato tutta la sera a fare la mammografia ai tettoni di Barbara ed a guardare il culo di Sonia. Forse non sono l’unica a doversi fare una scopata, secondo me hai parecchi arretrati!”.
Era vero: Barbara, mi aveva colpito con una insolita scollatura, che aveva rivelato ricchezze fino a quel momento nascoste. Sonia aveva attirato la mia attenzione indossando un ridottissimo perizoma sotto ad un pantalone molto attillato. L’evento festoso e ludico aveva risvegliato in loro istinti esibizionistici inattesi.
Il fatto che Paola avesse notato i finecorsa del mio sguardo inquieto non mi infastidì, né mi mise in imbarazzo. Al contrario, verificare che aveva indovinato la piega dei miei pensieri mi procurò immediata eccitazione: l’attenzione che aveva dedicato a decifrare i miei movimenti sottolineava la nostra reciproca presenza sulla stessa lunghezza d’onda, per la prima volta da quando ci si conosceva. Distolti dal contesto e dagli argomenti lavorativi, pareva avessimo finalmente trovato un florido prato nel quale pascolare in comune.
Finalmente libero dalle orecchie altrui e pure io corroborato dal vino della cena, risposi a tono: “Ma senti un po’ chi parla!! Dalla voglia di uccello che ti ritrovi sei finita pure nel bagno degli uomini!!”
“Come no!” rispose, “è tutta la sera che uso questo bagno, ma di uccelli non ne ho ancora visti. Tutti trombatori a parole!!”.
Questa frase non lasciò più margini di manovra al mio orgoglio maschile.
Mi voltai per chiudere a chiave della porta dell’antibagno, mentre con l’altra mano mi tirai fuori velocemente il cazzo… “Me lo vuoi portare a pisciare, oppure ne sai fare un alto utilizzo?” le dissi avvicinandomi…
Lei nient’affatto turbata dalla scena, continuò a guardarmi negli occhi mentre avanzavo.
Arrivato ad una spanna da lei, sentii il contatto fra la sua mano ed il mio sesso.
“Dipende”, mi disse cominciando ad accarezzarlo, mentre prendeva velocemente vita…”mhh … mi sembra che non ti piacciamo solamente le tette di Barbara ed il culo di Sonia…”
Buttai una mano fra le sue cosce, cercando di farmi largo tra la gonna, e Paola l’accolse con favore, allargandole leggermente per facilitarne la risalita.
Giunto al suo nido caldo, cominciai ad accarezzarla con energia, da sopra le calze e gli slip, mentre lei cominciava a segarmi, guardandomi negli occhi senza perdere il suo piglio accigliato.
Dopo pochi istanti sentii le calze inumidirsi. Cercai un accesso da sopra e vi tuffai la mano. La figa di Paola si stava sciogliendo in un lago caldo, le mie dita venivano facilmente fagocitate dalla sua dilatazione.
“Lo sapevo che eri un gran porco!”, mi disse cercando di mantenere un tono energico alla sua voce, ormai rotta dall’eccitazione.
“Tu credi?” risposi sfilando la mia mano dai suoi slip e spingendo la sua nuca verso il basso.
Per un attimo temetti di aver rovinato tutto… il mio gesto era stato forse un po’ troppo energico, al limite della violenza.
La mia titubanza durò poco: Paola si fece chinare ad altezza di uccello e, consapevole delle mie intenzioni, alzò lo sguardo per cercare il mio, mentre apriva la bocca.
Non fece alcuna mossa di avvicinamento al mio cazzo: si limitò a spalancare le labbra a pochi centimetri dalla cappella, mentre mi fissava quasi a sfidarmi.
Ovviamente il copione era già tutto scritto: affondai il cazzo nella sua gola, afferrandole la testa con entrambe le mani, e cominciai a pompare.
Lo feci con parecchia energia, e lei, quando riusciva, non mancava di posare i suoi occhi sui miei. Ogni tanto lo tiravo fuori per farla respirare, ma dopo un paio di boccate di ossigeno Paola si ributtava sul mio cazzo fino alle tonsille. Con due o tre spinte violente del collo invitava il mio movimento pelvico a rispondere al fuoco, che non tardava a farlo, prima della tregua successiva.
Ad un certo punto notai che la sua mano era affondata nelle sue mutande e si stava masturbando con la stessa foga con la quale io le stavo scopando la bocca.
La scena mi incattivì ulteriormente: la raffica di colpì si fece ancora più violente e prolungata. Il suo volto si fece paonazzo, le tolsi l’uccello di bocca temendo di soffocarla e proprio in quel momento notai che stava avendo un orgasmo intenso. Paola finì di godere leccandomi le palle.
“Non pensare che abbia già finito” le dissi facendola alzare e girare verso lo specchio. La piegai sul lavandino alzandole la gonna, mentre lei anticipava il suo destino abbassandosi calze e slip. Il mio uccello duro trovo facilmente la strada verso la sua fessa calda e bagnata. Prendendola da dietro mi concentrai sulle sue pallide chiappe che tremolavano nel ricevere i miei colpi.
Alzando lo sguardo, incontrai di nuovo il suo, attraverso lo specchio.
Sembrava compiaciuta di guardarmi ansimare: ora era lei a sentirmi nelle sue mani mentre la penetravo.
“Non venirmi dentro, sono in ovulazione” mi disse vedendomi ormai prossimo all’orgasmo.
Fu accontentata. Dopo qualche altra spinta me ne uscii di colpo, lei capì e vi si fiondò di nuovo di bocca, chinandosi rapidamente.
Nello sborrarle in bocca mi scaricai di mesi di bisticci e nervosismi: tutto il nostro astio si era tramutato in sperma caldo, che io le stavo donando copiosamente e che lei stava bevendo avidamente.
La catarsi del gesto si rivelò tale nei mesi a seguire.
Le nostre diverse modalità lavorative smisero di contrastarsi ed iniziarono a compenetrarsi.
Talvolta scopiamo ancora.
Di solito avviene durante l’ovulazione.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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