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Il guardiano del faro


di AndreaCork
20.01.2020    |    8.904    |    6 8.7
"Si sedette di nuovo e aprendo le gambe e gli mostrò la vagina bagnata..."
Era proprio nei giorni e nei momenti in cui il mare era più odioso che il suo lavoro diventava utile. Chi aveva bisogno di un faro perfettamente funzionante quando la visibilità era ottima? Nessuno. Era proprio quando la linea dell’orizzonte sparisce e cielo e mare diventano tutt’uno che il suo lavoro acquisiva un senso: che fosse notte o una giornata nebbiosa, in quei casi il suo lavoro diventava importantissimo. E lui lo faceva sempre bene: controllava sempre più volte al giorno che tutto fosse in perfetta efficienza e si godeva i momenti di solitudine che quel lavoro particolare gli concedeva. Se ne stava là, nel suo eremo a pochi chilometri dalla civiltà a lavorare e a godersi la vita; non era un solitario ma apprezzava il fatto di non avere nessuno che gli stesse sul fiato sul collo dalla mattina alla sera chiedendogli numeri. Numeri numeri numeri. Sempre numeri da giustificare. Troppo bassi o troppo alti. Ora… finché tutto era in ordine, nessuno gli guastava le giornate. E quelli erano gli unici numeri di cui ora doveva rendere conto. Niente altro. Passava il suo tempo libero a dipingere, suonare la chitarra, leggere, ascoltare musica, scrivere… non si annoiava di certo. E poi c’era sempre qualche amico da sentire, qualche amico da andare a trovare, qualcuno che andava a trovarlo, la vita della città a pochi minuti di automobile. Quello era uno di quei giorni in cui tutto intorno a lui era grigio: fece un altro giro del faro a controllare che tutto fosse a posto. Perfetto, niente da segnalare. Il faro era a posto. Segnò sul suo diario il giro che aveva appena fatto e si preparò una tazza di caffè: caffè americano, niente caffè all’italiana per i giorni freddi: la tazza grande lo scaldava di più della tazzina e non gli faceva male come l’espresso del bar, il cui gusto negli anni gli era quasi caduto in disgrazia: troppo forte e non sempre era buono. Poi arrivò lei. Al momento giusto. Quel giorno non aveva voglia di stare da solo, anche se il freddo e la nebbia avrebbero incoraggiato anche i più temerari a starsene al caldo tra le mura di casa. Ma pure lei, per quella sinergia che si era creata tra loro, aveva sentito la voglia di vederlo. La radio trasmetteva canzoni su canzoni, creando un sottofondo quasi monotono.
”Ma questo… è caffè?” disse annusando l’aria con aria compiaciuta, infreddolita dai pochi passi fatti all’aperto.
“Vero che me ne offri un po'?”
“Cazzo entra e chiudi la porta che fa freddo se vuoi il caffè!!!” Rispose Juri. Lei si chiuse la porta alle spalle ed entrò.
“Stare qui da solo ti ha peggiorato il carattere, lo sai?” scherzò lei, sapendo che il tono scorbutico di lui era solo una maschera scherzosa che amava indossare.
Mentre lui versava due tazze abbondanti, lei tolse gli stivali e gli regalò la visione di quei piedi che lui adorava. Nonostante fossero sul mare, l’ambiente era caldo e il pavimento di legno rendeva confortevole camminare anche a piedi nudi.
“No, oggi le calze sono nere...” disse lei notando lo sguardo di lui. “E vammi a prendere le ciabatte...”
“Pure!!! E che altro vuoi? Un massaggio? Vuoi che vada a farti la spesa?”
Lei zuccherò il caffè per entrambi.
“Non sarebbe una brutta idea...”
Quando lui tornò la trovò seduta con i piedi sul tavolo, e si scaldava le mani con la tazzona.
“Oh ma fai pure, mettiti comoda senza fare complimenti...” disse sarcastico.
“Le ciabatte mettile lì per terra, da bravo… il caffè è ottimo, sai?” disse.
Era contenta che fosse tornato a vivere in Italia, era contenta che la vita della metropoli gli stesse stretta: ora poteva vederlo e... giocare con lui tutte le volte che voleva.
“Ho freddo...” disse lei mettendogli i piedi sulle gambe e strofinandoli sulla stoffa dei jeans. Si divertiva a stuzzicarlo e a vedere l’erezione che gli provocava ogni volta che lo faceva. Lui appoggiò la mano sui piedi di lei, accarezzandoli.
“Come va oggi?” le chiese.
“Mi hanno assunta a tempo indeterminato... così l'altro giorno mi sono fatta un regalino...” disse accarezzandogli leggermente il pene eretto con il piede, come se non lo stesse facendo apposta.
“Ma sono contentissimo!!! Te lo meriti tutto il tuo lavoro!!! Però ora togli quel piede, ok?”
“Eh mi ci sono messa d’impegno… doveva essere mio, quel posto… e il piede rimane lì dov’è… se impazzisci, affari tuoi...”: ora il tocco di lei era più insistente e spudorato.
“E che regalino ti saresti fatta? Sentiamo...” disse lui, sospirando profondamente per cercare di non badare al gioco di lei. A volte odiava quel gioco e avrebbe voluto decidersi a troncare i rapporti con lei: era stanco di essere stuzzicato in quella maniera per poi venire lasciato a bocca asciutta in quella maniera odiosa. E sapeva che nonostante la sinergia tra loro, molto presto si sarebbe deciso a chiudere. O le cose sarebbero cambiate tra loro, o lui avrebbe chiuso.
“Andiamo nel tuo studio che te lo faccio vedere...” rispose lei indossando le ciabatte.
Era una bella confidenza che si era creata tra loro: lei si muoveva in casa di lui come se fosse stata casa sua; adorava passare il tempo al faro, al punto da aver lasciato lì alcune cose per sentirsi completamente libera. Si fermava a dormire da lui, dormiva con lui, lo stuzzicava con le gambe perfette che lui aveva dipinto tantissime volte ma niente altro. E lui la voleva… quanto la voleva… ma era stanco di starle dietro senza ottenere mai niente. La seguì: anche in ciabatte da casa… semplicissime, di spugna blu, spuntate e con un po' di zeppa sul tallone, era sexy da impazzire con quell’aria da zia un po' anni ottanta. Le osservò gambe con un senso di irritazione: la sentiva sciabattare per casa sua, in totale libertà come fosse sua moglie. Già. Una moglie con cui però non vi erano rapporti, però. E nonostante questa irritazione, guardandola si accarezzò il pene eretto nei jeans.
“Cazzo… vabbè… due settimane al massimo...” si disse: “poi qui le cose cambiano, punto”. Questo pensò mentre lei accendeva il pc e vi infilava dentro un cd.
“Siediti qui… vicino a me...” ordinò lei battendo la mano sulla sedia. Lui si sedette. E lei ancora giocò a farlo impazzire: i piedi sulla scrivania, senza troppi complimenti, in faccia a lui. E ancora lui si sentì irritato: se all’inizio, quando lei aveva iniziato a fargli da modella, quelle libertà che si prendeva gli facevano piacere, ora vedeva in quei gesti solo un’invasione della sua vita privata… in cambio di niente. Vedeva solo una persona che si divertiva ad avere un cagnolino che la adorava e stava ai suoi giochi, senza nemmeno dover fare la fatica di concedere qualcosa. Avrebbe adorato quel modo di fare da parte di quella che avrebbe potuto essere la sua compagna, o da una donna con cui avesse una storia di sesso… ma da parte di una donna che alla fine stava solo giocando con lui per soddisfare la sua vanità… no. Non era più disposto ad accettarlo. Davvero sentiva che non gli piaceva per niente questa cosa: in fin dei conti era ben chiaro che lui la volesse anche se non si era mai dichiarato, come era fin troppo chiaro quanto lei sentisse le sue erezioni quando la notte gli toccava il pene con i piedi… quando glieli metteva in faccia mentre guardavano la tv, quando si faceva adorare le gambe istigandolo scherzosamente a masturbarsi. E non gli aveva mai concesso altro, nonostante sicuramente avesse capito di essere desiderata, e non poco, da lui. Non glielo aveva nemmeno mai preso in mano. Nemmeno un bacio sulle labbra gli aveva concesso. Niente. Non ne poteva davvero più.
“Non mi togli le ciabatte?” disse lei.
“Fallo tu… Sei abbastanza grande da farlo, se vuoi… io non lo faccio più, questo gioco!!!”: avrebbe voluto sfidarla così.
Avrebbe dovuto stabilire dei limiti al loro rapporto, mettere dei paletti per la sua dignità. Eppure non riusciva a tenerle il muso, e le tolse le ciabatte.
“Grazie...” disse lei. “E ora divertiti...”: ordinò al pc di leggere il cd e si sistemò ancora più comoda, appoggiando le gambe su quelle di lui, accarezzandogli di nuovo il pene già duro.
“Cazzo!!!” esclamò Juri quando vide il contenuto del cd.
“Eh sì… mi sono fatta un book fotografico. Volevo sentirmi un po'… disinibita...”
“E ci sei riuscita!!!” rispose guardando le foto che scorrevano una dopo l’altra: un vero book fotografico professionale, in cui lei si esibiva in pose degne di una pornostar di fronte all’obiettivo di un fotografo che nel suo lavoro sapeva davvero mettere qualcosa di artistico: che fossero in bianco e nero o a colori, sfocate o nitidissime, tiravano fuori tutta la sensualità e la femminilità di lei: sia quando era appena accennata da un capezzolo che usciva a malapena dalla sottoveste, sia quando si masturbava di fronte all’obiettivo o si penetrava con un dildo, la sua femminilità era perfetta e non vi era volgarità in quelle foto. Erano foto stupende. Lui non l’aveva mai vista così nuda: al massimo aveva avuto le gambe di lei a sua disposizione. Ed era eccitato da morire. Il piede velato dalla calza lo stuzzicava di continuo sopra i pantaloni, muovendosi a destra e a sinistra come una testa che fa segno di no.
“Allora… ti piace il regalo che mi sono fatta?”
“E’ stupendo...”
“E ancora non hai visto niente...”
“Più di così???”
“Guarda adesso...” disse. E intanto gli slacciò i pantaloni tirando fuori il suo pene durissimo.
“Eh sì… ti piacciono proprio, vedo...” disse, riprendendo a toccarlo con i piedi.
“Che fai???” chiese Juri: non si aspettava questo. Talmente abituato a quella distanza tra loro, il gesto lo fece sobbalzare sulla sedia.
Ora le foto erano cambiate. Era sempre lei, ma non più da sola: era con due modelli che posavano nudi, avvinghiati al corpo di lei. Teneva in mano i loro cazzi duri, li prendeva in bocca, mimavano l’atto della penetrazione, lei fingeva di masturbarli con le mani e con i piedi. Loro fingevano di leccarla e di possederla in mille pose.
“Disinibita dicevi???” disse lui con il cuore che batteva da fargli male nel vedere la sua amica posare in quel modo. I piedi di lei lo masturbavano con dolcezza ma lui ogni foto che scorreva sentiva una fitta di eccitazione mista a gelosia. Ma quante foto aveva fatto? Erano tantissime...
“Molto disinibita...”
“Ma… erano proprio dentro?” chiese lui, vedendo i tre in una posa in cui lei sembrava subire una doppia penetrazione.
“All’inizio, onestamente no… poi...”
“Poi… Sì???” chiese.
“Beh… sì...” Ora aveva iniziato a tenere con la mano i piedi di lei, più stretti attorno al suo cazzo, ed era lui a scoparla con piccoli movimenti del bacino.
“Non ci credo… E… godevi? Eri eccitata?”
“Ero bagnatissima…”.
Ora si vedeva il viso di lei inondato dello sperma dei due modelli: le sue labbra e la sua lingua giocavano con il liquido denso che i due modelli avevano schizzato sul suo viso.
“Ma pure loro hanno goduto… senti… ma… avete posato e basta o avete anche...”
“Guarda...”: uscì dall’album e aprì un video. Il video dove lei veniva presa da quei due come in un vero film porno: la scopavano di senza ritegno sia davanti che dietro, anzi… sarebbe stato più corretto dire che erano tutti e tre che scopavano: lei ci metteva del suo nel succhiare quei due membri duri e grossi, nell’infilarli con la mano nei suoi pertugi accoglienti e a masturbarli tra una posa e l’altra. E sì, godeva chiaramente, anche quando la penetravano in due. Lui ansimava godendo dei piedi di lei, estasiato dalla visione del momento in cui i due godevano sul suo viso.
“Eh sì… come vedi… per farli godere ho pensato che fosse meglio scopare direttamente invece che farli masturbare… o no?”
“Cazzo…” riuscì solamente a dire lui.
Poi si liberò dai piedi di lei e si alzò in piedi, prendendola per mano, facendola alzare a sua volta.
“Beh?” chiese lei sfidandolo.
Juri fece un mezzo passo verso di lei, le prese il viso tra le mani e la baciò. Lei rispose al bacio aggrappandosi alla schiena di lui… sentì l’erezione di Juri premere sul suo pube, le loro bocche si cercavano, le mani si esploravano… la nebbia circondava il faro mentre le mani di Juri cercavano i seni di lei… e sospirò Juri quando li ebbe tra le mani. Lei premette la sua bocca ancora più forte contro le labbra diJuri, poi si sedette di nuovo sulla sedia e lo accolse nella sua bocca. Lo succhiò facendolo impazzire. Eccitato da quanto aveva visto e dal calore della bocca della sua amica, venne nella bocca di lei, che chiuse gli occhi per il piacere del liquido denso sulla sua lingua. Lei lo guardò ingoiando il piacere di lui, nonostante un po' ne fosse colato sul mento.
“Ce ne hai messo di tempo a deciderti a prendermi, disse… sono dovuta arrivare a questo per farti fare un passo verso ...” disse raccogliendo col dito lo sperma che le era rimasto sul mento e mettendoselo in bocca.
“Però ti piaceva quello che hai fatto in quel video...”
“Certo, mi è piaciuto da morire… e la prossima volta ci sarai tu con me...” poi mise le ciabatte, si alzò in piedi e si spogliò tenendo solo quelle calze che lui adorava. Si sedette di nuovo e aprendo le gambe e gli mostrò la vagina bagnata.
“Mi vuoi…?” chiese toccandosi per lui.
“Sì...” Si avviò verso la camera da letto di lui.
“Mi vuoi davvero…?”
“Sì… da morire...”: Juri si toccava lentamente guardando lo spettacolo di lei che si accarezzava mentre il mare batteva la costa in quella giornata in cui non si vedeva a pochi metri dal proprio viso.
“Vieni Juri...” gli disse. “Io ho voglia di te...”: si alzò in piedi e andò nella camera da letto dove molte volte lo aveva fatto impazzire. I loro corpi nudi, sdraiati sul letto, si esploravano e si conoscevano mentre lui impazziva, questa volta per davvero, iniziando a sentire il gusto di lei.
Fine.
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