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Lui & Lei

Impegno fuori sede


di vicnick01
05.07.2019    |    3.168    |    7 9.4
"Poco passo’ e mi prese la mano, si giro’ verso di me continuando a parlare..."
Qualche tempo fa mi trovai a Genova per un incarico professionale. Dovevo passare li’ alcuni giorni e, per comodita’, decisi di non tornare a casa tutte le sere ma fermarmi sul posto.
Trovai un hotel abbastanza centrale e, dopo il lavoro, mi recai nella mia stanza. Poco dopo , mentre ero sotto la doccia, squillo’ il telefono. Era il portiere che mi avvisava che un uomo mi stava cercando e mi stava aspettando nella hall.
Me lo feci passare e scoprii che si trattava di un vecchio conoscente che, vistami entrare in albergo, mi aveva contattato per salutarmi.
“Hai gia’ progetti per cena ?” mi chiese. Al che, sinceramente, risposi che non avevo alcun programma e pensavo solo di mangiare qualcosa nei dintorni e poi tornare in camera a sbrigare un po’ di corrispondenza.
“Ti aspetto qui giu’ per le 20.30. Ti porto a vedere Genova” intimo’ piu’ che proporre. Risposi che andava bene. E’ abbastanza squallido dormire in albergo da sola. Se potevo evitare di cenare ad un tavolo singolo, tanto meglio. E poi Andrea era una persona spiritosa ed intelligente, Ed anche abbastanza interessante, inutile negarlo.
Terminai di lavarmi e mi accinsi a prepararmi. Mi pettinai, truccai e decisi cosa indossare per la cena. Non avevo molta scelta. La mia valigia non prevedeva altro che abiti formali per il lavoro e per una eventuale cena di lavoro. Riuscii comunque ad abbinare i capi che mi ero portata. Una gonna a tubo, ovviamente nera, lunga poco sopra il ginocchio, una camicetta bianca con il colletto sulla quale posi una sottile cravatta di pelle, scarpe nere eleganti con il consueto tacco 12 e, sopra, una giacca, anch’essa nera, allacciata con un bottone in vita, L’intimo era essenziale: tanga nero. Niente reggiseno (non l’ho mai portato) ne’ calze essendo ancora abbastanza caldo. D’altronde questa estate avevo goduto di una buona abbronzatura e le gambe non erano completamente bianche. Una pochette nera completava il tutto. I capelli, dopo la doccia, erano vaporosi e soffici ma, soprattutto erano … rossi.
Alle 20.15 scesi nell’atrio e, non essendoci ancora Andrea mi sedetti su una poltrona nella hall. Posai la borsa e la chiave della camera su un tavolino, presi una rivista ed incomincia a sfogliarla. Dopo un po’ mi accorsi, con la coda dell’occhio che c’era una persona che da una poltrona di fronte mi stava fissando. Alzai lo sguardo ed incrociai quello di lui. Era un bell’uomo, piu’ giovane di me, alto, bruno con due occhi chiari che spiccavano nell’abbronzatura del viso. Mi fece un cenno di saluto al quale, per educazione, risposi con un cenno. Stava per alzarsi quando dalla porta intravvidi Andrea in arrivo. Mi alzai, presi la borsa e mi diressi all’ingresso. Passando vicino al tizio lo salutai con un “Buona serata” e proseguii. Andrea mi accolse con un caloroso abbraccio e con baci sulle guance. Poi mi fece strada, tenendomi per il gomito, fino alla sua vettura.


Terminata la cena erano gia’ le 23. Andrea mi propose di andare in qualche locale a prendere un gelato o altro ma cortesemente rifiutai. Ero sazia ed avevo gia’ bevuto abbastanza. “Allora ti devo far conoscere meglio Genova” affermo’ come se, in tanti anni, non avessi mai avuto l’occasione di girare tra le sue strade ed i suoi vicoli. Comunque accettai e ci dirigemmo alla vettura. Salimmo ed Andrea si diresse verso il centro. “So che Genova la conosci, ma l’hai mai vista di notte dall’alto ?”. Ammisi che effettivamente una vista cosi’ non mi era ancora capitata. Acconsentii, quindi, a tale escursione.
Prese una strada che si dirigeva verso le alture e, salendo in modo ripido, in pochi minuti incominciai a scorgere le luci della citta’ in basso. “Questo e’ niente, vedrai tra poco quando saremo piu’ in alto” disse “ti porto in un posto che si chiama Righi. Vedrai che spettacolo”. In pochi minuti arrivammo in cima alla collina. C’era un breve pezzo di strada non asfaltata che portava su uno spiazzo contornato da arbusti che aggettava direttamente sulla citta’. Genova era li sotto con tutte le sue luci, le case, la Lanterna sulla destra che occhieggiava ad intervalli costanti, le navi nel porto e un grande mare nero che arrivava all’orizzonte.
Scendemmo ed Andrea incomincio’ ad indicarmi i vari luoghi che conoscevo e che, a difficolta’ intravvedevo tra le mille luci e le ancor piu’ numerose ombre. Ad un certo punto mi colse un brivido. “Hai freddo ?” mi chiese Andrea, mi passo una mano sulla spalla e mi strinse a se’. “Entriamo in macchina che si vede bene anche da li’”. Rientrammo. Andrea accese il motore ed aziono’ il riscaldamento. La macchina era gia’ calda ed in breve un buon tepore si impadroni’ dell’abitacolo.
Incominciammo a parlare ed io riscopersi Andrea per quello che mi ero ricordata. Una persona gradevolissima ed attraente. Poco passo’ e mi prese la mano, si giro’ verso di me continuando a parlare. Con l’altra mano mi accarezzo’ il viso e passatala dietro la nuca avvicino’ la mia testa alla sua. Fu facile scambiarci un leggero bacio. Prese la mia testa con le due mani e si avvicino’ ulteriormente. Il piccolo, leggero bacio divenne qualcosa di piu’ ardente. Le sue labbra cercavano le mie, la mia lingua cercava la sua. Le bocche si incollarono in un lungo bacio.
Continuando con le labbra unite, sentii la sua mano provare a sbottonare l’unico bottone della giacca. Mi scostai da lui leggermente e lo aiutai. Sganciato il bottone, mi tolsi la giacca e la buttai sul sedile posteriore. Le mani di Andrea si stavano industriando a levare dalle asole i bottoni della camicetta. Prima uno, poi l’altro, poi l’ultimo si sganciarono. Infilo’ le mani dentro l’apertura e scosto’ i lembi. Forse non si aspettava che fossi senza reggiseno. Quando se ne accorse afferro’ entrambi i seni con le mani ed inizio’ a palparli e massaggiarli come se non ne avesse mai visti cosi’. E’ vero che ho due bei seni, belli sodi e corposi ed e’ anche vero che mi piace moltissimo che siano apprezzati con vista e tatto ma non mi aspettavo una reazione cosi’ … furiosa. Stacco’ la bocca dalla mia e la attacco’ prima ad un capezzolo e poi all’altro in una frenetica sarabanda. Il mio capezzolo, che di solito e’ timido e morbido, inizio’ con tale cura ad ergersi ed indurirsi. E piu’ si evidenziava, piu’ Andrea lo succhiava e mordicchiava. Era una attivita’ che mi faceva mancare il fiato. Incominciai a respirare piu’ profondamente e ricambiare le sue attenzioni accarezzandogli la testa ed il collo.
Trovo’ la leva del sedile e lo abbasso’. Non era orizzontale ma potevo allungarmici bene. La mano di Andrea incomincio’ ad esplorare le mie ginocchia risalendo lentamente sulle gambe. Mi accarezzava le gambe spostandosi verso l’interno. Con delicatezza una mano invito’ le mie gambe a dischiudersi ed io, prontamente, risposi allo stimolo allargandole leggermente. La sua mano risali’ ancora fino a trovare un piccolo cordino di stoffa che si annegava in una selva di peli. Lo estrasse dalla fessura e, al suo posto, fece scorrere il suo dito. Dall’alto in basso, dal mio pisellino (come lo chiamo io) fino allo sfintere anale. Continuo’ cosi’ per un po’ fino a che mi resi conto che, cosi’, con la gonna stretta non sarebbe riuscito a proseguire. Le gambe, per quanto dischiuse, non permettevano altro. “Aspetta che mi tolgo la gonna” dissi. In pochi attimi camicia e gonna fecero la fine della giacca. Sul sedile posteriore. Il tanga fini’ ai piedi dopo averlo scalciato via. Mi riaccomodai e le mani di Andrea ricominciarono l’esplorazione. Una del mio seno, l’altro delle profondita’ della vagina. Sentii le dita che accarezzavano il clitoride, poi si insinuavano nella vagina. In superficie e poi piu’ in profondita’. Prima fu un dito poi due, poi persi il conto. Mi sentivo aperta e penetrata ma non erano spasimi di dolore ma di felicita’ . Andrea voleva portarmi a godere ma io non potevo lasciarlo da solo. Incominciai ad armeggiare con la sua cintura, la sgancia, abbassai la zip e gli feci scendere i calzoni sulle gambe. Infilai la mano nei suoi slip e trovai un bel cazzo gia’ particolarmente gonfio. Lo tirai fuori dagli slip e mentre Andrea scalciava via calzoni e slip lo catturai ed incomincia a segarlo. Mentre Andrea continuava ed io mi impalavo sulle sue dita (non so quante ne avesse: due o tre erano nella vagina, due nel sedere ed altre mi accarezzavano il clitoride) le mie mani accarezzavano i testicoli, tutta l’asta e la cappella; abbassavano la pelle sul glande e, con il polpastrello, toccavo il canale dell’uretra. “Fai lentamente, altrimenti vengo subito. Voglio far durare questi momenti di piu’. Non mi interessa solo scoparti. Voglio che tu goda prima accarezzandoti con la mano e dopo di nuovo con il mio cazzo dentro”. Gia’ quelle parole mi avevano dato i brividi. Allargai ulteriormente le gambe ed aiutai Andrea ad infilare le dita piu’ in profondita’ favorendo la penetrazione con movimenti delle anche e delle gambe. Volevo che mi infilasse il suo cazzo dentro ma volevo anche che durasse ancora. Altri uomini che avevo avuto, quando infilavano il loro cazzo dentro di me, difficilmente resistevano a lungo. In men che non si dica se ne venivano ed io rimanevo insoddisfatta. Non volevo rischiare anche questa volta che si presentava ottimale da questo punto di vista. Andrea proseguiva ad esplorare la mia fica ed io a masturbare il suo cazzo. Andammo avanti per un po’ poi cambiammo posizione. Io mi inginocchia sul sedile allungato con il viso sul poggiatesta ed il culo in alto. Andrea mi venne dietro e continuo’ ad infilarmi dita dentro la fica leccandomi nel frattempo anche il buco del culo. Dopo poco movimenti incontrollati mi stringevano la fica sulle sue dita mentre mi spingevo sempre piu’ su quelle per farmele infilare piu’ profondamente. L’orgasmo crebbe, il respiro si fece piu’ veloce, gorgoglii uscirono dalla mia bocca. Ebbi il mio primo orgasmo.
Andrea non si fermo’. Continuo’ a penetrarmi la fica con le dita. Infilo’ altre dita nel culo. Continuo’ a stuzzicarmi il clitoride. Ero ancora scombussolata dal primo orgasmo che gia’ sentivo salire il secondo. Porgevo indietro il mio bacino ad incontrare tutto quello che Andrea voleva infilarmi dentro. Volevo che mi infilasse, che mi toccasse il fondo, che mi allargasse sia il culo che la fica. Finalmente sentii che Andrea smetteva di leccarmi, si alzava ed appoggiava il suo cazzo all’apertura della mia fica. Era un bel cazzo, lungo e grosso dalla tanta manipolazione che avevo effettuato e dal desiderio di infilarlo dentro di me. Appena le mie labbra si dischiusero per accettarlo, levo’ le mani dai miei fianchi e mi agguanto’ le tette. Poi incomincio’ il suo andirivieni dentro la fica scopandola tutta, sollecitando ogni singola fibra spostando il suo cazzo a destra e a sinistra, in alto ed in basso, piu’ in fuori e piu’ affondandolo, toccando ogni nervo sensibile. Io rispondevo stringendo la vagina con pulsazioni che avrebbero stritolato un dildo di acciaio. Andrea fu molto bravo. Continuo’ a scoparmi per minuti e minuti senza nessun problema di eiaculazione. La mia fica, pur copiosamente irrorata, cominciava a bruciarmi per l’attrito e glielo dissi. Con un po’ di sconforto lo sentii uscire. Mi aveva lasciato una caverna vuota. Ma fu solo un attimo. Lo stesso cazzo che mi aveva slabbrato la fica adesso era appoggiato al buco del culo. I succhi che la vagina aveva secreto erano sparsi intorno all’ano. E la sua cappella lentamente stava facendosi strada nel mio secondo buco. Entrava sempre piu’. Supero’ lo sfintere ed il primo anello. Lo sentivo entrare sempre piu’ su e mi piaceva. Con il culo andavo incontro al cazzo e me lo infilavo sempre piu’ dentro. Fino a quando non ci fu’ altro da inserire. La sua pancia aveva toccato le mie natiche. Anche adesso inizio’ a d uscire e rientrare, a piccoli movimenti all’imbocco seguiti da violenti a fondo. Ando’ avanti per un po’ anche adesso. “Dove vuoi che venga ?” mi chiese “Nel culo o nella fica ?” . “Adesso rimani li’. Poi se ce la farai cambieremo posizione. Anche se non mi dispiacerebbe che mi scopassi anche in bocca. Mi piacerebbe che avessi tre cazzi per riempirmi tutta ma mi accontentero’” dissi. “Se poi vorrai potremo esaurire il tuo desiderio” rispose con fare sornione e ricomincio’ a sfondarmi il culo. Dopo quello che mi sembro’ un secolo lo sentii irrigidirsi e dopo alcuni affondi piu’ violenti, un fiotto caldo mi riempi’ le viscere. Rimase dentro di me mentre continuava a strizzarmi le tette. Ogni tanto una mano passava tra le mie gambe mentre sentivo rivoli di succhi che mi colavano sulle gambe. Aprii gli occhi e mi trovai avvolta in una forte luce. Andrea, chissa’ quando, aveva acceso la plafoniera interna della vettura che adesso spiccava come una lanterna nel buio della zona. Guardandomi intorno vidi molte piu’ auto di quando eravamo arrivati. Alcune molto vicine tanto che gli occupanti avrebbero potuto vedere dentro la nostra auto. E, porca miseria, stavano proprio guardando noi. L'uomo alla guida del furgone vicino a me mi guardava e sorrideva poi mi fece cenno di abbassare il finestrino. Lo feci e, dall’alto del suo posto guida mi disse: “Sei un gran pezzo di fica. Hai fatto sborrare anche me solo a guardarti. Ti e’ piaciuto fare la troia ? Vuoi farla anche per noi?”.
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