Lui & Lei

Erica


di masaraj
02.09.2017    |    8.351    |    1 9.5
"Per i miei canoni estetici è davvero affascinante, mi ha sempre attratto, da che la conosco..."
Questa storia necessita l’introduzione tramite un breve preambolo.
Dopo sedici anni insieme, la storia d’amore tra me e la mia compagna è finita. Male. In un giorno qualunque a poche settimane dalle ferie estive abbiamo rotto. Dopo una furibonda discussione, ho preso la porta e me ne sono andato via.
Non sto a tediarvi col racconto delle fasi successive, concitate e dolorose, del resto sono sicuro che a voi che leggete interessino ben altri argomenti. Qualcosa con più ciccia.
E allora ecco qui.
E’ domenica mattina, sto cercando un parcheggio sotto quella che sino a poche settimane fa era la casa in cui abitavo. Sono qui perché ieri nell’ultimo sms ricevuto, Anna, la mia ex compagna, mi informa che ha disdetto il canone d’affitto dell’appartamento, lo lascerà a fine mese. Ha imballato le mie cose in alcuni scatoloni e mi “ordina” di provvedere al loro ritiro. Mi mette anche al corrente che è partita per alcuni giorni di vacanza e al suo rientro non vuole trovare più niente che sia riconducibile a mie proprietà.
Gli scatoloni sono sei, devo fare più viaggi. Il caldo è insopportabile, questa attività mi fa sudare abbondantemente e la polo che indosso è ben presto zuppa. Mentre sto caricando gli ultimi due cartoni sento una voce alle mie spalle.
- “Ehilà vicino, lo sai che la domenica non si lavora?” –
Mi volto e mi ritrovo a contemplare due occhi verdi. Una coppia di smeraldi. Una cascata di capelli color rame, lunghi fin oltre le spalle. Mossi. le danno un’aria un po’ selvaggia. Un seno, pieno, direi una terza tendente ad una quarta, naturale, sodo e tondo. Il tutto assemblato ad un corpo molto ben proporzionato, atletico, due gambe toniche sormontate da due chiappe a cui manca solo la parola. Le caviglie sottili da cui si staccano due polpacci tonici.
Insomma una carrozzeria di tutto rispetto, ma, se proprio devo trovarle un difetto, lo identificherei coi lineamenti del viso; marcati. Intendiamoci, non bellissima ma nemmeno brutta, carina, di una bellezza diversa, equilibrata ed armonica. Per i miei canoni estetici è davvero affascinante, mi ha sempre attratto, da che la conosco.
Si chiama Erica ed è la mia vicina di casa. Vive nell’appartamento esattamente sotto a quello dove io, sino a qualche tempo prima, abitavo insieme alla mia compagna.
Forse vi state chiedendo: perché tutto questo preambolo? Ebbene, Erica oltre ad essere nel complesso avvenente, ha due peculiarità: le piace fare all’amore, lo fa spessissimo e con passione. Ed è un’urlatrice.
Ma al bando le divagazioni e torniamo ai fatti.
Quella caldissima mattina festiva, Erica indossa una canottiera arancione fluo sopra un paio di short elasticizzati aderentissimi che non nascondono, anzi, mettono in evidenza il suo sesso infilandosi maliziosi nella fessura della sua passera. L’alone scuro sul suo petto evidenzia che anche lei è sudata, ha appena finito la sua sessione di jogging. Le rispondo.
- “Ciao a te vicina, e tu lo sai che non si va a correre con questo caldo?” –
E proseguiamo per qualche minuto a colloquiare ironicamente e amichevolmente. Poi lei mi invita a salire da lei per bere un po’ d’acqua o una birretta, voi avreste declinato? Sii? Bugiardi!
Beh, io no, io ho accettato al volo, non mi pareva vero. Abitando nello stesso palazzo ci siamo incontrati più volte, nell’androne, davanti al portone, sulle scale, abbiamo anche condiviso l’ascensore qualche volta, limitandoci sempre a cordiali convenevoli tra condomini anche se, in tutta onestà, durante quei brevi incontri non riuscivo a non immaginarla intenta in pratiche sessualmente acrobatiche dando libero sfogo ai suoi sorprendenti vocalizzi.
La seguo nel suo appartamento senza riuscire a togliere gli occhi dalle sue chiappe fasciate dagli short neri, scommettendo con me stesso che sotto quel sottile strato di tela elasticizzata non vi è alcuna traccia di biancheria intima. Apre l’anta del frigorifero.
- “Vuoi acqua, birra o succo?” - mi chiede.
Opto per l’acqua e mi accomodo su una sedia, beviamo e conversiamo ancora qualche minuto quindi lei mi informa, avviandosi verso il bagno, che sente il bisogno di togliersi quegli indumenti zuppi di sudore.
- “Fai pure come fossi a casa tua.” – aggiunge.
Allontanandosi da me e portando con se quella meravigliosa dotazione di chiappe sulle quali avrei voluto appoggiare le mie mani. Dopo un minuto riappare riempiendo in un istante la stanza, l’appartamento, il condominio, il mondo intero, ma soprattutto, i miei occhi, con la sua nudità. Una meraviglia. Rimango senza parole, probabilmente ho stampata in faccia un’espressione ebete, ho l’impressione che la mia mandibola abbia toccato il pavimento.
- “Beh che c’è? Non hai mai visto una donna nuda? Non essere ipocrita ho sempre notato come mi guardi, so che questo è ciò che vuoi! Che hai sempre voluto, vedermi nuda. Scoparmi!” –
Balbettai qualcosa.
- “Ehm, beh, ma, ecco, cioè, io, tu ….” –
- “Si va beh, noi voi essi.” - ribatté lei aggiungendo.
- “Io mi faccio una doccia, ne hai bisogno anche tu, se ti va la facciamo insieme!” –
Ora dovete sapere che mi sono sempre reputato un credente, magari all’acqua di rose, non praticante ma credente, e in quanto tale da quel preciso momento ho avuto la certezza che un essere superiore esiste.
Qualcosa devo avere risposto, certamente ho buttato là un cenno assertivo, fatto sta che i pochi indumenti che indossavo hanno esorcisticamente abbandonato il mio corpo e così, la mia vicina, si è ritrovata di fronte un inebetito ed estatico esemplare dell’opposto sesso che le esibiva, in tutta la rigida dimensione di cui madre natura l’ha dotato, la felicità di accettare il suo insperato invito. Fece un passo avanti, mi agguantò l’uccello con una mano, con l’altra mi afferro i capelli e mi attirò a se infilandomi la lingua in gola perlustrando a lungo la mia cavità orale quindi, senza mollare la presa dal tronchetto della mia felicità, mi guido verso il bagno.
- “Vieni” - disse.
Dopo essere rientrato in possesso delle mie facoltà cognitive presi il bagnoschiuma e iniziai ad insaponarle la schiena, scendendo lungo i fianchi arrivai al suo magnifico culo, lo massaggiai, lo strizzai, lo accarezzai, insinuandomi, impertinente, con le dita sino al suo, a me sconosciuto, buchetto. Completai il servizio proseguendo lungo le gambe sino ai piedi. Completata l’attività igienico esplorativa del lato B di quel corpo meraviglioso, la feci voltare e mi applicai diligentemente al lato A, il collo, le tette, il ventre e, ovviamente, la passera. La esplorai curioso, feci scorrere la mano sul suo sesso morbido e liscio, la penetrai col dito medio, appurando quanto fosse già bagnata, lei mi infilò nuovamente la lingua in bocca, avida di baci. Feci scivolare le dita nella fessura tra le labbra del suo frutto non più proibito, massaggiandolo lentamente e constatando la turgidità del suo clitoride. Quindi, affinché non si dica che io sono contro la parità dei sessi, lasciai che fosse lei ad applicare lo stesso trattamento a me. Da abile porcella si soffermo sul mio culo lo esplorò sino al mio orifizio, con dita esperte, procurandomi piacevoli brividi lungo la schiena, abbandonandolo solo per dedicarsi al mio cannolo che, per quanto possibile, aveva incrementato il suo vigore. Le mie palle fecero conoscenza col sapiente e delicato tocco delle sue mani. Ci sciacquammo a vicenda e terminata questa operazione le appoggiai il cazzo tra le chiappe, le afferrai un seno stringendo, tra pollice e indice, il capezzolo eretto mentre con l’altra mano le giravo la testa e le infilavo la lingua in bocca. Lei non si ritrasse, strinse le cosce e le chiappe attorno al mio uccello, io spingevo e ritraevo, sentivo la mia cappella strofinarsi contro le creste del suo buco nero. Cercai di piegarla in avanti per penetrarla ma si divincolò.
- “Aspetta.” - mi disse e girandosi prese a leccarmi i capezzoli.
Poi abbassandosi arrivò al mio cazzo e ai coglioni, ne prese uno in bocca mentre stringendomi nella mano mi segava con una lentezza esasperante, ogni tanto racchiudeva nel suo palmo la mia cappella pulsante e la massaggiava roteando il polso, quindi riprendeva ad andare su e giù lungo la mia asta passando all’altro testicolo.
- “Ti piace?” - mi chiese.
- “Cazzo si!” – mugolai.
Allora lei prese a leccarmi dai coglioni al frenulo avvolgendo, di quando in quando, la mia cappella con le sue labbra. Poi ingoiò tutto il mio uccello nella sua bocca e prese a solleticarmi il buco del culo con le dita, quindi iniziò a pomparmi lentamente, le presi la testa tra le mani e provai a guidare il ritmo lei intensificò gli affondi, liberò la sua bocca giusto il tempo per dirmi
- “Voglio bere il tuo sperma!” - e sentii il suo dito farsi strada dentro di me.
Contemporaneamente riprese a spompinarmi con aumentato vigore sino a quando sentii di essere all’apice del mio piacere e nell’impossibilità di trattenermi esplosi fiotti di sborra nella sua accogliente e avida bocca. Lei ingoiò e rialzandosi mi disse.
- “Sai di dolce e salato al tempo stesso.” -, e baciandomi la sua lingua ingaggiò una scaramuccia con la mia.
Attesi il tempo necessario per riprendere il controllo delle mie articolazioni inferiori che, in seguito all’orgasmo appena raggiunto, sembrava avessero la consistenza della gelatina, poi concentrai le mie attenzioni alle sue tette. Voi non lo sapete ma ho una predilezione per i capezzoli e il clitoride, sentire come si inturgidiscono tra le mie dita o tra le mie labbra. Mi soffermai a lungo leccando, baciando, succhiando quei frutti sodi e deliziosi, poi sentii le sue dita affondare tra i miei capelli e le sue mani spingere la mia testa in basso verso il suo ventre, verso la sua figa. Mi soffermai con la lingua nel suo ombelico, ma lei aumentò la pressione finché non incontrai il suo sesso. Le leccai la pelle liscia delle grandi labbra, giù e su, dal basso verso l’alto in senso orario poi antiorario e di nuovo in senso orario. Prese ad emettere quei mugolii che già conoscevo per averli sentiti dal mio vecchio appartamento, ora erano in presa diretta ed io ne ero la causa. A quel punto presi a far scorrere la punta della lingua nella sua fessura leccandole avidamente le piccole labbra bagnate dei suoi umori, assaporando il suo sapore, spingendo la lingua dentro di lei, facendola mugolare ancora più forte, per tornare a leccarla lentamente dentro e fuori. Sentendola ormai preda del piacere che le stavo procurando ebbi cura di avvicinarmi al suo pistillo che lei mi offriva divaricando con le dita i petali che lo racchiudevano. Mi presi cura del suo clitoride sollecitandolo con la lingua, baciandolo e succhiandolo con le labbra, per tornare a ripercorrerlo lungo la sua circonferenza descrivendo piccoli cerchi quindi ancora a succhiarlo e baciarlo. Lei intanto ansimava ancora più forte.
- “Ahh si, così. Mi fai venire, cazzo, mi fai venire!” –
Il livello delle sue esclamazioni probabilmente veniva captato da eventuali passanti, ma anche dalle orecchie di quelli che abitavano gli appartamenti delle case adiacenti e non mi meraviglierebbe venire a conoscenza che le sue esternazioni possano essere state inserite come punto all’ordine del giorno della prossima assemblea condominiale dei palazzi adiacenti. Da parte mia tutto l’insieme di questa situazione aveva risvegliato l’inquilino che alberga tra le mie gambe, ma volevo diligentemente concludere l’opera, non doveva mancare molto al suo orgasmo e allora cominciai a fare al suo grilletto quello che potremmo definire tecnicamente un pompino. Venne tenendomi la testa premuta contro la sua passera e condividendo, con generosa profusione di decibel, il suo piacere con me e con quanti in quel momento fossero sintonizzati e in ascolto.
Mi rimisi in piedi e le lasciai il tempo di riprendersi regolarizzando la respirazione, quindi la baciai ripetutamente sul collo, le mordicchiai i lobi delle orecchie mentre con le mani le massaggiavo le poppe rotonde e sode. Lei ripeteva.
- “Cazzo, cazzo, cazzo!” –
Allora premetti la mia nerchia contro la sua passera lasciandole intendere quale continuazione volevo dare al nostro incontro, lei però mi allontanò dicendomi.
- “Non qui!” – esclamò.
E agguantandomi ancora l’apparato genitale, senza prenderci la briga di asciugarci, mi guidò con urgenza verso il letto, mi spinse facendomi sdraiare sulla schiena e con agilità felina salì anche lei mettendosi a cavalcioni sopra di me. Iniziò a strusciare la sua prugna sul mio battacchio e dopo averne saggiato la consistenza si mosse in modo che l’apice del mio uccello puntasse l’entrata della sua passera. Sentivo la cappella penetrarla lentamente e altrettanto lentamente la sentivo uscire per poi rientrare dolcemente in un andirivieni guidato dai suoi movimenti, inarcava la schiena ed io ero fuori, spingeva indietro le chiappe ed ero dentro di lei. Poi appoggiò le sue mani sul mio petto e con un movimento repentino prese dentro di se tutto quello che avevo da offrirle. Sentivo le pareti della sua figa contrarsi attorno al mio cazzo. Restò ferma così per un tempo indefinito, ero estasiato, dalla mia posizione vedevo il suo seno salire e scendere seguendo il ritmo del suo respiro. Mi tirai su, in posizione seduta, afferrandole i fianchi, raggiunsi con le labbra il suo seno e inizia a baciarlo, lei incrociò le gambe dietro la mia schiena, sentivo il suo respiro aumentare di intensità, lasciai che la mia lingua entrasse in azione titillandole i capezzoli con la punta, iniziò ad emettere i primi vocalizzi. Poi mi spinse indietro facendomi tornare alla posizione sdraiata e prese a muoversi con un ritmo che aumentava ad ogni colpo, percepivo il mio uccello penetrare e ritirarsi nella sua passera fradicia dei suoi umori, prese a cavalcarmi al trotto, poi al galoppo e poi furiosamente, emettendo suoni ed esclamazioni al livello sonoro che ormai conoscevo bene. Infine venne; inarcando la schiena all’indietro, stringendo le sue mani attorno alle mie caviglie e spingendo in avanti il bacino quasi a volere dentro sé, oltre al mio uccello, anche i miei coglioni. La voce le si smorzò in gola e per un tempo che mi parve eterno smise di respirare, tanto che pensai le fosse preso un colpo apoplettico. Quando riprese a respirare ansimava come un mantice, come se avesse appena concluso un’intera maratona. Aspettai che tornasse in se e mi girai accompagnandola fino a farla sdraiare sulla schiena, a questo punto afferrai le sue caviglie divaricandole le gambe tanto quanto le mie braccia permettevano e in quella posizione presi a stantuffarla molto lentamente, ritraevo il mio cazzo sino a vedere la cappella avvolta dalle labbra della sua figa accogliente, quindi tornavo a spingerlo dentro fino in fondo, fino a farle sentire le mie palle premute contro le sue chiappe. Mi incitava a gran voce di chiavarla più velocemente ma volevo farla morire con movimenti lenti, quando sentii che era quasi pronta a godere nuovamente aumentai la frequenza delle spinte e all’improvviso mi fermai estraendo il mio arnese con suo sonoro disappunto. La feci girare carponi facendole afferrare con le mani la spalliera del letto, mi abbassai e cominciai a lavorarle, con la lingua, il buco del culo e l’entrata della sua vagina gocciolante, continuai sino a quando lei, esasperata, mi disse.
- “Ti prego, voglio sentirti dentro di me!” –
Le spinsi il pollice nella figa, lo ritrassi bagnato delle sue abbondanti secrezioni e iniziai a lubrificare la sua entrata posteriore, andando avanti così sino a quando sentii che il mio dito scivolava dentro il suo culo senza fatica. Lei apprezzava verbalizzando.
- “Siiiii, così, sbattimelo dentro!” - e ancora.
- “Voglio il tuo cazzo dentro di me!” -, l’accontentai.
Mi misi dietro di lei, puntai l’uccello all’apertura fremente della sua figa e lo spinsi fino in fondo, contemporaneamente col pollice la scopavo nel culo. La sentivo gemere di piacere mentre, senza fretta, aumentavo il ritmo degli affondi. Come in precedenza, sentii il suo respiro fermarsi nell’estasi dell’orgasmo ed ebbi l’impressione che mi avesse inondato dei suoi umori perché avvertivo la sensazione che gocce del suo piacere scivolassero lungo il mio uccello sino ai coglioni. A quel punto, senza liberarle l’accogliente buco posteriore, le afferrai il fianco con la mano libera l’attirai a me cominciando a spingere con sempre più foga finché avvertii un calore al basso ventre, le mie gambe diventare molli, e il primo fiotto di sborra esplodere nella profondità della sua figa, seguito da un altro e un altro e un altro ancora, finché tutto lo sperma di cui disponevo non fu riversato in quella fantastica e avvolgente ampolla. Anche lei gridò all’universo intero, una volta ancora, tutto il suo godimento. Rimasi dentro di lei sino a quando la rigidità del mio arnese lo consentì, poi ci sdraiammo uno di fronte all’altro, unimmo le nostre labbra in un bacio infinito continuando così, in un modo più dolce, il nostro amplesso.
Mi sono preso alcuni giorni di vacanza, i colori di questo tramonto infiammano il cielo, in questo angolo di paradiso che è possibile raggiungere solo via mare. Gli ultimi turisti se ne sono andati e ormai li immagino seduti al tavolino di un bar mentre sorseggiando il loro aperitivo o intenti a preparare la cena. Mi sono liberato del costume e mi godo in totale nudità la pace di questo luogo, i suoni, i colori e la bellezza di quella sirena che uscendo dall’acqua sta avvicinandosi.
Scusate, devo andare, devo spegnere il tablet. Urgenti questioni necessitano la mia attenzione. La sirena, Erica, è anche maga. Ha appena fatto sparire il mio uccello dentro la sua bocca. Mi chiedo quali siano le sue intenzioni?
Mah!
C… c….c….ciao.
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