Lui & Lei
Hai freddo ?
di Gunny76
25.01.2019 |
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La mano arrivo al suo collo e piegandole in alto il mento..."
“Hai freddo?”.
Queste sono le ultime parole che lei abbia sentito; la prima è decisamente il freddo.
Le lettere escono miste a fiato sfiorandole l’orecchio.
Una notte ha sognato un grosso lupo che uccideva chiunque lo incontrasse mordendolo dietro al collo, stritolandolo fino a soffocarlo, finché non toccava a lei; si senti come in quel momento: fragile, vulnerabile, invincibile.
Strinse i denti ma non riuscì a rispondere.
Lui doveva aver percepito la sua esitazione come un invito. La sua gola era vuota ma senza accorgersene deve aver detto “scaldami”. lo senti dal palpitare incessante che produce calore sopra le gote e tra le cosce. Lo senti perché tremava mentre le sue mani gelide esitano violando il suo cappotto. Il contrasto termico di quei due corpi sembrava elettrico.
Lei resto immobile , non voleva vederlo ora; rimase di schiena. Senti solo dirsi “Hai paura di prenderti un raffreddore?”. Un mormorio tra i brividi. Sibilo sarcasmo: lei rivoleva la paura di prima, come si era permesso di portargliela via?
Un altro suono si udì
“Non hai paura a rimanere chiusa qui con me?”.
E nella sua mente pensava
Si.
No.
“Dovrei?”; per favore non rispondermi più ora –
Lui gesticolava non parlava.
Lentamente il suo braccio scavalco la sua spalla. La lentezza con cui lo fece aveva del magico e dell’inspiegabile, e più attimi trascorrevano , più lei pensava a quanta ubbidienza lui le abbia già instillato per potersi permettere di afferrala con tutta quella lentezza.
La mano arrivo al suo collo e piegandole in alto il mento. Questa volta non è una calda piuma: preme la sua bocca fermamente sul limitare del suo zigomo.
“Ti farò desiderare di non avermi risposto così”.
La sua voce ha consistenza: le è così violentemente vicino che distingue la lingua muoverglisi contro il palato.
Poi si allontano e lei si sentiti abbandonata. Lo fa con passi pesanti, perché possa sentire i metri che li separavano , finché non si ferma.
Lei non sa cosa fare. E Cosa si aspettasse lui da lei , Tutto quello che vuole.
Trattiene quasi il fiato per concentrarsi sui rumori, e di secondo in secondo riconobbe tubi che vibrano, ventole che fremono e altri colpi di tosse del sistema che scorre in tutto l’edificio, ma non lui.
Quando ormai uno strano panico di solitudine si stava impadronendo di lei , lui sussurra “girati” e così lei riprese a respirare.
La guardò a braccia conserte, rigonfio del compiacimento per la sua resa confusa. In lei non c’è alcuna volontà con cui potesse opporsi : è in cuor suo pensava “ti prego dimmi cosa voglio”.
“Spogliati”.
Tornò lucida: cerano meno di tre gradi li dentro e non sapevano nemmeno tra quanto qualcuno li facesse uscire; penso di non potersi spogliare .
Lei esita e lui sorride; un sorriso rabbioso, pieno di fuoco, di assoluto, di brutale incorruttibile certezza.
Si avvicinò a lei con quel sorriso che la fissava : non sapeva se doveva avere paura ora.
La sua mano passo tra i sui capelli e li strinse tanto che con un movimento di polso poteva farla dire “sì” con la testa. La trascinò in ginocchio fermamente e senza farle più male di quanto non meritasse .
Quando fu inginocchiata le spinse la guancia sul pavimento. Il freddo è cocente, stordente. D’istinto provó a risollevare la testa, ma lui la preme saldamente senza che lei possa più muoversi .
“Cosa senti?”
Lui alzò per la prima volta di poco la voce.
Lei Provo ad aprire la bocca ma non sapeva cosa dire. Allora lui le rifà la domanda, spingendola più forte, finché lo zigomo contro il cemento non inizia a farle male ,strinse i denti, era freddo, e continuava a fare male.
“Freddo!”.
Allora lui la riporta in ginocchio e si alza. La guarda dall’alto in basso incollandola a terra. Lei Non riesce ancora a comprendere. Prende il suo viso tra le mani e le sputa sulla guancia ancora nostalgicamente fredda come il pavimento.
“Adesso cosa senti?”.
Chiuse gli occhi e non penso ad altro se non alla sua guancia distinguendo una macchia di vivido tepore che come una lumaca le attraversa lentamente il viso. Quando riapri gli occhi lui si limita a sorriderle e ad asciugarla con inaspettata pazienza.
Non cera bisogno che dicesse altro: da inginocchiata si sbottonò il cappotto, e sfilò la sciarpa, il maglione e il reggiseno. La cassa toracica non riusciva quasi ad inalare da quanto il calore del suo corpo si rifiutava di disperdersi nei respiri, ma non si alzò per sfilarsi i jeans finché lui non accennó il sì con il capo, e ligia e rapida lei prosegui Spogliarsi era facile, è movimento, ha il terrore di fermarsi ; come se potesse poi, riuscire a non tremare e fermarsi davvero.
“Quattro zampe”
sottolinea con un cenno di lato non appena l’ultimo indumento, le sue mutandine, sono finite nel mucchietto di vestiti accanto a lei
Per cercare di respirare regolarmente e trattenere i tremiti strinse i denti così forte che le mandibole iniziarono subito a dolerle .
Esitante scivolò finché i palmi, gli stinchi e le punte dei piedi non baciano quel bacio gelido che solo il cemento riesce a dare.
Con un rapido movimento della gamba la sovrasto restando in piedi. Lei era un agnello, lui un lupo e pastore; potrebbe proteggerla o sgozzarla :il suo battito era nelle sue mani. Si china afferrandola per il collo e di nuovo le bisbiglia entrandole in testa.
“Vorrai che ti faccia male.
M’implorerai. Anzi, voglio fare una scommessa con te: tra meno di due minuti mi starai supplicando di colpirti”.
Chiuse gli occhi. Quella promessa la inebriava: nei sui pensieri c’era solo un
“ti prego, dimmi ancora cosa voglio, confessami un altro mio segreto.”
I muscoli sono rigidi e tesi, come se stesse per diventare marmo: ugualmente freddo e ugualmente bianco. Iniziò a pensare lei stessa come a un nodo che si stringe ogni attimo più avviluppato, più stretto a se stesso.
Cominciò in un punto molto preciso, di poco sopra l’ileo destro, sulla sua schiena: la sua lingua l’assaggiava Sentiva dal suo respiro quanto si stesse trattenendo: erano vittime e carnefici della medesima disciplina. Questo li rendeva complici lei così si sentiva .
La sua bocca era calda, lei e la sua lingua, lei e la sua saliva; ma appena si lui separo da lei il segno del suo bacio, creò umido e freddo, e lei gelo e ebbe un nuovo brivido.
Dopo il primo bacio ne seguirono altri il cui fuoco lasciava bracieri agghiaccianti, che pungevano, che facevano male. Follemente lei ne voleva ancora, e di quei baci amav tutto: adorava il prezzo che doveva pagare per averli; non li amava nonostante quello, se mai per quello li amava di più.
Poi si fermano. Lei senti ancora le loro impronte bruciare, ma era un dolore-piacere che non si rinnovava più. Di nuovo quel vuoto cosmico, quella solitudine profonda, quel freddo così agghiacciante. Ancora bruciano e già dubitava che lui l’abbia mai toccata, dubitò profondamente che lui la volesse di nuovo, anzi, che non l’abbia mai voluta del tutto.
Dimenticò l’increspatura della sua voce, non esisteva più quella nota strozzata di auto disciplina, non tremava più quanto tremasse lei .
Era nuda, fredda e lo voleva e lui attese , e attese perché non lo voleva quanto lei .
Si giro a guardarlo. I suoi occhi sono lucidi ma lui la fissa ancora con quel mezzo sorriso. Le labbra le tremano terribilmente; ripeteva nella sua mente quella frase ancora e ancora e si sforzava di immaginare la sia voce che seguiva la voce nella sia mente:
“Cosa voglio?”. Voleva dirlo
Non risponde. Lei rimase voltata verso la sua spalla, sempre più contratta, sempre più incerta.
“Cosa vuoi? – finalmente il suo sorriso si sciolse per risponderla – perché ti sei spogliata?”.
Questa è facile, la sapeva : “mi hai detto di farlo”.
Il sorriso si distende di nuovo, più largo di prima. Non dice “no”: si limita divertito a schioccare la lingua e a dissentire con la testa.
“Ho io una domanda per te: cosa vuoi che faccia?”.
Il fiato le muore in gola; ovunque solo smarrimento: non è così che dovrebbe andare penso .
Tornò a guardare dritto davanti a lei .Gli occhi velati, il freddo: non riusciva più a comprendere cosa stesse succedendo. Era ferma da così tanto che le mani a malapena rispondevano alle sue contrazioni.
Qualche passo, si china e la guarda negli occhi.
“Vuoi che ti rivesta?”.
Una sola rigonfia lacrima tracima.
“È così? No, non credo Vuoi altri baci? Vuoi venire? Vuoi farmi godere? Vuoi che io ti faccia godere?”.
Annaspava lievemente in cerca di ossigeno.
“Voglio che tu mi colpisca” riesce infine a bisbigliare scappando dal suo sguardo, fissando il cemento tra i tremiti che non sentiva quasi più.
“Che ti colpisca” risponde con quello che le suona come un accenno di schernimento.
“Si” risponde stringendo più di prima i denti.
“Come vuoi essere colpita?”.
Questo è troppo. Era furente. Stava rovinando ogni cosa.
Strinse gli occhi per un interminabile momento. Non riusciva nemmeno più a guardarlo e lentamente sondo la possibilità di alzarsi, risvegliando piano piano muscoli e nervi.
Lui le afferra con forza il mento.
I suoi occhi tornano a lui. Il sorriso se n’è andato e rimane uno sguardo basso e affilato a puntarla come un lupo mira a una giugulare.
“Ti ho fatto una domanda”.
“Voglio essere sculacciata” risponde scandendo incerta le parole.
“Come?” La incalza tenendo sempre stretto il suo viso.
“Con tutta la forza che hai” e mentre lo dice mentre le entrambi sorridono .
Lui si alzò . La guardo dall’alto e, più potente di come lo abbia lei l’abbia potuto immaginare, le rivolge due semplici parole, che per lei contengono un mondo: “Ora supplicami”.
“Ti prego…” sussurrava trattenendo a stento un sorriso.
“Ti prego cosa?” scandisce inflessibile.
“Scaldami”.
Lei vede prendere un lungo respiro. Quel lungo respiro. Poi torna dietro di lei e mentre lo fa, con un breve cenno dell’indice sottolinea un basso “guancia a terra”.
Lei lo ascoltò. Riecco il freddo che ora si era mescolato al sudore febbrile che ancora la animava. Così chinata, così fragile: eccola a un passo dalla libertà.
La colpisce forte. Anche le sue dita sono fredde. Si scalderanno entrambi.
Era tanto fredda che ancora non riusciva a sentire.
“Più forte” bisbiglio lei piano, parlando sempre più a fatica con la guancia adesa al pavimento.
La seconda sculacciata brillò come una scintilla. Un po’ di sangue si richiama. Tornò a scorrere, tornò viva.
Subito ne voleva ancora.
“Più forte”
domandò ancora, più languida e più febbrile.
Di nuovo venne accontentata. Un altro alito di vita vibrò insieme a un altro colpo.
La guancia fredda le inizio lievemente a riprendersi dal torpore. Così lui mi la sculacciò di nuovo.
Lei penso di non gemere finché non ne poteva fare a meno. Ma quel dolore, quel calore, sempre più le scalda i glutei ma scaldava anche lei :poteva sentire il suo sesso fremere, volere, intensamente. Lo sentiva bagnarsi e pulsare.
E lui, solennemente continuava , con ritmo dilazionato, perché potesse sentire quel bisogno viscerale di sentirsi colpita un’altra volta. Per sentire di nuovo quel dolore, quel calore, che è vita, che è vivido.
“Colpiscimi ancora” si accorse che non avrebbe potuto non dirlo, che questa è una vera supplica, che ne aveva bisogno come dell’ossigeno, come aveva bisogno di quel calore per non congelare.
E prima che se ne accorgesse, tra una forte sculacciata e l’altra, iniziò a gemere. Iniziò a fare tremendamente male. E ne voleva ancora.
Ogni increspatura della sua voce, ritrovare tutta quella densità, quella perdita totale di controllo.
Pompava nelle sue vene, dentro di lei un contatto dolorosamente inspiegabile di cui ne voleva semplicemente ancora e di più.
E lui quasi ansima. E le mani gli facevano male, come a lei , lui fa soffrire. Siamo complici.
Vorrebbe non smettesse mai, vorrebbe non li trovasse nessuno e rimanere semplicemente li, in quel attimo in cui tutto è così intenso, e quello che voleva era così puro e lampante, che non poteva che supplicare per averne sempre e solo di più, finché il suo corpo non lo implorasse di smettere.
Finché i segni su di lei non si moltiplicheranno.
Finché i gemiti si faranno singulti.
Finché le sue mani non sentiranno altro che il sangue rincorrersi e bruciare.
Finché con la stessa fame con cui l’aveva implorato di cominciare, dovrà implorarlo di smettere.
“Ne vuoi ancora?”.
“Sì…ti prego”.
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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